Scuola di cittadinanza per giovani leve

I figli adolescenti possono insegnarci qualcosa sull’educazione civica, sulla politica e sulla società, semplicemente osservandoli nella loro naturalezza.

foto di astrid westvang utilizzata con licenza CC Flickr
foto di astrid westvang utilizzata con licenza CC Flickr
Questo post va letto seguendo una coreografia.
Disponetevi in circolo a distanza di mezzo metro gli uni agli altri, premuratevi di avere un genitore di adolescenti a entrambi i lati. Fatto? Bene.

La prima cosa da sapere, quali genitori di adolescenti e futuri cittadini, è che la metafora della foresta che cresce in silenzio a dispetto del rumore dell’albero che cade è banale e scontata – ma assolutamente calzante. Osservate questi ragazzi mentre scendono dagli autobus per andare a scuola e attraversano la strada con lentezza esasperante trascinando i piedi, curvi sotto il peso dello zaino. Guardate la loro indolenza, i giubbotti tutti uguali, le stesse scarpe di tela ai piedi. Prestate attenzione alla propensione che hanno di fermarsi esattamente in mezzo alla strada – voi fermi in attesa del loro passaggio – per dar sfogo a un guizzo di vivacità e iniziare a scherzare e spintonarsi proprio lì e non tre passi dopo, sul marciapiede.
Resistete alla tentazione di dare gas mettendoli sotto e pensate a come eravate voi all’alba dei diciotto anni.

Innanzitutto, la vostra scala cromatica era molto diversa dalla loro. I vostri amici e compagni di classe erano tutti ragazzi di colore: più precisamente, del colore bianco.
Loro, no. Loro hanno misture che, secondo la catalogazione Pantone, vanno dal nero-nigeriano al marroncino-cingalese, dal grigio-albanese al rosa-cimbro. Il colore della pelle è un dettaglio trascurabile, al limite un impiccio nel caso decidano di farsi lo stesso tatuaggio quale prova di sempiterna amicizia (succede).
Quando andavo a scuola io si era considerati stranieri per il solo fatto di venire da un paese della periferia e ostracizzati di conseguenza (a me, milanese a Perugia, venivano sbattuti in testa i libri al grido di “terrona, terrona”, ché tutto si può dire di un adolescente ma non che ami la geografia.)

Ancora, il conformismo. La mia generazione era passata in una notte dall’edonismo reganiano al nichilismo dei Nirvana. Il giorno prima esibivamo ancora piumini griffati e scarpe da boscaiolo, il giorno dopo indossavamo stratificazioni grunge. Conformisti fino in fondo, un po’ come i ragazzotti che vediamo camminarci davanti alla fermata dell’autobus: stessi zaini, stesse scarpe, stesso giubbotto. Ad eccezione del fatto che loro sono pieni di piercing, tatuaggi e capelli colorati, ché l’individualità è un valore che va al di là degli abiti che si indossano e va curato.

Continuando: la parità. Sarà che la nostra generazione è cresciuta con l’onda lunga del femminismo delle nostre mamme fresche di Sessantotto – le stesse che hanno fatto da nonne ai nostri figli – a costo di sembrare ottimista direi che è stato fatto un buon lavoro. Un ottimo lavoro. Questi adolescenti ascoltano annoiati quando ribadiamo che la cura della casa e la preparazione dei pasti va ripartita in ugual misura tra maschi e femmine, sembrano proprio non cogliere il punto. Bisogna capirli: maschi e femmine hanno frequentato le stesse scuole di ballo hip-hop e gli stessi corsi di arti marziali, hanno bruciato pasti autoprodotti in egual misura e lasciato le proprie camere in un delirio di caos e calzini sporchi. E qualora ai ragazzi fosse mai venuto in mente che a pulire e cucinare doveva pensarci la mamma in quanto donna, è stata sufficiente la prima vacanza passate assieme alle coetanee per rimettere a posto le cose.

Poi, l’educazione civica. Non so se sia merito dei viaggi e del confronto con diverse culture, oppure se sia grazie alle lezioni di educazione civica ricevute a scuola, o ancora se sia per via della grazia naturale di un’età in cui si crede nei grandi ideali, fatto sta che la cura dell’ambiente è cosa loro. Sono gli adolescenti a differenziare i rifiuti che buttiamo in pattumiera a caso – sgridandoci molto per questo – e sono sempre loro a farci notare che parcheggiamo vicini, troppo! alle aree dedicate alle categorie protette. Sono i ragazzi a sgridarci se tentiamo di fare i furbi, se non diamo la precedenza, se manchiamo di educazione in pubblico – cosa che li fa vergognare moltissimo portandoli a disconoscere parentele di qualunque grado.

Infine, l’omofobia. Lo scorso mese la classe di mia figlia è stata punita con una nota disciplinare. C’era stata una discussione in classe in merito alle unioni omosessuali, i ragazzi non si capacitavano del fatto che la professoressa potesse dichiarare di non riconoscere gli stesi diritti a tutti i cittadini e la discussione si era fatta accesa. Troppo. Mi è spiaciuto che mia figlia avesse mancato di rispetto ed educazione, ma nell’intimità di questo sito posso confessare di aver firmato quella nota con un moto d’orgoglio.

Per ultima, l’educazione politica. Mio padre non si capacitava del fatto che il mio voto valesse quanto il suo. “Ho vissuto la guerra e il dopoguerra, ho fatto il Sessantotto e gli anni di piombo e adesso mio voto e il tuo avranno lo stesso valore. Ti pare giusto?”.
No, non mi sembrava giusto. Non avevo alcuna idea politica, confondevo senso civico ed educazione e tendevo a dar ragione a chi urlava più forte. E di lì a due mesi avrei votato per la prima volta. E adesso che ho vissuto la prima e la seconda Repubblica che sono passata attraverso il millenium bug, debbo confessare di non essere stata in grado di dare un’educazione politica alla mia diciassettenne. “Meglio così” mi consola Claudia “che si sa come fanno i giovani: impetuosi, vanno in direzione ostinata e contraria a quella dei genitori. Magari adesso ti ritroveresti con una figlia nazista dell’illinois. O interista.”

Insomma, questi ragazzi indolenti che ci innervosiscono attraversando la strada lentamente facendoci arrivare tardi al lavoro a breve voteranno, saranno i nuovi cittadini e gli insegnanti dei nostri nipoti. Se siete ancora disposti in circolo voltatevi di 90° verso sinistra in modo da darvi le spalle l’un l’altro, poi posate il braccio destro sulla spalla della persona che avete davanti e fatevi pat-pat reciprocamente e con orgoglio. Avete fatto un buon lavoro!

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