Oggetti di conforto: l’avventura di Pippo

linusAvete presente la copertina blu che quando viene lavata getta il piccolo Linus in una crisi di nervi? Molti bambini hanno un oggetto di conforto che li tranquillizza. Il tipico orsetto di pezza portato ovunque e maltrattato e coccolato a dovere dal piccolo proprietario. L’oggetto di conforto gode di privilegi unici. Può assagiare gelati, pappe, fare il bagnetto nel fango, essere trasportato in giro per il mondo, essere infilato nei posti più sudici del pianeta e poi lavato accuratamente. E gli si vuole sempre bene. E’ l’oggetto per eccellenza, l’amico dei tempi buoni e cattivi, il punto saldo.
Ultimamente ho letto un simpaticissimo post di Panzallaria sulla perdita di Manolo, e mi è ritornato in mente quando noi abbiamo perso il nostro granchio Pippo. Ho ripescato il post che avevo scritto a suo tempo nel mio blog personale, che vi ripropongo per strapparvi un sorriso e riflettere insieme sull’importanza che questi oggetti hanno per i nostri figli e di quello che siamo disposti a fare per ritrovarli:

Dopo una splendida giornata di sole, passata in compagnia di L., andiamo a prendere la metropolitana per tornare a casa. E’ tardi. Il Vikingo è stanco ed inizia a fare un po’ di lagna. Noi naturalmente cerchiamo di tranquillizzarlo sul fatto che stiamo andando a casa, e che potrà mettersi subito a dormire (illusi!). Quando arriva la metropolitana, mentre ci accingiamo a salire sul vagone, il Vikingo inizia ad urlare. Nella commozione del momento, non prestiamo attenzione a cosa urla, pensando che sia una richiesta di scendere dal passeggino. In realtà urlava “PIPPO! PIPPO! PIPPO!
Da questo momento in poi, tutto procede velocissimo. Io mi accorgo che non ha Pippo, il suo granchio, quello che si porta ovunque. Dico a GG: “si è perso Pippo“. GG fa in tempo a scendere dalla metro prima che si chiudano le porte. Il Vikingo vedendo che oltre a Pippo, anche papà è rimasto fuori dal treno inizia ad urlare “PIPPO! PAPA’! PIPPO!” Il grado di disperazione non fa che aumentare. GG mi fa cenno che ci vediamo alla prossima. Lo vediamo che cerca Pippo sulla piattaforma. Poi parla un attimo con il capotreno. Poi la metro parte. Io mi ritrovo sola con il Vikingo, seduto in passeggino, che urla disperato, lagrimoni che scendono a pioggia, senza nemmeno l’aiuto di Pippo per calmarlo. Per fortuna la metro non è troppo piena. Nel frattempo mi chiama GG. Il capotreno gli ha detto che ha visto Pippo cadere sui binari e di andare a parlare con il bigliettaio della stazione. Il Vikingo continua ad urlare “PIPPO! PAPA’! TRENO VIA!” E qui avviene l’impossibile. Che scene del genere solo a Stoccolma possono avvenire. Il bigliettaio chiama la “squadra speciale per il recupero di oggetti caduti sui binari”.
GG inizia a vergognarsi. Si tratta solo di Pippo. Un pupazzo di stoffa che abbiamo comprato al prezzo ridicolo di 3 euro! Cerca di spiegare che non è un oggetto di valore. Che forse non ne vale la pena. Ma ormai la squadra speciale è partita. Arriva entro 5 minuti. Il Vikingo continua a piangere. Io continuo a disperare per non aver portato un oggetto di conforto di seconda categoria da usare in caso di emergenza. GG continua a giustificarsi. Il tipo dice “Non ti preoccupare. Questo è il mio lavoro. E’ un servizio che offriamo, indipendentemente dal valore dell’oggetto caduto sui binari” Stacca l’elettricità e si coordina via radio con il centro di controllo del traffico. Scende sui binari e…Pippo è salvo! GG mi comunica la notizia via telefono. Io lo dico al Vikingo, che finalmente si calma. Ora ride: “Pippo sotto treno. Treno via. Papà, Pippo“.
E così Papà è diventato un eroe.

E voi? Quale è l’oggetto di conforto di vostro figlio? Vi è capitato di perderlo? L’avete ritrovato? Come avete fatto a superare il trauma?

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14 thoughts on “Oggetti di conforto: l’avventura di Pippo”

  1. @Barbara, beh allora c-e- speranza! anch-io adoro i peluche e il mio di oggetto consolatorio, un cagnolino, lo conservo ancora nell-armadio… dovrei metterlo sotto vetro perche- sta insieme per miracolo!eh eh.

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  2. @Fab, uh, si, altrochè! Con mio grande disappunto, io che adoro i peluche, si è data alle bambole. Verso i due anni e qualcosa siamo andati insieme al negozio a scegliere una bambola, e lei l’ha scelta. L’ha chiamata Alice, come una sua amichetta. Poi è arrivata Giulia, un regalo, e adesso dorme sempre con loro due (una a destra e una a sinistra) e forse Giulia è la preferita. Qualche volta se la porta a scuola. Anche se i successivi regali sono stati battezzati Alicetta, Alicio e adesso “elefatte Alicio”, quindi un doppio. Bimbo pare sia troppo ruvido per abbracciarlo di sera. Alice e Giulia l’altro ieri hanno fatto il bagnetto e TopaGigia sovrintendeva. Ha partecipato attivamente all’asciugatura rigirandole al sole “come la carne, mamma”. Ma prima del bagnetto l’abbiamo avvertita che almeno per una notte sarebbero state inusabili e le abbiamo chiesto se aveva dei sostituti o se preferiva lavarle separatamente. Ha trovato due sostituti e non ha fatto drammi.

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  3. @Barbara: ma poi a TopaGigia sei riuscita a far avere un oggetto di conforto? sta cosa mi interessa molto perche’ anche la mia bimba (adesso 21 mesi) non ne vuole sapere! ne ho provati diversi, ma me li tira dietro letteralmente, proprio non li vuole nel lettino. E devo dire che anche di giorno con i pupazzi vari proprio non ci gioca. Boh. Eppure un oggetto consolatorio a volte mi farebbe proprio comodo!

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  4. Scusate, ma poi Pippo come stava? No, dico, non era lui la vittima finita sui binari?
    TopaGigia non ha (ancora) oggetti di conforto. Ci abbiamo provato con l’elefante Palmiro, con la pecorella Smarrita (che poi si e’ effettivamente persa all’Ikea di Roma dove evidentemente non c’e’ una squadra di recupero nonostante sia pieno di fasciatoi), sostituita appunto dalle pecorella Ricomprata, poi e’ arrivata la folletta Gaia e la biondissima Susan, ma nessuno di loro e’ mai stato ammesso nel lettino. Non li vuole. Ammetto che Gaia ha avuto l’onore di essere portata in giro in passeggino (giocattolo), ma e’ durata solo un paio di giorni, poi Gaia a casa e passeggino vuoto.
    Non vedo l’ora che si affezioni a qualcosa….

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    • @Barbara pippo stava benone, non ha riportati danni che non potessero essere risolti da un giro in lavatrice.
      Alcuni bambini non trovano mai un oggetto transazionale, segno che hanno un carattere tranquillo e si bastano da soli. Magari ad un certo punto si affezionano ad un oggetto per un periodo, ma non subiscono grandi crisi da perdita o da lavaggio (hai presente Linus seduto di fronte alla lavatrice ad attendere che sia lavata la sua copertina???)

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  5. Elisa, non vorrei deluderti, è vero che il fasciatoio lo trovi un po’ ovunque e tutti i ristornati hanno almeno un seggiolone ed è praticamente sempre possibile scegliere un menù per bambini, ma la fila al bagno non te la fa saltare nessuno. La fila è una cosa seria in Svezia, non si supera nemmeno se il tuo duenne è sul punto di fargliela sui piedi. Ho paura che la solidarietà per queste cose te la puoi aspettare solo in Italia 😉

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  6. Stupita per la squadra di recupero?
    Cara, sono talmente poco stupita che a volte penso seriamente di trasferirmi in un paese così!
    Scherzi a parte, io non rieco proprio ad abituarmi all’odierna realtà italiana.
    Porto un esempio: sono alla Biennale d’Arte di Venezia con mia figlia di quattro anni e a un certo punto le scappa la pipì. Allora corriamo (per l’insolità capacità che hanno i bambini di trattenere con nonchalnce fino all’ultimo) alle toilette.
    C’è una fila kilometrica. Chiedo se c’è un bagno per bambini e l’inserviente mi guarda come se avessi appena chiesto quando sarebbe atterrata l’ultima aeronave spaziale. Dalla fila nessuno si offre di cedermi il posto, benchè avessi parlato a voce alta e quando chiedo esplicitamente di poter passare avanti, qualcuno bofonchia pure.
    E poi ci si chiede perchè in Italia si fanno pochi figli. Forse perchè sono sempre e comunque cavolacci tuoi!
    Quest’estate, in Austria, anche l’ultima baita aveva persino il fasciatoio..E poi si sta qui a parlare di natalità!

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  7. oggi, leggendo il racconto mi sono commossa, però ora quoto Silvia:
    saidinapisan è un genio e a Stoccolma, cavoli! una squadra solo per recuperare Pippo il granchio è di un’efficienza ben oltre che Svedese (esquimese?!? 🙂 )

    ok, ora vado a nanna!
    buona notte
    silvietta

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  8. Pardon… ma nessuno si è stupito che a Stoccolma una esista una squadra di recuperatori che entra in azione solo per Pippo il granchio?

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  9. @Sadinapisan… psicopatica tu? Tu sei un genio!
    @Elisa, la metafora della moglie paziente col marito donnaiolo è mitica!

    Il Sorcetto, invece, nessun oggetto di conforto stabile e permanente: un vero farfallone!

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  10. La Wandina, bambolina in ciniglia, morbida morbida, regalata da una zia Wanda pochi giorni dopo il parto è ormai a pieno titolo un membro della famiglia.
    Lavata e rilavata è riuscita negli anni a sbaraglare terribili concorrenti quali una Jasmine dagli orecchini d’oro, Po, il teletubbies preferito da mia figlia e nientepopodimno che Nemo, il pesce più simpatico della disney.
    Questi personaggi si alternarono anche per lunghi periodi sul letto di mia figlia,che, come i più beceri mariti infedeli, sempre alla wandina tornava.
    Ora che la Nina ha quattro anni il suo legame con la wandina pare si sia consolidato. A volte inserisce un terzo nel suo letto (kitty or ora), ma la wandina tra le sue lenzuola non manca più.
    E quando la mattina entro in camera della Nina, Lei è lì che mi guarda, col suo ciuffo ribelle e un sorriso da moglie trionfante, che sa alla fine, di essere l’unica.

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  11. Il “doudou” (nome francese dell’oggetto di conforto) di mia figlia è un gatto di pezza scozzese regalato da una mia (lungimirante) amica pochi giorni dopo il parto. Mia figlia se lo mette in testa per dormire da quando ha 4 mesi. Oggi ha 16 mesi e il signor gatto ha sempre lo stesso effetto rilassante su di lei (e su di noi).

    Ovviamente, nel frattempo, mi sono procurata altre 3 copie identiche del gatto che:
    – provengono da Londra (a Milano quel modello non c’era più…)
    – sono sottoposti una rigidissima rotazione per garantire un identico grado di usura
    – prima del cambio di gatto, quello vecchio (e puzzolente) viene messo a contatto per qualche ora con quello fresco di bucato per garantire un’omogeneità di servizio
    – ogni modifica fatta su un gatto viene repplicata sugli altri tre

    Qualcuno mi ha dato della psicopatica…

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