La Play Therapy applicata al Vikingo

Forse qualcuno di voi avrà letto con interesse il post del dott. Claudio Mochi, La Play Therapy: il gioco come comunicazione e avrà pensato, interessante, sarà pure utile a chi ha problemi seri, ma noi….
Ed eccomi qui a raccontarvi invece come la play therapy possa aiutare nella vita di tutti i giorni, e di come ci abbia aiutato e ci stia ancora aiutando ad uscire dal tunnel della gelosia da fratello maggiore. Perché ovviamente il Vikingo, da bravo bambino amplificato, la gelosia per la nascita del fratellino la sta vivendo in tutti i modi possibili e manifestando in ogni forma (in)immaginabile. Il suo stato emotivo nei confronti del fratellino copre ogni sfumatura dall’amore soffocante, alla rabbia, all’odio, passando per coccole, carezze e spintoni. Naturalmente i passaggi da uno stato emotivo ad un altro sono piuttosto improvvisi, sempre seguendo il manuale del bambino amplificato scritto nei suoi geni, e mentre un momento è dolcissimo, un attimo dopo gli lancia un urlo esasperato, che il piccolo Pollicino fatica a prenderla ridendo e scoppia a piangere spaventatissimo (si abituerà? Dura la legge del fratello minore…).
Finora abbiamo passato varie fasi, che cercherò di sintetizzare:

Fase 1. Dubbio amletico: “mi posso fidare di mamma?” La gelosia del Vikingo si è affacciata alle porte della nostra casa circa 3 mesi prima della data presunta del parto. Quando io giravo con il pancione ingombrante e mi allacciavo le scarpe improvvisando posizioni da acrobata attempata, e il VIkingo voleva assolutamente il mio aiuto per fare ogni genere di operazione che fino a quel momento aveva assolutamente voluto fare da solo, ma allora era stato colpito dal famoso morbo mamma-non-mi-vuole-aiutare-ora-gli-faccio-vedere-io. Ha iniziato a fare cacca e pipì sotto di proposito ed ogni giorno dovevo portare un bustone di cambi puliti all’asilo e ritirarne uno pieno di panni da lavare. Abbiamo superato questa fase grazie ad alcune tecniche di allenamento emotivo, abbiamo fatto parlare delle marionette tra loro di gelosie tra fretelli, abbiamo letto storie sulla nascita di fratellini e sorelline per affrontare la paura dell’ignoto. Ci siamo sentiti genitori in gamba per aver brillantemente superato questa fase ben prima del parto.

Fase 2. Introspettiva: “chi sono io? Sono veramente grande?” Ad aprile è arrivato il fratellino. La prima pipì sotto è stata rilasciata dopo appena 1 ora dal suo incontro con Pollicino, e ha continuato per qualche giorno. In questa fase il Vikingo era affettuosissimo con il fratellino, che coccolava e carezzava in continuazione, e anche con mamma e papà. Io ho perfezionato le abilità mammesche del multitasking: allattavo e leggevo libri, cambiavo pannolini e raccontavo storie, preparavo la cena in formazione marsupiale e insegnavo ad un treenne ad usare un pelapatate. Però c’erano sempre pipì e cacche da pulire.

Fase 3. Bisogno di punti saldi: “mamma è impegnata, però papà è mio” Quando ha smesso di fare cacca e pipì sotto, ha iniziato a legarsi in modo morboso con il padre, pretendendo un affetto incondizionato. Ha continuato ad essere affettuoso con fratellino e mamma, però papà è diventato il suo punto di riferimento esclusivo. Un giorno gli ha detto: “mamma vuole bene a me e Pollicino. Io voglio bene a mamma e Pollicino. Ma tu vuoi bene solo a me!”. In questa fase lo abbiamo assecondato e il papà si è dedicato moltissimo a lui per dargli sicurezza. Dopo un paio di mesi si è tranquillizzato, anche perché siamo andati in vacanza tutti insieme e forse lo spirito vacanziero ha giovato.

Fase 4. Testare i limiti: “e se me la prendessi direttamente con lui?” Al ritorno dalle vacanze abbiamo affrontato la fase di aggressioni dirette e indirette a Pollicino. Poteva succedere che gli togliesse un gioco di mano, o che passando li accanto di corsa “intruppava per sbaglio”. Una carezza si trasformava con naturalezza in una spinta. Un abbraccio in un tentativo di soffocamento. Abbiamo agito naturalmente con molta forza contro questo comportamento.

Fase 5. Rabbia: “ora mi sono proprio stufato!” In questa fase fino a qualche settimana fa, lanciava urla rabbiose improvvise contro tutto e niente, ringhiava e non si riusciva a farlo calmare. In questa fase devo ammettere che perdevo più facilmente la calma. Perché io le urla non le ho mai sopportate e mi vanno a toccare certi nervi, ma certi nervi! La disperazione mi ha portato dritta dritta ad un comportamento intollerante nei suoi confronti. L’ho messo in punizione, l’ho mandato in camera sua, non gli ho fatto vedere DVD a ripetizione. Mi sono mostrata arrabbiata con lui, intollerante, inflessibile. E più facevo così, più ci si andava ad infilare nella:

Fase 6. Trovato il colpevole: “E’ tutta colpa di mamma” La rabbia contro il mondo si è concentrata tutta su di me. Le urla che prima potevano avvenire in qualsiasi direzione, ora erano tutte per me. Mi ringhiava dal mattino alla sera.
Esempio, mattina ore 7.30.
– PAPPPPAAAAA’! (il Vikingo si sveglia lanciando il suo solito amorevole urlo di buongiorno)
– Buongiorno tesoro! Hai dormito bene?
– MA IO NON VOLLO TE. VOLLO PAPA’!
– Lo so tesoro, ma papà non c’è. E’ già uscito per andare al lavoro
– IO NON VOLLO. VAI VIA!!!
– ok, tornerò quando ti sarai calmato. Papà però non viene, è già uscito. Quindi ti conviene accontentarti se vuoi che qualcuno ti prepari la colazione.
Non vi dico come proseguiva la mattinata, perché non è divertente. E andavamo avanti fino a sera.

Insomma eravamo arrivati ad un vicolo cieco. Finchè ho deciso di provare con la Play Therapy, che tanto non avevo nulla da perdere.
Per farlo avevo bisogno di pianificare 20 minuti di gioco ininterrotto con il Vikingo, da ripetere possibilmente ogni giorno, e comunque almeno 3 volte alla settimana. Questa non è una cosa molto semplice quando sei sola con 2 bambini, e il più piccolo di 8 mesi.
Ho analizzato la nostra giornata tipica. La mattina il caos organizzativo come in ogni famiglia, peggiorato dal pessimo umore del Vikingo. Dopo l’asilo però era tutto ancora più difficile perché entrambi i bambini sono stanchi ed è impossibile ritagliare 20 minuti ininterrotti.
La mattina era sicuramente più facile, anche se il rischio di stranimento del più piccolo era sempre li a portata. Ma non avevo scelta. Per avere veramente 20 minuti ininterrotti dovevo aspettare il fine settimana, per potere lasciare Pollicino con il padre, ma il weekend solo non poteva bastare.

Allora ho fatto così. Una mattina ho messo la sveglia un quarto d’ora prima del solito, per darmi il tempo di preparare me e Pollicino prima che si svegliasse il Vikingo. Poi quando sono entrata nella stanza del Vikingo ho evitato lo scontro dicendo direttamente “Buongiorno Vikingo! Sbrigati ad alzarti che oggi prima di andare all’asilo giochiamo insieme. Scegli tu con cosa vuoi giocare!” Questo tipo di buongiorno lo ha spiazzato completamente. Si è alzato dal letto e si è sbrigato a fare colazione e a vestirsi. Appena rallentava, dicevo: “ricordati che se non ti sbrighi non abbiamo tempo di giocare insieme prima di uscire. E’ questo che vuoi?” ovviamente no, quindi collaborava al massimo.
Una volta pronti gli ho detto: “ora giochiamo insieme per 20 minuti. Ho messo la sveglia così non rischiamo di fare tardi. Quando suona la sveglia dobbiamo togliere i giochi e uscire di casa. Senza fare discussioni.”

Abbiamo giocato, seguendo le sue regole, al suo gioco. La cosa più bella è che lui ha scelto di giocare con la famiglia di dinosauri, i cui mamma e papà portano i cuccioli all’asilo per andare al lavoro 🙂

Al suono della sveglia non è stato contento. Ha iniziato a sbraitare e urlare che lui voleva continuare a giocare. Gli ho detto di no. Che quella era la fine. L’ho rassicurato sul fatto che avremmo giocato nuovamente insieme in questo modo il giorno seguente.
Non lo ho mai minacciato di non giocare con lui a causa di un qualsiasi comportamento scorretto da parte sua. Il nostro momento di gioco era intoccabile: doveva essere un punto fermo. Mi serviva a dirgli: qualsiasi cosa succeda, mamma è disponibile a giocare con te.

I miglioramenti sono avvenuti praticamente subito in modo del tutto spontaneo. Dopo solo 4 mattine di gioco speciale, ho iniziato a notare notevoli miglioramenti nell’arco dell’intera giornata.
Quei 20 minuti di gioco insieme la mattina, gli hanno dato la tranquillità di cui aveva bisogno. Gli hanno comunicato che la sua mamma era disponibile per lui.
E anche se non si trattava proprio di Play Therapy da manuale, visto che la minaccia di interruzione era li presente, così come Pollicino in persona, e visto che buttavo comunque un’occhio su Pollicino che giocava da solo nella stessa stanza con noi, ha comunque dato i suoi frutti.
Ha risposto al bisogno del Vikingo di avere la mia attenzione incondizionata, il mio affetto.
Ha potuto scegliere lui le regole del gioco, e io ho dovuto accettare qualsiasi gioco proponesse lui, soddisfacendo il suo desiderio di esercitare il potere.
Ha avuto una durata limitata nel tempo, comunicandogli un senso di sicurezza e stabilità (ci sono regole che non si discutono).
Sono già passate un paio di settimane, e non ho bisogno di giocare con lui tutti i giorni. Possiamo farlo ogni 2 giorni, e comunque ne vedo ancora i benefici. Anzi, ne vediamo entrambi i benefici, perché mi ritrovo un Vikingo più paziente, affettuoso e tollerante nei confronti miei e del fratellino. Le urla sono sparite. La rabbia è molto meno forte, anche se ancora non è scomparsa del tutto. Ma è molto più prevedibile, in quando spesso viene sfogata in momenti di stanchezza estrema. Insomma direi che la Play Therapy ci ha salvati.
Almeno fino alla prossima fase.

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32 thoughts on “La Play Therapy applicata al Vikingo”

  1. Ciao, leggo solo oggi questo tuo post e ne ho appena scritto uno praticamente identico…che inizia alle 7.30 a.m. con rabbia nei miei confronti da parte della mia bimba di 4 anni e mezzo 3G! Da domani inizio con la Play Teraphy…spero proprio migliori )! Grazie per il tuo racconto 😉

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  2. grazie mille…. a volte basta davvero poco per far felici i nostri vikinghi… mi presento sono nuova della chat.. ho un bimbo di 4 anni e 1/2 e due gemellini di 3 mesi…non è semplice per niente ritagliare i giusti spazi necesari ma dopo aver letto questo post sono decisa a creare per il mio bimbo un momento speciale…sono certa che funzionerà… grazie è stato incoragiante leggere la vostra esperienza…

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  3. Ciao Serena, che bello e che interessante questo post! vorrei solo chiederti una cosa: in quei 20 minuti come hai gestito Pollicino? capitava che piangesse e/o richiamasse (o meglio reclamasse) in qualche modo la tua attenzione? Grazie!

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  4. Il tuo vikingo è il sosia di Figlio-due. Solo che lui si sveglia regolarmente alle sei tutte le mattine e gioca per due ore col fratello prima di andare a scuola… che terapia applico?
    Scherzi a parte, lo so che funziona. E’ un’idea straordinaria. Quando mi reggono le forze e riesco a giocarci dopo il lavoro la differenza nel comportamento è notevole.

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    • @Rapenzolo quanto tempo! Bentornata! Si si, confermo che è veramente difficile trovare il tempo di farlo, ma quando ci si riesce si sfiora veramente il miracolo 😉

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  5. mi hai illuminata…devo assolutamente provare. non per gelosia, per ora è figlia unica, ma ultimamente è sempre arrabbiata (come dicevo nel post sulla rabbia) ti farò sapere.

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  6. Grazie mille per avermi dato delle indicazioni PRATICHE su come fare la playtherapy. Ne ho sentito tanto parlare, ma solo in teoria, finalmente..LA PRATICA!!
    Ho due bambini di 6 e 4 anni, e subisco lotte da gelosia da 4 anni (ovviamente). Vediamo come va con questo nuovo tentativo antizuffa!! Fulvia

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