Non voglio essere il modello di mia figlia

Mio marito dice – usando toni iperbolici – che è per via del fatto che da piccola mi hanno ‘spezzato il carattere’, fatto sta che quando l’ostetrica mi posò la primogenita sulla pancia mi accorsi subito che aveva le mie stesse labbra e provai un brivido di apprensione. Perché di tutte le cose che avevo sognato per mia figlia, di una sola ero certa: non avrei voluto che fosse come me.

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Ohibo’, e perché? Io come sono? – mi chiesi, ancora fresca di parto. Era proprio quello il punto: non lo sapevo. E quando non sai chi sei, non puoi nemmeno porti a modello.
La maternità costringe ognuna a definirsi. “Nasce un bambino, nasce una madre” recita lo slogan, ed è vero. Solo che quel processo di rinascita è doloroso esattamente come un parto e va a toccare corde che non ci si ricordava più di avere.
Nascere come madre significa avere finalmente sotto gli occhi tutti i condizionamenti subiti, le scelte accettate per quieto vivere, le decisioni imposte ‘per il nostro bene’. Mette a fuoco quanti ci siamo allontanate da noi stesse.

Da piccolissima avevo ben chiara la mia identità, ma evidentemente era quella sbagliata ché i miei giovani e inesperti genitori fecero quanto era il loro potere per trasformarmi in qualcos’altro. I modelli che mi venivano indicati mancavano di coerenza (“Guarda Rita quant’è buona” “No, non lo è. Appena ti volti mi dà i calci!” “Non stare a sottilizzare”) di ragionevolezza (“Perché non sei come Marco?” “Perché è un drogato che va dissipando il patrimonio familiare” “Sì, ma almeno lui adesso è in cura!”) e di significato (“Dovresti studiare come Valentina” “Ma se non arriva alla sufficienza mentre io ho tutti otto!“ “Però potresti provare”).
Ho fatto una piccola indagine, non sono la sola. Tutti i miei coetanei hanno avuto qualcuno che gli veniva posto a modello, a prescindere dai meriti. Uno dei pilastri dell’educazione anni Settanta, infatti, prevedeva che ci fosse sempre qualcuno più bravo, più capace, intelligente, e che a questi bisognasse tendere. I miei genitori avevano elevato questo vezzo ad arte ponendomi a modello persone che niente avevano a che fare con me, destabilizzandomi. Sui miei coetanei questa cosa non sembra aver prodotto danni, mentre io ne sono stata pesantemente influenzata. A furia di compiacere la mia famiglia avevo perso di vista me stessa, non mi trovavo più.

“Ti è stato spezzato il carattere, appunto” ribadisce mio marito.
Può essere. A ogni modo, alle soglie dell’adolescenza la necessità di definirmi diventò urgente. Abituata ad avere davanti dei modelli, anziché cercare me stessa tentai di stabilire la mia personalità a priori: presi un quaderno e lo divisi in capitoli e in ognuno di questi descrissi le caratteristiche che avrebbe dovuto avere il modello a cui avrei potuto somigliare.
Alla fine  scelsi Candy-Candy: perché era bionda, sostanzialmente, e con l’abitudine di accompagnarsi a uomini dalla messa in piega perfetta. E poi perché era orfana e nessuno le diceva che avrebbe dovuto essere qualcun altro per meritarsi stima e amore – e infatti faceva sempre di testa propria guadagnandosi l’uno e l’altro.

La bambina che l’ostetrica mi aveva appoggiato sulla pancia aveva le mie stesse labbra, i capelli castani e nessuna speranza di somigliare a Candy-Candy. Ma pazienza, ormai avevo capito: l’unico modo di cavarcela in questo mondo è diventare noi stessi il nostro modello, no matter what.

“Erika dovrebbe essere assennata come Diletta” dice ora mia madre
“Erika è esattamente quello che dovrebbe essere” le rispondo “piuttosto che farla somigliare a qualcun altro preferisco che cresca assertiva, presuntuosa e impertinente”.
“E ci stai riuscendo benissimo..!”

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10 thoughts on “Non voglio essere il modello di mia figlia”

  1. La moda dei confronti e modelli imperava anche a casa nostra e ha fatto danni sia a me che ai miei fratelli, spesso mettendoci anche gli uni contro gli altri.
    neanche io vorrei che mio figlio mi somigliasse!!!

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    • io non me capacito. Adesso sto attentissima a non fare confronti tra figli ma anche nella mia famiglia d’origine, santa pazienza, quanti confronti: la figlia brava, quella studiosa, quella coraggiosa, quella disobbediente..

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  2. oh, come mi sono ritrovata nel tuo post. e a distanza di anni mi è montata una rabbia. mia mamma mi portava ad esempio una ragazzina della mia scuola che la sua, di mamma, elogiava sempre. “valeria è brava a scuola, Valeria mi aiuta a casa, Valeria è brava con il fratello”. poi siamo cresciute. siamo andate al liceo e la povera Valeria è stata bocciata ben 2 volte in quarta ginnasio. non ti dico la mia soddisfazione nel raccontarlo a mia mamma. la cosa ovviamente non la toccò minimamente e per anni, lunghissimi anni, continuò a lamentarsi sostenendo che tutti gli altri erano meglio di me. qualsiasi cosa facessero. poi sono diventata mamma a mia volta e la maggior rivalsa è stata il sentirmi dire “mi sono lamentata per nulla, se vedo cosa fanno ora i tuoi figli”. certo dovrei arrabbiarmi per loro, ma sono serena perchè loro non sono toccati minimamente dalle lamentele della nonna

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  3. Come mi ci ritrovo in questo post… Mi calza proprio … Io ho 32 anni e da quando ero piccola mia madre ha sempre fatto confronti amche i miei due fratelli hanno dovuto sopportare questo atteggiamento.
    Ogni cosa che decidevo era la scelta sbagliata o comunque c’era il mettermi il dubbio è poi dirmi “fai come ti senti “… Peccato che non sapevo mai che fare alla fine ed ero sempre insicura sulla scelta è anche una volta presa se avessi fatto bene.
    Oggi con i miei figli … Soprattutto con il grande che ha 7 anni( il secondo ha solo 3 mesi) cerco disperatamente di non essere come mia madre ma a volte ho la sensazione di fare i suoi stessi errori nonostante cerco sempre di migliorarmi alterno periodi in cui riesco ad essere una mamma che ASCOLTA,COMPRENDE E GUIDA a monemnti in cui non riesco e mi fa una rabbia…
    Come ho detto prima cerco di migliorarmi, di pensare ed essere positiva anche con i miei figli ma non sono ancora riuscita a sentirmi LIBERA.

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  4. mi sono molto ritrovata in questo post. Non tanto perché mi venissero dati modelli, ma anche il mio carattere è stato spezzato, o magari già era difettoso e lo hanno solo finito di rompere, non so. Fatto sta che da sempre, pure prima di essere mamma, spero che mia figlia non mi somigli nemmeno un po’. L’altro giorno ho detto a mio padre: hai visto com’è coraggiosa, non ha paura di niente! E lui subito: male, la paura serve. Quanto sono stata contenta d’essere lontanissima, in quel momento.

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  5. Ci hanno provato anche con me, soprattutto mia madre.
    Il modello di riferimento era Daniela, la mia amica del cuore dalla 1a elementare al ginnasio; il che rendeva – o avrebbe dovuto rendere – ancora più straziante e difficile la competizione, nel senso che avrei dovuto detestarla e invece le volevo un sacco di bene. Sono da sempre convinta che l’aver rifiutato ( anche se inconsapevolmente, o consapevole solo del fatto che non volevo entrare in competizione con Daniela) questa forma di ricatto, mi abbia forgiato un carattere della Mamma di Gesù. O forse ce l’avevo già, e quella roba lì l’ha solo nutrito.

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  6. Il modello in casa mia era mio fratello, aimé.
    Perché non sei calma come lui? Perché non sei ubbidiente come lui?
    Tuttavia le cose si capiscono col tempo. Ho un primogenito calmo, riflessivo, educato, e un secondogenito che è una trottola e mia madre non perde occasione per ricordarmi che io ero esattamente come lui. E questo mi aiuta ad accettare il carattere forte del mio bimbo piccolo: i suoi bisogni sconfinati di coccole e di parole e di rassicurazioni. E’ una gran fortuna avere figli così diversi tra loro e persino guardare il più birichino e trovarlo identico in viso a come mi ritraggono le foto di quando avevo la sua età.

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  7. Come mi riconosco nelle tue parole, non puoi saperlo !!! Ma quante siamo a essere state rovinate da Candy Candy ???

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  8. Io ho un ricordo, di questa cosa che dici dei modelli (uno solo, perché in fondo a casa ero la pecora bianca, erano tutti a metà tra il soddisfatto e l’infastidito, nei miei confronti. Mi dicevano sempre “tu non devi essere come me”).
    Mia nonna era depressa, viveva nel disordine e nella sporcizia, ma all’epoca ancora non la giudicavo, mi pareva tutto normale. Invece mia madre è mediamente disordinata, ma comunque ci teneva che a casa nostra fosse sempre tutto abbastanza pulito e disinfettato. Io ero una bambina disordinata. E sono una donna disordinata. No, non di quelle che trovano le cose nel disordine, io proprio mi ritaglio il mio spazio vitale all’interno del mio stesso casino. Ecco, una volta nonna disse “Come mi piacerebbe avere una nipotina ordinata”. E mi ricordo che quasi mi si spezzò il cuore. Ce la misi tutta, ma senza successo 🙂

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