Lo sport come stile di vita

La cultura sportiva è uno stile di vita, che va oltre l’iscrivere i bambini ad una attività sportiva pomeridiana. Che posto occupa lo sport e il movimento fisico nella nostra vita? Il modo in cui noi viviamo lo sport oggi, getta le basi per come i nostri figli considereranno lo sport da adulti.

Settembre, nuovi inizi.
Inizio della stagione invernale, inizio di nuovi progetti, inizio delle stagioni sportive, inizio della scuola; mai come in questo periodo mi viene da pensare a quelli che sono i valori fondanti di una buona crescita, e lo sport è decisamente tra i primi.

Foto Jay Phagan utilizzata con licenza Flickr Creative Commons
Foto Jay Phagan utilizzata con licenza Flickr Creative Commons

Purtroppo una verità inconfutabile è che la sana attività motoria ha ancora scarsa importanza culturale nella nostra società; basta ampliare gli orizzonti e guardare al nord europa, agli Stati Uniti, dove molti fanno meglio di noi. Scuole a indirizzo sportivo, strutture dedicate, lavori specifici e ben pagati. Traguardi raggiunti e da raggiungere, la necessità di far conoscere ai nostri giovani realtà ben sviluppate per poi applicarle alle nostre istituzioni; non bisogna aspettare troppo, il gap è già grandissimo.

Mi viene da fare qualche domanda scomoda: diamo poco peso allo sport perché non ci sono mete che si possono “valorizzare”? Solo i guadagni elevati danno peso ad una attività? Anche nella bolla digitale in cui viviamo in questi ultimi anni l’argomento sportivo è affrontato solamente dalle testate dedicate. Sui siti che si occupano di famiglia va già tanto bene se compare un articolo sparuto e generalista che parla di sport tra i millemila che si occupano di altro. Purtroppo anche questo è rappresentativo del contesto in cui crescono i nostri figli: siamo noi adulti a preparare il terreno, la responsabilità dei risultati è della generazione precedente.

Per i giovani è importante l’esempio: e quanto esempio danno i genitori per quello che riguarda la pratica sportiva? Certo c’è chi fa palestra, calcetto, chi va a correre: ma il valore della formazione, la forza del gruppo, il senso di superare il proprio limite avendo rispetto dei fallimenti, tutto ciò fa parte delle virtù imprescindibili?

In più di un’occasione pontifichiamo sulla mancanza di peso delle ore di ginnastica a scuola; manca il voto, mancano le strutture, troppe volte manca l’insegnante dedicato. Se è vero che le direttive devono arrivare dal governo, mi pare anche di vedere la nebbia negli occhi degli studenti e dei genitori. Su avanti confessate, fate il conto di quante volte avete protestato perché i ragazzi non hanno avuto l’ora di ginnastica e confrontatele a tutte quelle volte che vi siete imbufaliti per la mancanza del prof di italiano.

Le statistiche dicono che fino ai 10/12 anni la presenza dei ragazzi all’interno della pratica sportiva ha numeri importanti, poi improvvisamente il buio (o quasi). Ci sono veramente troppi stimoli nella quotidianità di oggi oppure semplicemente, è più facile lasciare che i ragazzi confinino lo sport ad essere l’ultima opzione?

E’ possibile che i genitori di oggi, quei quarantenni tanto denigrati, siano cresciuti con un sottofondo di benessere che non ha implementato il senso di sacrificio o, perlomeno, la volontà di mettersi in discussione. Con le stesse premesse si potrebbe essere creata una generazione di famiglie che preferiscono la quiete ad una sana diatriba con i figli e le loro scelte; mi pare che troppo spesso la concessione di indipendenza e libertà si trasformi in disinteresse o, peggio, menefreghismo. Credo che qualche no, qualche ingerenza e la capacità di suggerire le soluzioni possano essere visti come dei buoni modi per colloquiare con i nostri ragazzi.
Credo sia importante far sapere loro che lo sport non deve mancare mai, non può essere una seconda scelta e nemmeno una scusa per evitare altro. E’ un modo di crescere e confrontarsi, una linea guida, uno stato della mente.
E’ un luogo comune da sfatare che fa sport solo chi ha fame, sia in senso reale che figurato. L’attività sportiva non ha bisogno di motivi “generazionali” o di condizioni sociali estreme per far parte del nostro sviluppo.
Perciò siamo proprio sicuri di voler mettere a confronto le generazioni dal punto di vista sportivo? Noi adulti ne verremmo fuori con le ossa rotte!

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