Matematica che paura! Il metodo Singapore

Il metodo Singapore per l’insegnamento della matematica abbandona l’insegnamento del calcolo, del procedimento e della memorizzazione per lasciare il posto al problem solving. Ecco come funziona.

In un incontro con la preside della scuola dei boys qualche settimana fa, abbiamo appreso che il programma di matematica per le prime classi seguirà da ora in poi la “Matematica di Singapore“. Molte scuole in UK si stanno muovendo in questa direzione, e la preside ci comunicava che, dopo aver ponderato a lungo con il corpo insegnanti, soprattutto perché in un contesto in cui tutto viene fornito gratis agli alunni, inclusi libri e materiale, cambiare metodo significa una spesa non indifferente, fra acquisti diretti e formazione degli insegnanti, e dopo aver fatto estese ricerche per informarsi bene, hanno deciso di andare avanti per questa strada.

Foto ©Pink Sherbet Photography utilizzata con licenza Creative Commons
Foto ©Pink Sherbet Photography utilizzata con licenza Creative Commons

L’insegnante a capo del gruppo docenti di scienze ci racconta che hanno già effettuato dei piccoli studi esplorativi, dopo aver partecipato a corsi, e che possono testimoniare, con esempi e questionari, che dopo qualche tensione iniziale da parte loro nell’usare un approccio nuovo (“ma sembra difficilissimo! I bambini mi parevano preoccupati!!“) e molti momenti di reciproco supporto, anche con altre scuole della circoscrizione (“puoi provare questo, o questo“) il riscontro dei bimbi alla fine dell’esperimento si è rivelato positivo oltre le aspettative (“all’inizio mi sentivo persa, ma ora ho capito, e ho capito davvero, e sono contenta di aver fatto una cosa così difficile“) e quindi, si va!

La storia della Matematica di Singapore

La matematica di Singapore non è in realtà una matematica diversa, è semplicemente un metodo, e tutto il bagaglio di formazione per gli insegnanti nel loro percorso di sviluppo professionale che lo accompagna. E in effetti, a ben guardare, non c’è molto di Singapore neanche nell’impostazione, che si rifà a pedagogisti come Jerome Bruner, o Richard Skemp, o Zoltan Dienes. Il valore aggiunto dei pedagogisti singaporiani sta proprio nell’aver messo insieme questi principi generali ed averli elaborati in un metodo sistematico. E nell’impegno all’aderenza quasi letterale a questo metodo sistematico.

Le origini del metodo Singapore in realtà risiedono in due rapporti, pubblicati entrambi nel 1982. Uno è “Mathematics Counts“, noto anche come il rapporto Cockroft, commissionato dal governo Laburista britannico nel 1978, e l’altro è “An agenda for action: Recommendations for school mathematics of the 1980s“, pubblicato nello stesso anno dal Consiglio Nationale degli Insegnanti di Matematica in USA. Entrambi i rapporti si focalizzano sull’insegnamento efficace della matematica, ed entrambi esprimono una serie di raccomandazioni. Ed entrambi, indipendentemente, raggiungono la conclusione che il “problem solving“, le tecniche di soluzione di problemi, deve essere al centro dell’insegnamento e apprendimento della matematica nella scuola.

Ora, questi due rapporti sono stati pubblicati, e sono largamente conosciuti nel settore, tutto il globo ne ha beneficiato. Cosa c’entra Singapore? C’entra perché, per il governo di Singapore, questi rapporti sono giunti in un momento storico in cui il paese era in pessime acque riguardo all’istruzione in generale, e la matematica in particolare. In un paese la cui economia si basa quasi esclusivamente sulla risorsa umana, e quindi i cui ragazzi e ragazze devono essere nella posizione di poter competere a livelli altissimi con il resto del mondo, bisognava fare qualcosa, e radicalmente.

E, come accade quando si è seri nel voler mettere a punto una riforma, il governo singaporiano decise che non avrebbe reinventato la ruota, ma iniziò una raccolta sistematica di nozioni pedagogiche, tecniche e raccomandazioni da tutto il mondo, in occidente, ma anche in Giappone, Cina, Hong Kong, tutti i paesi che normalmente raggiungevano risultati molto alti nelle indagini comparative sulla scuola, e mise a punto quella che oggi è nota appunto come “Matematica di Singapore”.

Insegnamento della matematica: tre errori fondamentali

L’intuizione fondamentale del metodo Singapore è stata la presa di coscienza che, soprattutto in Asia sud orientale, l’apprendimento della matematica classico commetteva tre errori fondamentali.

  1. Pensare alla matematica come computazione. Si chiedeva agli studenti di imparare a fare calcoli spaventosi, ma tutto sommato irrilevanti, tipo moltiplicare fra loro numeri con molte cifre.
  2. Pensare all’insegnamento della matematica come “procedurale”. Far imparare agli studenti delle procedure, tipo, per dividere una frazione per un’altra devi prendere il numeratore… e poi il denominatore… e poi questo e questo e questo.
  3. Insistere nella memorizzazione. Non importa se non le hai capite a fondo, se mandi a memoria tabelline, o formule dell’area o del perimetro, te le ricorderai per sempre, e le applicherai al momento giusto.

Come invertire quindi la rotta?

Forte della ricerca di pedagogisti della matematica mondiali, il metodo Singapore parte dunque dalla considerazione che non ha senso insegnare molti concetti, ma che bisogna farne pochi ma bene, ed essere sicuri che le fondamenta siano solide prima di proseguire. Sembra un’ovvietà, vero? Eppure vederla scritta, e vederla messa in atto sistematicamente in un metodo, fa la differenza.

Il Metodo Singapore: problem solving al centro

Problema di matematica inventato da Caterina (7 anni).
Problema di matematica inventato da Caterina (7 anni).

La definizione di matematica nel Metodo Singapore è che essa è un veicolo per lo sviluppo e miglioramento delle competenze intellettuali di un individuo.

Che sia un veicolo, e non la destinazione, è un concetto quasi rivoluzionario, se pensiamo alle ore passate da noi o i nostri ragazzi nella frustrazione più completa per preparare un’interrogazione. Che sia pertinente allo sviluppo intellettuale di un individuo in generale, e non una competenza specifica, è anche un concetto che, in paesi fondamentalmente umanistici come l’Italia, in cui non ci si fa specie, anzi si sorride solidali, con chi ammette tranquillamente di “non essere portato per la matematica”, come se fosse uno skill tutto sommato irrilevante, è anche, per me, affascinante e rivoluzionario.

Il punto focale quindi diventa il problem solving, la risoluzione dei problemi, e il ragionamento, e la matematica è dunque solo un mezzo, una piattaforma, per facilitare il ragionamento.

Su questa premessa, il metodo, a grandi linee, consiste nell’introdurre concetti matematici in un processo a tre fasi: concreta, pittorica e astratta.

  • La fase concreta, che si applica benissimo ai bimbi della primaria o scuola dell’infanzia, dice che bisogna innanzitutto avere un’esperienza manipolativa, con oggetti concreti, per capire come funzionano, “vedendoli materializzati”, concetti come, ad esempio, le operazioni fondamentali.
  • Nella fase pittorica, gli studenti imparano a trasferire la loro comprensione dell’operazione mediante oggetti concreti in una immagine mentale, in un diagramma, on un disegno, che esprime la stessa nozione. Per esempio, una moltiplicazione di un numero per un altro, diciamo 4 per 5, si traduce pittoricamente in una forma che rappresenta il primo numero, un rettangolino colorato che stabiliamo rappresentare il 4, che va ricopiato identico per cinque volte.
  • Solo nella fase astratta si passa ad usare, per continuare con il nostro esempio, le cifre, il 5 e il 4, e i simboli matematici, come quello di moltiplicazione, che diventano quindi delle scorciatoie, una stenografia, per rappresentare il concetto che si è già acquisito mediante visualizzazione. E, cosa molto importante, la fase astratta non viene presentata come il fine ultimo, e non viene introdotta fino a quando le fasi precedenti non sono ben comprese: non importa in fondo sapere scrivere che 5×4=20 troppo presto, se si ha una rappresentazione mentale del cinque, del quattro, della moltiplicazione e del venti.

L’enfasi tutto sommato relativa sulla fase astratta, sui simboli matematici, implica che si possono in realtà introdurre concetti anche complessi prima di quanto si sarebbe fatto in un programma scolastico “classico”, tipo concetti di algebra, perché ci si può fermare alla fase pittorica quanto tempo si vuole, e passare a quella astratta solo quando ci si sente pronti ad usare la stenografia dei simboli, la scorciatoia mentale, scorciatoia che però non aggiunge niente alla comprensione, se non, appunto, una velocità di scrittura.

Attitudine verso la matematica

In questo contesto, il problem solving, e il ragionamento di gruppo in classe, diventa il fulcro della lezione: i bambini vengono esposti a problemi complessi da subito, introdotti come problemi concreti, e devono abituarsi a pensare che non esiste una soluzione “giusta” a priori, non esiste la formula che devono ricordarsi, da applicare come procedura ogni volta, ma devono costruire ogni volta la soluzione, in modo visuale, spesso anche questionando quelle proposte dagli altri, e perché no, anche dall’insegnante.

Il che vuol dire anche che grande enfasi viene dedicata all’attitudine nei confronti del problema: una volta che la memorizzazione, il nozionismo, vengono eliminati dall’equazione, ci si può concentrare su caratteristiche come l’interesse, la comprensione e la valutazione della situazione, la perseveranza, il ragionamento a tentativi, e quindi l’autostima, e, in ultimo, la riduzione della famosa “ansia da matematica”.

Un metodo che si basa su questi principi quindi è di beneficio per tutti gli studenti, da quelli che hanno difficoltà, fino a quelli che invece hanno voglia di sfide.

Ritorno ad Occidente

Se tutto questo vi fa pensare, ma sono cose ovvie, le fanno anche a scuola da noi, beh, forse è il caso di considerare che, per quanto ovvie, vederle incorporate in un metodo sistematico è un cambio di paradigma di portata tale quanto quello dell’apprendimento di una lingua straniera tramite conversazione, invece che sui libri di grammatica. Prova ne sia che, come ci dicono le statistiche, il metodo sistematico funziona incredibilmente bene. Negli anni 60 e 70 le statistiche vedevano nei paesi asiatici un gruppo di nazioni a supremazia indiscussa, fra cui Giappone, Corea e Hong Kong, e un gruppo di nazioni con risultati molto bassi, e evidenziavano un grosso divario fra i due gruppi. Singapore, era bloccato da tempo nel gruppo inferiore, ma negli anni 90, quando il metodo era consolidato nelle scuole, già andava a raggiungere il gruppo ai vertici, e piazzandosi ben presto, e saldamente, ai primi posti nel mondo.

Così, in una vicenda affascinante di corsi e ricorsi, questa performance degli alunni di Singapore ha causato nel resto del mondo una identica reazione a quella che i singaporiani ebbero negli anni settanta: paesi come il Canada, o gli USA, o l’Australia, e ora gli UK, nonostante fossero quelli da cui erano partite le teorie pedagogiche di fondamento del metodo stesso, ora si siedono gomito a gomito con i pedagogisti singaporiani e decidono con entusiasmo di trasferire e adottare questo metodo “di ritorno”, se vogliamo, con risultati già riscontrabili a livello di scuola sia primaria sia secondaria.

Quindi, noi partiamo per questa nuova avventura. Non so quanto i miei boys potranno beneficiarne a pieno, visto che lasceranno la primaria a breve, ma so che molti presidi di scuola superiore sono anche entusiasti del metodo, e sostengono che gli studenti facciano passi da gigante, quasi saltando anni scolastici in avanti, rispetto al passato, in termini di competenze acquisite. Inutile dire che, per me, tutto questo non può che rendermi estremamente interessata, e affascinata, e spero di potervi tenere informati sugli sviluppi.

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21 thoughts on “Matematica che paura! Il metodo Singapore”

  1. Buongiorno insegno matematica da circa 30 anni e sono interessata al metodo singapore. Ho fatto della ricerche a proposito ma di esperienze reali non ho trovato riscontri. Io insegno nella scuola secondaria di primo grado e personalmente vedo che l’insegnamento di questa disciplina diventa sempre più difficile; forse perché gli studente hanno maggiori difficoltà di attenzione o forse perché non sono più abituati a rimanere molto tempo a riflettere su problemi più complessi e anche più attuali. Ormai nelle classi esiste un divario notevole nell’acquisizione di abilità e competenze, una buona percentuale di ragazzi risulta più analitico e per questo ottiene valutazioni elevate anche nelle prove invalsi. Nella situazione opposta ci sono ragazzi che siamo costretti a licenziare dalla scuola media con gravissime insufficienze nelle materie scientifiche. Le nostre classi sono tutte dotate di Lim per cui l’insegnamento della matematica viene agevolato oltre che da attività di recupero in itinere, anche da applicazioni informatizzate come geogebra, excel…. A questo metodo sono interessate anche alcune colleghe della primaria. Come fare per chiedere eventuali corsi di aggiornamento su questa nuova didattica? Si potrebbe avere un elenco di scuola dove questa sperimentazione è stata avviata? La ringrazio cordialmente per l’eventuale risposta. Un’insegnante

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    • Cara Anna
      purtroppo non ho informazioni su scuole italiane in cui questo metodo sia stato applicato. So che nella scuola dei miei figli, e in altre della circoscrizione, in Inghilterra, si sono usati questi testi per i bambini:
      http://www.mathsnoproblem.co.uk
      E gli insegnanti hanno fatto un percorso lungo quasi un anno fra gli aggiornamenti, le osservazioni di altre lezioni, e il monitoring interno fra loro. Ma non saprei dirle di più su come questo possa avvenire in italia, mi spiace. Spero che qualcuno dei lettori possa essere d’aiuto?

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  2. ciao 🙂
    sto studiando per fare l’insegnante e vorrei fare la tesi sulla didattica della matematica, per cui mi piacerebbe consultare i libri scolastici che usano il metodo singapore: dove li posso trovare? qualcuno della classe dei tuoi figli li vende usati? ti ringrazio

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    • Ciao Ilaria, scusa leggo il tuo commento solo ora. La collana che usano nella scuola dei miei figli è questa qui:
      http://www.mathsnoproblem.co.uk
      solo che non so quanto i libri in sé possano essere informativi, senza tutto il materiale didattico che li accompagna, e le schede per gli insegnanti: visti nudi e crudi, sembrano noiosi e ripetitivi. Come disse una volta la coordinatrice di scienze a scuola, la prima volta che li presi in mano mi dissi, ma questo libro lo finiamo in una settimana, e invece no, applicando il metodo, è effettivamente al passo giusto.

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  3. Questo è il metodo Singapore visto con gli occhi… anglossassoni.
    In realtà è un metodo sì rigoroso ma che non bandisce affatto memorizzazione e ripetizione, anzi. Potremmo descriverlo come metodo tradizionale.
    Non è neppure vero che passino settimane sul numero 1 e poi magicamente decollino.
    Ah, il oltre il 90% (alcuni dicono il 97%) degli studenti a Singapore si affida a lezioni private.
    http://blog.coreknowledge.org/2010/10/06/

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  4. scusate, ci sono dei libri/manuali su questo metodo, tipo quelli del metodo analogico di Bortolato – per aiutare mia figlia di prima elementare. NON sono una cima in matematica, quindi mi serve proprio un manualetto, un quaderno operativo, o giù di lì. Grazie!

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  5. La scuola primaria italiana è impregnata di queste metodologie che, in Italia, inventava e diffondeva l’ottima Emma Castelnuovo (insegnante delle scuole medie) – della scuola di Lombardo Radice. Purtroppo questa “matematica sensata” non è mai riuscita a inondare né le medie né le superiori e, anzi, si è ritirata da alcune zon in cui era giunta. L’iniziativa è lasciata ai singoli e i colleghi esperti (non contagiati per tempo dall’onda) sono molto resistenti all’idea di cambiar il loro metodo (pur essendo evidente che non funziona). Speriamo enlle nuove generazioni?

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    • ma sono sicura che esistano molte metodologie dappertutto, simili a queste, a me quello che ha colpito e’ la sistematicità nella lentezza, se ha senso questa cosa 🙂 comunque secondo me un cambio così radicale e capillare o lo ottieni in un contesto culturale rigido come quello singaporiano, in cui tutti i testi sono approvati dal governo e quindi una volta che la decisione viene presa di andare in questa direzione non si puo’ sgarrare, come dicevano in un intervista, non appena un libro di testo ricadeva in uno dei tre errori di cui sopra veniva automaticamente cassato, oppure in un contesto fluido come quello uk in cui l’idea di collegialità è intrinseca nel modo proprio in cui si organizzano le classi, vedo molta meno diffusa la “responsabilità unica” dell’insegnante nel prendere certe decisioni sul curriculum, anche se ovviamente non conosco la scuola italiana dal di dentro

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  6. Io e mio fratello abbiamo frequentato le elementari negli anni 80 e abbiamo imparato la matematica in modo molto simile: i disegni per rappresentare le operazioni, le storie da visualizzare o anche da “rappresentare” con regoli e bacchette, un’enfasi continua sul fatto che “trovare una soluzione è come cercare una strada: perdersi è normale e può portare a scoprire cose nuove”. La mia maestra era anziana, di formazione montessoriana, sicuramente non leggeva l’inglese e non conosceva il “metodo Singapore”. Mi chiedo se già in Italia non esistesse e fosse consolidata una metodologia simile, incentrata sull’esperienza dei bambini anzichè sul calcolo.

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    • Ciao Barbara, anche io e mio fratello, qualche anno prima (anni 70) abbiamo usato regoli et similia. Da quello che ho capito, si, sono tutte metodologie europee, che magari erano buona prassi una volta, ma poi sono state un po’ dimenticate. Il valore del metodo Singapore è stato proprio quello di ripescarle, e sistematizzarle. Ma attenzione, non soltanto a livello di scuola primaria, ma anche a livello superiore, cosa che io trovo interessantissima, cosa che quindi va molto oltre il livello montessoriano di esperienza con i bambini, ma diventa un vero e proprio cambio di paradigma nel modo di intendere la matematica.

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      • grazie per le spiegazioni! speriamo che i miei futuri bambini siano fortunati come i tuoi figli o come noi “old school” 😉

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  7. Scusate il commento sgrammaticato!ho scritto di getto da smartphone e non ho riletto prima di postare, voglio comunque fare i complimenti a questo portale per il lavoro che fa. Essendo sia mamma che lavoratrice nel mondo della scuola sono stufa di genitori che sono critici verso le insegnanti, leggendo qui e la sul web pensano di sapere qual’é il meglio per i proprio figli, ma poi non vanno alle riunioni a scuola, ne parlano con gli insegnanti o con i loro figli ed é sempre colpa degli altri, é un nervo scoperto per me.

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  8. Anche in Italia sono anni che si pratica anche questo metodo di spiegare la matematica!senza chiamarlo metodo Singapore, scusate la critica ma sembra la scoperta dell’acqua calda.I test invalidi di cui avete parlato pochi giorni fa sono incentrati sul problem solving, la didattica per competenze anche!i libri di testo sono ancora molto rigidi e soprattutto i bambini ed i genitori.Se il bambino a scuola non sta a sentire, é distratto dalla” classe pollaio” va a casa e neanche se ne é accorto!ci vorrebbe maggiore comunicazione tra la scuola e la famiglia!nelle scuole primarie dove non si usa il libro i bambini magari imparano ma i genitori non ne vengono a conoscenza!ce ne sarebbe da parlare!

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    • Ciao Lallalella e mille grazie per il tuo commento. Come ho cercato di spiegare sopra, è vero, sono metodi ben noti, nulla del metodo Singapore è nuovo. Quello che è il valore del metodo, se vogliamo, è l’averlo sistematizzato. Io sono stata molto colpita, invece, proprio dall’atteggiamento del corpo insegnanti della scuola dei miei figli, che poi riflette un po’ lo spirito con cui queste cose sono prese generalmente nel mondo anglosassone in cui mi sto muovendo, e cioè l’apertura verso nuove esperienze e il desiderio, se vogliamo carico di umiltà, di sedersi e capire cosa si può adottare da altre realtà. E’ quello che ha spinto Singapore negli anni 80, è quello che sta spingendo gli UK ora, per quello che posso vedere. La comunicazione con la famiglia sul singolo bimbo o bimba è un problema importantissimo, ma esula un po’ da quello di cui volevo parlare qui.

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      • Scusa se sono andata fuori tema: ). Volevo dire che la didattica della matematica che si insegna ora nelle varie scuole di specializzazione per insegnanti e il lavoro dell’invalsi sono già sulla matematica come problem solving, con il paradigma di lavorare sulla realtà per poi arrivare, anche con l’aiuto dei bambini e ragazzi, verso l’astratto. Indubbiamente i colleghi insegnanti non sono incentivati ad aggiornarsi, ma questo non é il momento per le polemiche. Come insegnante devo dire che questo modo di lavorare é veramente più difficile per noi e per i bambini e da i suoi frutti, ma spesso sono i genitori che criticano e che remano contro!gli stessi ragazzini ti chiedono la regola pronta “non hanno voglia di pensare” e queste sono le loro parole alle medie inferiori e superiori!anche le richieste della famiglia vanno verso una matematica fatta di regole a memoria, che il loro bimbo “non é portato” e queste contano ancora molto nella scuola pubblica se il dirigente vuole tanti iscritti!il futuro della scuola, per me, è sicuramente la comunicazione entusiasta ed accattivante verso la famiglia (fumo ma con l’arrosto), in questa società é tutto!nel bene e nel male!chiamiamolo pure metodo Singapore ma parliamone! in modo entusiasta! lo usiamo e nessuno se n’é probabilmente accorto.

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        • e ma lo capisco bene, immagino quello che gli insegnanti potrebbero subire in un contesto così conflittuale ormai, purtroppo, come quello che vedo in italia, se dicessero che passiamo tre settimane soltanto a parlare del numero uno 😀 perché davvero il metodo pare lentissimo all’inizio, poi decolla quando i bimbi sono in grado di muoversi fra problemi con disinvoltura. Come fare quindi a fare in modo che gli insegnanti si sentano liberi di sperimentare, lavorare fuori dagli schemi, essere coinvolti in una revisione fra pari, ma anche che i genitori siano rassicurati che tutto accade secondo un programma ben pensato e che porta frutti conclamati? E’ davvero così utopico cambiare rotta?

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