Sensazioni e dubbi in un asilo Montessori

Lunedì abbiamo iniziato l’inserimento in un asilo Montessori per il nostro piccolo Pollicino che ha appena compiuto 3 anni. Confesso che ci siamo avvicinati a questa esperienza un po’ titubanti soprattutto perché il metodo Montessori non lo conosciamo molto bene, però ci siamo detti che il nuovo asilo ci avrebbe risolto lo stress della quotidianità perché è vicino alla scuola del grande facilitando un po’ l’organizzazione familiare. Del resto, ci siamo detti, degli insegnanti che scelgono un metodo pedagogico piuttosto che un altro spesso sono portati da una passione e un interesse sincero che non può che essere un fattore positivo.
Durante l’inserimento ho preteso di essere presente tutto il giorno ed esplorare l’ambiente insieme a mio figlio, seguendo la logica dell’inserimento guidato dal genitore in antitesi a quello centrato sulla separazione tra genitore e bambino che avviene gradualmente. La mia presenza sul luogo mi ha permesso quindi di osservare attentamente l’ambiente vivendolo in prima persona e valutare l’effetto che aveva su me e su mio figlio. Il primo giorno sono tornata a casa molto inquieta senza sapere con esattezza per quale motivo, e avevo solo una gran voglia di disordinare tutte le matite colorate ordinate per colore, e un impulso irrefrenabile a mischiare i cubi con i cilindri. Ho cercato di non dargli troppo peso, e ho affrontato il secondo giorno puntando agli aspetti positivi che vedevo intorno a me. E così ho capito che i bambini sono portati a lavorare con materiali semplici studiati apposta per lo sviluppo di una specifica abilità, e proprio per questo normalmente non viene incoraggiato un uso di una attività in modo diverso dalla ragione per la quale è stata ideata. Quindi se devi apprezzare le diverse dimensioni dei cubi non li puoi mischiare con i cilindri perché a quel punto apprezzeresti solo la differenza tra le due geometrie che magari esiste in un’altra attività, quindi ora ti concentri con i cubi e li ordini per dimensione. Una serie di attività preparate sono presentate ciascuna su un vassoio a disposizione dei bambini. Il bambino individua l’attività che vuole svolgere, prende il suo vassoio, lo porta sul tavolo, ci lavora, e quando ha terminato l’attività riporta il vassoio al suo posto, indicando in modo inequivocabile che la sua attività è terminata. Se un altro bambino si incuriosisce e vuole provare, non si fanno i turni con lo spazzolino a lavare la dentiera, invece il secondo bambino si mette in paziente attesa e solo quando il vassoio è di nuovo al suo posto può dedicarsi a questa attività in autonomia. Al secondo giorno sono tornata a casa ancora più inquieta, eppure non ero ancora in grado di capire il perché. E’ stato il padre, che ha fato l’inserimento al terzo giorno, ad individuare il problema: “in questo asilo non ride mai nessuno, dobbiamo andare via da qui, o ce lo fanno deprimere” mi ha scritto in un sms. Giovedì abbiamo chiesto in lacrime all’asilo vecchio di riprendersi Pollicino, e dopo 4 giorni la nostra esperienza montessoriana è terminata bruscamente.

La nostra sensazione è che Il lavorare in autonomia per imparare a fare da soli in questo asilo è stato confuso con il lavorare in isolamento, e ha eliminato la relazione tra i bambini. I bimbi non hanno bisogno di litigare per una attività e imparare a risolvere il conflitto, questo infatti si evita a priori con la faccenda del vassoio. Il creare un ambiente tranquillo in cui i bambini possono concentrarsi sulle loro attività è stato confuso con lo zittire qualsiasi manifestazione rumorosa incluse risate e pianti. Il risultato inquietante di questo esperimento sociale fatto sulla pelle di 20 bambini è quello che in 4 giorni di permanenza in quel luogo ameno né io né mio marito abbiamo sentito bambini ridere. Ma non li abbiamo sentiti nemmeno piangere. Ogni manifestazione emotiva viene immediatamente repressa dagli insegnanti dicendo al bambino di stare calmo e deviandolo su qualche attività alienante tipo spostare lenticchie con un cucchiaio da una ciotola all’altra. Stare in un asilo con 20 bambini di 3-5 anni e non sentire mai una risata, vi garantisco è una sensazione da dimenticare. E la cosa peggiore era vedere le insegnanti compiacersi per questo silenzio assordante. Sono andata a rileggermi i post di Claudia sui progetti montessoriani inclusa la sua esperienza personale e ho capito ancora una volta una cosa: la qualità di una scuola rispetto ad un’altra non la fa il metodo pedagogico scelto ma le persone che ci lavorano.

Venerdì mattina siamo andati dalla direttrice per dirle che non volevamo continuare così, e lei ha voluto ovviamente sapere per quale motivo. Ci siamo quindi trovati a spiegarle che la totale assenza di emozioni in quel luogo non è naturale. Che i bambini hanno bisogno di imparare a controllare le emozioni più che di sapere usare un coltello a 3 anni, ma imparare a controllare le emozioni non equivale a reprimerle. Noi vogliamo che nostro figlio viva in un ambiente vivo, in cui ci sono risate, pianti, conflitti da risolvere, bambini con cui confrontarsi, e non siamo interessati ad un ambiente asettico, i cui conflitti sono evitati a prescindere, e in cui i sentimenti vengono ignorati. Le abbiamo spiegato che il personale non ha mai mostrato empatia nei confronti di nessun bambino, nemmeno di quel treenne inserito la settimana scorsa, che non conosce nessuno e che è solo tutto il tempo. Che in 4 giorni nostro figlio ha tentato inutilmente di stabilire un contatto emotivo con qualcuno degli insegnanti ma non ha ricevuto nessun sorriso pronto ad accoglierlo. Lei ci ha ascoltato con molto interesse, motivo per cui di fronte alla sua insistenza ad aggiungere altro gli abbiamo spiegato anche che hanno un bambino amplificato, che ha estremo bisogno di movimento, e che per lui passare le prime 4 ore della giornata chiuso dentro a lavorare di fino con chicchi di riso è equivalente ad una tortura e che forse invece di continuare a contenerlo fisicamente perché non riesce a stare in questo ambiente dovrebbero provare a cercare di capire chi è quel bambino e di cosa ha bisogno e smettere di farlo sentire sbagliato come persona perché incapace di autocontrollo. Ovviamente le abbiamo lasciato la lista di libri da studiare incluso Gottman sull’intelligenza emotiva e la cara Kurcinka.

Magari gli asili Montessori non sono tutti così, e lo voglio sperare, ma la nostra esperienza è stata tutt’altro che entusiasmante. Immagino Maria Montessori non sapesse cosa fosse l’intelligenza emotiva e non si sia preoccupata di dare indicazioni in merito allo sviluppo emozionale dei bambini (magari qualcuno informato sull’argomento può aggiungere qualcosa nei commenti), però credo che un asilo moderno non possa prescindere da queste conoscenze e la ritengo una mancanza educativa fondamentale.
Una cosa è certa non sono mai stata tanto felice come giovedì sera quando ho saputo che Pollicino sarebbe potuto ritornare al suo vecchio asilo. Da questa esperienza ho imparato molte cose: che la scuola la fanno le persone, che le relazioni umane sono importanti più delle attività proposte ai bambini, che gli svedesi non sono rigidi come si dice altrimenti non si sarebbero ripresi Pollicino al vecchio asilo e che ovviamente nella scelta della scuola ci vuole una bella dose di fortuna.

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114 thoughts on “Sensazioni e dubbi in un asilo Montessori”

  1. @annalisa, solo una precisazione: se Goleman, certo, è l’autore del libro su Intelligenza Emotiva, John Gottman (direttore del centro omonimo per il coaching emotivo) è l’autore del libro “Raising An Emotionally Intelligent Child” cui Serena faceva riferimento nel post, e come indicato anche dal post cui si riferiva Serena con il link in fondo, nella traduzione italiana (libro cui, curiosità, Goleman ha scritto la prefazione).

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  2. Gentile Annalisa, mi piacerebbe molto poter riportare il suo commento sul mio gruppo Facebook “mamme e papà montessoriani”. Se volesse anche iscriversi, ci farebbe molto piacere. Saluti

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  3. Cara mamma di pollicino,
    sono una maestra e una mamma montessori italiana. Sono molto dispiaciuta che tu abbia vissuto un’esperienza di questo tipo in un ambiente motessori, in cui l’accoglienza, il rispetto, l’empatia e la sintonizzazione emotiva dovrebbero essere alla base. Giustamente hai detto che sono le persone a fare il servizio, lo condivido in pieno. Il metodo montessori è una visione educativa, di vita, è uno strumento pedagogico che se applicato o usato impropriamente può essere causa di danni. Coloro che riescono a comprendere in profodità il messaggio di Maria Montessori abbandonerebbero la scuola dove sei stata proprio come hai fatto tu. Una buona scuola Montessori (e ce ne sono..) pone al centro il bambino, i suoi desideri, i suoi bisogni emotivi, intellettivi e fisici e a partire da questi costruisce l’ambiente di vita. libertà è la parola chiave: libertà di movimento, d’espressione, di scelta. Libertà che praticamente non esistono (e ne ho viste tante…) nelle scuole dell’infanzia tradizionale, dove le attività sono standardizzate, ripetitive programmate a priori senza prima conoscere i bambini, dove il pisolino pomeridiano è obbligatorio e di 45 minuti (anche se un bambino vorrebbe riposare un’ora o 10 minuti…). Il movimento è concesso esclusivamente nel salone, o nel cortile ad orari prestabiliti, come mucche al pascolo, quando invece un bambino di 3, 4, 5 anni non si fermerebbe un minuto. Il bambino di quest’ età ha bisogno di scoprire, di diventare autonomo, di compiere le prime scelte, di conoscersi, di incontrare altri bambini e scoprire che hanno interessi magari diversi dai suoi. Scoprire ed apprezzare la diversità è possibile solo in un ambiente libero, dove ognuno possa fare le proprie scelte e trascorrere il proprio tempo in attività che reputa interessanti. Alcuni bambini amano colorare, altri fare puzzle, altri ancora piegare carta o tovaglioli. Per alcuni la passione è costruire con i cubetti, per altri leggere le storie. E allora perchè decidere ed imporre a tutti nello stesso momento la medesima attività? I bambini liberi di agire e scegliere sono sereni sempre entusiasti di ciò che fanno perhè l’hanno deciso autonomamente e hanno seguito il loro istinto. in una buona scuola montessori i bambini che lo desiderano collaborano spontaneamente senza la pressione dell’adulto che spesso spinge alla competizione. Ciò che occorre è, come sempre, buon senso, sensibilità e compentenza. Coloro che decidono di conoscere profondamente il bambino, la sua mente, il suo sviluppo devono conoscere il pensiero di Maria Montessori e sapranno così distinguere un vero ambiente scolastico montessoriano da uno che si spaccia come tale.
    Vi assicuro che nella mia scuola si ride, si piange come in ogni scuola, ma in più ci si confronta, si cresce, si scopre in autonomia e libertà con l’aiuto dell’aduto e non con il suo controllo.
    Ah, Intelligenza emotiva, l’ha scritto GOLEMAN. (non Gottman).

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  4. Il contesto in cui è nato il metodo Montessori è diverso da quello odierno. La didattica moderna, nel tempo, si è arricchita grazie alle varie scuole di pensiero. Il punto, comunque, è questo: alla base della “buona scuola”, che sia montessoriana o no, c’è l’ascolto dei bisogni del bambino, dei suoi interessi e delle sue peculiarità per programmare, per ogni alunno, un percorso formativo adeguato, rivedendolo e aggiustando il tiro ogni volta che ce ne sia il bisogno.

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    • Fantastico il tuo post perché volendo riconoscere qualche merito sulla didattica per contro è superata!! È cambiato il mondo e i nostri bimbi, al tempo conquistavano il diritto di istruzione ora le dinamiche sono totalmente diverse le difficolta’ oggi sono ivalori di base, la violenta, l’iper attivita’ difficoltà di linguaggio sono tantissime sia parlato che letto, interpretato riguardo la narrazione x i piccoli.allasig che dice che il metodo è come un gelato rispondo che montessori è come una tecnologia superata…oggettivamente il floppy è vecchio noo?

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  5. Scusa @sara ma non credi che anche quello che tu chiami “metodo comune” non sia un metodo? E’ solo che è quello col quale è cresciuta la maggior parte di noi, e quindi ci sembra la norma, ma è un metodo anche quello. E comunque il metodo montessoriano non è affatto rigido e prestabilito, anzi parte proprio dall’ascolto delle peculiarità di ogni bambino, e lascia a ogni bambino del tempo per dedicarsi a ciò che più preferisce.

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  6. Sono un’insegnante di scuola primaria e una mamma di una bambina di tre anni. Sono d’accordo: la creatività e la socializzazione sono aspetti che non possono essere trascurati nell’educazione dei bambini se desideriamo crescere degli adulti sereni e capaci di inserirsi nella realtà circostante con successo e disinvoltura.
    Sono d’accordo anche su un altro punto: la QUALITA’ dell’insegnamento dipende dal DOCENTE. Sta a lui promuovere l’apprendimento dei suoi alunni ascoltando i loro reali bisogni, in base ai quali riadattare, di volta in volta, il metodo e i materiali usati. E’ per questo che non condivido l’ idea di partire con un metodo rigido e prestabilito. Se poi questo metodo non risponde ai bisogni formativi di mia figlia? Io e mio marito abbiamo cercato fino ad oggi di promuovere il suo pensiero divergente e la sua intelligenza relazionale. Nostra figlia frequenterà una sezione di metodo comune.

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  7. Dopo un anno alla casa dei bambini, mia figlia di 3 anni mi ha chiesto di mandarla in un asilo dove può ridere. Penso che le sue parole, semplici, dirette, centrate, dicano già tutto. Il metodo Montessori viene (purtroppo) interpretato e riadattato secondo le esigenze della scuola, delle insegnanti. Non è il metodo che si adatta al bambino, ma il bambino che deve castrare una parte di se, quella della fantasia, della spensieratezza, della gioia, il suo bisogno di socializzare (il bambino si accosta solo ai compagni, tutti i “lavori” sono svolti individualmente o al massimo in due) per adattarsi ad un metodo rigido, sterile, monotono, serio che, ci tengo a ricordare, inizialmente fu elaborato per bambini con problemi psichici, un metodo che non tiene conto dell’emotività dei bimbi. Avevamo puntato su questa scuola sicuri che i nostri figli venissero rispettati nel corpo e nello spirito. La nostra esperienza è stata devastante per le aspettative che avevamo, i bambini sempre seduti in silenzio in classe, tristi, annoiati, nel nostro caso persino intimoriti dai modi dell’insegnante…ancora tutti da appurare. La vita all’aria aperta tanto raccontata all’open day, praticamente inesistente, sopratutto per i più piccoli che di pomeriggio ancora fanno il riposino. Da tutto ciò abbiamo imparato una grande lezione: la scuola privata in Italia non è una garanzia. L’unica garanzia è la fortuna di trovare un’insegnante seria, equilibrata, rispettosa, materna.

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  8. Sono arrivata a leggere questo commento perchè presa da dubbi e sensazioni che il Metodo mi porta…ma come insegnante, non come genitore. Devo dire che sono pienamente d’accordo che l’asilo è fatto di persone e non di metodi educativi o “mura”…ma ( ecco appunto i miei dubbi) essere davvero un’insegnante montessoriana , non è cosa da poco e per niente semplice. Probabilmente le educatrici dell’asilo in questione hanno interpretato a loro modo l’applicazione del Metodo, ed hanno lasciato una sensazione del tutto negativa. Nell’asilo in cui lavoro abbiamo, per passione, deciso di operare con il Metodo Montessori e devo dire che i bambini sono tutt’altro che privi di emozioni, il sorriso, il canto, a volte anche il pianto sono parte integrante delle giornate. Quello che è difficile è , appunto, sapere stare dietro al bambino e non porsi e imporsi soffocando i tentativi del saper fare da solo…non punire e non premiare: viene spontaneo a noi adulti ( ed ora parlo anche da genitore) “insegnare” sparando giudizi a raffica..ecco questo un vero insegnante montessoriano è tenuto a non farlo . Molti dubbi si presentano nelle varie situazioni quando si pensa di non essere riusciti a rispettare gli atteggiamenti montessoriani: un muro scarabocchiato( si educa al rispetto dell’ambiente ) che viene ripulito insieme senza mortificare, ma dando delle regole e dei limiti precisi ; una spinta ad un compagno ( si educa al rispetto delle persone)che viene ripreso con serenità inducendo alla gentilezza; tante altre situazioni in cui l’agire spontaneo entrerebbe in conflitto con l’agire montessoriano se non ci fosse un’attenta e continua preparazione all’ autocontrollo ed alla calma interiore non sempre facili e scontate nelle persone adulte, specialmente sotto il peso delle innumerevoli fatiche ( fisiche e mentali) e responsabilità quotidiane. Ma tutto ciò non vuol dire soffocare le emozioni dei bambini, si ride, si scherza..i nostri bambini più grandi dell’asilo nido a volte ci prendono pure in giro ridacchiando tra loro. Uno sguardo può calmare un’improvvisa nostalgia della mamma…una carezza far sentire che sono comunque a casa. Non sempre servono parole per emozionare i bambini, anzi, a volte, parlare troppo confonde ed inibisce ogni libera e spontanea manifestazione di se stessi…questo è il nostro asilo nido montessoriano.

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    • @isolina montessoriana E’ vero quello che dici: uno sguardo può calmare un’improvvisa nostalgia, ma ai bambini è molto utile l’utilizzo di parole per dare un nome alle loro emozioni. Il rischio altrimenti è che crescano pensando che provare un emozione sia sbagliato: non c’è nulla di male a provare nostalgia, o rabbia, o gioia. E questo messaggio deve essere assolutamente chiaro per il bambino, e il silenzio non mi sembra lo strumento adatto per farlo.

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  9. Durante l’ultimo anno del liceo pedagogico, eravamo nel 1995-96, la scuola organizzò una visita a una scuola dell’infanzia Montessoriana, nelle Marche (una di quelle vere, non quelle che si fregiano del nome solo perché ne usano gli strumenti). Rimasi piacevolmente stupita da quanto quei bimbi fossero educati, servizievoli, ordinati,… anche durante il pranzo. Di ritorno una compagna di classe mi disse “Sara, ma hai fatto caso che nessuno rideva, nessuno aveva l’aria di divertirsi?!?” E in effetti, passato lo stupore per la perfezione, ho riflettuto anche io su quei visi seri seri, sia dei bambini che delle insegnanti. Ritengo valido il metodo Montessori, ma mi sfugge qualcosa.

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  10. Cara Serena,
    Capisco molto bene la tua perplessità sulla Montessori dopo l’esperienza che hai vissuto.
    Ti invito però a riflettere su un fatto: durante l’inquisizione venivano bruciati gli eretici in nome di Cristo. ho la sensazione che Cristo non avrebbe condiviso. Se hai la stessa sensazione ti invito ad andare direttamente alla fonte e leggere qualche scritto della Montessori. forse potrai dire che quegli insegnanti, di cui hai parlato, non hanno capito un gran che di Maria Montessori ….
    Michele

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  11. @federica in Italia l’autorità competente è l’Opera Nazioname Montessori, http://www.operanazionalemontessori.it
    sul sito si trovano molte informazioni, fra cui l’elenco per regione delle scuole riconosciute dall’Opera. Per chi volesse controllare prima di scegliere una scuola, è una sicurezza.

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