“In migliaia si sono riuniti per protestare contro i nazisti” così titola il quotidiano svedese, Dagens Nyheter, la notizia della manifestazione organizzata contro un centinaio di adepti ad un partito nazista che si riunivano nel cuore di Stoccolma questo sabato. Il giornale riporta la notizia sottolineando come prima cosa il fatto che la maggioranza dei manifestanti era assolutamente pacifica, e solo un piccolo gruppo ha iniziato a usare violenza contro la polizia, portando al ferimento di quattro poliziotti. Una donna di 59 anni Mari-Ann Nilsson che ha partecipato alla manifestazione contro i nazisti ha criticato i (pochi) riottosi dichiarando “non c’è bisogno di violenza, la cosa più importante è che noi siamo più di loro. Poter dimostrare è un diritto democratico che rischiamo di perdere. Questa è una dimostrazione di persone che sono contro il nazismo.”
Leggo queste parole in questa mattina di fine agosto, e la preoccupazione accumulata in questi ultimi mesi (anni) in un’Europa che si sposta sempre più verso l’intolleranza nei confronti di chi è diverso, di chi è altro da noi, inizia a trasformarsi nella mia mente e una voglia di fiducia nel popolo umano, fatto di uomini e donne, di individui intelligenti e appunto umani, mi investe in pieno.
Cosa possiamo fare contro i razzismi se non esserci? Esserci insieme a Mari-Ann Nilsson, ogni giorno, per mostrare loro che noi siamo contro, e soprattutto che siamo molti di più.
Penso che sia giusto fermarsi a capire il razzismo, comprenderlo sul piano sociale e sul piano storico per poterlo superare. Penso che sia giusto chiedersi, leggere, informarsi, per sapere cosa è stato fatto e soprattutto cosa non è stato fatto in passato, per evitare che la storia si ripeta. E che sia giusto rendersi conto della dimensione, dei numeri di persone coinvolte, di quanti sono da un lato e quanti sono dall’altro, anche se non vanno necessariamente in piazza a lanciare molotov.
Siamo molti di più.
Vorrei educare i miei figli a non aver paura dell’altro. Vorrei insegnargli ad accogliere, a considerare le differenze come una ricchezza e non come una minaccia. E’ una grandissima sfida per noi genitori, in una società in cui si fa prima a gridare il proprio odio e la propria frustrazione contro zingari, ebrei, barconi carichi di profughi, mendicanti sfruttati da gente senza scrupoli o semplicemente poveri, brutti, sporchi, invece che stendere la mano, guardare con curiosità per essere in grado di accogliere.
Vorrei che i miei figli non avessero paura di indignarsi di fronte ad un cartello antisemita appeso in un bar, e che avessero il coraggio di denunciare, di reagire, senza alzare le spalle, esattamente come hanno fatto i cittadini di Genova.
Ecco quindi la nostra piccola sfida. Questo mese parliamo di razzismi, di cosa sono, come affrontarli e superarli lavorando ogni giorno, su noi stessi come individui, sui nostri figli come genitori, sulla società come membri dell’umanità. Perché affrontare questi temi oggi è assolutamente urgente, e noi non abbiamo voglia di attendere gli eventi. Noi vogliamo esserci ora e subito, per mostrare che non siamo d’accordo, e soprattutto che siamo molti di più.
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* Immagine ©jamieskinner00 utilizzata in licenza creative common
Io mi sono sempre considerato una persona molto tollerante, socievole, e senza pregiudizi di nessun genere.
…e sto cercando di fare col mio Cucciolo di appena due anni esattamente ciò che hai detto tu, di insegnargli a non avere paura dell’altro o del diverso, ad avvicinarsi a tutti con lo stesso atteggiamento e la stessa curiosità…
Ma nel farlo mi sono reso conto che così aperto e tollerante in realtà non lo ero… forse solo un po’ più di tante persone che conosco e delle quali non condividevo discorsi e atteggiamenti, ma non tanto quanto avrei voluto! …forse più in superficie che in profondità ero come avrei voluto essere. (Perfettamente d’accordo con Mammaamsterdam…)
…ed ecco che di nuovo, ma ormai ci sto facendo l’abitudine, sto crescendo insieme al mio Cucciolo …lo definirei un rapporto alla pari il nostro!!!
E soprattutto metterci una mano sulla coscienza e renderci conto anche noi di tanti piccoli razzismi quotidiani che commettiamo tutti: 1) il pensiero sbuffante, che abbiamo quando siamo di fretta e all’ uscita del bus, o nella corsia del supermercato “Forza, sognò, spostati, mannaggia ai ciccioni che stanno in mezzo ai piedi” (pensato da quella che pesa 96 kg. in proprio); 2) la preoccupazione magari inconscia quando e diamo un gruppo di ragazzetti marocchini all’ angolo della strada proprio dove dobbiamo passare noi, e poi magari sono educatissimi e si sostano per farti passare. Annissimi fa andai a trovare una coppia di potenziali insegnanti per Madrelingua nel cosiddetto quartiere ghetto di Amsterdam, che allora non conoscevo affatto. Bellissimi appartamenti ampi e luminosi nei palazzoni e al ritorno, in ascensore con gruppo di ragazzetti di colore forse manco quindicenni, che stavano sulla balconata e quando ho preso l’ ascensore sono saliti con me. Non ho potuto fare a meno di pensare: com’ erano quelle storie sulle bande giovanili in questo quartiere, che uno di loro scherzando con gli altri ha usato una parola manco troppo pesante e subito gli altri tre in coro: ma insomma, c’ è una signora, Oh signora mi scusi tanto, fa il reprobo. Adorabili e ben educati, che vuoi di più da un branchetto di adolescenti nel quartiere diseredato di Amsterdam? Ecco, da quella volta sto attenta pure a quello che penso, e quando lo penso, perché a volte lo pens, mi faccio l’ esame di coscienza. (Poi allo stronzetto marocchino che una volta nel mio quartiere ha detto che mi avrebbe trombato, 11 anni e mezzo metro di altezza, ho fatto un urlacico che ancora se lo ricorda).
Hai ragione Mammamsterdam, dobbiamo stare attenti al razzista che è dentro di noi.