Ce la posso fare

Qualche giorno fa, sdraiati sul divano nell’indolenza precedente la cena, parte la solita diatriba tra i bambini su cosa vedere: Boomerang (Ivan) o Cartoon Network (Andrea)? Gli animi si scaldano rapidamente, e prima che trascendano decido io: “Vediamo Cartoon Network, su, su Boomerang c’è un Tom&Jerry che avete visto cento volte, almeno di là c’è il nuovo Ben 10“.
Ivan abbozza ma comincia a brontolare le sue proteste al solito modo, logorroico e retorico, finché non arriva, in una escalation di provocazione, a un mitico “Se avessi un vero padre, lui mi farebbe vedere Boomerang, ecco“, che io non prendo molto sportivamente.
Gli faccio la ramanzina breve con voce perentoria, con la quale gli comunico anche che è in punizione e per stasera se ne sta a letto di là, almeno fino a cena, poi si vedrà. Lui mi guarda spaventato, incrina il labbruccio e comincerebbe a frignare se non lo zittissi con un ultimo ordine, mentre mortifico le sue parole, le sue letture, il suo parlare a sproposito. Se ne va di là, da dove sento provenire i suoi singhiozzi.
Arriva Nicoletta e vuole sapere cosa è successo. Le racconto, e lei mi contesta non tanto il merito quanto il modo. Quella voce e quello sguardo non vanno fatti su nessuno, bambino o adulto. Non si fanno, punto e basta.
Ha ragione, e mi sento subito male. Richiamo Ivan, anche se sono ancora arrabbiato con lui, ma non rimango con loro a vedere i cartoni. Più tardi preparo la cena, e tutto sembra rientrato, normale, solito.

L’autostima è forse il più volubile tra i più essenziali strumenti per misurare il proprio modo di stare al mondo. In quei pochi minuti sono passato da “brillante papà” a “solito imbecille autoritario”, senz’altre speranze. E la mia stupidità mi faceva pensare di essere il solo ad essersi accorto di qualcosa. Non solo mi consideravo un cretino per essermi comportato in quel modo inutile e dannoso, ma confermavo la mia cretinaggine senza trovare un rimedio possibile.[quote]
Ci pensa Ivan.

Dopo aver sparecchiato, sento che Ivan mi chiama da di là. Vado, mi dice che vuole dirmi qualcosa, e mi fa “Scusa papà per le parole che ho detto prima“: E, com’è ovvio, adesso, io gli dico “Scusa tu amore mio, non dovevo reagire in quel modo. Non era necessario, domani proviamo a migliorare tutti e due, ti va?” E segue bacino in testa. Su quella meravigliosa testa dove sta crescendo un universo di cui non vedrò che una piccolissima parte.

Non posso evitare di pensare l’autostima che ho da padre se non come un indicatore degli errori sui quali ho saputo ritornare. Essa cresce sbagliando e si rafforza ritornando su ciò che si è sbagliato. E in questo processo è fondamentale l’apporto di chi subisce quei miei errori eppure non perde mai la sensibilità necessaria per volerne uscire insieme a me. Forse – non so come saperlo adesso – anche l’autostima dei miei figli si rafforza così. Non lo so, ma non ho paura, finché ci lavoreremo tutti insieme.

Non credo che mi valuterò mai un buon padre – perché non credo che esistano i buoni padri. Esistono Lorenzo, Federico, Piero, Luca, Ruggero e il loro modo di essere padri che ha tanto in comune ed è tanto differente, davanti a realtà differenti; tutti padri che stimo molto, ma che – come certe ricette popolari – sono tutti padri “un po’ come dicono loro” e non seguono mai del tutto la giusta ricetta della paternità.Perché non c’è – altrimenti l’autostima servirebbe davvero a poco.

Non mi sento particolarmente virtuoso dopo questo episodio con Ivan, ma certo sento che alla fine è andata bene, e che “ce la posso fare”. Questa, credo che sia autostima.

– di Lorenzo Gasparrini

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16 thoughts on “Ce la posso fare”

  1. Ho appena letto l’altro post tuo e di Mammamsterdam, e subito mi sono fiondato su questo.
    E’ bellissimo.
    Come ha già scritto qualcuno, trovo che tu possa sentirti davvero orgoglioso di te: interrogarsi su come gestire gli attriti e le scintille, riflettere su cosa si potrà fare meglio la prossima volta, è sempre la strada migliore.
    Complimenti.

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