Tracy Hogg, la mia guida turistica per Bali

Come molti affezionati lettori di GenitoriCrescono sanno, qui Silvia e Serena hanno parlato spesso e approfonditamente dei libri di Tracy Hogg. Io ho imparato a conoscerla anche grazie a loro.
Quando finalmente mi sono decisa a pensare come recensirla sul blog non trovai niente di meglio che una frase, una frase sola:

“Inutile dire che noi non viviamo a Bali”.

Era ed è rimasta una dei mantra preferiti.
Tracy Hogg cita questa frase quando sta cercando di mostrare ai propri lettori che esiste una “terza via” tra le scelte di accudimento orientate al bambino in maniera totalizzante (allattamento a richiesta, co-sleeping …) e la “pretesa” di tornare al 100% alla vita di prima “fingendo” che il bambino non abbia esigenze e un temperamento tutto suo nel chiedere le cose. A chi si oppone a quest’ultima posizione caldeggiando un atteggiamento più “naturale” nel rapporto con il bambino, citando, tra le altre cose, il fatto che a Bali i bambini vengono sempre tenuti in braccio fino all’anno di vita (non toccano terra, dice Tracy), Tracy risponde con questa semplice frase.
Credo che il perché sia immediato ma mi piace rileggerlo qui, tra le emozioni e i momenti legati al mio primo anno con LaPulce.
E’ facile, infatti, presi dall’entusiasmo di dare cose belle e buone al proprio figlio (e magari attanagliati da un sottile senso di colpa) decidere di fare delle scelte perchè ci appaiono più “naturali” e quindi giuste. Ma non si possono prendere scelte prescindendo da chi si è e dove si è, anche se questo – ovviamente – non significa non dover andare incontro a dei giusti compromessi.

Prima della nascita della Pulce, complice forse una certa ansia, non mi ero fatta nessun “film” su come sarei stata come mamma. Anzi. Però ero anch’io molto affascinata da alcune cose che leggevo, alcuni racconti, alcuni suggerimenti di illustri medici e pedagogisti: chi riscopriva la natura, chi godeva del dormire con il proprio bambino, chi lo portava in giro tutto il giorno con la fascia. Davvero bellissime cose.

Di lettura in lettura però avevo una strana sensazione: che qualcuno davvero lo stesse facendo perchè era parte di quella speciale relazione inaugurata con la nascita del proprio figlio e che qualcun’altro lo facesse per … “fare le cose davvero bene, come vanno fatte”.

Con LaPulce, ho imparato che l’allattamento a richiesta non “ci” funzionava, che l’insonnia mi impedisce non solo il co-sleeping ma la coabitazione a corto raggio, che mia figlia … non sopporta la fascia e che un bambino può benissimo farti capire quand’è il caso di svezzarlo.
Man mano che scoprivo queste cose una parte di me si sentiva un fallimento. Sentiva che non “funzionava” secondo quello spirito naturale che poteva dare uno sprint in più alla mia relazione con laPulce.

Ma nello stesso tempo, sapevo perfettamente che non potevo essere altrimenti. E che, guardandomi appena appena dall’esterno, in realtà la relazione con laPulce funzionava: la nostra “danza” di sguardi era completa, le riconoscevo identità e lei acquisiva forza giorno per giorno.

E allora ho accettato e mi sono accettata.
Come mamma, sono felicemente “perfetta” nelle mie mancanze…anche se mi ci sarebbero voluti molti altri mesi per scriverlo!

E’ vero, mia figlia non ha avuto certi privilegi che si dice abbiano i bambini nati a Bali. Ma è vero anche che noi … non viviamo a Bali! E che possiamo ugualmente essere molto felici così.

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13 thoughts on “Tracy Hogg, la mia guida turistica per Bali”

  1. grazie a te, Livia, ho tenuto il tuo commento in posta tante settimane, stupendomi. spero che le cose vadano sempre meglio e che tu stia trovando la tua vita. è il mio augurio per te per tutto il futuro
    ciao
    s.

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  2. cara Autrice Silvietta, anche io come Irene sono arrivata a leggere questo post leggendo e rincorrendo i post su Tracy H. anche io ritrovo quanto tu hai scritto molto adatto al mio stato attuale. Sono ormai giorni che mi sento una madre fallita. e per di più una madre fallita al 3 figlio!!! quando si dice che conta l’esperienza…. bè mi sembra di non aver capito niente. ognuno si è comportato in modo diverso. adesso la mia piccolina ha quesi 4 mesi e mi fa impazzire di giorno (dorme solo 35 minuti e poi urla) e la notte ha preso a svegliarsi ogni 1/2 ore.
    Oggi pomeriggio – dopo aver passato a leggere tutti i tuoi post- corro in biblioteca a prendere il libro e leggerlo con avidità nei pochi momenti disponibili.
    Però un grazie te lo devo proprio scrivere: mi hai fatto sentire meno fallita stamattina. meno anomala. e anche più leggera. perchè le tue parole mi hanno toccata in qualche punticino dell’anima che ancora non ho messo a fuoco.
    GRAZIE!
    ps : sarà strano ma la mia piccoletta stamattina ha già dormito un’ora…..

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  3. Irene, grazie a te per i complimenti. Non so quanto merito ho, ma grazie. Credo davvero sia stata tutta tua la capacità di trovare il tuo personale filo seguendo post dopo post e che sarà questo tuo istinto a guidarti a trovare la maniera tua di creare la “tua Bali” con tuo figlio. Con tutte le giuste scelte che saprai fare.
    buon cammino, ad entrambi, nella piena fiducia nelle vostre capacità.. s.

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  4. silvietta, con questo post hai definitivamente conquistato il mio cuore! GRAZIE!! Te lo dice con grande affetto una mamma che sta vivendo quello che tu scrivi ma non ha mai trovato le parole per esprimerlo…neppure a se stessa! Ciò che scrivi è vero, ed io che per far vivere a mio figlio una prima infanzia “naturale” e felice (?) l’ho portato per un anno nel marsupio e lo allatto ancora adesso che ha 18 mesi e mi sveglia anche ogni ora la notte e si distrugge di pianto se mi allontano anche solo per lavarmi i denti dopo una giornata intera passata con lui…beh, non so se abbia senso garantire a lui quella naturalezza che tolgo, del tutto, a me. Ti dico anche che questo post segue tutti quelli su Tracy Hogg e la nanna che hai scritto, e di questi, per me, è il compimento. Prima ho letto come fare, ora ho letto PERCHE’ farlo. Questo elemento, nella mia vicenda, è sempre mancato o è stato troppo debole. Ma è necessario forse più di un buon metodo. Perchè anche un viaggio di mille miglia inizia con un piccolo passo.
    Grazie ancora per avermelo indicato.

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  5. @Lorenza: ci ritroviamo, anch’io spesso sono accusata di rigidità! dai, ce la facciamo anche a sopravvivere alla rivoluzione e a ricavarne del buono 😀

    @Emy: grazie invece della ricchezza del tuo commento, anch’io spesso rifletto su “quanto” ha mia figlia e su quanto poco senso hanno i sensi di colpa. …

    @Michela: a saperlo, questo post potevi benissimo scriverlo tu 😉

    grazie, grazie davvero: arricchite e consolate la mia esperienza, nei “giorni no” – come dice Lorenza – e quando … si, la realtà supera davvero l’immaginazione! buona continuazione a tutte!
    silvietta

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  6. Anche a me era rimasta impressa la stessa frase! E la tengo sempre ad esempio!
    Ti leggi mille libri, manuali, teorie cercando l’approccio che senti piu’ vicino…poi con la pratica ti rendi con che la TUA realta’ è diversa ancora, che c’è sempre la terza via!
    Ho speso una fortuna in fasce, marsupi e zainetti portabimbi, per poi passare i primi 6 mesi di vita di gengivino con una bella inglesina blu classico e tanto di trapuntina azzurra, alla faccia di tutti i sacco-nanna che avevo comprato.
    Immaginavo che metterlo nel lettone nel cuore della notte, lo avrebbe tranquillizzato e mi sono accorta che cambiare letto lo innervosisce ancora di più; mi immaginavio cuoca provetta a preparare omogeneizzati casalinghi e mi sono ritrovata a comprarli belli pronti al supermercato!
    Beh,la realta’ supera l’immaginazione, sempre.

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  7. Non viviamo in certe zone con certe popolazioni, noi abbiamo ben altri pericoli, le macchine, la burocrazia 😉 , ma allora proprio per quello non possiamo e non dobbiamo esportare la forma, ma basterebbe solo la sostanza.
    C’era una canzone di F.Guccini che diceva: “E le religioni orientali che da noi nasconodono solo vuoti di pensiero”….
    Non si deve scegliere una certa strada solo perchè è un bene per il figlio, ma deve essere un bene anche per la madre, perciò anche la madre deve sentirselo.
    Tenere in braccio i bimbi, nella fascia, è un modo per farli sentire già membri della comunità attraverso la madre, i suoi spostamenti, anche gli scossoni per i movimenti xhe fa, si sente vivo, pieno di stimoli, in + non si sente continuamente al centro dell’attenzione con vezzeggiamenti e sguardi,(posizione stancantisssima per lui) ma riceve ugualmente calore e protezione.
    Ci sono anche momenti in cui il bimbo è messo giù e sperimenta i suoi movimenti. Fa parte dell’atteggiamento “in braccio” rispettare i bisogni del bimbo.
    Ma se le situazioni sono diverse, se i nostri bisogni sono altri, se se e se….manteniamo comunque quello stesso atteggiamento anche se il bimbo sta sul passeggino,anche se non riusciamo a dargli il calore, probabilmente lui percepirà la tranquillità che per noi ora il posto adatto è quello in cui lui sta.
    Lo puoi fare se hai bandito i sensi di colpa, perchè sei libero di sentirti a posto con te stesso, sAI che tu ci sei, e che la cosa migliore per il bimbo è proprio la tua presenza nella tua persona, ossia non lontana con la mente per cercare i modi migliori per stare con lui, ma stare con lui qui ed ora(anche senza interagire).
    Non mi sto rivolgendo in particolare a voi ma ad un senso diffuso nella società .
    Se ci sono dei modelli di comportamento è sempre bene capire a fondo la motivazione ed al massimo adattarsela al proprio pensiero, poi magari succederà che riusciremo a cambiare noi, ma intanto la cosa migliore è proprio fare quello a cui si arriva….ce n’è da scavare per il resto…perchè dobbiamo trovare riscontro in noi delle cose che sentiamo fuori altrimenti se non vibra nulla significa che non fa per noi o quelle corde non sono ancora libere di vibrare.In ogni caso assumere una certa cosa non sarebbe spontanea perciò bisogna scartare.
    Scusate la lunghezza

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  8. La cosa importante è non fare il passo più lungo della gamba, perchè magari prima di arrivare a tanti buoni propositi, abbiamo altre priorità, e prima bisogna risolverci quelle.
    Io ad esempio all’inizio non riuscivo affatto a dormire con mia figlia, col tempo mi si sono sbloccate alcune cose dentro, e la cosa è venuta naturale.

    Mettiamola così se ti viene da fare lo si fa, se non ti viene lo metti un po’ da parte ci rimugini sopra, e applichi la tua versione o semplicemente non lo fai. Questo non vuol dire che non sarà mai il tuo modo di fare, vuol dire solo che per adesso ci sono altre cose che riesci a fare.
    Ad esempio io non ho fatto EC (senzapannolini) o perlomeno l’ho fatto in modo molto blando dopo l’anno semplicemente in vista di uno spannolinamento lungo questo non vuol dire che non lo farò mai, ho notato alcune cose che mi fanno vedere la validità della cosa, ma devo mettere sulla bilancia tante altre cose e per adesso le mie priorità a cui pensare sono altre.

    Accidenti a chi fa sentire in colpa le madri, dovrebbe esserci una multa per questo (a dir la verità non credo nella validità delle multe, ma questo è un altro discorso).
    Mi domando anche quanto in realtà siamo condizionati dentro dai sensi di colpa,

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  9. Quanto è vero questo discorso delle aspettative che ci creiamo e sul fatto che sia la loro frustrazione la causa principale di delusione.
    Da quando è nata mia figlia, il condizionale è diventato l’unico tempo che uso: dovrei, potrei, vorrei…
    Sembra banale ma, per una persona nordicamente rigida come me, è una rivoluzione copernicana, che dico, un terremoto, un cataclisma! 🙂
    Certo avrei (arieccoci) tanti di quegli angoli da smussare e tanti di quei buoni propositi da realizzare, soprattutto sul non perdere la pazienza, ma magari un giorno ce la farò.
    Intanto grazie per le idee, gli spunti, il sostegno e, perché no, la condivisione dei “giorni no” 🙂

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  10. io vi ringrazio davvero di cuore: Claudia, Daniela, Simona, siete voi ad arricchire questo post in un modo che io stessa non potevo sapere. E’ bello incontrare mamme consapevoli dell’unicità del proprio figlio e di se stesse.

    Mi piace sperare che più si diffonde questa consapevolezza più sarà difficile per gli esperti parlare di “quel che si deve” e non di “quel che si potrebbe” o “quel che potrebbe forse piacerti”…

    Per quanto riguarda invece lo smettere di guardare a chi non siamo… bè, ho un cammino davvero lungo da fare 😉 ma grazie di avermi dato la spinta!

    buona serata a tutte e tre!
    silvietta

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  11. Cara Silvietta,
    questo post è bellissimo e la tua riflessione molto profonda, GRAZIE. Mi ha fatto pensare molto il fatto di accettare e accettarsi, di essere felicemente imperfetta…io spesso tendo a voler essere la “mamma perfetta”, poi per fortuna mi rendo conto che è solo un’illusione, e che anzi la realtà della mia imperfezione e della relazione con mio figlio, di un legame che si costruisce insieme giorno dopo giorno è molto più bella e appagante…accettare e accettarsi credo che ci dia anche la possibiltà di vivere con più leggerezza e in pace con noi stessi, consapevoli che stiamo facendo il massimo che possiamo…grazie per avermi fatto soffermare su questa piccola ma grande verità.

    @Daniela: grazie per il tuo commento, mi è piaciuto tantissimo forse perchè mi ci ritrovo, soprattutto quando dici che non riusciamo a smettere di pensare a quello che non siamo…

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  12. IO credo che la cosa migliore per un bambino sia una mamma che sappia ascoltarlo. E non ci rendiamo conto quanto tempo rubino alle mamme tutti gli specialisti, scrittori, parenti, insomma, tutti quelli che “sanno cosa è giusto”. NOn solo non lo sanno, ma chiedendo l’attenzione della mamma la tolgono dall’unica fonte di veritò che ha a disposizione.
    Io non sono favorevole né contraria a niente. Ho allattato a richiesta la prima (perché o così o tappi nelle orecchie) e ho richiesto io alla seconda di farsi allattare ogni tanto. HO tenuto nel lettone la prima chiedendole di abituarsi un giorno al lettino, e ho rinunciato a malincuore a non avere nel lettone la seconda che non ne ha mai voluto sapere. Ho svezzato la prima a 6 mesi con fatica, la seconda a 5 con un sospiro di sollievo. Ho rinunciato ad allattare la prima con dispiacere a quasi 14 mesi, ho tolto il seno alla seconda a 11 perché non avevo più voglia.
    Ogni figlio è un mondo suo, ogni madre è un altro mondo, e ogni età anche. Io ero una madre molto diversa da ora 5 anni fa. Ogni tanto mi sento in colpa perché mi vedo migliore come madre ora di quanto non lo fossi stata con la mia prima figlia, ma poi mi dico che la prima ha avuto la madre migliore che poteva, che di più non c’era, e quindi così è e pace.
    Non siamo a bali, e non siamo tante altre cose. A quanto pare il difficile è riuscire a smettere di pensare a cosa non siamo, e guardare cosa siamo. Perché ci renderemmo conto che facciamo miracoli ogni giorno. Io però ancora non ci sono riuscita…

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  13. Secondo me un rapporto “naturale” con i propri figli consiste nel trovare il giusto equilibrio tra le loro esigenze e le nostre, nel rispetto di entrambi.
    Allattare è bellissimo, ma se mio figlio mi facesse anche solo epr un attimo pensare che non vuole più il mio latte, smetterei.
    Dormire insieme a me piace, ma ultimamente sta diventando una tortura e cerco di portarlo alla nanna autonoma (non penso ci riuscirò presto…).
    Insomma, gli esseri umani sono tutti diversi, quello che va bene per te e potrebbe non andare bene per me, ed addirittura quello che ora va bene con questo figlio magari non andrà più bene con un eventuale altro figlio. Ed è giusto così.

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