Li mortacci

gc24desNatale è anche quel periodo nel quale hai tanta voglia di dire parolacce a qualcuno – ma siamo tutti più buoni e non si può fare. Allora prepari li mortacci, e ti sfoghi così.

Nell’accezione romana invocare i morti del prossimo ha due significati ben distinti: o servono a imprecare contro quegli antenati che invece di astenersi hanno generato i membri dell’albero genealogico terminato con l’imbecille che hai davanti, oppure esprimere una piacevole sorpresa tanto inaspettata che piacerebbe festeggiarla anche con i congiunti già defunti, che appunto si invocano.
A Natale spesso la seconda accezione funziona come schermo per la prima.

La specie di biscotto qui descritto è dolce e anche amaro, semplice ma di sorprendente bontà – come l’imprecazione che li battezza: un paradosso di gusto che vi ricorda questa piacevole ambiguità. Alla faccia dell’imbecille che avete davanti.

Stendete una pasta sfoglia rettangolare – è Natale, c’è tanto da fare, comprate quella già pronta, giusto? – e spolveratela con zucchero di canna. Passate di mattarello per far aderire bene lo zucchero, e fate sciogliere in un pentolino una tavoletta di cioccolato fondente, il più amaro possibile secondo il vostro gusto e la vostra voglia d’imprecare (direi 70% minimo).

Ottenuta una pasta morbida, spalmatela calda sulla sfoglia in modo da formare uno spessore il più uniforme possibile, ma non troppo alto. Poi arrotolate la pasta sfoglia, dal lato più lungo, fino a metà; fate lo stesso sull’altro lato, coprite con la pellicola e congelate per qualche minuto, per renderla più facile da tagliare.
Una volta indurito questo doppio rotolo, tagliatelo a fette di circa un centimetro e infornatele per almeno 15 minuti a 180 gradi; scegliete il grado di doratura e di croccantezza – il mio consiglio è di farli più secchi possibile, allungando ancora di qualche minuto la cottura – poi consumateli una volta ritornati freddi.

Li mortacci risulteranno, vista la loro natura paradossale, croccanti ma anche appiccicosi, e una volta messi in bocca tenderanno a impastarvela. Ed è un bene: la tradizione vuole che “li mortacci tua” si pronunci a denti stretti.

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