Partiamo dalla trasmissione di così detta real tv, diventata tanto celebre da meritare, dopo la serie americana e inglese, una versione italiana.
Ai suoi primi passaggi su MTV mi sembrava un prodotto piuttosto discutibile, proprio in quanto invadente “real” tv, ma comunque con un suo senso. Si era molto parlato del crescente numero di adolescenti che avevano figli, in particolare in UK, e si era già discusso dell’inaspettato fenomeno in un mondo e mentalità nella quale accedere alla contraccezione era piuttosto facile e alla portata di tutti.
La trasmissione poteva avere una sua funzione “educativa”: spesso si mostravano le difficoltà e la sensazione di solitudine di chi, pur supportata dalla famiglia, si trovava estraniata dalla sua vita di adolescente, alle prese con scelte ben diverse da quelle dei coetanei.
Peggior figura facevano i padri adolescenti, spesso presentati come assenti, oppure presenti ma inadeguati, incostanti (ma nella serie italiana più spesso partecipi e attenti). Di sicuro le coppie adolescenti in attesa di un figlio ne uscivano come (giustamente) immature e piuttosto inconsapevoli.
Però, ripeto, un senso lo si poteva trovare, in un più ampio programma di interventi informativi per scongiurare le gravidanze precoci, era bene mostrare che avere e crescere un figlio a 16 anni è molto difficile. E mostrarlo attraverso un canale tv tra i pochi ancora seguiti dai ragazzi di quella fascia d’età era sicuramente un mezzo per arrivare a destinazione.
La serie italiana ha creato le sue piccole star di casa nostra. Più di una stagione televisiva e diverse storie. Seguitissima anche questa dai coetanei dei protagonisti, sempre in stile reality show che va tanto.
A seguire tanti gruppi facebook, dove le adolescenti future mamme (quasi tutte ragazze, ben pochi futuri padri) si incontrano e si confrontano.
Fin qui un fatto “di costume”. Poi però sento un po’ di storie raccontate da persone vicine, più o meno conosciute, e mi assalgono dubbi e perplessità.
Sedicenni incinte: ce ne sono molte (se non sedicenni, diciassettenni o diciottenni, la differenza è ben poca). E di queste situazioni mi colpiscono diversi aspetti.
Spesso sono le mamme degli adolescenti, future giovani nonne (spesso mie coetanee), ad annunciare il futuro lieto evento sui social network, con gioia ed entusiasmo.
Benissimo, registro che, fortunatamente, non è più un evento da tenere nascosto e di cui provare vergogna, ma… ha senso sbandierare tanta felicità e mai nessuna perplessità, timore, anche angoscia per le difficoltà che aspettano i giovani figli? Ha senso essere necessariamente entusiasti? Mai un cedimento? Mai un dubbio? Mai una paura? Oppure, se i dubbi e le ansie ci sono, come credo, perché offrire al mondo solo frizzante entusiasmo? Se le questioni più intime e private non sono da condividere sui social, perché non evitare del tutto la condivisione, piuttosto che offrire un’immagine così parziale e poco realistica?
Nella maggior parte dei casi si esprime la certezza che il/la nuov* arrivat* sarà cresciuto con il supporto delle famiglie, come fosse un altro figlio dei giovani nonni.
E questo già mi inquieta: il figlio adolescente fa, ovviamente, ancora parte della famiglia di origine, ma, piuttosto che renderlo partecipe della sua vita, lo si rassicura con l’inglobamento anche del nascituro del gruppo familiare di provenienza.
Certo che in una situazione del genere, con due genitori spesso alle scuole superiori, il supporto delle famiglie di origine sia indispensabile. Quello che mi lascia dei dubbi è quel “come se fosse un altr* figli*” che sento ripetere. Si, ma non lo è. Non è figlio dei nonni, è figlio dei due adolescenti: con questo c’è da fare i conti. Con il fatto che è figlio di genitori impreparati agli eventi che li aspettano, probabilmente non maturi per compiere scelte e prendere decisioni. E’ figlio di due bambini: renderlo fratello dei suoi genitori, creerà situazioni gestibili?
Mi pongo poi altre domande sui motivi di una gravidanza in adolescenza, laddove si suppone che i ragazzini oggi “sappiano già tutto”. Cosa mi sfugge? O i ragazzi non sanno tutto proprio per niente e allora prendiamo atto che la sessualizzazione dell’immaginario collettivo non è affatto andata di pari passo con l’informazione, oppure c’è di peggio.
E se a sedici/diciassette anni sentissero che il sesso ha già detto tutto e cercassero nuove avventure? Personalmente ho sentito parlare diciassettenni di “noia” nel fare sesso con i coetanei e ricerca di esperienze più forti, così come di “sofferenza fisica” per l’astinenza prolungata (magari un paio di mesi!) da attività sessuale.
Lungi da me ogni valutazione morale, perché proprio non mi interessa affrontarla in questo discorso, ma… di cosa stiamo parlando? Se sento una diciassettenne che cerca emozioni forti con il bondage, penso legittimamente che ce ne possa essere un’altra che le cerca con l’esperienza della maternità.
Del resto quale emozione è più forte del sesso che porta alla creazione di un’altra vita? Cosa è più facilmente confondibile con l’amore della potenza del generare?
Dunque il mio dubbio è questo: oggi le gravidanze precoci potrebbero non essere più errori indesiderati di giovani inesperti, ma piuttosto deliri di onnipotenza di ragazzi annoiati? Maternità e paternità come “roba forte”?
Un altro timore mi assale ed è legato proprio ai reality show sull’argomento: se addirittura generassero spirito di emulazione? I protagonisti delle storie di “16 anni e incinta” sono diventati, in alcuni ambiti, “famosi”. Stelline della tv e del web. Storie da raccontare davanti a una telecamera: magari storie difficili, ma piene di pathos e sentimenti forti, molto più di quello che appare la propria vita a un adolescente.
Se nell’immaginario di un adolescente fosse un modo per distinguersi dalla massa? O di concentrare su di sé le attenzioni di genitori sempre più assenti e distratti?
Penso ancora a quanti adolescenti sono figli di coppie separate e ricomposte in famiglie allargate. Genitori ancora giovani che hanno ricostruito nuclei familiari con altri figli, più piccoli. E se l’emulazione fosse ancora più intima e riguardasse i propri genitori? Se fosse un modo di far convergere attenzioni, “rubate” dai fratelli con quindici anni di meno, nati in una famiglia unita creata dal proprio genitore con un’altra persona?
Se insomma ci fossero molte più domande da porsi dietro una gravidanza a 16 anni oggi?
Probabilmente sto andando troppo lontano con i miei dubbi e le mie elaborazioni. Probabilmente una gravidanza in adolescenza è solo una cosa che può accadere, come è sempre accaduta, per sbaglio, disinformazione, inesperienza. Anche perché la fascia di età sotto ai vent’anni è ancora quella che accede meno alla contraccezione (forse perché la “morale comune” ancora ritiene fuori luogo avere rapporti sessuali prima della “maggiore età”, mentre invece le statistiche ci dicono che l’età del primo rapporto sessuale si avvicina pericolosamente ai 12 anni?).
Ed è positivo che non sia più vissuta come un dramma familiare, ma come un evento da gestire tutti insieme.
Probabilmente… Forse…
Tant’è che i quarantenni possono anche essere nonni molto social in una vita da reality e che l’educazione sessuale è ben altra cosa rispetto all’informazione sul sesso.
Articolo interessante e pieno di spunti, complimenti Silvia. Ti fornisco un’altra ipotesi sul fenomeno, che è personalissima, ma che è anche frutto dell’osservazione diretta di svariati casi di gravidanze indesiderate di giovani inesperti. E intendo davvero svariati, nell’ordine della decina negli ultimi dodici mesi.
In questi casi i giovani inesperti non hanno 16 (17 o 18) anni, ne hanno 19 o 20. Dirai che non cambia poi tantissimo, e forse è vero. Oppure potrai dire il contrario, che cambia tantissimo, e forse è vero anche quello. Ma la variabile sostanziale è una: a 16 sei a tutti gli effetti ancora figlio, vai a scuola, non sei autonomo. A 19 o 20 non vai più a scuola (o almeno non dovresti più andarci) devi o trovarti un lavoro o studiare in maniera autonoma e senza lo spauracchio della pagella. Non sei ancora adulto, ma forse ti è balenato in testa che non sei neanche più a tutti gli effetti figlio, bambino.
Puoi non veder l’ora di dimostrare quanto tu sia adulto, a torto o a ragione.
Puoi invece non esserne in grado: perché non sai lavorare/non c’è lavoro. Perché non sai studiare/studiare non serve a niente. Perché non si hanno gli strumenti per avere coraggio.
E allora cosa c’è di meglio di fare un figlio per essere ancora figlio?
E quale giustificazione migliore – per i futuri nonni – di dire “è successo un imprevisto, ma ce la caveremo!” piuttosto che ammettere che non si sono forniti ai figli (futuri genitori) gli strumenti necessari almeno a tentare di emanciparsi?
Quando facevo quinta liceo, nell’ormai non recentissimo a.s. 1995-96, una mia compagna rimase incinta di un coetaneo di altra classe. All’epoca non riuscivo proprio ad unirmi ai cori dei: “Brava, hai fatto la cosa giusta! E poi i tuoi ti aiuteranno.” O dei: “Sei stata molto coraggiosa!” Ma a come sarebbe cresciuto il bambino non ci pensavano? Io ci ho sempre visto molta incoscienza. Addirittura qualche altra compagna sosteneva che non le sarebbe dispiaciuto avere un bambino. Io, invece, venivo tacciata di cinismo perché sostenevo che un figlio a 18-19 anni mi avrebbe rovinato l’esistenza. E lo penso ancora. Allora non rientrava tra i miei progetti.Ora quel bambino ha quasi 18anni, i miei ne hanno 6 e 2…. Penso che esista un tempo per ogni cosa e così come diventa patetico vivere da diciottenni quando si sono superati da un pezzo i trent’anni, altrettanto non credo che a 18 anni si sia sufficiente maturi per capire cosa voglia dire avere la responsabilità totale di un altro individuo.
Trovo più “naturale” che giovani nonni si facciano carico di nipote e figlia adolescente, che una adolescente che “giochi” a fare la mamma e moglie.
Conosco (di vista) una coppia a cui i compagni di classe hanno regalato la lavatrice quando si sono spostati,lei minorenne. Fossi in quella situazione preferirei stare dai miei, che mi permettessero di fare ancora un po’ la figlia.
Invece a me l’ipotesi della gravidanza cercata per attirare l’attenzione dei genitori separati che hanno avuto da poco un altro figlio convince pochissimo 🙂 Sono ragazzi e ragazze che toccano con mano quanto sia faticosa una gravidanza e quanto sia faticoso avere un bambino piccolo. L’adolescente con fratelli piccini a casa tendenzialmente sgobba, rispetto ai suoi coetanei senza fratelli piccini ha sicuramente una mole di lavoro superiore. C’è sempre qualcosa da fare, qualcuno che urla da intrattenere, o alternativamente qualcosa che mamma o papà avevano cominciato e non possono finire perché *inserisci qui un’emergenza a caso* quindi Figlio Grande per favore fallo tu.
Io spesso ho il dubbio che i figli adolescenti di mio marito non vorranno mai e poi mai avere figli propri, vista l’esperienza coi fratellini.
Non ho dubbi che ALCUNI o ALCUNE adolescenti possano reagire alla novità con un desiderio di maternità proprio, ma così a pelle e senza supporto scientifico mi sento di dire che la maggior parte delle adolescenti coglie l’occasione per andare a farsi prescrivere la pillola, e di gran corsa.
Condivido i tuoi dubbi, le tue perplessità e le tue riflessioni. Pienamente. E mi stupiscono questi giovani nonni.
Avevo scritto di questo programma in un mio vecchio post, anche se senza esternare i tuoi interrogativi (http://mammavvocato.blogspot.it/2013/01/di-film-e-di-pensieri.html ), ma credo sia importante porseli e riflettere sulla opportunità di questi programmi.
La sorella di mio marito e rimasta incinta a 21 anni, mentre faceva l’Universita’. I genitori le hanno dato una casa, soldi, aiuto, affetto, cercando in tutti i modi di “sostituirsi a lei” o almeno eliminarle qualunque preoccupazione economica, lavorativa e pratica.
Risultato: un matrimonio celebrato e un anno dopo finito, due bambini (si, perché tirava aria di crisi e, siccome il primo figlio aveva unito due persone che a malapena si conoscevano, ha provato a trovare collante con un altro figlio) insicuri, capricciosi, disorientati, nonni che parlano di loro come di figli, definendoli ” i nostri”, così, non ” nostri nipoti”.
E una mamma che ha rinunciato a tutto comunque (sogni, studi, amore) e ora, che è cresciuta, tenta faticosamente di correggere il tiro.
L’immaturità può esserci a 16 o 20 anni, ma non è mai una bella cosa, così come non lo è correre in aiuto dei figli per soddisfare la voglia di sentirsi ancora madri e padri, ancora giovani, dei nonni. Perché secondo me, e’ questo il motivo per cui questi nonni si comportano così, almeno in parte.
Scusa il commento troppo lungo. Il post mi ha toccato.
“Come fosse un altro figlio” l’avevo inteso come una tua interpretazione, poi ho capito che invece era una citazione! Oddio, rabbrividisco.
Accettazione di una gravidanza precoce: secondo me siamo in una situazione a macchia di leopardo, esistono ancora le adolescenti che si vergognano e vivono la reclusione come la ”giusta punizione” per essere andate a letto col fidanzato. Ma per fortuna non è più sempre così. Devo dire che sono perplessa invece sull’ipotesi della maternità come sport estremo, perché non riesco a immaginare quale vuoto interiore spinga a cercare una maternità per noia. Mi convince molto invece l’ipotesi di una gravidanza cercata per attirare l’attenzione dei genitori separati, che magari hanno avuto da poco un altro figlio dal/la nuovo/a compagno/a – sarebbe in fondo l’equivalente della semplice “fuga da casa”, di qualche anno fa.
L’avete visto il film di cui parlavo qui: http://yenibelqis.wordpress.com/2012/05/28/la-responsabilita-della-gioia-di-vivere/?
Tratta un po’ del tema della maternità adolescenziale con “sfida” almeno un po’ consapevole, come forma di ribellione.
Rispetto alle baby nonne sui social, concordo con Polly: a scrivere improperi non si farebbe bella figura e mi pare abbastanza naturale che ciascuno filtri come più si addice al suo temperamento. O tutto, o solo le emozioni negative.
Sui nonni che si immedesimo, fin troppo, nel ruolo dei genitori, temo che il problema vada assai oltre questi casi particolari…
Credo che i social network siano abbastanza falsi: dunque è normale che si proponga un’immagine di sè piuttosto diversa dall’originale, e dunque è normale, imho, che la mamma di un’adolescente incinta utilizzi il social come, non so come dire, un touchpoint di “marketing”. Sono peggio (per la figlia) quelle che vanno a dire in giro “Merda, mia figlia è incinta, davvero non sappiamo più dove sbatterci”.
Sul rischio di emulazione delle starlette sono d’accordo con te, è preoccupante, però non la vedrei così nera: credo che possano arrivare a considerare un figlio come “roba forte” tipo il bondage solo persone davvero turbate, che non credo siano un numero statisticamente rilevante (spero).
Mi lascia perplessa anche la gestione comunitaria del figlio/ nipote. Credo che il genitore, anche se è giovane o giovanissimo, andrebbe spinto il più possibile all’indipendenza. Ricordo una mia vecchia amica che rimase incinta alle superiori e ricordo che rimase a vivere con i suoi, terminò la scuola, ma nel week end andava a lavare i piatti per contribuire quel minimo indispensabile. Era lei che fondamentalmente decideva e si curava di suo figlio e suppongo che appena ha potuto abbia lasciato la casa dei genitori, che comunque le hanno dato il massimo supporto.
I padri adolescenti e i genitori dei suddetti: grande punto di domanda.
Ma infatti sento di aver fatto dei ragionamenti che non esauriscono di certo l’argomento.
La questione del raggiungimento di una indipendenza economica, anche futura, che può essere rallentato gravemente in una situazione generale già difficile. La connessione con la scolarizzazione che viene bruscamente frenata e avrà ripercussioni future in un mondo che non prevede più l’assenza di competenze specifiche.
La rete di sicurezza non c’è per le generazioni adulte, come possono offrirle validamente ai figli con figli?
Non me lo dire proprio. Anni fa, preparando un concorso (a me i concorsi senza speranza sono sempre serviti per leggermi cose interessanti contro cui normalmente non sarei andata a sbattere) mi ero letta una ricerca su maternità precoce in ambienti/regioni in cui questa delle madri giovani era la norma. In genere si trattava di ragazzine provenienti comunque da ambienti in cui questa era la norma, con madri giovani anch’ esse, quasi sempre un basso livello di scolarizzazione e un alto livello di casalinghismo, quindi pochissime donne che lavoravano fuori casa, ambienti tutto sommato modesti ma tutt’ altro che degradati.
Ecco, per queste ragazzine rimanere incinte significava acquistare status e diritto di parola tra gli adulti nel loro gruppo. Tanto non c’ era nessuna massa critica di persone a pensare o dire: ma così ti tagli le gambe, passerai la vita come tua madre, tua nonna e le tue zie in casa ad accudire la famiglia e i vecchi, non andrai oltre la terza media, se ti va bene. Non potrai dare nuove prospettive ai tuoi figli perché no ne hai tu stessa. Finirai, se ti va bene, a fare la donna delle pulizie o la badante, e se tuo marito muore o ti lascia resti col culo a terra e senza un cencio di pensione. Però mentre fino a una ventina di anni fa, in comunità piccole e coese in cui questa era la norma, forse la stessa comunità o nucleo famigliare facevano da rete di sicurezza, oggi questo mi sembra portare rischi maggiori per l’ autonomia e il futuro di queste ragazze e tutta questa rete di sicurezza mi sembra avere un sacco di buchi.
Il tutto sorvolando sugli ottimi punti che hai segnalato tu e che sottoscrivo integralmente.