Ma che cos’ è questa emancipazione?

I dati di Google Analytics sono sempre interessantissimi per chi gestisce un sito. I nostri, tra le tante informazioni che ci danno su come viene recepito il nostro lavoro, ci indicano una considerevole presenza giornaliera di lettori dall’estero. Dato che il nostro sito è in italiano, ne deduciamo che ci leggono molti italiani che vivono all’estero. Del resto noi la expat (ma mi dicono che questo termine non sempre è ben tollerato dai nostri connazionali “emigrati”) ce l’abbiamo in casa!
E così abbiamo pensato che poteva essere gradita una rubrica in cui si raccontasse il punto di vista delle famiglie italiane o italo-qualcosa, che non vivono in Italia.
La nostra expat principale, Serena, aveva già scritto molto sull’argomento, così abbiamo incaricato la nostra ex contr.appuntatrice Supermambanana di offrirci il suo punto di vista, da italiana in UK, su ogni tema del mese. Ma potevamo lasciarla sola, dopo un anno a contr.appuntare con Silvietta? Giammai! Ecco allora che abbiamo arruolato nelle nostre fila una collaboratrice d’eccezione: Mammamsterdam.
Oggi inaugura lei, con il suo stile “fiume in piena”, la nuova rubrica GC International, parlandoci a modo suo di emancipazione femminile. Mettiamoci comodi e stiamo a sentire.

La nuova questione femminile? Ammazza, stiamo diventando persone serie. E allora ne approfitto per un’ analisi comparatistica nonché interculturale, attaccandomi financo alle teorie di Geert Hofstede, padre internazionale della cross-cultural communication per togliermi un po’ di sassolini dalle scarpe sulle emancipatissime, come no, mogli e madri nederlandesi.

No, perché con la scusa che vivo ad Amsterdam e me ne sono autonominata il cantore di corte, capite che mi vengano attribuite le cose più svariate. Ma il peggio non sarebbe che molta gente pensi che passo le giornate saltellando dal coffee-shop al sex-shop per fare dello shop-till-you drop (che con questa combinazione manco ci vorrebbe tanto, a crollare intendo, che mi manca il fisico e lo so), il peggio è la gente che mi interpella convinta che l’Olanda sia ancora il paradiso del libero pensiero, permissivismo et emancipazione, il laboratorio sociale d’Europa (hanno cominciato a dirselo da soli negli anni ‘80 mi pare e ancora ci credono), il paradiso del modello polder (anche questo è uno dei miti fondanti degli olandesi e come tutti i miti si vende bene ma non è che ti migliori il quotidiano, tutt’ altro). Insomma, ne approfitto per sfatarvi un po’ di miti sull’emancipazione degli olandesi che poi così se volete potete cercare di farvi tirar su da Serena per vedere se almeno la Scandinavia regge, che son tempi brutti signora mia.

E quindi, la femmina olandese, è veramente emancipata? Cosa riesce a fare l’Olanda a livello di politiche e servizi per giungere a tanto? E soprattutto, la donna e madre olandese è contenta di quello che ha? A queste e altre domande cercherò di rispondere oggi per GC International.

Ah, tutto questo ovviamente è storicamente determinato e la storia è come il sovrappeso, ognuno ha il suo (stavo per dire le tette, ma poi mi è sembrato discriminatorio verso i lettori masculi).

Allora, cosa notiamo nella missione di vita ed emancipazione della madre lavoratrice olandese?

1)    Intanto a parità di mansioni guadagna meno degli uomini, e in questo è in ottima compagnia con le colleghe di altri paesi. Questo in genere perché gli uomini sono più bravi e assertivi nel negoziare i periodici aumenti di stipendio e bonus. Però spesso lavora in proprio e allora guadagna quello che vuole.

2)    Lavora moltissimo part time (perché gli orari scolastici anteguerra sono ancora tarati sulla madre che sta a casa e che dalle 12 alle 13 si va a prendere i figli da scuola, li porta a casa per fargli mangiare un panino – qui si pranza a panini e si cena cucinato alle 18), poi li riporta a scuola e se li riprende alle 15, cara grazia se riesce a fare la spesa nelle pause (perché l’olandese fa la spesa piccola per i pasti ogni giorno e quella grossa per il resto al sabato).

3)    Partorisce spesso in casa, perché ci hanno fatto campagne promozionali selvagge e loro credono al mito del parto naturale (spesso non vogliono neanche sapere il sesso del nascituro perché è più naturale così e vuoi mettere la sorpresa). Ovviamente tutto questo costa meno al servizio nazionale, e comunque hanno percentuali di morte perinatale tra le più alte in Europa. Se questo dipenda anche dal fatto che hanno anche le primipare più vecchie d’Europa non lo so.

4)    Educazione sessuale e pillola gliel’hanno inculcato talmente bene che poi quando dopo i trenta vogliono rimanere incinte, si meravigliano che non restino incinte di botto. In compenso gli aborti sono molto pochi, ma anche lì non c’è problema. Il ginecologo obiettore non esiste, quello che esiste è il medico obiettore agli antibiotici, prima di prescrivertene uno meglio che tu sia moribondo. La pillola e la spirale comunque sono quasi sempre state comprese nel pacchetto dei farmaci gratuiti che ti tocca con l’assicurazione sanitaria, ogni tanto per risparmiare ci provano a toglierla, francamente in questo momento non so dirvi come stiamo messi. pillola del giorno dopo, idem.

5)    E a proposito di salute, qui tutto passa attraverso il medico di famiglia, visite specialistiche comprese. Il pap test di prevenzione te lo fanno standard ogni 5 anni, in Italia è consigliato annualmente. Ma se hai fondati motivi per controlli frequenti, ovviamente te li prescrivono, tutti a carico del servizio sanitario nazionale.  Per i bambini dai 0 ai 4 anni esiste il consultorio pediatrico che li controlla, pesa, misura, testa, vaccina e da consigli su come tirarli su. Per le malattie, il medico di famiglia. I pediatri lavorano solo in ospedale e solo per casi gravi. Il medico di famiglia comunque in caso di febbre ti riceve solo dopo che per almeno tre giorni hai/hanno avuto almeno 38. Prima lascia perdere – ma se fai la madre isterica e preoccupata o insisti, o ti inventi dei sintomi, ti ricevono anche prima.

6)    Se partorisce in ospedale e tutto va bene, il tempo di ricucirti, farti una flebo, bagnetto al bambino e doccia a te, e ti dimettono. Come due miei amici che ricoverati d’urgenza perché il bambino, durante il parto in casa è risultato messo di traverso, a mezzanotte sono stati lasciati liberi di tornare a casa con tanti auguri, senza manco sapere da che lato cambiare il pannolino. Per fortuna alle 8.30 avevano in casa la puericultrice che per i primi 8 giorni dopo il parto viene per 8 ore al giorno a farti da mamma e da infermiera. Pesa, misura, controlla punti (ma non può toglierli, per quello viene l’ostetrica) e cordone ombelicale, riempie dossier sulle poppate, pipì e cacchine del pupo e tu glielo devi aggiornare quando non c’è. Ti insegna a lavare, cambiare, allattare e fare il bagnetto. La mia mi ha anche insegnato a massaggiare il pupo e mi costringeva a mettermi a dormire, rifiutava di tornare a casa se non mi vedeva fare il pisolino. Ti cucina, fa la spesa, pulisce casa, fa il caffè agli ospiti e ti porta e riprende da scuola gli eventuali altri figli. Costa allo stato meno che tenerti un po’ di giorni in ospedale e fa molto di più. Con il vantaggio che non è tua madre e neanche tua suocera. In quella settimana lì, e parlo sempre di situazioni senza grosse complicazioni, torna a visitarti a casa la tua ostetrica, e viene l’ infermiera di quartiere a fare un prelievo al bambino per tutta una serie di test di routine.

7)    L’epidurale in teoria è sempre possibile se partorisci in ospedale, ma come in Italia se proprio ci tieni meglio chiederla prima. E il servizio sanitario standard ti fa solo un’ecografia intorno alle 12 settimane, e puramente per stabilire il termine se non ti ricordi quando hai concepito. Per il resto ti scegli la tua/le tue ostetriche che ti seguiranno tutta la gravidanza a intervalli sempre più ravvicinati, che ti organizzano visite e controlli se necessari (ricordo che una volta durante una visita di routine l’ostetrica si disse se non stavamo più tranquille a fare un monitoraggio, prese il telefono, chiamò l’ospedale, mi chiese quanto tempo pensavo di metterci ad arrivarci e poi disse; va bene, fra venti minuti è lì e venti minuti dopo stavo attaccata alla macchina). Insomma, non medicalizzano il parto, tutt’altro, ma tutto quello che serve e tutti i motivi di dubbio o preoccupazione li controllano a fondo.

8)    In genere la madre lavoratrice olandese se allatta al seno smette intorno al terzo mese (il congedo di maternità è di 16 settimane di cui 4 obbligatorie prima del termine, so di donne felici di un parto poco prima del termine perché gli dava qualche settimana in più con il neonato). Vero che ha diritto a tot tempo al giorno per tirarsi il latte sul posto di lavoro, ma come ovunque, la maggior parte delle aziende non ha uno spazio adatto e stare seduta in toilette a slogarti il polso con il tiralatte per una mano e guardarti la foto del pargolo abbandonato altrove nell’altra, diciamo che cara grazia quella che arriva a 4 mesi. Vero che anche i padri potrebbero prendersi il part-time, anche se un congedo vero e proprio non ce l’hanno, i soliti due o tre giorni per contare le contrazioni al momento supremo e andare a fare la denuncia all’ anagrafe il giorno dopo, e via, di nuovo al pezzo.

Qualche padre ci prova a prendersi il part-time, è previsto e in alcuni ambienti persino accettato, ma se guardi i padri che alle 3 di pomeriggio recuperano i figli a scuola per portarli a qualche attività, ti accorgi che o vivono del sussidio, o lavorano con i turni o sono tutti liberi professionisti, fighi o sfigati, fa lo stesso (per esempio cugino preferito che fa il manager sotto padrone il lunedì lavora da casa e pensa lui a prendere e ritirare le figlie, ma nel frattempo lavora e si rifà delle ore pomeridiane perdute la sera. Ed è comunque un’eccezione). Però se è lei a tenerci di più al lavoro o ha più possibilità di carriera, il padre olandese non ha il minimo problema a prenderselo lui il part-time e seguire i figli.

9)    Gli asili nidi esistono da relativamente poco, sono privati e costano un botto, ma con normative che cambiano di anno in anno con la dichiarazione dei redditi te ne detraggono una parte. Idem per pre-scuola (dalle 7:30 fino all’ apertura della scuola accolgono i bambini e gli fanno fare colazione e giocare un po’ prima di portarli a scuola) e doposcuola, te li paghi. Però ti scegli i giorni che ti pare – compatibilmente con il part-time che hai e le liste d’attesa – e in quei giorni lì sfrutti fino all’ultimo minuto – tanto sta pagato – che in genere è intorno alle 18.30. Considerato che la famiglia olandese tipo alle 18 in genere ha già sparecchiato e lavato i piatti, i ritardatari sono i soliti sfigati che lavorano fuorisede e si fanno 3 ore di coda al giorno per andare al lavoro. E se lasci i bambini da qualche parte più di 3 giorni alla settimana ti guardano malissimo e ti chiedono che li hai fatti a fare i figli se li devi far tirar su da altri. O te lo dicono alle spalle.

10) I punti esposti sopra chiariscono anche che quando la famiglia tipo si siede a tavolino per decidere entrate, uscite e organizzazione della vita familiare con i figli, in genere la decisione “più logica” e inevitabile è quella che la madre riduca o smetta del tutto di lavorare per spupazzarsi i figli fino almeno tutte le elementari, ovvero 12 anni. Cosa che in parecchie fanno più che volentieri, e infatti sono le madri laureate che “scelgono” di stare a casa per i figli le grandi riserve lavorative di quando l’economia tira. Poi in quei momenti mancano i posti a nido e doposcuola, ma in qualche modo si risolve, ci sono sempre i nonni, le vicine e gli amici.

11) In genere la donna olandese, con o senza figli il tempo per se stessa se lo prende eccome. In molte (e qui più donne che uomini) hanno il part-time di 4 giorni per avere il tempo di “fare cose belle per sé” che può spaziare dall’andare in palestra, unirsi a un coro per studiarsi la Passione di Matteo per Pasqua (una roba che sotto Pasqua ci sono quasi solo concerti della passione in giro), studiare per un dottorato, fare un qualche volontariato, che in Olanda la gente nuova la conosci solo se ci fai qualcosa insieme e se non ne incontri abbastanza al lavoro, ti metti a fare qualcosa per socializzare.

Una cosa molto tipica sono le uscite tra amici, che tanto li vedi solo previo appuntamento preso almeno 3 settimane prima, che qui tutti hanno i loro ritmi e i loro impegni fissi, e siccome gli olandesi amano l’ ordine e la regolarità spesso anche queste diventano appuntamenti fissi.

Per esempio figlio 2 sabato è stato a un compleanno di maschi, con tutta una serie di padri e zii da fare da accompagnatori. “Si, mi spiegava la madre, perché mia cognata tutti gli anni in questo periodo si fa il weekend di shopping con le amiche e a questo giro sono andate ad Anversa, per cui ogni volta mio fratello viene da solo a dare una mano con il compleanno di mio figlio”. Certo, se con le amiche hai questo periodo fisso, è inamovibile anche se poi nella vita ti ritrovi un marito dotato di nipote che fa il compleanno.

Che a proposito di uscite e di attività comuni per socializzare, il mio periodo delle migliori cene fuori è stato quando ero nella commissione genitori all’asilo, tutte madri, chevvelodicoaffà, al massimo a scuola ritrovi qualche padre a fare da tesoriere, e siccome ci eravamo molto simpatiche ogni 6 settimane avevamo iniziato ad andarcene a cena fuori per testare i ristoranti recensiti. Che con i figli piccoli e il lavoro una pausa di respiro ci vuole e farla in gruppo aiuta a non metterla in secondo piano.

Ma ci sono miei amici che per esempio si prendono una settimana di vacanze separati, tipo lui che da vent’anni si fa la settimana bianca fissa da solo con il cugino (e poi segue per la settimana successiva il resto della santa casa che lo raggiunge) e lei che appunto va a farsi i suoi giri con le amiche o la madre e le sorelle, (io invece scappo in Italia da sola e mi invento la qualunque per la gioia di non avere palle al piede).

Ora, se io penso a tutto questo, mi tornano in mente le mie colleghe di università a Groningen, tanti e tanti anni fa che mi facevano le donne emancipate, loro si che non erano schiave dell’uomo come le italiane, loro si che avevano il diritto di sbronzarsi in birreria e raccattare ogni sera un tipo diverso senza sentirsi dare della troia – di fatto se frequenti solo e sempre la stessa birreria dopo un po’ qualcosa alle spalle te la cominciano pure a dire, vai tranquilla – loro si che se volevano convivere con il ragazzo i padri non avevano niente da dire (visto che vivevano delle borse di studio il padre non dovendole finanziare aveva magari meno argomenti per imporre i suoi pareri), loro si che se volevano fare un figlio da sole non dipendevano da nessuno (e questo dei sussidi alle madri single, anche se ormai i sussidi non sono più quello che erano una volta, sono una lancia che mi sento di spezzare, anche perché in genere non sono le quindicenni senza voglia di fare un tubo nella vita che si fanno mettere incinte per avere casa e sussidio per fatti loro come accade spesso in altri paesi, ma sono anche le divorziate che non debbono dipendere dall’ex e hanno una serie di supporti pubblici. Cosa ottima in quei casi in cui possono rifarsi una vita anche se hanno figli piccoli, e talvolta traumatizzati, da seguire e che quindi non gli permettono di cercarsi un lavoro full-time per mantenersi entrambi).

[quote]Insomma a suo tempo e anche adesso a me veniva da dire: a che mi serve essere libera di sbronzarmi come un marinaio se in questo paese fino a quasi gli anni ’80 le maestre quando si sposavano dovevano licenziarsi sennò chi glieli guardava i figli? L’ emancipazione è un fatto di costume o di libertà nelle cose che contano? E quali sono le cose che contano?

Be, intanto l’autonomia economica da un uomo, padre o (ex)marito che sia mi sembra un bel primo passo, ben venga lo stato quando serve, che la gente fa pure più figli.  Fa più figli anche quando gli stipendi sono abbastanza buoni da far stare a casa la madre per risparmiare sull’asilo e allora già che ci sei in genere di figli tendi a farne due o tre, per ammortizzare le spese iniziali. Ma tutta questa cultura della madre che smette o riduce il lavoro per i primi anni dei figli resta una cosa che pagano solo loro, che avranno un buco di carriera, non arriveranno mai più a prendere lo stesso stipendio che avrebbero maturato se avessero continuato a lavorare e che se per caso divorziano restano a piedi, perchè loro sono quelle che hanno investito nella famiglia e gli uomini nella carriera. Non a caso molte laureate approfittano della pausa figli per mettersi in proprio quando capiscono che così è l’unico modo per non rimetterci in introiti e competenze e gestirsi meglio i tempi pubblico-privato. Che certe volte queste aziende hanno un tale successo che anche il pater familias si licenzia per lavorare con la moglie. E se va male, non è un dramma, ti trovi un altro lavoro.

Alcune lodevoli eccezioni ci sono, il mio mito è Femke Halsema, nominata segretario del partito, che dopo batoste elettorali è riuscita a tirarlo su, il tutto quando aveva appena avuto due gemelli di cui uno anche un po’ complesso e insonne. Il marito si è messo subito a part-time per seguire i bambini e lei arrivava la mattina in parlamento con le occhiaie fino al mento, due borsoni di carte che si era studiata e combattiva come sempre. Finita la legislazione si è ritirata. Normale, lo ha fatto anche Wouter Bos, ex ministro delle finanze ai tempi della crisi delle banche, che a un certo punto, e dopo essere stato maltrattato in tutti i modi dal partito di governo che alla fine se lo è dovuto mettere in coalizione per salvare la baracca, ha mollato la politica adducendo le cure per i figli da seguire adesso che hanno bisogno di lui. O Job Cohen, ex sindaco di Amsterdam e candidato premier alle ultime elezioni, che quando appunto è diventato sindaco (che qui è nominato dal partito che vince le amministrative, non eletto) lo ha fatto rinunciando a un posto da ministro a causa della salute della moglie e per non costringerla a traslocare all’Aja e starle comunque il più possibile accanto.

Nelle città nidi e doposcuola ci sono anche se sono cari ammazzati, ma ci sono anche le ludoteche per i bambini dai 3 ai 4 anni che ancora non vanno a scuola, dove la madre può mollarli per quel paio d’ore una o due volte a settimana a giocare intanto che fa qualcos’altro. Ci sono tante attività per bambini low cost, per cui anche se vivi del sussidio tuo figlio a sport o a prendersi libri e film in biblioteca ci può sempre andare. E ci sono le scuole che hanno sempre qualcosa da far fare a quelle madri che per convinzione decidono di non lavorare per dedicarsi ai figli. La mia vicina, madre di quattro figlie, da quando la conosco manda praticamente avanti da sola il 60% delle attività extra della scuola, dalle gite e feste al coordinamento della sorveglianza a ora di pranzo (si, per fortuna da un paio d’ anni non tocca più riprendersi i figli da scuola tra le 12 e le 13, li lasci lì e i volontari che sorvegliano ricevono un piccolo rimborso spese). Ogni volta dice che ne ha abbastanza e che se mollasse la scuola potrebbe per esempio prendersi un master.

Si, la madre olandese ha il suo tempo per fare le sue belle cosine, uscire con le amiche, prendersi il caffè con l’ex senza essere massacrata per troppo amore dal legittimo in corso, andare in vacanza, fosse pure un weekend con la squadra di hockey o di shopping, o di mostre, lavorare al proprio sviluppo umano rimettendosi a studiare (una mia collega si è iscritta a legge part time quando la figlia è entrata alle superiori e io ancora sono meravigliata del coraggio di prendersi un impegno di studio di 8-9 anni dopo i quaranta , senza contare le tasse).

Sarà che ha ragione un mio collega molto sardo che quando ha sentito che me ne andavo in Italia con i figli senza marito mi ha fatto:
“Ah, ma allora tuo marito è liberale, ti fa andare da sola, per questo ti sei sposata un olandese?”

[quote1]Ma, mi sa proprio di si. In fondo che c’ è di male a fare l’ autostop con l’ emancipazione altrui?
Anche se, lo dico onestamente, io ancora non l’ ho capito bene quanto sono emancipate queste olandesi, ma intanto penso ad emanciparmi io.

– di Mammamsterdam

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30 thoughts on “Ma che cos’ è questa emancipazione?”

  1. Per quanto sicuramente la grammatica sia importante e sia utile e lodevole cercare di esprimersi in un italiano il più possibile corretto,per quanto mi riguarda,volendo dare una mia opinione in qualità di lettrice,io tendo a dare più importanza ai “contenuti” ^_^
    Di solito,pur considerandomi discretamente capace di scrivere “bene”,quando esprimo le mie emozioni,quando sono visceralmente coinvolta,quando sfogo la mia anima su mio blog (anche io ne uno),quando assorbo le storie di altri i navigo in questo blog,dimentico la “forma” e affogo nella “sostanza” e ti dirò… “Naufragar me’ dolce in questo mare…” 🙂
    Detto questo,rispetto ogni punto di vista.
    Saluti a tutti
    kusjes!

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  2. Oddio, leggere Mammamsterdam come si fanno gli esercizi spirituali mi fa quasi paura, oltre a lusingarmi. Mi rendo conto che dovrei veramente cominciare a gestirmi i “che”, ricordo che quando abbiamo corretto le bozze di Statale 17 Maura me ne ha tolto qualche chilo, ma solo quelli superflui, quindi si, Francesca, hai fatto benissimo a ricordarmelo.
    Sul linguaggio dei nuovi media le discussioni ci sono, io da linguista posso dirti che la diatriba tra grammatici prescrittivi e grammatici descrittivi è vecchia quanto i filosofi greci. Io però non descrivo e non prescrivo, mi limito a scrivere e questa occasione mi permette di riflettere su come farlo.
    In realtà è vero, in un blog non è permesso di tutto, non è twitter o facebook, per dire, ed è vero che un periodare semplice si legge in modo più scorrevole e si capisce meglio. Il mio problema è che io a leggere certi blog scritti tanto bene e chiarissimi mi addormento dalla noia, mi diverto troppo a leggere blogger che dicono cose sante avvolgendole nella salsa della sfida alle mie capacità intellettive, e come dicevo prima, avrei paura di far torto a chi mi legge in questo modo.
    Però sono sicura che senza censurarmi riuscirò a trovare la misura aurea. In fondo mi sto spostando or ora su una nuova piattaforma che vorrei gestire diversamente, è il momento giusto per chiederselo.

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  3. Io non avevo intenzione e non ho le qualifiche per fare la maestrina e tantomeno voglio adesso dirottare l’argomento del blog parlando di grammatica. Dico solo che trovo periodi lunghi appesantiti da sottosubordinate di subordinate ( secondo paragrafo del post ad es.) molto faticosi da leggere, nello stesso paragrafo un paio di “che” andrebbero sostituiti con “chè”. Comunque, certo, qui si dovrebbe aprire una discussione sul linguaggio dei nuovi media. Immagino che in un blog sia permesso tutto e che il linguaggio colloquiale metta più a proprio agio i lettori. Però un blog potrebbe anche essere una buona occasione per diffondere una “bella” lingua, in controcorrente con TV e certi giornali.
    Per “troppo colloquiale” intendo che usa espressioni tipiche del linguaggio parlato (termini dialettali per es.)in misura così estesa da non risultare più solo “una concessione dell’autore”.
    Io non so cosa significhi che la lingua italiana “possa essere messa alla prova”!!come i futuristi?? Io non so e mi scuso con la scrittrice professionista, che ne sa senz’altro più di me, dico solo che un testo scritto bene si legge con maggiore piacere ed è più facile da capire.

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  4. Eh, no però! Io ogni volta che mi accingo a leggere Mammamsterdam mi preparo, mi concentro, svuoto la mente da pensieri alternativi, prendo fiato e, via, mi immergo!
    Adoro le sue derive, in suoi giri immensi che poi ritornano. La trovo impetuosa, come parlare con un’amica un po’ logorroica che ha un sacco di cose da raccontare. E poi la lingua italiana può anche essere messa alla prova, per sondarne i limiti, tentando esperienze stilistiche… estreme!
    Mica si può censurare Mammamsterdam!

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  5. Francesca, mi fa molto piacere che sollevi la questione perché è un dubbio che, quando scrivo per altri, mi pongo. Immagino che nella presentazione, quando si fa riferimento al mio tipico modo di dire le cose, a questo ci si riferisca. Però visto che ogni volta lo chiedo e Silvia e Serena non mi censurano, immagino a loro vada bene così.

    Due cose però le devo precisare: io MI IMPEGNO a scrivere così, è uno stile che ci ho messo anni di blogging a sviluppare.Il ‘troppo’ colloquiale poi permettimi, troppo rispetto a cosa? Come in tutto nella vita noi ci facciamo delle aspettative ed è ovvio che come scrittrice professionista (questo sono da vent’ anni, quando mi pagano scrivo esattamente come vuole il cliente) il problema me lo ponga.
    Però i lettori li rispetto presumendo che sappiano leggere e che quindi ce la facciano a seguire i miei equilibrismi tra le derivate. Forse mi sbaglio, quindi, ripeto, lo trovo un commento molto utile perché mi permette di chiedere in pubblico qui: volete che cambi? Preferite che mi trattenga sulle derivate compulsive e i periodi ipotetici? Tolgo qualche congiuntivo che stiamo più tranquilli e ci possiamo magari concentrare sui contenuti? Io qui sono ospite e ci tengo a restarci, quindi ditemi voi.

    E grazie per l’ ispirazione perchè ogni paio d’ anni un commento del genere lo trovo anche da me, adesso ci penso e poi elaborerò lì perché scrivo come scrivo.

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  6. @mammamsterdam: dovresti impegnarti a scrivere un po’ meglio, fai periodi troppo lunghi e parentesi strascicate, il linguaggio è TROPPO colloquiale. Scusate, credo che la lingua italiana vada rispettata (e anche i lettori).

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  7. Bel post. Ho vissuto in Olanda molti anni e ho un marito olandese. Appena arrivata, neolaureata, convinta di trovarmi tra donne “emancipate” come me, rimanevo allibita quando mi criticavano perché dicevo che avrei continuato a lavorare dopo la maternità. Per certi aspetti non ho mai pensato che le donne olandesi fossero molto emancipate, ma è vero che hanno una gran capacità di reinventarsi che in Italia manca. Per quanto riguarda la puericultrice in casa, è un bellissimo servizio, ma come in tutte le cose, bisogna che ti capiti la persona giusta. A me la mia non era piaciuta, faceva solo quello che voleva, era selettiva nelle mansioni da svolgere e ho vissuto l’esperienza come un’invasione dei miei spazi. Sicuramente ero anche giovane e inesperta, ma se non c’è affinità non è piacevole avere in casa una persona estranea per così tante ore in un momento così particolare della tua vita.

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  8. Ok, Olandesina, la mia risposta viscerale che mi sono morsa la lingua perché sono cose delicatissime e io non le ho vissute in prima persona, te l’ ha data Closethedò che ringrazio. Se il tuo maschio alfa le possibilità le avrebbe ma ha questo attaccamento viscerale, è purtroppo una cosa che capisco, conosco e rispetto e la domanda è se non si capisca, conosca e rispetti pure lui, o se vale la pena di fare un tentativo. Perché se magari ci provi a vivere all’ estero puoi scoprire che il lavoro ti da tante di quelle soddisfazioni che indietro non ci torni, ma se la nostalgia è grande, rischi di boicottarti da solo sul lavoro e rinfacciarsi le scelte fondamentali è un grosso guaio.
    Certe risposte te le puoi dare solo tu, capire se vuoi accettare la scommessa di fare un figlio intanto e vedere cosa succede, o tentare l’ estero, perché con la scusa che sono scelte, anche se scelte obbligate, magari sei costretta ad interrogarti su quello che vuoi davvero e cosa sei disposta a tagliare. Forse dovresti parlare con un’ altra mia amica che il figlio l’ ha concepito in Italia e fatto qui a seguito del lavoro del marito, che magari ti sa dire meglio che significa un passo del genere come famiglia in fieri. Insomma, arifatti sentire quando arrivi.

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  9. First of all 🙂 Grazie per le vostre risposte e per i vostri consigli,davvero.. Per quanto riguarda fare un figlio da precaria,la vedo durissima,ora per esempio non sono nemmeno precaria,sono disoccupata da quattro mesi,lavoravo in banca svizzera(UBS che ha sede anche ad Amsterdam),mi sono sempre o quasi sempre occupata di investimenti,risparmio gestito,trading on line,ho cambiato 4 città e sette istituti di credito,sempre contratti con agenzia interinale,sostituzioni di maternità e poi se si liberava un posto assumevano qualche raccomandato senza esperienza o magari qualcuno più giovane per avere gli sgravi fiscali. L’ultimo contratto terminava 4 mesi fa,da due anni ero infine approdata a Firenze,dove vivo,dove ho conosciuto il mio compagno e dove siamo andati a convivere,alla scadenza mi hanno detto che a Firenze non potevo rimanere,che se volevo lavorare dovevo andare a Bologna,con un altro contratto precario,interinale (se resti incinta possono lasciarti a casa subito)per un anno,avanti e indietro non potevo farlo perché questo tipo di banche non ha orario fisso,si resta anche fino alle 19 se serve,straordinari non pagati,aiuti per per l’affitto a Bologna,nessuno,non sono previsti per i precari,avrei dovuto pagare mutuo della casa a Firenze e affitto a Bologna,vedere il mio compagno solo i fine settimana e alla fine non mi garantivo nulla,forse tra un anno a massimo,un altra sostituzione a Milano..dove sono già stata anni fa per sette anni…non ce l’ho fatta più e ho rinunciato. Ho inseguito il lavoro da quando mi sono laureata a 24 anni e alla fine ho un pugno di mosche in mano.. Dopo 4 mesi due giorni fa ho fatto un colloquio per un’altra banca,stessa tipologia della mia,però non so come andrà..certo ho tutta l’esperienza che serve,ma se poi resto incinta?? A loro,non convengo..e poi al colloquio c’erano altre,più giovani,disposte a fare quello che ho fatto io tutti questi anni…in più mi hanno chiesto la disponibilità a coprire tre filiali,girando da una all’altra,ho detto si,ma loro sanno che ho una casa da mandare avanti..ad ogni modo,è sempre una sostituzione di maternità. Sono scoraggiata e delusa. Il mio compagno è ingeniere biomedico e io sono certa che all’estero,in Olanda avrebbe delle possibilità,parliamo entrambi inglese..ma lui ama la sua terra..le sue vigne..la sua Firenze…anche se la vita è sempre più dura e lui non fa il lavoro per cui ha studiato..con uno stipendio,parlando chiaro,ci si vive a malapena in due. Io le ho provate tutte..davvero.nel tempo libero scrivo,anche,racconti,favole..vorrei provare a mandarle a qualche casa editrice ma anche in questo campo è quasi impossibile…
    Ad Aprile torniamo in Olanda,come facciamo praticamente ogni tre mesi e come ogni volta proverò a conviverlo 🙂

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  10. @Olandesina, hai tutto la mia comprensione. Io l’ho fatto. Per anni (11) ho fatto la precaria, mi sono fatta i turni nei weekend al posto delle altre “che io ho il bambino, come faccio, tu non ne hai ti pesa di meno” (chissà perchè questo i padri non lo dicono mai) ripromettendomi che quando avessi avuto il figlio questi discorsi non li avrei mai fatti. Una volta gli ho anche risposto che non avevo il bambino solo perchè non potevo farlo nelle condizioni in cui mi mettevano. Scaduto il contratto al quarto mese di gravidanza, non me l’hanno rinnovato. Quando TopaGigia aveva tre mesi hanno ribandito il mio posto, che era talmente specializzato che non hanno trovato nessuno nel frattempo. Sono andata a parlare con la mia responsabile (che era una di quelle che mi facevano i discorsi di cui sopra) e lei mi ha detto chiaramente che si aspettavano disponibilità di tempo totale, e come facevo con una bambina di tre mesi? Per mille euro al mese di cui 250 se ne andavano solo di benzina, l’ho quasi mandata a quel paese. Ora lavorativamente sto uno schifo, ma la figlia la volevo e sono felicissima di averla fatta. Starei a 1000 euro al mese senza figli, che il momento buono per fare i figli non arriva mai. Se li fai appena ti fanno il contratto a tempo determinato ti sparlano dietro e ti fanno le battutine per tutto il contratto, se li fai quando prendi un TI ti rinfacciano che “ecco come fanno tutte le donne, è meglio tenerle precarie sennò ti fanno tre figli di fila e non le vedi per quattro anni”. Come se fosse colpa nostra e a noi facesse piacere che ricada tutto addosso a noi.
    Forza e coraggio. Mi sento di dirti che se tieni al tuo lavoro e non tanto al figlio, continua a cercare di farti una carriera, ma se al figlio ci tieni non aspettare il momento giusto che tanto ce n’è sempre una. Un abbraccio.

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  11. Olandesina,
    sono la prima ad incoraggiarti ad andare all’estero ma qualora non trovassi quello che cerchi, ti butto una provocazione perche’ ho davvero tante colleghe che hanno posticipato in attesa del posto fisso e sono arrivate a scoprire troppo tardi di avere qualche problema a concepire, e che quando compi 38 anni sei “OUT” per la PMA in Italia (senza figli si sta bene lo stesso voglio dire, ma mi hanno fatto appunto questa confidenza sulla PMA negata, il loro sguardo quando sono rimasta incinta me lo ricordo benissimo, era il mio stesso sguardo prima quando rimanevano incinte le mie amcihe, ero felice per loro ma sentivo anche una fitta dentro).
    Insomma la provocazione è questa: fare un figlio da precaria.
    Lo so è un casino, un bordello e per qualche mese il lavoro te lo puoi scordare perché da incinta e nei primi mesi non ti assume davvero nessuno, ma forse anche no, ho una collega che è stata assunta proprio da chi si è messo una mano sulla coscienza perché dopo 10 anni di precariato lasciarla per strada era davvero ingiusto. E poi il figlio cresce e le possibilità di lavoro ritornano.
    Insomma è una provocazione, per non lasciarsi togliere tutto.

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  12. Olandesina, quanto mi tocca darti ragione. È sempre stato il grosso problema dell’ Italia e probabilmente il motivo fondamentale per cui io ho sempre voluto andarmene. In Olanda almeno ci sono gli ammortizzatori sociali, sempre meno e sempre peggio, vero, perché ormai non se li può permettere più nessuno e vorrei vedere dove arriveremo. E non so neanche quanto forte sia qui la resistenza ad assumere donne in età fertile,

    Certo che in questo momento non so che tipo di lavoro si possa trovare in Olanda, come non so neanche che tipo di qualifiche abbia tu. Un amico sardo che è stato qui per anni vuole tornare adesso, dice di essere pronto anche ad andare a lavorare in un ristorante, per quanto sappia la lingua, abbia molta esperienza e nella vita abbia davvero fatto corsi della qualunque.

    Tu comunque fatti sentire, se vuoi.

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