Quest’anno inauguro un Natale in letargo. Faremo un forte con le coperte tra divano e tappeto, metto subito le canzoni di natale polacche per tirarmi su e faremo del nostro meglio. Toccherà abituarsi perché io proprio non me lo ricordo un natale solo in quattro. Ma visto che quest’anno non sono arrivata sbudellata alle vacanze di Natale per chiudere tutti i lavori, sistemare figli, cene scolastiche, regali e decorazioni, ci hanno chiuso tutti i negozi non essenziali una settimana fa e nessuno sa dove prendere una lucina, o le cartoline a meno di non ordinarle online. Ho la scusa per non fare neanche quello.
Quando vivevo con i miei genitori si faceva la Wigilia polacca di magro con un bicchierino di wodka simbolico a ogni coperto, le ostie per scambiarsi gli auguri e i 12 piatti di magro rituali. Per i miei genitori era l’occasione per invitare la diaspora slava che ci abitava vicino. Nel frattempo mia nonna preparava quel paio di lasagne all’abruzzese, una come piatto forte per il pranzo di Natale (con il riciclo di tutti i piatti della sera prima) e una per Santo Stefano che passavamo con i cugini di mio padre e il brodo di cardone di zia Ida (e gli avanzi natalizi di quelle tre, quattro famiglie.)
Una volta trasferita ad Amsterdam abbiamo inaugurato il cenone della Wigilia ecumenico e internazionale, in cui il marito olandese della mia amica polacca faceva le aringhe tradizionali alla panna (śledź w śmietanie), l’amica iraniana il suo famoso tabbouleh, i siculi portavano i cannoli con il ripieno nella sacca a poche da riempire al momento e varie ed eventuali. Fondamentalmente per noi stranieri delle coppie miste il nostro cenone tra amici era la consolazione dai pranzi di Natale dai suoceri olandesi, perché festeggiando gli olandesi notoriamente a san Nicola con i regali, per Natale spesso scelgono per il menu di moda di quell’anno e mai sono riuscita a proporre una lasagna. Almeno noi cattolici di altre contrade ci sfogavamo con un nostro piatto rituale tra amici, prima di affrontare Jamie Oliver o chi per lui.
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Quest’anno neanche la soddisfazione di lamentarmi per i piatti non tradizionali. Siamo tappati in casa e ho preso atto dello scoramento che mi impedisce di trovare le energie per fare tutte le cose buone che avevo in mente. Per esempio tirare una sfoglia per i ravioli di ricotta o la lasagna. Ho comprato il ripieno già pronto di semi di papavero, noci e canditi per farmi il tradizionale makowiec polacco, che ci vuole a fare un impastino, dai, magari una versione bastarda con la sfoglia del supermercato. Boh. Mi consolo che non sono la sola a sentirsi apatica, ci consoliamo dicendoci che è l’anno che è atipico e che speriamo che lo resti, e che forse dall’estate prossima potremo ricominciare a fare progetti.
E allora oggi sono andata a farmi una spesona mega mischiando cose pronte e pacchi di farina e un chilo di ricotta per darmi la mossa, ho convocato i maschi tutti annunciando che dovevano collaborare e oggi si riordina la cucina e per i prossimi tre giorni si mangia quello che c’è e si fanno giochi da tavolo. Un figlio ha espresso voglia di polpette e ha spedito il fratello a prendere la carne, le farà lui, poi uno dice il miracolo di Natale.
Ne approfitteremo per guardarci in faccia, poltrire, parlare. Che se già la stagione e la natura e le tradizioni invitano a rallentare, chi sono io per oppormi, con una pandemia in corso?
Buone feste anche a voi, passerà anche questa.