Vivere all’estero e cambi di paradigma

Vivere all’estero ti fa scoprire un sacco di cose e cambiare opinione su un sacco di altre. Quello che nel tuo paese di origine hai sempre vissuto come un pericolo mortale, chessò l’evitare di indossare la maglietta della salute, potrebbe trasformarsi in una abitudine di ordinaria importanza, e cose che hai sempre considerato innocue o al limite salutari, tipo un gelato a merenda diventano motivo centrale di discussione tra genitori a scuola che si interrogano sull’opportunità o meno di servire “zuccheri” ai bimbi…in occasione dei compleanni!

Riflettere sulle differenze culturali e tentare di capirle è un’esercizio che ci si abitua presto a compiere quotidianamente quando si vive da immigrati. Vi confesso che io amo questo esercizio, forse anche grazie alla mia naturale tendenza a mettere in discussione regole e autorità costituita.
Inizialmente capita di sconvolgersi un po’ per tutto, poi ci si fa l’abitudine e nel momento in cui si capisce che l’unico atteggiamento possibile è relativizzare l’esperienza si inizia ad accettare persino l’ananas sulla pizza.
A volte si è pronti a farla propria, e ormai ad esempio ci togliamo volentieri le scarpe quando siamo invitati a cena da amici, ma controlliamo di non avere i calzini bucati prima di uscire di casa. Altre volte si fa semplicemente pace con il mondo e si accetta che noi quella cosa li non la faremo mai, quindi ad esempio il ketchup sulla pasta è ancora severamente proibito a casa nostra 😉

Quando si arriva ai questioni che riguardano i massimi sistemi, politica, religione, genitorialità, la faccenda si complica. Certe convinzioni sono così radicate da rendere impossibile accogliere la differenza come un momento di crescita, perché ogni posizione è uno schieramento di bandiera e viene portato al livello (superiore?) di scontro di culture. Mi viene subito alla mente il caso eclatante di Amy Chua con il suo ruggito della mamma tigre che ha scatenato un putiferio di discussioni sui metodi pedagogici “giusti” da applicare per crescere i figli, da leggere nell’unica chiave di est contro ovest. Però ci sono anche situazioni in cui abitudini assodate in un luogo sono al limite del legale in un altro, e proprio sull’essere genitori ci si ritrova maggiormente a notare le differenze, sia che si tratti del connazionale vicino di casa che dell’immigrato-che-chissà-da-dove-viene, dimenticandosi di leggere un comportamento nella cornice culturale differente da cui ha origine.
Vi faccio un esempio.
Lo scorso agosto una madre svedese è entrata in un ristorante del Massachusset lasciando il figlio di 1 anno nel passeggino sul marciapiede fuori dal ristorante per circa 10 minuti. Finché la polizia è intervenuta e ha segnalato la madre ai servizi sociali per abbandono di minore (fonte: www.reuters.com ). Qualche anno fa, nel 1997, una situazione simile era avvenuta ad una madre danese a New York City.
Io lo so che state inorridendo all’idea che una madre entri in un ristorante lasciando il figlio fuori, sono inorridita anche io quando l’ho visto fare la prima volta. Poi mi sono abituata visto che qui a Stoccolma è una cosa che succede in continuazione. I genitori spessissimo parcheggiano il passeggino o la carrozzina con neonato, fuori dal caffé o ristorante e loro entrano a mangiare mentre il figlio dorme beato fuori. C’è più di un motivo per questa abitudine consolidata.
Primo, visto che tutti escono con i bambini in carrozzina c’è un problema di traffico all’interno dei ristoranti e caffé che ad un certo punto limitano l’accesso alle 4 ruote.
Secondo, se copri il bambino per dormire in passeggino a 5 gradi sotto lo zero, appena entri in un luogo chiuso il bambino rischia di sciogliersi per il caldo, e qualsiasi movimento per quanto delicato per tentare di spogliarlo lo sveglierà inesorabilmente.
Terzo i bambini all’aperto dormono da favola e intanto tu ti fai due chiacchiere con un’amica o un amico che non vedi da tanto.
Quarto, lo fanno tutti, non è mai sparito un bambino e sono tutti assolutamente tranquilli che non c’è nessun pericolo.
Noi lo abbiamo fatto una sola volta, perché per quanto ci impegniamo nel nostro processo di svedesizzazione siamo pur sempre italiani 🙂

Capisco benissimo lo sgomento che un comportamento del genere può indurre in un poliziotto statunitense, e credo anche che la mamma in questione abbia sottovalutato i rischi possibili in un paese straniero, ma soprattutto di come la gente avrebbe reagito di fronte a questo gesto per lei totalmente normale. Ed è questo che intendo per contestualizzare il gesto, e questo è vero sia per chi si trova a giudicare questa madre, sia per la madre che ha applicato delle regole di comportamento consolidate nel suo paese in un paese in cui non sono affatto considerate normali.

Però non è necessario spostarsi di paese per incorrere in incomprensioni di questo genere. Qualche tempo fa mia sorella si è trovata in una giornata di pioggia a dover uscire con la bimba ancora di pochi mesi. Cosciente dell’impossibilità di prendere un autobus con passeggino al seguito in quel di Roma, ha optato per la versione bimba nel marsupio e ombrello, sentendosi tranquilla del fatto che la bimba era al calduccio, al sicuro, e certamente all’asciutto. Nel momento in cui è scesa dall’autobus una signora le si è rivolta con disprezzo perché portava quella “povera creatura” in quel modo, esclamando a voce alta perché potessero sentire tutti “ma se ne tornassero al loro paese!” Ecco a cosa può arrivare l’ignoranza e la maleducazione della gente quando ci si pone ciecamente in una posizione di superiorità indiscutibile rispetto alle differenze di comportamento.

Tornando al discorso di far dormire i bambini all’aperto mi viene in mente un’altra usanza a cui ho fatto l’abitudine proprio perché contestualizzata alla situazione in cui vivo. Alla nascita del Vikingo ci siamo messi a cercare di comprare passeggini usati e abbiamo scoperto un certo numero di annunci che dicevano più o meno “ottimo per il balcone” oppure “perfetto come secondo passeggino” e ci siamo incuriositi. Abbiamo quindi scoperto che ci sono molti che mettono i bambini a dormire fuori in balcone con il passeggino, così dorme meglio! Ci sono addirittura alcuni asili organizzati per far dormire i bambini all’aperto, sotto un portico, ovviamente coperti per resistere alle temperature invernali. Una mia amica mi ha detto che lei ancora si ricorda il senso di piacere di dormire in passeggino all’aperto, tutta chiusa nel caldo del suo tutone. Non lo fanno tutti, soprattutto mi sembra di capire che nella capitale è meno usato che nel resto della Svezia, però su questo ci siamo svedesizzati di più, e vi confermo che i bambini in questo modo dormono benissimo.

A volte però mi mi viene un dubbio. E se mi trovassi in Italia, e i vicini di casa mi vedessero mettere un bambino a dormire in balcone con zero gradi, chiamerebbero i servizi sociali?

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41 thoughts on “Vivere all’estero e cambi di paradigma”

  1. Mi hai fatto morire perché verissimo ciò che scrivi devo dire però che sui massimi sistemi ho trovato qui all’estero una mentalità più simile alla mia . Ma soprattutto ieri ho parcheggiato il
    Mio baby fuori dall’asilo della grande! Ehehdg non avrei mai pensato di farlo! La mentalità nostra cambia si evolve e ci scopriamo a fare cose che mai avremmo creduto possibili .. Il mio baby è nato in casa per esempio

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  2. No, ma ti verrebbero a citofonare dicendoti che hai dimenticato fuori il bambino (nota bene: non solo i vicini ma anceh semplici passanti)

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  3. mi hai fatto ridere. io sono svedese che vive in Italia. non ho mai fatto dormire i miei figli fuori sul balcone, ma so benissimo che le mie amiche con-nazionali lo fanno spesso. incontro spesso problemi totnando in vacanza in svezia del tipo; “ma dai andiamo al parco” anche se sta diluviando e regolarmente si infilano i vestiti da pioggia. io mi sto italizzando e tu svedissando!

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  4. non generalizzerei: si tratta di esercitare la mente a mantenersi aperta, anche e soprattutto nel caso dei nostri figli senza obbligarla a pregiudizi di sorta.
    io ad esempio, da brava italiana del nord che vive a roma, non mi sono mia formalizzata a prendere autobus e metro con passeggino e ho sempre incontrato il l’appoggio delle persone che incontravo.
    una mente aperta abitua alla civiltà e un gesto di civiltà insegna sempre

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  5. Quanto mi ritrovo su tutto. Ad esempio io il mio primo, a Basel, lo facevo dormire spesso fuori, all’occorrenza anche sul balcone (non alla notte eh..di giorno), il secondo, nato a Milano, non ha mai provato quest’esperienza….credo che i vicini avrebbero chiamato i servizi sociali, forse i miei genitori per primi! 🙂 Io per tante cose onestamente vedo esageratamente apprensive le mamme italiane, poi mi rendo conto, che magari altrove sarei vista apprensiva pure io 🙂 Ciao ciao, Vale

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  6. Anch’io sono stata apostrofata per aver messo quella povera creatura dentro un mei tai, oppure addirittura per aver “osato” comprare un passeggino color rosa fragola per un maschietto. Il relativismo culturale c’è anche nel nostro paese, basta cambiare un po’ , modernizzarsi e adottare stili di vita diversi e allora scatta il diverso. Mi piace notare le differenze e i modi di fare diversi grazie per l’articolo 🙂

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  7. noi! noi! il nostro balcone era il secondo letto di nostra figlia in inverno!! ovviamente non di notte, ma al ritorno da una passeggiata con passeggino la tappa fissa era il balcone.
    qui in provincia di Pavia… e mentre la gente osservava incredula mia figlia si faceva delle gran sane dormite con le sue guance colorite.

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  8. … purtroppo il ketchup sulla pasta lo usano anche i mei nipoti (italiani) orrore! Ai miei figli l’ho vietato.
    Anche a me a stupito vedere 5/6 carrozzine con bimbi fuori da un caffè a Copenaghen, ma per loro era naturale e la cosa mi ha fatto sorridere…
    … quando vado in montagna e i bimbi mi si addormentano in macchina, li lascio lì (con tutte le precauzioni legate alla temperatura) fino al risveglio. Lo posso fare perchè la macchina è ben nascosta, altrimenti….
    Comunque un valtellinese a Milano scopre un mondo diverso: ad un mio vicino di casa ho chiesto perchè non mandasse suo figlio alla scuola distante 100 mt da solo (3° elementare)… mi ha fulminato come se fossi uno squilibrato: “guarda che è abbandono di minore”. Non penso ai miei tempi, ma mio nipote dalla prima elementare si fa i suoi 500 mt da solo o con amici per andare a scuola ogni giorno…mezza Valtellina andrebbe arrestata!

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