Non vi sarà sfuggita la notizia che la Mattel ha prodotto delle nuove Barbie più “normali”; insomma sì, basse, alte, con i capelli corti, con i capelli blu, e persino con il sedere un po’ più grosso e i fianchi larghi proprio come i nostri.
Perché, mentre è vero che esistevano già da tempo Barbie dai mestieri più disparati, questa bambola che ha più di cinquant’anni, continuava a mostrare un corpo perfetto. Insomma, astronauta, veterinaria, cantante, o insegnante la Barbie continuava ad avere un vitino di fata, e uno stile impeccabile. Ora invece lo stile impeccabile resta, ma si allargano i fianchi, si modificano le altezze, e, soprattutto, si diversificano i modelli e non solo gli accessori.
Possiamo parlare di successo? Possiamo accontentarci finalmente?
L’importanza di giocare con le bambole.
Il gioco con le bambole è un gioco di identificazione. Durante il gioco le bambine e i bambini proiettano se stessi nelle bambole e si esercitano ad assumere attraverso il gioco ruoli diversi. Attraverso il gioco vivono situazioni che non vivrebbero altrimenti e possono provare a proiettarsi nel futuro da adulti, testando situazioni e comportamenti. Il gioco con le bambole è quindi un gioco di proiezione, ci si specchia in loro, si usa la loro bocca per parlare e il loro corpo per fare. Se la bambola ci somiglia è ancora più semplice fare questo lavoro di trasposizione, ma la fantasia dei bambini è sufficientemente ricca da permettergli anche di identificarsi in qualcosa che non gli somiglia affatto. Mia nipote ad esempio è bravissima ad inventare dialoghi e vivere storie tra una forchetta e un coltello, mio figlio fa vive avventure fantastiche tra automobili o tra tappi di sughero e vi garantisco che è perfettamente in grado di esplorare tutta la gamma di emozioni e dialoghi possibili e impossibili utilizzando oggetti improbabili.
L’immaginario e i modelli di riferimento
Quale è l’importanza di avere bambole più naturali, più vicine alla realtà rispetto alla Barbie precedente? Se i bambini sono comunque in grado di immedesimarsi con un tappo di sughero o con una macchina, perché c’è tanto rumore intorno a queste bambole che cercano di somigliare a persone vere?
Non so quanto una bambina di 4 anni quando si immedesima nella barbie stia effettivamente immaginando se stessa con un vitino sottile, probabilmente la consapevolezza del proprio corpo e del corpo degli adulti che la circonda è ancora molto vaga, ma l’immaginario che ci si costruisce si basa sicuramente anche su questi dettagli (e su migliaia di immagini che ci circondano e che presentano corpi sempre identici nella loro perfezione). Ma ovviamente c’è chi si è preoccupato di esplorare questo possibile condizionamento, ad esempio studiando l’effetto dell’esposizione all’immagine di Barbie su bambine di 5-8 anni. I risultati di questo studio hanno mostrato che le bambine a cui sono state presentate immagini della Barbie (si intende quella classica, bionda e filiforme) mostravano una stima peggiore del proprio corpo e desideravano essere più magre. Questo collegamento è più debole per le bambine più grandi, come se le bambole con l’età smettessero di fungere da modelli di riferimento. Lo studio, però, indica come anche le bambole abbiano un ruolo nell’immaginario delle bambine circa il corpo femminile, e io aggiungo, sicuramente anche dei bambini.
Indubbiamente Barbie è stata un modello di riferimento per più generazioni. Ce lo dimostra anche la mostra Barbie – The Icon, che a Milano è stata forse l’evento espositivo più importante dell’anno dopo l’Expo e prima di tante mostre d’arte. Ed è stata sì, la bambola dei vestiti, delle scarpe e degli accessori (e spesso del gusto di autoprodurli con l’aiuto delle nonne!), ma è stata anche la bambola dei ruoli: Barbie non è mai stata una sola. Ogni bambola si è sempre legata a un’attività, a una professione, ma anche a una etnia (la Barbie nera era un esotico must per noi bimbe degli anni 70!). Ricordiamoci che guidava già belle macchine, quando ancora le ragazze le veniva a prendere il fidanzato sotto casa, altrimenti non uscivano!
Insomma, pur essendo la “bionda di plastica” per antonomasia, si è sempre presentata come una ragazza autonoma e protagonista.
E allora Ken?
Non possiamo fare a meno di applaudire la Mattel per questa scelta di marketing che ormai più che coraggiosa chiamerei strettamente necessaria; perché mentre è vero che un’azione di marketing viene fatta al solo scopo di vendere di più, è pure vero che un’azienda attraverso il marketing sceglie di schierarsi in un modo o in un altro, e il fatto che abbia finalmente deciso di modificare queste bambole storiche non può che farci piacere. Insomma avanti così, ma allo stesso tempo non possiamo evitare di chiederci: e Ken? A quando l’immagine di un Ken senza pancia tartarugata, con forme del corpo differenti, alto o basso, magro o grasso, magari con un po’ di cervello (Che io mi ricordi, nelle sue caratterizzazioni, Ken è stato solo surfista!), in grado di sostenere una qualsiasi conversazione, e una relazione uomo-donna decente?
Ci auguriamo di non dover aspettare altri 50 anni per vedere anche questo pezzo di rivoluzione!
Voci maligne già dicono che di queste nuove Barbie se ne venderanno pochissime. Indubbiamente le statistiche di vendita, che speriamo vengano diffuse prima o poi, ci diranno molto su quanto noi adulti siamo disposti a cambiare i riferimenti culturali e sociali dei nostri bambini.
A dirla tutta, io continuo a sognare la bambola Malala, Jane Goodall o J.K. Rowling, perché, se modelli reali devono essere, che lo siano fino in fondo!