L’impatto della pornografia commerciale sull’immaginario degli adolescenti, spesso come prima forma di scoperta sessuale, genera modelli frustranti e irreali, con conseguenze nei rapporti personali.
Si riflette molto poco sul fenomeno “pornografia” commerciale. La comune condanna moralistica non permette di affrontare questo fenomeno con la consapevolezza che merita: si riduce tutto a questioni psicologiche, a perversioni, a vizi immorali invece di considerare più oggettivamente qualcosa che movimenta annualmente milioni e milioni di dollari, dando lavoro a decine di migliaia di persone nel mondo, e che produce mode, significati, fenomeni mediatici e di costume, personaggi, modelli. In una parola, la pornografia commerciale è un’industria culturale.
La si incontra il più delle volte durante l’adolescenza, e spesso per un motivo molto ovvio: a quell’età sono pochi gli adulti disposti e capaci a parlare dell’argomento che più interessa l’adolescente. Le risposte, se non arrivano da figure di riferimento o istituzioni, vengono crercate da soli, ed ecco che lì pronta, presente e gratuita, c’è la pornografia commerciale.
Quindi, attualmente, nei fatti, ha una funzione educativa. Esiste perché ce n’è una grande richiesta, richiesta che non nasce dal nulla: si viene abituati a richiederla, e se la quantità di pornografia è così rilevante da alimentare un’industria, evidentemente questa abitudine nasce presto – appunto, si è stati educati a volerla. Essendo però un argomento “tabù”, qualcosa di vietato e proibito appunto a chi ne fa più richiesta – “vietato ai minori”, è scritto ovunque con un’evidente ipocrisia – la si cerca e la si usa di nascosto, segretamente, senza parlarne con nessuno.
Il risultato è che viene diffuso un modello di relazione che attraverso il sesso sancisce un potere, una rigida gerarchia. Nella pornografia commerciale il rapporto tra i corpi è ridotto a una prestazione atletica nella quale non ci può essere spazio per il confronto tra desideri, per l’incertezza della sensibilità: tutto è costruito per rappresentare una continua vittoria, un successo continuo e inesauribile, una riuscita di risultati numerici ambiti solo da una delle due parti in causa – perché la stragrande maggioranza dei consumatori di pornografia commerciale appartiene a un solo genere, e la soddisfazione del cliente viene prima di tutto.
Che esistano altre pornografie non è dato sapere: eppure ci sono. Rappresentazioni diverse dei rapporti sessuali, che non siano agonismo e sviluppo di un noto copione, esistono eccome: cercano di rappresentare l’importanza del consenso, del reciproco rispetto e soddisfazione, della vicendevole volontà di dare più piacere possibile. Certo, non hanno fini di lucro, quindi non possono vantare milioni di utenti, milioni di rappresentazioni, milioni di siti. Dovrebbero ricevere molto più interesse, invece non si sa neanche che esistono.
L’unica cosa che sembra esistere è una rappresentazione palesemente falsata di un rapporto tra generi fatto di tristi stereotipi legati a dimensioni, quantità e frequenza per lui, voracità disponibilità e obbedienza per lei. Rappresentazioni che invece di essere sottoposte a una critica definitiva e convincente, sono relegate a un silenzio imbarazzato che le fa continuare a essere uno strumento educativo: perché continuano, con la complicità silenziosa di molti e molte, a rimanere lì, nell’inutile silenzio moralista che permette loro di prosperare e di creare a qualcuno molti profitti, ai più false e nocive illusioni su di sé.
Grazie Lorè, ce n’era un gran bisogno. Come sai poco tempo fa col padre di famiglia si parlava di come porci nei confronti dei figli che crescono e della pornografia, oltre al parlar chiaro, avvertire, e io mi sono detta che vorrei tanto, al posto del parental filter, un portale pornografico parental approved per gli adolescenti, dove togliersi le sane curiosità, che con tutta l’apertura e dialogo che vogliamo instaurare, ci sono cose di cui non parli volentieri con i genitori, con prodotti culturali, dici bene tu, che riflettano la visione del mondo che gli vogliamo inculcare.