Il Blog delle Matrigne

Ti innamori perdutamente di un uomo, solo che non è immatricolato nuovo ma è già usato… E, se sei perdutamente ricambiata, succede che diventi una seconda moglie, anzi una “mogliastra”. E se lui ha già dei figli, per incantesimo ti traformi in matrigna…
Il termine “matrigna” ha un’accezione piuttosto negativa nel linguaggio comune o, meglio, forse non è molto politically correct. Tu invece ne vai fiera, perché?
Il termine “matrigna” è quello che il vocabolario della lingua italiana ci propone. Ovvio che la desinenza in -igna è dispregiativa, ma vent’anni come copywriter mi ricordano che anche prodotti come l’Olio Sasso per esempio, che pubblicizzava la propria leggerezza, non aveva un nome che lo aiutasse un granché. Eppure. Quindi non mi preoccuperei del nome, quanto di costruire un ruolo preciso e positivo nella società. Poi, io, personalmente, sono orgogliosissima di essere una matrigna. Del resto, ho sempre amato le sfide. 😉

Oggi vi presento “Il Blog delle Matrigne” di Rossella Calabrò, che da anni racconta la sua vita di terza moglie del papà di due (ormai) ragazze e raccoglie sfoghi, successi e fallimenti di altre donne come lei. Per farvi capire qual è lo spirito del blog, copio e incollo una risposta a un commento un filo eccessivo “(…) a me va benissimo che si usi il turpiloquio (le parolacce insomma), che si sputino rospi grandi come un elefante, che ci si sfoghi eccetera eccetera eccetera. Ci mancherebbe. Quello che non accetto, per una scelta che ho fatto tempo fa e che mi è costata, vi assicuro, notti insonni, sono solo tre cose: insultare gli assenti, avere uno spirito distruttivo, essere arroganti senza volersi mettere in discussione.
Nello specifico: insultare gli assenti non lo permetto per la mia personale etica.
Avere uno spirito distruttivo ed essere arroganti non lo permetto perché distruggerebbe lo scopo di questo blog che mi sono inventata quasi quattro anni fa e che curo come fosse una cosa preziosissima. Lo scopo è crescere tutte insieme, NON lagnarsi tutte insieme. Lo scopo non è dirsi in loop che la vita di una matrigna è una merda, che gli altri sono tutti stronzi etc, ma CAPIRE insieme come fare per tirar fuori il meglio dalla nostra vita.

Curi da molto tempo il blog, i tuoi post sono seguitissimi e hanno decine di commenti. Nel frattempo organizzi gli “Aperitivi delle Matrigne” a Roma e Milano, quindi conosci una quantità enorme di donne e di storie. Cos’hanno in comune le famiglie allargate? ?
Mi occupo di matrigne da cinque anni, e, tra i libri che ho pubblicato (“Di matrigna ce n’è una sola” edito da Sonzogno), il blog che ho ideato su Style.it e tutte le altre iniziative matrignesche, sono in contatto quotidiano con migliaia di matrigne. Una cosa in comune è il senso di smarrimento. Perché la matrigna, e le famiglie ricostituite in genere, non sono ancora figure consolidate (né rispettate), nonostante siamo a quasi quarant’anni dalla legge sul divorzio in Italia.

Perché secondo te qualcuna ce la fa e altre proprio no?
Al di là della società e della percezione del ruolo di matrigna, la differenza, come sempre, la fanno le persone e un pizzico (si accettano anche badilate) di fortuna. Ci vuole molta sensibilità, moltissima generosità, una grande capacità di immedesimarsi nei propri figliastri e nelle loro emozioni, oltre a dosi massicce di ironia per sdrammatizzare certe situazioni all’apparenza irrisolvibili. In più, bisogna crederci, e avere una grandissima voglia di crescere, di evolversi come persone.
Ma, se si parte arroccate sulle proprie posizioni e si pretende di avere un uomo nuovo, quando invece è un filino usato e con prole, non ce la si fa, ovviamente. E’ una battaglia persa in partenza, che fa solo male a tutti. Però non è detto che un uomo usato sia peggio di uno nuovo. Anzi.

L’atteggiamento dell’uomo è fondamentale in questo contesto per creare armonia tra la compagna e i figli. Però anche lui vive un momento di rivoluzione totale, la fine di un matrimonio, un nuovo amore da far crescere, il rapporto con i figli che si scombina…
E’ vero. Gli uomini sentono di avere una coperta troppo corta che non riesce a coprire tutti, e che ognuno tira dalla propria parte. Però le due sensazioni più pesanti al mondo dal punto di vista affettivo, i classici dell’orrore insomma, sono: sentirsi degli estranei e sentirsi abbandonati. E li provano le nuove mogli, le ex mogli, e i figli.

Ti propongo una specie di quiz, tre frasi che avrai sentito o che ti avranno riferito. Mi dici come si comporta la matrigna illuminata in questi casi?
“Non sei mia madre”
Qui l’abilità è riuscire a non farselo dire. Ma non è così difficile, in fondo. Ovvio che il ruolo di una matrigna, in quanto adulto di riferimento, viene percepito dai piccoli come genitoriale, cosa che per certi versi a loro piace, per certi altri viene strumentalizzato per contestarci. Tutte cose normalissime, legittime e che secondo me fanno parte dello sviluppo di un bambino.
Ma se si spiega loro che le richieste fanno semplicemente parte delle “Regole della Casa”, è più probabile che le percepiscano nel modo corretto.
Poi, ovvio, siccome la matrigna NON è una madre, sta a lei tenere degli atteggiamenti “laici”. Perché i bambini capiscono molte più cose di quante crediamo noi adulti.
“Non voglio che i miei figli frequentino la tua nuova donna”
Be’, questa è una frase sgradevolissima, seppur comprensibile da un punto di vista emotivo (gelosia, paura, etc), che però può essere trasformata in realtà solo in casi particolarissimi. Quindi, se la matrigna non rientra in questi casi particolarissimi, tanto vale che glissi e aspetti serena le disposizioni della legge, cercando di concentrarsi sulla realtà, e non sull’emotività altrui.
“Tesoro, i miei figli staranno da noi il giorno di San Valentino.”
E allora facciamo di necessità virtù e festeggiamolo tutti insieme appassionatamente. Tanto poi a un certo punto i piccoli vanno a letto. E papy e matry anche.

Perché non esiste il “Club dei Patrigni”?
Non credo che esista un Club dei Patrigni. Esistono associazioni che tutelano i diritti dei padri separati, ma si occupano principalmente di questioni legali, meno di quelle emotive. Questo, un po’ perché gli uomini, per loro DNA, sono in genere meno portati a esplorare le questioni relazionali. E un po’ perché la figura del patrigno è vissuta dalla società in maniera profondamente diversa dalla figura della matrigna. Il patrigno è (erroneamente) percepito come “quel sant’uomo” che si accolla una madre e i suoi bambini; una matrigna come “quella là.” Sono questioni economiche e sessuofobiche su cui c’è ancora tanto, tantissimo da lavorare.

Cos’hanno in più le famiglie allargate rispetto a quelle tradizionali? Oltre alla strada irta e piena di ostacoli all’inizio, intendo.
Sono formate da reduci, senz’altro più strutturati affettivamente, e profondamente determinati a far funzionare, questa volta, le cose. Good Morning Vietnam. 😉

– di Chiaradinome

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