La rabbia: un motore di crescita

La rabbia è un’emozione. Una come tante altre, solo un po’ più antipatica perché spesso va a minare il rapporto sociale se non addirittura colpire fisicamente altre persone, sfociando in aggressività. La rabbia è un’emozione che si manifesta in risposta ad una provocazione.
Basta osservare le caratteristiche fisiche di una persona in preda ad un attacco di rabbia per riconoscerla come una risposta alquanto animalesca: aumento del battito cardiaco, vene delle tempie ingrossate, volto rosso, sguardo determinato. La manifestazione della rabbia passa spesso per la perdita, totale o parziale, di controllo dell’individuo. La rabbia è quindi prima di tutto un atteggiamento di difesa nei confronti di un attacco, sia esso fisico o emotivo.
L’attacco non deve necessariamente essere personificato in un aggressore, infatti uno scatto d’ira si può anche provare nei confronti dell’ennesimo mobiletto Ikea da montare, o nei confronti di un giocattolo che non ne vuole sapere di essere usato come vorrebbero quelle manine impacciate.
Però spesso si cerca di prendersela con un essere umano, perché arrabbiarsi con un cacciavite ci fa sembrare degli imbecilli (i bambini no, loro non si sentono imbecilli a prendersela con il camion dei pompieri).

Azioni e reazioni

Non è sempre facile capire cosa ha provocato lo scatto di rabbia, e quando nostro figlio se la prende con noi è difficile non prenderla personalmente e magari starci anche un po’ male. Provate invece a vedere la rabbia come uno dei motori della crescita.

Scatti di rabbia sono frequenti in bambini piccoli in cui le capacità lessicali non permettono contrattazioni ad esempio sul possesso di giocattoli, e l’unica parola detta “mio!” è in realtà detta da tutti contemporaneamente. In questi casi in alcuni bambini può svilupparsi un comportamento aggressivo, e urla e spinte o morsi vengono utilizzati come messaggio inequivocabile.
Il comportamento aggressivo nei bambini così piccoli non è necessariamente per il possesso di un oggetto, e bisogna sempre cercare di capire il temperamento del bambino per avere la chiave di lettura giusta. Il Vikingo intorno all’anno di età ad esempio aveva sviluppato una certa aggressività che si manifestava ogni volta un bambino gli si avvicinava. Lui era essenzialmente un solitario, e la sola vicinanza di un altro bimbo lo mandava su tutte le furie. Non ha mai morso nessuno, ma le spinte le ha distribuite senza badare a spese.

Nella fase compresa tra i 2 e 4 anni gli scatti di rabbia assumono un significato diverso ed iniziano a manifestarsi nei confronti dell’autorità. E’ il periodo dei no, che parte con i terrible two, ma che in realtà continua per tutto il periodo necessario al bambino alla sua evoluzione da bebè tutt’uno con la mamma, ad essere indipendente. La fase oppositiva che caratterizza questo periodo è notoriamente disseminata da scatti di rabbia che servono a comunicarci la sua spinta a crescere.
Le manifestazioni di rabbia quindi servono a dire “mamma guardami, smetti di trattarmi come un neonato. Sto crescendo! fammi fare da solo!” La parola d’ordine in questa fase è di evitare di prenderla personalmente, e iniziare a guardare alle esigenze di un piccolo essere che fino a quel momento abbiamo guidato più o meno a nostro piacimento, ma che ora ha deciso di metterci del suo nelle decisioni che lo riguardano. Le crisi di rabbia diminuiscono notevolmente nella misura in cui il genitore concede al bambino degli spazi in cui esercitare la sua voglia di indipendenza e di affermazione del se (se state affrontando questa fase, provate a leggere questo: 10 modi per sopravvivere ai terrible two) In questo caso la provocazione che da origine alla rabbia è infatti il controllo da parte del genitore. Ovviamente questo non vuole dire abdicare dal proprio ruolo di guida ed educativo ma concedere spazio, là dove è possibile concederlo. Il delicato equilibrio tra il concedere e il mantenere il proprio ruolo di genitori è ben descritto da Jesper Juul (e potete leggere qualcosa qui: Di accettazione e limiti.)

In età successive la rabbia è ancora funzionale alla crescita. Attraverso le liti con i compagni di gioco, ci si deve esercitare nell’arte del litigio, e del ri-appacificarsi, e anche del perdono.

Ovviamente la rabbia non è solo legata alla crescita e nel corso di questo mese parleremo anche della rabbia scaturita da altri fattori, che hanno bisogno di un’attenzione diversa, però lo schema provocazione-reazione è praticamente sempre applicabile, anche se la reazione a volte non è commisurata alla provocazione subita, almeno secondo la nostra visione da adulti.

Comportamenti sbagliati per una emozione giusta

Per quanto la rabbia sia un’emozione naturale e necessaria, è evidente che la sua manifestazione non deve causare danni fisici o psicologici ad altri, ed è per questo che è sempre vera la regola per cui il comportamento aggressivo va fermato. E’ importante però fare bene attenzione a condannare il comportamento e non l’emozione.
Il primo step, come per qualsiasi altra emozione è quindi quello di aiutare il bambino ad usare le parole per parlare della rabbia e per descrivere cosa accade quando ci si arrabbia.
Ma soprattutto accettare la rabbia come normale, ed evitare in qualsiasi modo che il bambino si senta in colpa per provare la rabbia, o per essere sopraffatto dall’ira, che può avere come conseguenza quella di spaventare lo stesso bambino che potrebbe essere terrorizzato dalla sua perdita di controllo. Attenzione al fatto che la rabbia non deve essere repressa, per questo vi dico, anzi vi supplico, non dite mai a vostro figlio “non ti arrabbiare!” , e non solo perché quando scatta la rabbia è l’ultima cosa che si vorrebbe sentirsi dire, ma anche perché in realtà non è sano non arrabbiarsi. Allo stesso tempo bisogna sempre ripetere che per quanto si senta arrabbiato non può mordere/colpire/picchiare/spingere/eccetera eccetera.
Aiutatelo invece spiegando cosa sta succedendo “vedo che ti sei arrabbiato!”, magari descrivendo il suo comportamento “urli molto forte. Devi essere veramente molto arrabbiato per urlare così forte” e poi aiutandolo a dissipare la rabbia in qualche modo. Se pensate alla rabbia come ad una pentola a pressione che sta per esplodere, permettendo alla valvola di sfogare un po’ di vapore magari riuscite ad evitare l’esplosione. A volte basta un po’ di spirito, una battuta, un diversivo buffo che spenga la tensione in una risata, qualche bambino ha bisogno di un abbraccio, altri hanno bisogno di una azione fisica. A mio figlio propongo spesso di correre, perché per lui lo sfogo fisico ha un valore molto importante. Ogni persona trova il suo modo di dissipare la rabbia, e in questo noi genitori possiamo certamente esercitare il nostro ruolo di guida, aiutando i nostri figli a trovare il loro modo. Voi quale valvola di sfogo avete trovato che funziona per voi o per i vostri figli?

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25 thoughts on “La rabbia: un motore di crescita”

  1. Bene! Vedo che le mamme di bambini un pò “esplosivi” espatriano tutte verso gli stessi libri … sta anche nella mia libreria a portata di mano.
    Ho iniziato a seguire un corso ispirato a “Genitori Efficaci” di Gordon, spero di poter approfondire in quella sede anche i modi di affrontare la rabbia, per ricavarne qualche mattoncino in più.
    Magari poi lo scriviamo noi un libro su “100 e 1 modi di sopravvivere ad un bambino arrabbiato … e vivere felici”.

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  2. mi sono ricordata di un’altra cosa che faccio quando il grande è arrabbiato (quasi 4 anni), dopo aver tentato un pò di empatizzazione gli dico che mentre aspettiamo che gli passi cerco i vermicelli dell’arrabbiatura che si sono incastrati tra i denti, la prima volta mi ha guardato come se fossi matta invece adesso, apre subito la bocca e io cerco tra i denti e faccio finta di strapparli via e li sgrido dicendo che se no volevano stare tutto il giorno in bocca??? eh??? e allora quando ne ho trovati 3 gli chiedo come va e lui dice mamma forse ce n’è un altro e allora cerco cerco cerco e via anche quello e poi via si riparte con qualche altro gioco. (=
    (grazie del link sui fratelli…)

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  3. sai cosa ho fatto ieri prima della nanna? playtherapy. una volta che tutto era pronto per andare a letto le ho detto prima giochiamo. scegli tu il gioco. questo è il timer (che è un simpatico omino di legno) venti minuti quando suonerà mettiamo a posto e andiamo a letto. mamma ti legge però una storia prima (cosa che faccio abitualmente) e poi si spegne la luce e si dorme. io non mi metterò nel letto (cosa che faccio sempre)sarò qui accanto. mi ha guardato sopresa. ha scelto di fare un puzzle. e come l’omino ha suonato ha messo a posto senza storie, ha preso il libro, si è ficcata nel letto. poi ho spento la luce, mi ha chiesto se le cantavo una canzone. e si è addormentata. non ci potevo credere. so che non devo illudermi, perchè lei è un tipo che si abitua alle cose e poi le rifiuta, ma terrò duro. non hai idea di come ero più sollevata ieri sera. e la cosa più bella è stata stamattina quando si è svegliata che mi ha detto “mamma io ho dormito da sola”. e ho capito che devo aiutarla a raggiungere questo scopo che infondo è una sofferenza anche per lei.
    grazie, grazie davvero perchè senza i vostri consigli, le vostre esperienze non ce l’avrei fatta. è solo l’inizio lo so che i bambini amplificati sono complicati, quando pensi di aver trovato la soluzione poi loro ti mettono di nuovo in difficoltà ma ripeto ora la strada è più chiara anche per me. ancora grazie.

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    • @simplymamma bravissima! Avevo pensato al fatto che la descrizione del tuo post lascia pensare che abbia paura della separazione da te, ma non in relazione al sonno, ma proprio per te. Con la Play Therapy potrebbe ritrovare quella sicurezza nei tuoi confronti di cui ha bisogno per riuscire a rilassarsi e addormentarsi. Mi sa che siete sulla buona strada 😉

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  4. ah! rido perchè dopo aver scritto quel post e scritto a te quel commento ho ordinato il libro. mi spaventa tanto il fatto che sia in inglese ma sono motivata e così rispolvererò un pò la lingua che mi fa bene (ma tu non è che hai una traduzione bella e pronta? magari potreste farla sono sicura che andrebbe benissimo in italia. 🙂

    tornando al mio problema oggi ho deciso di abolire definitivamente il sonnellino pomeridiano succeda quel che succeda. sai lei non mi chiede mai di andare a dormire ma io lo vedo che è tanto stanca e infatti delle volte lo fa e altre non c’è proprio verso, credo che questa sia una cosa che non va bene o si fa o non si fa perchè da quello poi dipende l’orario notturno. stanotte ad esempio non ha dormito e adesso è stanchissima e nervosissima e non so se la tollero fino alle 20 (orario in cui spero di farla dormire). lei si innervosirà sempre più e sarà sempre più difficile farla addormentare ma devo assolutamente provare questa strada. i tuoi a che ora sono a nanna?

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    • @simplymamma vedrai che la lettura sarà più semplice di quello che temi. Alla fine in questi libri le prime pagine sono dure, ma poi acquisisci immediatamente il vocabolario che ti serve e vai avanti come un treno. Mi raccomando tieni duro. I miei sono a letto alle 19.30 e entro le 20 si addormentano. Calcola che l’attività che fa prima di andare a letto è importantissima. L’ideale sarebbe che voi riusciste a creare un’atmosfera rilassata che la aiuti a prepararsi al sonno. Lo so che non è facile ma i vantaggi sono notevoli. Se hai deciso di togliere il sonnellino il pomeriggio allora sarà ancora più importante offrirle attività tranquille un po’ per tutto il pomeriggio finché non impara a gestire la stanchezza. La vita della mamma di un amplificato è tortuosa, ma anche piena di sorprese. Ti abbraccio.

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    • @simplymamma mi dispiace molto sapere che state passando un periodo così impegnativo. I tre anni sono un momento molto difficile per tutti i bambini, e il rapporto con i genitori inizia ad essere più conflittuale. Immagino che nonostante tu stia parlando esplicitamente del problema del sonno, in realtà il problema si ripercuote su tutta la giornata. Non so aiutarti con consigli specifici perché non so veramente nulla di come si svolgono le vostre giornate, a che ora la metti a letto la sera, che clima si respira in casa, e in questo ovviamente mi riferisco allo stress anche da parte dei genitori che poveri sono distrutti dalla stanchezza e dal sonno. Posso dirti per certo che la situazione migliorerà negli anni, però certamente per migliorare bisogna lavorarci su. Hai mai letto il libro della Kurcinka di cui ho parlato qui: https://genitoricrescono.com/il-mio-bambino-amplificato/ ? Intanto ti mando un abbraccio solidale perché veramente so benissimo come ci si sente.

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  5. avrei tanto da scrivere…sono reduce da un attacco di rabbia mio causa nanna. ho sorriso quando ho letto il commento di barbara: la mia è una bimba facile perchè io so che la mia è una bimba difficile. meravigliosa ma difficile. questo post mi illumina perchè la sua rabbia continua si spiega con quel bisogno di autonomia, sicuramente.
    spesso prova a controbattere dandoci uno schiaffetto o un calcio, cosa che nei suoi riguardi non è mai stata fatta. non capisco. quando fa così cerco di fulminarla con lo sguardo o la porto in camera in sospensione (dal libro disciplina con affetto) ma non so se serve a qualcosa.
    alcuni momenti, come ora, mi sento schiacciata dalla sua personalità. perchè non è che è una bambina a cui le si dà vinte, anzi. ci teniamo al rispetto delle regole e io e mio marito seguiamo la stessa linea educativa. nulla. il suo essere amplificato, il suo non dormire e non voler dormire, il suo non crollare mai, il suo mangiare poco, la sua iperattenzione a qualsiasi sfumatura, il suo non stare mai e dico mai un secondo ferma, e infine tutti questi scatti di rabbia…certi momenti non ce la si fa. è tutto ciò che vorrei mettere in pratica va a farsi friggere.

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  6. Mio figlio, quasi 4 anni, da quando ho capito che era un nervosetto, lunatico come me, ho imparato a dirgli: capisco che ti sei arrabbiato, e gli chiedevo perchè (perchè molto spesso, come per tutti i lunatici, non si capisce cosa sia scattato), e gli dico che aspettiamo che gli passi, oppure dico che deve imparare a calmarsi (ho provato anche io con la corsetta ma si arrabbia ancora di più), a volte gli racconto, mentre aspetto che sbollisca, di una cosa simile successa a me da piccola che aveva fatto arrabbiare anche me (questo vedo che funziona bene!)e poi ho imparato a dirgli anche io quando sono arrabbiata e gli dico di aspettare che mi devo calmare, a volte in sua presenza altre volte devo cambiare stanza se no lo mangio! Oltre a questo provo a dire anche: non bisogna dare calci o pugni, però questa seconda frase sembra non entrare in testa, quindi lui parte con l’arrabbiatura e di pari passo arrivano i calci, tant’è che all’ennesimo calcio gli ho detto che se lo rifaceva non vedeva i cartoni col nonno come fa ogni sabato (è il momento cars). Quando siamo andati dai nonni, ha chiesto al nonno di vedere il cartone ma il nonno, già avvisato da me ha detto che non si poteva e mio figlio infatti gli ha spiegato che non si poteva perchè mi aveva calciato e non ha fatto nessuna scena per la privazione del cartone. Non so se abbia capito però non mi piace arrivare al “ricatto” oppure all’idea se ti comporti male hai la punizione, perchè lui deve capire che non si fa e punto. C’è da dire che è molto fisico, se è felice da colpetti, salta, tocca in faccia, tamburella, se è arrabbiato è tutto amplificato. SE è stanco poi non ne parliamo. Certo è che a volte quando si arrabbia lancia degli urli tremendi che fanno spaventare la sorellina e io gli spiego che se fa così, la sorellina avrà paura di lui e non giocherà più… (mi sto allenando su empatizzare la vittima invece di attaccare lui, ma spesso mi dimentico, come avevi parlato tu tempo fa in un post) e lo stesso se lancia i giochi (a volte leggiamo insieme il libro Rabbia dove roberto in preda alla rabbia sputa fuori un gorilla rosso che gli spacca tutti i giochi e Roberto lo caccia via perchè gli ha rovinato i suoi giochi preferiti). Una cosa che ho impratao è che non posso pretendere che gli passi in 5 minuti, quindi devo lasciarli lo spazio e il tempo per sbollire, come capita a noi e non avevo mai pensato alla rabbia scaturita dal bisogno di autonomia, oltre a quell scaturita dal contendere i giochi o dal litigio (a proprosito ci sono post sul litigio tra fratelli? io a volte li lascerei fare perchè è naturale litigare, o no?!). Comunque è un argomento che mi sta molto a cuore, a volte però complice la stanchezza reciproca va tutto a remengo! (sto imparando anche io a non lanciare un urlo di arrabbiatura…che fatica, è raro ma quando mi parte, parte!)

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  7. Questa volta parlo di me perchè la rabbia di mio figlio è stata qualcosa di molto diverso dall’espressione di un’emozione o dalla necessità di emanciparsi.
    Certamente per me è stata una grande occasione di riflessione e crescita. Io sono stata sempre piuttosto accomodante, magari mugugnavo ma raramente esplodevo. Poi con la maternità mi sono dovuta confrontare con una grande rabbia, mi ritrovavo a desiderare di far soffrire mio figlio come lui stava facendo soffrire me. Mi sentivo un mostro. Una delle poche cose che ho ricavato dalla psicoterapia è stato però il riconoscimento di una reazione umana assolutamente normale e ancestrale: quando ti senti in pericolo reagisci in modo irrazionale e violento, chi hai davanti diventa il nemico anche se si tratta di tuo figlio. Questo è stato uno dei pezzi del puzzle, insieme all’accettazione e a un modo di relazionarci più paritario.
    Sono tornata così ad avere un grado di rabbia “accettabile”, sbotto ma non sento più quella violenta necessità di difendermi. E’ strano pensare che la volta in cui mi sono sentita più in pericolo (almeno inconsciamente) è stato proprio con l’essere umano più importante della mia vita. Insomma le vie della rabbia sono complicate, con qualche informazione in più forse lo sarebbero state meno o forse occorre sperimentare, chissà.

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  8. TopaGigia ha due anni e mezzo, e siamo passati quasi indenni dal traguardo dei terrible two. Posso dirlo onestamente, mia figlia è facile.
    Premesso ciò, siamo nella fase in cui identifica come rabbia quasi tutte le emozioni negative, come la delusione, il rimanerci male, la contrarietà eccetera. Io cerco di fare allenamento emotivo quando la vedo col muso (anche perchè appunto, come dici benissimo tu, la rabbia “vera” ha tutt’altre manifestazioni) e allora le chiedo cosa c’è che non va e la risposta tipica è “sono molto abbabbiata!”. Io allora le rispondo “non è che invece che arrabbiata ci sei rimasta male che quel bimbo non ti ha voluto prestare il suo giocattolo? sono sicura che sei anche un pò arrabbiata, ma mi sembra che ci sei soprattutto rimasta male” (e il più delle volte devo aggiungere che comunque questo non è un buon motivo per dare al bimbo uno spintone, anche perchè bnon esistono buoni motivi per dare uno spintone).
    Quando invece è proprio arrabbiata lei urla, piange, si dimena. Ma visto che è appunto una bambina piuttosto tranquilla in genere la lascio sfogare fisicamente, dopodichè cerco di parlarle dolcemente dicendole che se strilla in quel modo non capisco cosa sta dicendo, e voglio sapere cosa c’è che non va. Quando si sarà calmata un pò potrà spiegarmelo, io sono lì. Qualche volta funziona, qualche volta no.

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    • @Barbara forse ha solo bisogno di crescere un pochino. Il numero di emozioni che in bambini sono in grado di nominare varia anche con l’età, a volte anche per me è difficile capire le sfumature tra alcuni stati emotivi, a meno di tre anni, non mi stupisco affatto che lei chiami tutto rabbia. Ovviamente è giustissimo offrirle un vocabolario più vasto, ma ci può volere del tempo prima che il vocabolario assuma anche un significato corrispondente al reale.
      @Marzia la tua reazione è assolutamente normale. Quando ci si sente sotto attacco personale è l’istinto di sopravvivenza a prendere il sopravvento. E per fortuna che esistono strutture che possono offrire l’aiuto necessario a ritrovare un’equilibrio.
      @anna non so che età hanno i tuoi, ne ho scritto uno specifico per bimbi piccoli, Se il grande ne ha 4 potrebbe andare bene. Ti lascio il link https://genitoricrescono.com/gelosia-fratelli-sorelle-piccoli/
      @simplymamma i bambini amplificati come sempre hanno bisogno di un bel po’ più di pazienza da parte nostra, proprio quella pazienza che loro ci fanno perdere in continuazione. Inutile dire che i bambini amplificati hanno ancora più bisogno della loro indipendenza, e lo dimostrano fin da piccolissimi. Fare un passo indietro a volte aiuta sia loro che noi. Un abbraccio solidale.

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