Natale: periodo di confronti fra passato e futuro, momento di bilanci e anche di emozioni più forti e intense da gestire.
Non è facile, seguire i percorsi e le voci delle proprie emozioni.
In sostanza, manteniamo noi stessi al governo della nostra vita, mentre scorrono gli eventi esterni e le emozioni dall’interno prendono vita, cambiano forma o ci rimandano segnali dalle cicatrici o dai momenti di gloria del passato.
Più diventiamo flessibili, mobili e abili a danzare tra loro e gli eventi, senza mai rimanere incollati a un solo compagno di danza, più viviamo in pienezza e sincerità con noi stessi questa traghettata della vita. Le diamo un percorso di cui solo noi scegliamo la rotta, un percorso autentico e sentito, fatto di giorni soleggiati e di tempeste, ma nostro. Lungo il tragitto, le esperienze di autenticità ci danno forza ed energia, ci riportano a chi siamo, alle nostre scelte fondamentali, ci scrollano, dove necessario.
Che cosa accade a Natale?
Più cose, ovviamente. Ma per oggi vorrei condividere due aspetti che mi sembrano importanti:
una ritualità annuale che inevitabilmente ci porta a fare confronti con passato e futuro, a percepire la mortalità, a fare i conti con i bilanci e i desideri frustrati,
una visione edulcorata, spesso distante dalle nostre vite e dall’evento in sé. La narrazione del Natale non lascia spazio ai dolori del parto (sarà banale ma mia figlia chiede sempre “perché non abbiamo due statuine di Maria? Una con la pancia, una senza”). Portare nelle raffigurazioni del Natale solo la visione edulcorata di una madre, non la sua stanchezza, la sua paura o il dolore, significa correre un rischio: tradire il messaggio di un Dio che si fa uomo perché così è capace di affrontare con l’uomo e come l’uomo i dolori dell’uomo.
Questi due aspetti, uniti agli eventi particolari della vita di ciascuno, possono – io credo – distanziarci dalla nostra autenticità. Ecco allora che – per farsi sentire – le emozioni, in particolare quelle protettive, urlano più forte e ci mettono in difficoltà proprio nei giorni in cui – all’apparenza – ci sentiamo meno legittimati a far loro spazio.
Prendiamo le emozioni in contropiede.
Proprio ieri ho scoperto che per l’anno prossimo la Pixar proporrà un film d’animazione “Inside Out” che ci propone la visione di come le emozioni guidino una giovane adolescente: Gioia, Rabbia, Disgusto, Tristezza e Paura vivono nel Quartier Generale, la centrale di controllo dentro la mente di Riley, dove la aiutano attraverso la vita di ogni giorno (cit wikipedia).
Durante le feste, prima dei momenti difficili diamo spazio alla voce di ciascuna di queste emozioni, legittimandole. Non possiamo gettare il tacchino dalla finestra per tutti i regali passati in solitudine da bambini, ma possiamo parlare con la nostra rabbia antica, facendole posto, non a tavola con tutti i commensali, ma almeno dentro il nostro cuore. Possiamo accettare che ricordare il passato, se riporta ricordi di persone che non ci sono più, ci porterà vicino Tristezza o Paura. Coccoliamole, allora, rassicuriamole come facciamo coi nostri bambini. Non impediremo agli eventi funesti di interrompere il nostro cammino, ma non avremo lasciati noi stessi soli.
E allora, forse, potremo goderci un po’ di più il presente. Un ottimo tacchino, nonostante i dialoghi interrotti con chi ve lo ha cucinato, un profumo piacevole, la gioia della fiamma delle candele.
Che siano feste autentiche, per ciascuno di noi, prima di tutto.