E´giusto dare la paghetta ai figli?

Siamo in ritardo con la paghetta.
No, non è che abbiamo dimenticato di dare la paghetta al Piccolo Jedi sabato scorso, è che, a quanto pare, siamo in ritardo con i tempi consigliati da ogni pedagogista-psicoerapeuta infantile-pediatra-essere umano di buon senso per elargire una paghetta settimanale a nostro figlio.
Ieri un’amica, anche lei in ritardo (con la paghetta, intendo), mi raccontava che la loro pediatra era rimasta molto stupita che il figlio alla bella età di 7 anni non percepisse regolare paghetta. E la mia amica era anche lei stupita da tale preoccupazione del medico! Aveva portato il figlio per il mal di gola!!!

Dare la paghetta ai figli

Eppure, a pensarci bene, il discorso che le ha fatto la pediatra non è affatto privo di fondamento, anzi, è molto interessante. Riporto il ragionamento.
Già con l’inizio della scuola primaria e quindi con la capacità di contare, è utilissimo che i bambini abbiano dei soldi loro per imparare a gestirli prima possibile e, per questo, in modo più naturale possibile. In seconda elementare non si dovrebbe più tardare a passare un piccolo fisso settimanale ai bambini: la capacità di fare somme e sottrazioni è ben radicata e quindi non dovrebbero avere più difficoltà a regolarsi. In effetti, ho verificato, è così: riconoscono perfettamente le banconote e le monete e sanno comporre una somma oppure sanno calcolare quanto debbono avere di resto.

Il problema, però, è che non conoscono il valore reale di quelle banconote: insomma, sono convinti che con 100 euro si possa comprare una macchina, oppure che un bel gioco è così costoso che nessuno potrà mai arrivare a comprarlo. Non sanno regolarsi. Per questo, secondo il ragionamento della dottoressa, decisamente da condividere, sarebbe questo il momento di fargli sperimentare il valore dei soldi.
Sembrerebbe che degli studi (di cui non trovo traccia precisa, ma ho comunque scovato degli studi della sociologa Emanuela Rinaldi) hanno messo in relazione la capacità di non indebitarsi in modo eccessivo da adulti con la gestione di una paghetta in età molto precoce. Quindi, prima si da la paghetta ai figli, più difficilmente finiranno strozzati dalle banche per via di carte revolving e prestiti capestro! Una bella notizia, no?
Non voglio arrivare a conclusioni tanto dirette, probabilmente non è così semplice, ma sicuramente vedo intorno a me molte persone adulte assolutamente incapaci di gestire il loro budget. Se l’educazione alla paghetta servisse a migliorare le cose, potrebbe essere un buon investimento.

Dagli articoli sulla ricerca (svolta su un campione di circa 2.000 ragazzi della scuola media inferiore) della sociologa Emanuela Rinaldi, estrapolo questi concetti: “L’abitudine al risparmio indica la capacità di essere previdenti nei confronti del futuro. I più giovani sono esposti continuamente a messaggi tv, che parlano di tagli, risparmi, crisi: ne consegue una maggiore attenzione alla gestione e all’utilizzo del denaro” – “ Il 24% dei giovani si ritiene poco consapevole delle proprie spese e con bassa conoscenza economica. Gli adulti sovrastimano la propria capacità finanziaria, a fronte di competenze piuttosto basse. Le nuove generazioni, al contrario, sanno di non sapere. Per questo, sono più disposte a ricevere consigli e informazioni in materia” – “La paghetta deve essere un’occasione di dialogo sull’uso del denaro: per esempio, nelle famiglie in cui la gestione del budget è condivisa, si riducono le occasioni di conflitto padri-figli; nelle altre la conflittualità aumenta“.

E così, dopo essermi documentata sulle teorie sulla paghetta, ho elaborato qualche indicazione:

  • La paghetta è educativa se è adeguata: all’età, alle esigenze e, soprattutto, al reddito familiare. Il bambino o il ragazzo devono essere in grado di stimare le loro possibilità economiche, ma anche quelle dei genitori.
  • La paghetta è educativa se è rigida: stabilire una somma e poi rincalzarla con altre regalìe continue, fa perdere efficacia al contenuto educativo del fisso settimanale.
  • La paghetta è educativa se è utilizzata: ho sentito più di qualcuno dire che, quando il figlio utilizza i suoi soldi per comprare qualcosa, al genitore si stringe il cuore e interviene per pagare. E allora? Dal momento in cui si elargisce la paghetta, bisogna fargliela spendere: stop all’acquisto di piccoli sfizi come figurine, giornaletti e simili con i soldi di mamma e papà.
  • La paghetta è educativa se può essere utilizzata in autonomia: con la loro paghetta i bambini hanno il diritto di sbagliare. La spendono tutta in un minuto e poi sono delusi perchè non avranno niente fino alla prossima settimana? Serve esattamente a quello, il suo compito e farli imparare sulla loro esperienza. la settimana dopo andrà meglio.
    Mi dicono, coloro che hanno i figli più grandini, che dopo le prime paghette spese male, i bambini si organizzano e riescono in breve a fare progetti a lunga scadenza, risparmiando qualche euro a settimana per periodi lunghissimi per comprare un gioco più importante.
  • La paghetta è educativa perchè fa risparmiare: se è vero che ai bambini abituati a gestire la paghetta è più facile spiegare che quel dato oggetto non è possibile comprarlo, perchè troppo costoso o inutile o inadeguato, questa ci aiuterà a gestire i conflitti con i nostri figli sugli acquisti a volte impossibili o improbabili che propongono. E non faccio fatica a credere che sia più facile far ragionare un piccolo gestore di paghetta!
  • La paghetta è più educativa della mancetta: questa aiuta meno ad abituare al risparmio, perchè non permette la programmazione. E poi perchè retribuire piccole incombenze domestiche che dovrebbero essere la normalità?

E così mi sono resa conto che è proprio ora della paghetta… Quindi noi, da sabato prossimo, paghiamo! E voi?

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53 thoughts on “E´giusto dare la paghetta ai figli?”

  1. Angela, a 5 anni sinceramente mi pare che tua figlia non capisce niente di numeri e quantità. Conoscere i numeri è una cosa, capirli è tutt’altra cosa.
    In ogni caso la paghetta non esenta i genitori dall’obbligo di essere presenti, con discrezione ma presenti. Se fai caso, i ragazzi più problematici che si vedono in giro hanno tutti genitori esagerati, assenti (o troppo presenti).
    Quel mensile di cui parli deve essere stato troppo piccolo, se sei stata costretta a tornare al ti-do-quello-di-cui-hai-bisogno. Dovevano darti una cifra proporzionale a quella che ti avevano abituato a spendere. Io avevo cominciato alle medie quando i bisogni erano ancora piccoli e la cifra rispetto ai bisogni era smisurata, ma tenevo tutte le antenne ben alzate. Avevano così imparato a fare progetti a lungo termine per accumulare acquisti impegnativi, a risparmiare in vista di quelli, insomma ad autogestirsi. Ovvio che discutendo eravamo pronti a integrare.

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  2. che meravigliosa discussione! quanti spunti! credo che sia un argomento che in casa dobbiamo cominciare ad affrontare. Le mie sono piccole, 5 e 3 anni, però intravedo già – soprattutto nella grande – la tendenza a dare tutto per scontato. Una piccola paghetta credo la aiuterebbe a capire che il portafoglio non è un pozzo senza fondo, non puoi semplicemente mettere la tessera nel bamcomat e oplà per magia i soldi escono … Mi piacerebbe cominciare a dare 1 euro che mi sembra una cifra giusta per bambine così piccole. Concordo con caiacoconi sll’importanza dell’essere rigorosi dal lato genitori, se si da una regola deve essere quella, sennò si è perso in partenza. Io la paghetta non l’ho mai avuta, se si esclude un limitato periodo dopo aver stressato i miei all’infinito. Mi hanno finalmente concesso un mensile – ero al liceo – ma già dal primo mese ho capito che in realtà seguendo il criterio del “ti do quello di cui hai bisogno” loro mi davano molto di più di quello che potevo permettermi con la paghetta fissa. Sono tornata indetro con la coda tra le gambe.

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  3. @nonnobabysitter: eccome se lo so. Mia figlia mi ha già detto che per il prossimo Natale vuole un giardino!
    Delle volte è più facile esaudire desideri più consumistici!

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  4. Perché sempre solo mamme! Noi nonni abbiamo già provato. Per voi è la prima volta.
    Ho letto delle Winx. A me è capitato di peggio, molto peggio. Mi sono trovato davanti mio figlio con un giornalino di fumetti sado-maso. Quella sera gli ho chiesto di leggerlo anch’io, poi la notte mi sono venuti gli incubi. C’erano alcune pagine di “Il ponte sulla Drina” di Andrich, quelle del palo. Atroce. Condivido i ragionamenti di Daniela: vietare non serve a niente. Serve parlare, condividere, discutere. Per anni. Ho tirato un sospiro solo quando era all’università e mi ha raccontato di uno che non stimava e gli aveva visto un pacco di quei giornalini.
    Il ruolo di direzione? Condivido anche questo, con Daniela. Siamo responsabili noi. I genitori ininfluenti non hanno mai aiutato i figli a crescere. Però c’è modo e modo. Dobbiamo sapere cosa fanno coi soldi, con discrezione, senza fare gli spioni. Piano piano, col rispetto di cui hanno diritto, è chiaro che li condizioni. Il rispetto e la stima devono percepirli prima ancora di imparare a camminare. Se è possibile addestrare un cane, sarà più facile con una persona intelligente! E se una cosa non va ed è urgente, ci si impone senza tentennamenti. La libertà è un po’ come un veleno e bisogna assuefarli un po’ alla volta (cfr Mitridate), perchè non faccia male.
    E Deborah? Alle elementari se non sono geni è difficile che capiscano il valore delle quantità. Quel mio figlio, che era normale, mi aveva chiesto un gioco che costava poco, solo una tredicina di miliardi.

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  5. Daniela, sono d’accordo con te, è la vittoria più grande. Grazie anche per aver portato un esempio pratico e ben riuscito della strategia che illustravo teoricamente qualche commento fa. Penso che ti sia andata bene, intendiamoci una buona dose di fortuna certo non guasta, ma conosciamo bene i nostri figli e sappiamo su quali punti far leva per far vedere loro che quattro idiote in perenni tacchi a spillo e ombelico di fuori non sono esattamente delle eroine dalle quali prendere esempio. O almeno noi abbiamo fatto del nostro meglio per crescerle con altre idee, le nostre figlie.
    Poi ripeto, ti viene fuori una figlia con la vocazione da velina? Ok, prendine atto e amala per quello che è, tanto la ami lo stesso e se non la accetti soffri due volte (e lei di più).

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  6. Deborah, io sono d’accordo con te quasi su tutto. Nel senso che sono d’accordo sulle regole, anche per la paghetta. Indipendenza non vuol dire poter fare ciò che si vuole, né per i grandi né per i piccoli. NOn accetterei che mio marito portasse in casa, seppure con soldi suoi, giochi volgare e violenti per esempio (sto banalizzando) e lo stesso vale (varrà) per loro.

    E odio winx e simili. E anche io ho letto dalla parte delle bambine (quello dopo lo leggerò presto) e l’anti femminista (nel senso di anti condizionamenti femminili) che c’è in me è esplosa.

    Però… però a me vietare fa paura. Mi sono state vietate tante cose da piccola. Le ho volute. Mi è stato detto no al secondo buco al lobo. Nei due anni dopo ne ho fatti 10 (per poi pentirmi, ovvio). Mi è stato detto no alle uscite col ragazzo. Mi sono fatta i week end mentendo e dicendo che andavo dall’amica.

    Ecco, vietare aiuta finché possiamo controllarli, ma noi non possiamo! Le winx non ci sono solo in tv e in edicola, ci sono all’asilo, ci sono dalle amiche. Come i simpson, io non li guardo e non li guarda lei. Poi va dalla vicina e li vedono.

    Ecco, preferisco la battaglia aperta. Vuoi le winx? Va bene. Ma io ti faccio vedere chi sono, te ne parlo, ti dico cosa ne penso. Certo ora è facile, a meno di 6 anni le parole della mamma sono ancora più interessanti di quelle delle amiche. Lei un giornalino delle Winx l’ha avuto, era supereccitata. Io sono inorridita a vederlo (il gioco di “abbina i vestiti” con stivaloni, minigonne, guanti sopra il gomito, pantaloni rockettari… fate voi). E lei… lei si è annoiata. Le ho chiesto se le piacerebbe vestirsi così, le ho ricordato quanto odia solo i collant, quanto sarebbero scomodi quegli stivali a correre. No mamma, non li voglio!

    Ecco, non me l’ha mai più chiesto. In edicola la volta dopo ha voluto un libro di macchine da colorare. E dopo un anno di winx per via delle amiche ora per lei non esistono più. L’ha superato, è andata avanti, e non perché io le nascondo, ma perché ha scelto lei! E penso non ci sia vittoria più grande 😉

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  7. @ Daniela: anche io propendo per paghetta sì , ma con delle regole. E le winx sono solo un esempio, non ne faccio una guerra. Però, soperattutto il mondo femminile, è popolato da quelli che io chiamo “gli sciocchezzai”. Le vogliono crescere sciocche, queste ragazze e , a volte, ci riescono. (Ho appena finito di leggere “Ancora dalla parte delle bambine”, si vede?)
    Quello che intendevo dire, ma in parte avete risolto, è che la famiglia non può assolutamente abdicare al ruolo di direzione, chiamiamolo così, anche quando in via teorica il pupo si può comprare tutto ciò che vuole perchè i soldi sono suoi.
    Ma la paghetta che rende autonomi negli acquisti, mal si concilia con questo ruolo.
    E là sta il mio dubbio. Soprattutto quando si parla di bambini che vanno ancora alla primaria.

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  8. Giulia, ovvio che un figlio è un figlio e me lo tengo com’è, spendaccione o accurato che sia! Le virgolette intendevano proprio quello! Quel che volevo dire è che all’inizio è normale e facile sbagliare, si impara così, no? Sbagliando.

    E comunque è vero che è giusto imparare a usare i soldi, ma anche a riconoscere le responsabilità. E forse a 10/13 anni la responsabilità di mandare a scuola e comprare libri & co è del genitore e non del figlio. Posso insegnargli con l’esempio, comprando io stessa i libri giusti cercando offerte o cose simili. Ma non è questo il mio argomento di prima, quel che volevo dire è che se il figlio capisce al volo e arriva alla fatidica data dell’acquisto libri con abbastanza soldi (per il negozio o il mercatino) va tutto bene, ma se non ci pensa? Se vive alla giornata (come è anche giusto che sia a quell’età, e che diamine, diamogli tempo per pensare al futuro!)? Se arriva al primo giorno di scuola e i libri non li ha e i soldi neanche?

    Ecco, se devo intervenire io prima e spiegargli, allora non c’è il meccanismo del “provi, sbagli, impari e tutto da solo”. Se invece non intervengo, ovviamente non posso mandarlo a scuola senza libri (visto che è responsabilità mia, e non sua) e devo intervenire a rattoppare l’errore.

    Questo intendevo. Con le virgolette ho solo riassunto 😉

    Poi io non mi pongo il problema forse perché ho una figlia che a 5 anni è già fin troppo attenta al valore del denaro. E qui vado contro all’affermazione che oggi i bambini non conoscono il valore dei soldi. Non è vero. Se non la conoscono è perché non c’è in famiglia, e allora si parla di famiglie. Ma io conosco molti bambini che sanno che vuol dire “no, costa troppo”. E comunque… ripeto, lasciamo fare i bambini ai bambini! Il compito di gestire i soldi a 5 anni, e dire si a quel che si può e no a quel che è troppo è mio, conoscere il valore dei soldi a quell’età per me è troppo! Poi ci si lamenta degli adulti troppo attaccati al denaro. Il denaro ha valore, è giusto non dargliene di meno, ma nemmeno troppo. Allo stesso modo penso che da più grandi sia giusto che smettano di chiedere tutto ai genitori, diventino indipendenti nelle loro piccole spese. Ma sono sempre per le vie di mezzo.

    Poi come in ogni cosa… paghetta si, paghetta no, paghetta per tutto, paghetta per gli extra, ogni famiglia è un mondo a sé, non c’è il metodo giusto. Voi non eravate speciali, ma avevate comunque già la capacità di gestire quelle somme di denaro. Un altro ragazzo alla stessa età può non esserlo. Il buon senso non è seguire un metodo, ma trovare IL metodo giusto per chi si ha in casa!

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  9. @Silvia: non credo che siamo stati bravissimi, siamo solo stati abituati gradualmente all’autonomia ed è diverso. Quello che mio padre mi ha sempre trasmesso è che si fidava di noi. Ecco, noi dovevamo meritare quella fiducia con i fatti per poter continuare a godere della nostra autonomia. Era un gioco sottile, ma assolutamente efficace.
    @Deborah: penso anch’io che alle elementari sia assolutamente troppo presto. Penso piuttosto dalle medie, ma molto dipende dal ragazzino.
    @Daniela: scusa se sono polemica, ma cosa vuol dire “il figlio giusto”? un figlio è un figlio e basta, può commettere errori come mangiarsi tutta la paghetta prima di arrivare a comprare i libri di scuola, ma lo si può indirizzare nella “giusta” direzione in mille modi. Gradualmente. Per quanto riguarda i libri, io e mio fratello per esempio facevamo affari d’oro al mercatino dell’usato, vendendo i nostri vecchi e comprandone dai ragazzi più grandi.
    Vi dirò, mio padre non ha mai avuto bisogno di fare la voce grossa o ribadire i limiti. In poco tempo ci siamo autoregolati da soli.
    E vi dirò di più. Di questi tempi i ragazzi sembra che non abbiano più il valore dei soldi. Noi ce l’avevamo fin da giovanissimi. Abbiamo imparato per cosa VALEVA davvero la pena spendere. Per esempio non ci fregava assolutamente nulla di avere il diario all’ultima moda, usavamo l’agenda regalata dalla banca per segnare i compiti, e i soldi che risparmiavamo li usavamo per altro.
    Non so se siamo stati noi “speciali”. In linea di principio mio padre non avrebbe mai messo lingua se avessimo voluto spendere tutta la paghetta in vestiti firmati. Sarebbe stata una nostra scelta e ne avremmo pagato le conseguenze. Sta di fatto che non è mai successo.

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  10. Io ho iniziato a darla a Radiolina il giorno in cui è entrata al liceo (che qui equivale al primo giorno di seconda media). Perchè prima non ne aveva bisogno, nel senso che se doveva comprare qualcosa, o usava le mancette elargite da nonni e zii a Natale, o lo compravo io. Andando al liceo ha iniziato ad andare per negozi da sola durante la pausa pranzo e quindi è naturale che avesse più bisogno dei soldi.
    Ora che è grandina e naturalmente sente anche il bisogno di comprarsi vestiti diversi da quelli che sceglierei io, le ho proposto questa cosa: siccome ha il suo conto corrente sul quale può anche avere un bancomat, le ho proposto di versarle la paghetta sul conto piuttosto che darle i contanti (sono 20 euro al mese), e anche di metterle sullo stesso conto il budget vestiti. Contando che spendo diciamo un pò più di 200 euro all’anno per i vestiti di ognuno (suoi e dei suoi fratelli), le ho quindi proposto di versarle ogni mese i 20 di paghetta e i 20 di vestiti, in modo che possa gestire il tutto da sola. Specificando bene che facendo così io non mi occuperò più di pagarle i vestiti!
    Non so come andrà, ma Radiolina non è mai stata spendacciona e sono sicura che alla fine dell’anno riuscirà anche ad avere qualche risparmio da parte… bisogna anche dire che guadagna pure qualche soldino extra facendo la babysitter, e anche quelli li gestisce bene.
    Farò la stessa cosa con Invasato, ma non sono mica sicura che il risultato sarà uguale! Credo comunque che la paghetta sia utile, però darla a 7 anni mi pare esagerato… Così come credo che non dare la paghetta non voglia per forza dire condannare il figlio ad indebitarsi… come qualcuno ha detto, conta moltissimo l’esempio dei genitori, il valore del denaro si insegna in vari modi, non solo attraverso la paghetta.

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  11. Giulia, sicuramente è il modo migliore per responsabilizzare. Però… ecco, se il figlio non è quello “giusto”? Se arriva il momento di comprare i libri e si è già speso tutto? Non puoi mandarlo a scuola senza… Certo, puoi poi togliergli la paghetta dopo, fargli credito… Ci devo pensare.

    Per quel che riguarda la questione giornalini winx, ecc… Ecco, ci sono regole in casa che non si violano nemmeno con i propri soldi, se un gioco è troppo violento è no e basta. Però se non c’è un motivo più che valido lascerei fare. La guerra alle winx (che io sinceramente non sopporto) come a molte altre cose non serve a molto. Meglio far capire, meglio lasciar comprare quel giornalino, guardarlo con loro e commentarlo. Mia figlia solo qualche giorno fa mi ha detto “bello, voglio rivedere Rapunzel, che non tutte le donne sono sciocche come le principesse delle vecchie fiabe”. E’ stato il risultato di qualche commento qua e là, di domande giuste al momento giusto. Ma per arrivarci ha dovuto leggerle le vecchie fiabe, mica mi avrebbe creduto sulla parola 😉 E così credo sia per tutto, io non censuro, le winx, le parolacce di certe canzoni o film, io spiego, perché possa capire con la testa sua. Spero.

    tutto sempre fino a un certo limite. Se le vieto il nintendo (che mi ha chiesto vedendolo alla cuginetta) perché credo sia troppo piccola per rovinarsi gli occhi su quel coso piccolo, è no anche se i soldi sono suoi! Non è un fatto di poter comprare, è un fatto che in casa nostra ci sono regole che dicono così.

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  12. @Giulia:questa è una soluzione che mi piace assai. Ma forse l’età giusta per iniziare va oltre le elementari.

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  13. Ciao a tutte, vi segnalo l’ottima iniziativa di Nonnoprof (mio padre) con me e mio fratello sul tema paghetta. Abbiamo iniziato a ricevere la paghetta mensile da quando eravamo alle medie. Ed era una somma consistente, rispetto a quella dei nostri coetanei. Prendevamo sulle 200.000 lire, ed erano gli anni Novanta. Il fatto è che con quei soldi dovevamo fare tutto, ma proprio TUTTO. Compreso comprare i libri di testo per la scuola, i vestiti, i regali per gli amici. Lui non ci metteva assolutamente lingua, potevamo gestirli come volevamo. Ma non era concesso nessun extra. In questo modo mio padre ci ha abituato da subito a gestire il denaro in autonomia, a risparmiare dove possibile, per esempio in vista di spese consistenti tipo vacanze o altro. Avevamo un regolare conto in banca, potevamo prelevare con bancomat e godere di un’autonomia impensabile per i nostri coetanei. A 15 anni potevamo già andare in vacanza da soli, senza chiedere un euro a mamma e papà. In realtà ce li avevano già dati, ma vuoi mettere la soddisfazione di “cavarsela” da soli? Se avevamo bisogno di più soldi, dovevamo arrangiarci, trovare un lavoretto o cose simili, fuori casa però. Non abbiamo mai ricevuto un euro per aiutare in casa, era scontato che lo facessimo gratis. Con l’evolvere delle esigenze è aumentata anche la paghetta. Per esempio all’Università invece che darci un tanto al mese, mio padre ci faceva un versamento annuale calcolando più o meno quanto dovevamo spendere tra affitto, libri e spesa quotidiana. E noi ci gestivamo il gruzzolo allo stesso modo di prima. E doveva bastare per tutto l’anno.
    Credetemi. E’ stata una palestra veramente importante per noi.
    E’ un metodo che adotterò anche con i miei figli, non ho ancora deciso quando potrei iniziare (ora hanno 1 e 3 anni), ma di sicuro lo farò.

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  14. @deborah, vorrei essere corente con me stessa al 100% e dirti che se coi soldi della paghetta mia figlia si comprasse il giornalino delle Winx buon per lei, ma non so se ce la faccio… Si, devo farcela. Resta da sperare che nel giro di qualche settimana cominci a pensare che c’è di meglio delle winx da comprare e preferisca da sola altro, ma se così non fosse forse ci sarebbe solo da prendere atto del fatto che forse tua figlia non è come te la immaginavi, e lavorare sull’accettazione di una fan delle Winx. Oddio, spero non mi succeda, pacca sulla spalla a te, intanto.
    Forse potreste parlarne insieme davanti al giornaletto, le potresti dire che non pensi sia educativo e spiegarle perchè e darle delle idee su altre cose da fare coi suoi soldi, ma senza cercare di convincerla (non funzionerebbe, è accertato). Se perseverasse… penso cercherei di accettarla, si.

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