Intervista a Jean, un papà casalingo

Jean è il marito di Claudia – autrice di un blog che io amo molto la casa nella prateria, forse perché si parla di una scelta che mi piacerebbe avere il coraggio di fare: lasciare la città per crescere i figli in campagna. Ma non finisce qui. In questo post infatti Jean ci racconta la sua scelta poco convenzionale di coprire il ruolo di “casalingo”, occupandosi della casa e dei bambini, mentre Claudia lavora. Si viene così a creare un equilibrio diverso dalla “norma”, in cui un uomo, padre, e marito, deve trovare la sua nuova identità.

Quando Claudia ha iniziato a cucire e a vendere mei tai, era per lei una sorta di hobby. Lo faceva nei ritagli di tempo e questa attività non ha cambiato il nostro stile di vita né il nostro budget familiare.

Quando invece ha ricevuto una proposta di lavoro come web editor, ci siamo detti che finalmente, con due stipendi, avremmo potuto permetterci tutte quelle cose che rimandavamo da troppo tempo.

Purtroppo due mesi dopo il mio datore di lavoro ha dovuto, per via della crisi, dare un taglio al personale. Essendo l’ultimo arrivato, sono stato il primo ad essere “tagliato”.

Inizialmente è stato un bello shock. Lo stipendio di Claudia non era sufficiente a coprire tutte le nostre spese, così mi sono messo subito in cerca di un lavoro. Ma sono tempi duri, e le mie ricerche sono state vane. A casa, la situazione era tesa. Non sapevamo come avremmo fatto.

Claudia ha iniziato ad accettare altre collaborazioni e a produrre mei tai a ritmo più sostenuto. Queste attività erano per lei fonte di grande soddisfazione, oltre che un gran sollievo: per anni si era chiesta cosa avrebbe fatto il giorno in cui fosse arrivato il momento di re-inserirsi nel mondo del lavoro.

In realtà quel momento lo avevamo previsto un po’ più tardi. Diciamo fra un paio d’anni, quando anche Chiara avesse iniziato la scuola.

Ma l’opportunità si è presentata prima, e ci sembrava stupido non coglierla. Restava comunque il “problema” di Chiara. E’ ancora piccola e non ce la sentivamo di affidarla a qualcuno (e comunque non avremmo potuto permetterci di pagare una persona che la accudisse).

Abbiamo quindi deciso che, per permettere a Claudia di sfruttare le occasioni che si stavano presentando, io avrei fatto il “casalingo” per qualche tempo.

L’idea non mi dispiaceva affatto. Credevo che avrei passato le mie giornate sul divano. Perché in fondo è questo il lavoro di casalinga, no?

Eh, no. Fare il casalingo significa alzarsi alle sette del mattino, preparare i bambini, portarli a scuola, tornare a casa, accudire Chiara mentre Claudia lavora al piano di sopra, andare a prendere i bambini all’ora di pranzo, riportarli a scuola dopo mangiato. Al pomeriggio sono io a mettere a letto Chiara, dopodiché sbrigo eventuali commissioni mentre Claudia si occupa della casa. Alle quattro di nuovo a scuola. Sono il migliore amico di tutte le mamme.

E poi c’è Leonardo da accompagnare al corso di Capoeira. Di solito è Claudia a portare Gloria a lezione di danza, mentre io mi occupo di Leo e Chiara.

Sotto il profilo psicologico, stare a casa a badare ai bambini non è semplice per un uomo.

Ma è anche un’occasione imperdibile per rafforzare il legame con i miei figli. Un’esperienza che non tutti i padri hanno l’opportunità di sperimentare.

Con il passare del tempo divento sempre più bravo e mi sento sempre più a mio agio in questo nuovo ruolo.

Magari lo rimpiangerò anche, quando sarà ora di tornare a lavorare…

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12 thoughts on “Intervista a Jean, un papà casalingo”

  1. Una volta o due a settimana vado a fare il tecnico di informatica per scula serale, così mio marito ha dovuto seguire più da vicino il mio primo figlio(sono in attesa del secondo),devo dire che c’è stato una bella svolta nell’attaccamento, ora cerca quasi più lui di me tranne che in alcuni momenti.Anche mio marito ha capito la pazienza e l’amore che ci vuole per accudire i propri figli.In questo caso solo per una o due sere dalle cinque in poi, immagino che stare 24 ore su 24 diventi una consapevolezza!

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  2. Io, un po’ controcorrente, non diró bravo! a Jean. Gli direi che ha fatto bene.
    istintivamente, trovo giusto e naturale che anche i papá partecipino attivamente alla cura dei figli che sono anche loro.
    Direi che questo dovrebbe essere un diritto/dovere di tutti i padri, quello di stare loro a casa per un certo periodo ‘in paternitá’:
    -avrebbero l’occasione di essere vicini ai figli e goderseli
    -capirebbero cosa implica stare giornate a casa e sbrigare faccende domestiche-cura-educazione dei pargoli
    -darebbero l’occasione ai figli di stare vicino ai propri papá

    In Svezia dove abito c’é l’obbligo di legge per l’altro genitore di prendersi almeno 60 giorni lavorativi di congedo. Oltre a produrre i vantaggi elencati sopra, ha cambiato anche la mentalitá dei datori di lavoro in quanto all’assunzione e alla retribuzione delle donne.
    Non che la paritá sia al 100%, peró adesso nessuno dice bravo al mio compagno perché cambia pannolini, va a giocare con nostro figlio, o se sta a casa quando il piccolo é malato. Altrimenti dovrebbero dire brava anche a me. E noi non siamo ‘bravi’: semplicemente facciamo il nostro compito di genitori!

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    • @Morgain ma lo sai che questa è una delle ragioni di discussione più frequenti in casa nostra ultimamente? Mio marito si infuria perché io non gli dico quanto è bravo, e io gli rispondo proprio quello che dici tu: ma a me quanto sono brava mica me lo dice nessuno! Ma non ci staremo mica svedesizzando troppo? 😉

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  3. Bello questo post, dimostra che gli uomini hanno risorse incredibili, possono occuparsi dei bambini e della casa senza per questo svilire il loro ruolo di padri e mariti! La coppia è sempre più intercambiabile.

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  4. Bellissimo!! Questo devo assolutamente farlo leggere a mio marito!!!
    Non tanto per il fatto che lui non starebbe a casa con i bimbi se la situazione dovesse richiederlo, anzi!
    Ma perchè i papà spesso non si rendono conto di quanto sia “piena” e stancante una giornata con i bimbi.
    Comunque bravissimo Jean! 🙂

    PS: “Alle quattro di nuovo a scuola. Sono il migliore amico di tutte le mamme” ahahah! questa frase mi ha fatto morire!

    Giulia

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  5. Anche io penso che fare un po’ il casalingo faccia bene, e che ci vorrebbe. Aiuterebbe anche molte mamme a sentirsi più capite, e molti padri a non pensare che sono loro a faticare e basta. Anche se poi penso che il giusto sia la via di mezzo: certo che ognuno ha le sue idee, ma a me piacerebbe si arrivasse a una famiglia con due part time, in modo che tutti possano avere una vita a parte dalla famiglia, un lavoro che comunque porta un po’ di aria fresca, e allo stesso tempo la presenza di entrambi a casa. Noi ci siamo quasi, mio marito fa i turni, e quindi ha molto tempo per le nostre bimbe (magari non le vede per due giorni, ma poi ha due giorni per loro, ecco), io con le mie 32 ore settimanali sono fuori casa da mattino a sera per 3 giorni, ma poi lavoro solo al mattino e quindi ho un po’ di tempo per loro. Ecco, senza dover invertire i ruoli sarebbe bello poter permettere di più alle donne di lavorare, e ai padri di lavorare meno ed essere più presenti…

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  6. Ciao a tutti,
    questa testimonianza è davvero molto bella e mi associo ai complimenti per essere riuscito a calarti nel ruolo della persona che più direttamente si occupa della pianificazione familiare.
    Concordo che sarebbe bello offrire questa possibilità a tutti i papà. A dire la verità, io li obbligherei proprio, per sfatare l’idea del “ma cosa ci vorrà poi a tenere la casa e un pupo, mica è lavoro?” che la maggior parte degli uomini non illuminati come Jean condivide.
    Nel mio caso, la nascita della Piccola Peste è coincisa con una “pausa lavorativa” di mio marito (contratti a tempo determinato…).
    Da un lato sono dovuta rientrare subito al lavoro, dall’altro però devo dire che mi è stato di grande aiuto perché dopo le prime settimane mi sentivo un po’ sola e stanca e avere il mio compagno vicino è stato importantissimo. Con lui a casa il rientro è stato più tranquillo sia per me che per la Piccola.
    Spero che anche da noi piano piano la mentalità cambi, io vedo molti papà che accompagnano i figli al nido o a scuola, chissà…poi devo dire che l’uomo che ha l’istinto paterno così sviluppato per le donne over 30 ha un certo fascino! 🙂

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  7. Super Jean!
    Ora capisco a cosa si riferiva Claudia, a fine 2009, parlando delle sfide che la vita vi ha posto l’anno passato.
    E le avete affrontate egregiamente!
    Credo che la ricchezza di affetto e la possibilità di comprensione diretta della dimensione domestica ti ripagheranno delle preoccupazioni economiche e professionali di questo periodo.
    Quando, nel 2004, è nata la nostra seconda bambina, Margherita, è stato mio marito, sociologo camerunese prestato al lavoro d’ufficio per necessità, a chiedere il part-time, essendo noi purtroppo sprovvisti del vero welfare italiano: i nonni.
    Questo gli ha permesso, due anni fa, di accettare un secondo impiego micro-time nel nostro comune proprio come sociologo, visto che ormai le pupe erano cresciute (e molto grazie al loro papà).
    In bocca al lupo e un abbraccio a tutti voi
    Anna, Faustin, Beatrice e Margherita.

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  8. In effetti, purtroppo, almeno qui in Italia il papà “casalingo” è quello che fa buon viso a cattivo gioco e si gode la paternità perchè qualcuno gli ha tolto il lavoro…
    E questa, in realtà, non è una scelta.
    Però chi la prende bene e ne fa un momento di ricchezza, darà sicuramente una scossa ai pregiudizi culturali e sociali.

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  9. Ecco… a leggere le parole di Jean mi viene solo da pensare che un mesetto di “casalingo” forse farebbe bene a tutti i babbi!

    Ma attualmente, almeno qui dalle nostre parti, pensare anche di prendere un mese di paternità (che gli sarebbe spettato ampiamente, visto che io sono libera professionista) per Roberto non è stato nemmeno immaginabile! Anche prendere un giorno di permesso ogni tanto perché le bimbe stanno magari male sembra un assurdo per i datori di lavoro di un uomo, in certe realtà.

    Quello che mi chiedo è: è proprio necessario, per godersi un po’ di paternità, rimanere senza lavoro? Non sarebbero più entusiasti tutti i babbi se lasciassimo loro l’opportunità (magari con i bimbi più cresciuti) di stare a casa con loro?

    Comunque in ogni caso… complimenti Jean, ti sei organizzato a puntino!

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