8/9 anni: l’età del distacco

Che succede? Perché ancora una volta mi ritrovo con un figlio polemico, insofferente, pronto a scattare per un nonnulla, agitato? Problemi a scuola? Problemi a casa di cui non ci rendiamo conto? O ancora una nuova fase di crescita? (Mi verrebbe anche da dire: perchè polemico e insofferente ci è nato, ma faccio finta di nulla e tiro avanti…).
I “terrible two” li hanno sentiti nominare tutti. Crisi oppositive intorno ai sei anni capitano a molti. Ma possibile che non si possa mai stare tranquilli?

Mio figlio è di nuovo in fase “adolescente precoce” (e alla prossima, se ci arrivo, credo non sarà più precoce). Questa volta sembra concentrare tutte le sue “attenzioni” su di me: sono io che lo opprimo, sono io che lo costringo, vorrebbe che sparissi, che non fossi io sua madre. Tra le sue frasi storiche abbiamo:
Noi siamo l’unica famiglia infelice perché tu imponi a tutti quello che vuoi tu
Sei tu che mi costringi
Perchè io sono nato da te?
IO NON SONO TE!!!

Ecco… resistere ai colpi di queste frasi, pur facendo leva su un incrollabile senso dell’umorismo, non è semplicissimo. Per quanto si cerchi di contestualizzarle, provocano una stretta allo stomaco e magari scende anche qualche lacrima.

Parlandone con un’amica, nella cui capacità di analisi della vita con i figli ho grande fiducia, mi sono sentita sostenuta nei miei tentativi di capirci qualcosa: “Alcuni bambini verso quell’età sclerano! L’amica sciamana dice che è perché a quell’età l’aura del bambino si stacca definitivamente da quella della madre e consiglia massaggi sotto le piante dei piedi (oh, io mi limito a riferire, che resti tra noi o mi gioco quel po’ di reputazione che ho). L’Edipo è un altro modo per dirlo, gli psicologi sostengono che a quell’età il pupo si sta staccando dal pensiero magico e si rende conto che la vita è reale e questo fa paura, e ovviamente tutti i cambiamenti sono sempre colpa nostra che dobbiamo soffrire. Per mia esperienza, uno sbrocchetto materno a volte male non ci sta, un piantino pure noi o un’urlata ci fanno solo bene. Ah, e altra cosa meno psicologico-esoterico, ma meglio togliersi il dubbio: Sverminarlo?
Ecco, voi capirete che frequentando gente così, che in 10 righe mi va dall’amica sciamana (!!!???), all’Edipo, ai vermi, io sono a posto: ho sempre una spiegazione per tutto!

Siamo dunque in una fase in cui si cerca l’autonomia e questo mi sembra normale. E’ necessario però compiere un passo di comprensione in più: questa autonomia, questo distacco, lo si cerca dalla mamma. E’ uno dei tanti tagli del cordone ombelicale (ma perché quando sono neonati tutti ti parlano solo del moncherino del cordone che cade dopo 10/15 giorni??? Perché nessuno racconta dei tanti tagli di cordone che ti toccheranno in futuro???).

E’ la fine della fase edipica, dunque? Ha bisogno di andare, non ha più necessità di accudimento? Anzi, ha proprio necessità di non-accudimento: necessità di fare da sé. Provvedere un po’ di più a se stesso in modo autonomo e sentirsi più autonomo per trovare se stesso.
IO – NON – SONO – TE. Ecco la chiave: in fondo me l’ha spiegato proprio mio figlio in 4 parole cosa sta accadendo. Si sta staccando e deve trovare i confini della sua persona, non confondersi con me.
E poi mi rendo conto che in fondo fa lo stesso anche col padre, anche se in modo meno conflittuale. Si stacca. Sta andando.
Non è doloroso il fatto di per sé, anzi. E’ bellissimo vedere che cerca la sua autonomia. Sono i modi che a volte ci confondono e ci fanno del male. Perché non è facile gestire una crisi al giorno, magari scatenata da questioni apparentemente banali.

Faccio un esempio: i compiti. Se do io i tempi si rifiuta, mi caccia, si chiude in camera: “non li farò mai!! vattene!! lasciami in pace!“.
Dieci minuti dopo, solo in camera, è lì che studia storia.
Allora cosa voleva dire quel “mai“? Voleva dire “li voglio fare con i miei ritmi, per capire se sono capace ad organizzarmi da solo
Cosa voleva dire quel “vattene“? Voleva dire “ho bisogno di mettermi alla prova: devo provare a leggere e ripetere da solo, per vedere se anche così l’interrogazione andrà bene, se lo so fare“.
In sostanza, vuol dire: devo mettermi alla prova per capire come funziono, chi sono, cosa so fare, quali sono le mie qualità e i miei difetti.

Questo momento terribile di opposizione e conflitto è la costruzione della stima di sé. E’ un’età in cui i bambini non possono più “fidarsi” dei genitori quando dicono loro che sono bravi in questo o quello, che questo lo hanno fatto o non fatto bene. Non possono più dipendere dalla mamma o dal papà per sapere quali sono i loro pregi e difetti. E’ il momento di provare.
E per noi è il momento di accettare e farci da parte. Perché l’autonomia e l’autostima camminano insieme e il nostro compito è lasciarli provare, perché si conoscano e si accettino.
I distacchi non possono essere sempre graduali: la crescita è un processo lento e continuo, ma ci sono i momenti di strappo. E lo strappo può provocare un po’ di dolore, ma poi si continua ad andare.
Non è per niente facile, ma prima di preoccuparci per i nostri figli, è sempre bene occuparci di loro. Dimostrando loro di averli capiti, si insegna anche a non aver bisogno di gridare, di aggredire, di insultare. Accettare la necessità di autonomia, non vuol dire accettare tutte le intemperanze: mancare di rispetto alle persone che ami non è mai giusto, anche quando sembra l’unica via per rispondere a quel grido dentro.
Ora, sappiate che è semplice dirlo, ma io non sono brava a tener fede a questo impegno. Spero che aver scritto questo post mi aiuti ad arrabbiarmi di meno, ad intristirmi di meno e a sentirmi meno sconfitta.

E poi, comunque, al limite… Provate a sverminarli! 😉

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36 thoughts on “8/9 anni: l’età del distacco”

  1. Silvia questo, il fatto che a noi ce le dicono ste cose, deve, DEVE fare la differenza.

    Fra l’altro, leggendo i commenti, oh, ma se quello che succede a casa tua succede anche a casa mia e a casa di un sacco di altra gente, allora vuol dire che tutto quello che ci fa struggere e’ normale, come il mettere di dentini? Perche’ nessuno si sente mancare il terreno sotto i piedi quando cade il primo incisivo, mentre al primo fanculo si? Ci impegnamo tutti collettivamente a smitizzare pure i fanculo, per un mondo (genitoriale) migliore?

    (autostima up!)

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  2. Close the door, l’abbraccio lo prendo eccome! Me lo tengo da conto per le giornate più nere.
    Per tirare fuori questo post ci ho messo quasi un mese: scrivevo, lasciavo lì, cancellavo. E appena passava un’altra giornataccia, mi venivano in mente cose da scrivere, ma non ne avevo l’energia. Un mese fa, sarei stata sicuramente meno lucida.
    In effetti quello che dice Close “Se tuo figlio dice queste frasi sa che se lo può permettere, che sei forte abbastanza da sostenerle, e all’occorrenza rimbalzarle o contenerle” è un po’ la mia speranza: vedo tanti adulti che si portano dietro per anni sensi di colpa nei confronti dei genitori per aver tradito aspettative o progetti, o magari solo per aver provato sentimenti che avevano imparato a considerare sbagliati.
    Forse riuscirò a scongiurare tutto ciò?
    Di sicuro deve avere un’immagine di me molto solida! 🙂

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  3. Tieni duro, Silvia, hai detto una grandissima verità: “Questo momento terribile di opposizione e conflitto è la costruzione della stima di sé.” Sto facendo una grande fatica a commentare questo mese che per me è abbastanza catartico, anzi è piuttosto forte la tentazione di non farlo del tutto, vorrei solo dirti che non devi sentirti sconfitta, al contrario! Se tuo figlio dice queste frasi sa che se lo può permettere, che sei forte abbastanza da sostenerle, e all’occorrenza rimbalzarle o contenerle – contenerle nel senso proprio di dire “Non mi mancare di rispetto” – ma non zittirle. Con tutto il cuore ti abbraccerei, ecco accetta il mio abbraccio per favore :-*

    (Poi, ecco per dire: non so ancora mettermi al tuo posto, già mi tremano i polsi pensando all’adolescenza, quasi quasi mi sa che diventerò il tipo che accelera tutto mettendo la figlia in collegio in Inghilterra, ahahah…)

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  4. Silvia,complimenti per la lucidita’ con cui stai affrontando il “problema”. Gia’ scrivendo questo post ti sei costruita uno strumento in piu da usare nei momenti difficili.

    Io volevo dire che mi ricordo benissimo i miei sentimenti di preadolescente. Mi ricordo perfettamente di aver pensato cose del tipo “nessuno mi capisce”,”non vorrei mai essere nata”,”voglio andarmene via di casa”. In realta piu questi pensieri li ho esternati rare volte,in genere restavano nella mia testa perche sapevo che non erano belle cose da dire. Il che significa cge se i nostri figli non ci dicano certe parole non significano che non le pensino… Mmmm… Che e’ ancora peggio…mmmm…

    Spero di riuscire a far tesoro della mia esperienza per sfruttarla a vantaggio mio e delle mie figlie quando sara’ il momento.
    Per adesso siamo alle prese con i terrible two…ih ih…

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  5. Mammamsterdam, ci hai preso in pieno. Siamo (mi permetti il “siamo”?) delle madri ingombranti, nel mio caso non solo fisicamente. Avere una maniaca dell’organizzazione intorno deve essere terribile, perciò in questo momento la “vittima” designata sono io: perchè io tendo ad essere il carnefice della sua indipendenza, non il padre. Ci sta, è giusto così.
    A pensarci a mente lucida, è OTTIMO che “si liberino” di noi. Ci devono scaricare, devono andarsene a sbagliare con le loro manine sante, ovviamente nei limiti consentiti dall’età.
    Le modalità sono sempre un po’ pesantine da sopportare, tutto qui…

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  6. A noi manca ancora un pezzo agli otto ma alla fine dove i sentimenti e i legami sono più intensi penso ci siano anche gli scontri più esplosivi e le ridefinizioni di confini più dure e faticose. Non è per forza così, però può essere spesso così. E poi trovo vera questa cosa delle fasi che in qualche modo si ripetono, ogni volta a livelli diversi e portano dietro comprensioni diverse, intuizioni diverse, livelli diversi di fatica.
    Lascio anch’io la mia chicca (anche se leggermente ot): la “piccola” 4 anni: “a me non mi ama nessuno”.
    Oh, sverminare in effetti non è una cattiva idea, siete una fonte inesauribile di ispirazione… 🙂 🙂

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  7. “l’autonomia e l’autostima camminano insieme e il nostro compito è lasciarli provare, perché si conoscano e si accettino.”

    ho sempre detto e scritto che bisogna soprattutto avere fiducia in loro, che comunque arrivano – eh, l’istinto vitale – dove noi magari non arriviamo per stanchezza o perché siamo “indietro”. io per esempio in questo periodo sono indietro e il dolore degli strappi mica lo gestisco un granché…

    però loro si prendono il loro spazio, tra un
    “io non voglio quello che vuoi tu” (Pulce, 4 anni a febbraio)
    “noooooo, solo! io, solo!” (Pulcino,2 anni venerdì prossimo)

    a me queste tue righe hanno fatto un gran bene. mi aiutano a contestualizzare loro e le difficoltà che sto vivendo. e pian piano forse riuscirò ad accogliere gli strappi come benedizioni, perché vuol dire che per quanto io non stia riuscendo ad accompagnare la loro autonomia, la loro autostima è al momento abbastanza vivace da prendersela. benedetti, vermi, che vuoi che ti dica 😉

    buona giornata! 🙂

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  8. Io l’ho dett che sono in sintonia con Chiara: mio figlio 5 anni e mezzo continua a ripetermi come un mantra che cambierà famiglia al più presto.
    Certo che se avessi saputo prima del rimedio l’avrei già sverminato!
    Anna

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  9. “Era meglio se non nascevo” lo abbiamo anche noi… Alla fine ci si abitua, ora io noto che sarebbe meglio “era meglio se non FOSSI NATO”, ma magari evito di farglielo notare, che forse si arrabbia di più. Magari quando studieranno il congiuntivo a scuola, potrò sollevare la questione… (Marzia, che ti devo dire… visto che poi non lo dimostra con i fatti, tanto vale che la prendiamo come un colpo di teatro)

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  10. Potevo mancare? Questo post me lo rileggerò con calma, perchè racconta anche un pezzo di me, delle lotte che mi porto dietro da anni. Mio figlio non ama essere bambino e quindi l’opposizione e il rifiuto in famiglia sono pane quotidiano. Lo stesso non accade all’esterno, ma è un’altra storia.
    Mia madre mi ha consigliato l’esorcismo, visto che una delle zone oscure di ribellione è la sua richiesta di “poter non credere in Dio” … che fatica!
    Comunque sono ancora intera nonostante i vari “se tu morissi starei meglio”, intervallati da “non dovevo nascere”. A noi mancano 15 giorni agli 8 anni e non vedo luce in fondo al tunnel, quindi grazie come al solito per la condivisione!

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  11. Eccomi, ci sono anch’io nella lista delle mamme di preadolescenti. Grida, resistenza, liberta`che fa paura, sfide, coraggio, ricerca di se`; mi vengono in mente una marea di sentimenti contraddittori con cui devo confrontarmi quotidianamente. Grazie, mi fa bene sapere che non sono l’unica.

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  12. Scrivere serve sempre e aiuta, anzi, quindi spero che anche tu ti sia fatta una chiarezza a cui aggrapparti al prossimo sbrocco. Poi pensavo a una cosa, che per i maschi, questa presa di coscienza di se e dei propri limiti è anche una delle prove tecniche di assunzione di ruolo nella società, e magari se la prendono un po’ di più con la madre proprio perché noi siamo un po’ un impiccio in questa ricerca di modello maschile.

    Ultimamente da noi sta succedendo con figlio 1, che quando si è rotto la gamba per una settimana mi ha proprio rifiutata, non voleva che lo toccassi, che mi avvicinassi, che dormissi accanto a lui. Voleva solo il padre ed è stata dura. Ho capito perché, in un certo senso, e magari ti è utile, perché sospetto, cara Silvia, che anche tu sia un po’ il tipo così.

    Ovvero, noi ci accolliamo decine di cose sulle spalle, proprie o altrui, perché ci hanno disegnate così. Per questo, per poterle fare tutte o soffriamo, ci tocca essere estremamente efficienti e organizzate nel pensiero, o le 24 della giornata finiscono mentre stiamo a metà. Il fatto che noi vediamo, prevediamo e organizziamo ovviamente è tremendo per uno che sta cercando, perché gli diciamo tutto noi cosa deve fare, come lo deve fare e dettandogli i tempi che servono a noi. E lui invece se lo vuol fare da solo.

    La differenza tra me e mio marito, nel portare figlio 1 semiimmobilizzato in bagno per esempio, era:
    Io ” allora, se tu metti la gamba così, mi ti aggrappi al collo, fai forza sull’ altra gamba mentre ti metto sulla sedia a rotelle abbiamo fatto fidati e andiamo.”
    Il padre “Senti come la vuoi mettere la gamba, così? Allora dimmi come ti devo prendere, ecco bravo, e se adesso ti fai forza sull’ altra gamba piano piano scivoli sulla sedia a rotelle, bravo, no, non ti preoccupare, aspettiamo un momento se adesso non ce la fai”.

    Buono per l’ autostima di mio figlio, ma un quarto d’ ora dopo stavamo lì e a entrambi cominciava a venire un attacco isterico, lui perché si convinceva sempre più di non farcela, io perché se mi dava retta avevamo bello che finito e adesso ci stavamo a bere un te per riprenderci.

    Sbaglio, certo che sbaglio. Ma un giorno mi ringrazieranno, lui e il suo analista.

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