Le emozioni, si sa, non hanno di per sé carattere routinario: come mi piace dire spesso, sono i nostri allarmi salvifici per comprendere che cosa non va o ci mette in pericolo nel mondo che ci circonda. Per questo, possono variare molto, di ora in ora, ed essere difficili da maneggiare.
Può accadere, però, che alcune situazioni ripetute nel nostro passato ci facciano rispondere ancora oggi a determinati stimoli secondo pensieri ed emozioni sempre uguali, perché, per strani giochi della nostra mente, ci sono circostanze, frasi, atteggiamenti che ci riportano immediatamente in quel momento del passato, come su un binario a senso unico, a interpretare ciò che accade non per come accade ma per come accadde e a vivere esclusivamente la rabbia, la paura, l’angoscia, la colpa di allora. In questo caso, un meccanismo perverso crea quasi una routine nelle emozioni, stravolgendole e impedendoci di vivere pienamente il presente con le sue emozioni, uniche e utili.
Come mettersi in condizione di vivere le emozioni per quello che sono, messaggi e segnali da parte di noi stessi, ascoltandole senza lasciare che diventino altoparlanti impazziti che sparano gli stessi messaggi urlanti da decenni? Ho provato una breve collezione di spunti.
Stabilire dei limiti
I limiti, i confini, creano lo spazio utile di manovra per comprendere chi siamo e come vogliamo muoverci. Utilissimi con i bambini – più piccoli sono, più utili sono i confini e le regole – purché amministrati con buon senso, possono essere ottimi alleati anche da adulti.
Decidere quali azioni non ci permettiamo di compiere, qualunque sia l’emozione che stiamo vivendo.
Decidere che ad alcuni messaggi provenienti dalla nostra radio interiore diamo un tempo limitato (stop al rimuginare, per intenderci).
Decidere che ascolteremo le emozioni ma che – da adulti responsabili – non risponderemo (in ambito professionale, familiare o come genitori) immediatamente, ma ci concederemo il nostro tempo per rielaborare una risposta in ascolto sia dei segnali provenienti dalle nostre emozioni sia dalla nostra razionalità o dal nostro istinto.
Non vuol dire impedirsi di vivere le emozioni. Al contrario, vuol dire concedere loro il loro posto, senza che diventino il conducente unico e autoritario di noi stessi, nella nostra interezza.
Dare uno spazio alle emozioni
Confinarle, dicevamo, non vuol dire annientarle. Diventa allora necessario avere tempi e momenti per poter ascoltare quali emozioni si muovono “sul nostro cielo interno”. Innescare o pretendere di innescare una routine di meditazione – mindfulness o altro può essere estremamente difficile e controproducente. Se siete genitori probabilmente avete già difficoltà (o almeno, io ce l’ho) a mantenere con un minimo di buon senso le routine necessarie a mandare avanti la baracca e i rapporti. Però ci sono dei trucchi, degli espedienti, si trovano leggendo o curiosando.
Per esempio: trasformare la bevuta del caffè in un minuto o due sacri solo per noi stessi. Non vuol dire che attorno a noi smetteranno di crollare torri di lego, di aggirarsi gattini di polvere, risuonare urla di varia misura. Vuol dire che davanti al caffè (o tè, karkadé, camomilla, acqua e menta.. vedete voi) io mi fermo, lo annuso, penso a quale benedizione sia essere viva e lascio che le emozioni mi parlino, siano esse belle o brutte, rabbia, gelosia, angoscia, paura, colpa, felicità, tristezza o semplicemente stanchezza. Ci sono io, con loro.
Oppure trasformare nello stesso attimo di consapevolezza una cosa semplice, quotidiana, come lavare i piatti o i denti o passare il filo interdentale. Purché sia sempre, tutti i giorni, quello a richiamarci che – assieme ai figli, al compagno, agli amici, ai social – anche noi, e le nostre emozioni, siamo meritevoli di ascolto.
Essere un tutto, corpo mente e cuore
L’altra routine sana che ho scovato negli anni per migliorare il mio rapporto con le emozioni è stata quella di accettare che siamo un tutto: mente, cuore, emozioni e anche corpo. Non esiste solo la vita intellettuale e professionale, ma per ascoltare le emozioni bisogna lasciar spazio anche al nostro corpo. Abbondano le fonti da cui trarre ispirazione, oltre naturalmente ai gusti individuali.
Poiché parliamo di routine che migliorano la nostra vita emozionale, però, l’attività fisica assume un ruolo sostanziale dove diventa un appuntamento per stare con sé (come scrissi una volta, il Pilates mi rende una mamma migliore – se faccio solo quello)
Finire le cose
La vita delle emozioni è fragile, anche se molto potente, desidera spazio e ascolto, non liste immani e infine, non essere messa di fronte a una asticella troppo alta. È sempre valido, ma in particolare se vogliamo migliorare la nostra salute emozionale.
Finire le cose è un modo di regalarci un riconoscimento positivo, un “brava ce l’hai fatta” invece di aggiungere un dovere all’altro dovere.
Cambiare routine
Last but not least: accettiamo di doverle cambiare, spesso o qualche volta, le routine per vivere meglio le emozioni. La vita è in costante cambiamento, e le nostre emozioni cambiano con lei.
Lasciamoci liberi di individuare – a seconda dei momenti e delle nostre stagioni di vita – ciò che ci fa stare meglio con noi stessi, e quindi con loro.