Ma i videogiochi sono buoni o cattivi?
Me lo domando perchè sono un modo di giocare molto controverso: tutti siamo d’accordo nell’imputare ai videogiochi molti mali planetari che colpiscono i nostri preadolescenti (indolenza, sovrappeso, distrazione, facilità alla dipendenza, iracondia, atteggiamento violento e bullistico), ma poi siamo in moltissimi ad avere in casa una consolle.
Premetto che, secondo me, un oggetto non può essere di per sè un bene o un male, dipende dall’uso che se ne fa: anche i mattoncini Lego non sono particolarmente costruttivi se vengono usati per lanciarli in testa al fratellino minore!
Prendiamo atto che i videogiochi sono nati con la nostra generazione di attuali genitori: per noi erano il mito supremo, per molti inarrivabile. Quando siamo arrivati all’età della ragione, in molti, ce li siamo comprati in abbondanza e così ora nelle nostre case, da ben prima che arrivassero i figli, sono li accanto alla tv o sul pc.
In realtà sono i giochi più praticati ed appetibili per i ragazzi dai 12 anni in poi: sono quelli “socialmente” riconosciuti come giochi di tendenza, sono quelli di cui si può parlare con gli amici. Provate a cercare un quattordicenne disposto ad ammettere di giocare ancora con il Lego, anche se su alcune confezioni c’è scritto 8-14 anni!! Non ne troverete uno. Ma li troverete tutti disposti a discutere delle loro prodezze a Assassin’s Creed 2 o Girls Life.
I videogames hanno un grave difetto: procurano un’indiscussa dipendenza. Sarà perchè veicolati dal video, perchè molto complessi e coinvolgenti, perchè organizzati sul raggiungimento di livelli successivi, però è difficilissimo sottrarsi alla voglia di continuare ancora ed ancora.
A me le dipendenze insospettiscono e preoccupano per principio…
Oggi però mi sembra che le idee da cui nascono i videogiochi siano in controtendenza.
Da una parte nascono nuove consolle che permettono l’azione fisica, che poi, però, non illudiamoci, è imitazione di azione fisica. Dall’altra si mette in risalto pubblicitario che, alcuni giochi, sono “senza schemi predefiniti” e questo potrebbe essere uno sviluppo interessante.
Questo tentativo di sdoganarli nell’immaginario collettivo adulto, dopo averli ampiamente imposti all’immaginario infantile ed adolescenziale, mi sembra l’ultimo gradino per farli salire all’indiscusso vertice dell’elite del giocattolo. Il videogioco è il top di quello che un bambino può possedere! Beh… questo, decisamente, mi suona un po’ male…
Noi la consolle la abbiamo. Inutile negare che l’abbiamo comprata perchè piaceva anche e soprattutto a noi. Però cerchiamo di gestirla con degli accorgimenti:
– Il videogioco deve essere meno possibile un’attività solitaria (anche se sarebbe comodissimo, in certi momenti, parcheggiare il Sorcio con il controller in mano…) e deve diventare un’attività sociale: giocano insieme papà e figlio, si gioca quando viene qualche amichetto. A volte gioca anche da solo (quando lo richiede la natura del gioco), ma magari io mi metto sul divano a guardare e commentare quello che fa. Nel rispettare questo ritmo, aiuta il fatto che noi abbiamo in casa un solo televisore. Quindi non esiste un video davanti al quale il Sorcio può isolarsi con il suo videogames.
– Finchè possiamo, evitiamo le consolle portatili. Vedere i bambini che per strada, o in macchina, o in qualsiasi luogo pubblico, si isolano davanti al loro piccolo monitor, proprio non mi quadra. Anche questo è molto comodo: puoi portare i bambini ovunque, tanto li stordisci con una botta in testa di psp/ds… Ma i bambini devono anche imparare ad annoiarsi e ad inventare un modo per superare la noia, devono guardarsi intorno, devono rendersi conto di dove sono e cosa fanno.
– I tempi sono importanti. Ci deve essere un limite di utilizzo, proprio per evitare quell’effetto stordimento che procura ogni attività davanti ad un video.
– Non ci piacciono i giochi che imitano pedissequamente la realtà. Che senso ha cucinare con un videogame? Andiamo in cucina e impastiamo dei veri biscotti! Che senso ha accudire un cane virtuale? Un cane è un impegno serio, è quasi come avere un fratellino, non lo si può banalizzare. Allora meglio un bel pupazzo morbido per far finta di accudirlo!
Se devo giocare con un videogame, almeno fatemi fare qualcosa che, nella realtà, non posso fare: fatemi guidare la macchina a forte velocità in pista, fatemi volare, fatemi vivere un’avventura! Insomma, fatemi fare almeno qualcosa che metta in movimento un po’ la fantasia!
Il videogioco, insomma, può essere un giocattolo come un altro, anche se rischia di essere molto, ma molto più invadente: impariamo a ridimensionarlo nel nostro immaginario, a dargli un valore neutro e ad insegnare a bandire l’alienazione.
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