Intervista ad una mamma con una tessera ingressi

Oggi diamo la parola ad una mamma extra di due bambine, Anita di 12 anni e Emma di 9 anni.
Extramamma ci racconta con la dolcezza di chi ormai ha superato il problema, il diverso rapporto delle sue bimbe con il sonno, di come possa essere facilissimo con una e penoso con l’altra, ma soprattutto di come limitare l’accesso al lettone usando una tessera di ingressi!

Ci si sente dire in continuazione che i bambini sono tutti diversi. Quale è stato il rapporto delle tue figlie con il sonno nei primi anni?
Anita, la maggiore che oggi ha 12 anni, ha cominciato a dormire tutta la notte già alla fine del secondo mese, nonostante fosse allattata al seno. Di solito il latte materno è più leggero di quello artificiale e i bambini tendono a risvegliarsi a metà notte per la fame, ma lei no. Un sogno. Forse è successo perchè ero piuttosto rigida negli orari di allattamento diurno e la svegliavo quando “era ora”. Con Emma, quasi 9 anni, è stato invece un incubo. Anche lei allattata al seno, ma si è sempre svegliata almeno una volta. Fino al suo terzo compleanno non mi ha dato tregua. Prima la attaccavo al seno poi le mettevo in mano il biberon. Avevo anche pensato quando era più grande di lasciarglielo a fianco a mo’ di self-service. Ma non sono mai arrivata a tanto, comunque ero sfinita.
Alcune notti mentre la cullavo per consolarmi pensavo alle disastrose storie sentimentali delle mie amiche single, però alla fine non serviva. In fondo, le invidiavo perchè loro almeno la notte potevano dormire: forse non avevano fidanzati ma neppure bebè urlanti da sedare.

E ora che sono grandi, mantengono lo stesso rapporto con il sonno?
Sì. Anita è un ghiro che nei fine settimana ronfa fino alle 13 se non la sveglio. Emma, adesso dorme di più ma, fra le due, è sempre la prima a svegliarsi.

Lettone, lettino, stanza propria: di che partito fai parte?
In teoria sono una sostenitrice del lettino: ognuno nel suo. Nella pratica sono scesa a molti compromessi, per comodità nei momenti di emergenza. Come tutti. Ma anche per voglia di affetto e tenerezza. Molto spesso avere un piccolo compagno/a fra le coperte è dolcissimo e consolatorio anche per i genitori. Da noi, quando erano più piccole ci sono stati molti “trasporti notturni” si addormentavano nel lettone e poi venivano riportate nel loro territorio. Quando sono malate il lettone è una grande medicina. Quando Emma viene a dormire con me, il pacchetto accoglienza comprende anche il suo pupazzo preferito: un grosso ranocchio che, suo malgrado, è un po’ troppo invadente.

Il tema del sonno, è tra i più scottanti, e porta a delle vere e proprie guerre di opinione.
Sembra quasi che scegliere un metodo piuttosto che un altro possa portare a delle conseguenze indicibili per il bambino, molto più di questioni relative ai metodi educativi.

Questa storia delle conseguenze non mi convince molto. Quando il bambino è ancora piccolo non condivido i metodi di addomesticamento proposti dai vari manuali: penso che sia crudele lasciare piangere un neonato “tot” minuti prima di prenderlo in braccio e aumentare la dose giorno per giorno, fino a fargli comprendere quanto sia inutile piangere. Questo può essere traumatico. I piccoli hanno bisogno di attenzione, facendo loro le coccole non li si vizia ma si risponde solo ai loro bisogni emotivi. Non ho mai lasciato piangere Emma, ma magari se si risvegliava e faceva due versetti, prima di correre da lei aspettavo un attimo per capire se per caso non fosse un lamento momentaneo piuttosto che un vero e proprio risveglio. (Putroppo nel 98% dei casi era un risveglio). Ma quando un bambino arriva ai 18 mesi può capire che deve addormentarsi da solo e penso che il dovere dei genitori sia quello di dargli, durante il giorno, tutto l’amore necessario per farlo sentire sufficientemente sereno da addormentarsi nel lettino, con il ciuccio, i pupazzi, la ninna nanna, la favola, la lucina…qualsiasi accessorio e rito che accompagni il momento del sonno. Farlo dormire nel lettone come regola accelera i tempi e si può fare quando ci sono delle emergenze, delle occasioni speciali, ecc. Ma non credo sia un ottimo metodo educativo. Poi c’è il discorso che riguarda il legame di coppia: spesso il piccolo nel lettone èanche un po’ un alibi per chi non vuole troppa intimità coniugale.

Quali pensi siano le ragioni dietro queste forti reazioni?
I genitori sono particolarmente sensibili e permalosi su questo tema perchè si sentono giudicati. Anche chi è al 100% a favore del co-sleeping in fondo pensa che qualcuno lo possa criticare e per questo si irrita anche preventivamente. Poi la mancanza di sonno rende particolarmente nervosi e quindi discutere con una mamma che non dorme da un paio d’anni e dirle che non deve dare un antistaminico al proprio figlio per regalarsi qualche notte tranquilla può essere pericoloso!

Ma hai veramente introdotto la tessera con gli ingressi? Come è andata?
E’ vero l’ho fatto quando Emma aveva tre anni e Anita sei, vivevamo lontane da mio marito che lavorava in un’altra città e tornava solo nel fine settimana. Ci eravamo trasferiti in provincia ed è stato un fiasco completo. Ero molto triste, annoiata e isolata. Avevo cominciato anche a dormire male e a soffrire d’insonnia. Avere le bambine vicino mi rassicurava molto. Le strumentalizzavo: erano i miei pupazzi, mi regalavano serenità. Però non volevo confessarlo così apertamente. Loro, d’altro canto erano felici di dormire con me e litigavano per aggiudicarsene il diritto. Allora ho disegnato due tesserine con dieci ingressi per ciascuna. Ogni volta, timbravo l’ingresso disegnando un cuoricino. Emma si è sparata subito nove ingressi, Anita glielo rimprovera ancor oggi.
Poi, abbiamo deciso di tornare a vivere a Milano e ho re-imparato a dormire da sola!

Ci lasci un messaggio di fiducia e qualche consiglio per i neo-genitori affetti da sindrome da “privazione del sonno”?
Con i bambini più grandicelli, un errore classico da evitare è prolungare il sonnellino pomeridiano del bambino. Se alla notte non dorme è meglio sacrificare la nanna diurna e puntare tutto, coraggiosamente, sulla notte. Poi, farlo stancare il più possibile durante il giorno con giochi e movimento. A livello psicologico invece bisogna inventarsi e attenersi a un buon rito della buona notte. E’ un po’ noioso, ma a lungo andare dà i suoi risultati. Se si abbrevia o si salta si paga con gli interessi! Con i neonati è purtroppo, molto più difficile, bisogna mantenere la calma, perchè più i genitori sono stressati più i bebè assimilano e rispondono con i loro mezzi…letali. L’unica via di scampo è mettersi d’accordo con il proprio compagno e fare i turni, una notte o una settimana a testa.
E tener duro fino ai tre anni! (Il tempo vola, più o meno)

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