Intervista a Chiaradinome: il bambino che morde(va)

Dopo questo post sui bambini che mordono, oltre alle mie riflessioni e alla mia mia esperienza, vorrei farvi conoscere anche quella di Chiaradinome, che è stata, come me “mamma di morsicatore”.
Chiara, oltre a essere una blogger brillante, è una “talent blog scout”: una vera promotrice dei siti e blog che le piacciono, al punto che ha creato i Bogo approved blog, i blog col bollino!
Da persona comunicativa, quale è, è riuscita a instaurare un rapporto costruttivo con le educatrici del nido, per aiutare Rocco a togliersi l’abitudine di mordere.

Quando Rocco ha iniziato a mordere?
Rocco ha cominciato a mordere, e in generale a essere aggressivo con gli altri bambini del nido, qualche mese dopo la nascita della sorellina, intorno ai due anni. C’è da dire che lo faceva anche con noi genitori: all’improvviso, da bambino placido e pacioccone si è trasformato in una macchina da guerra che si scatenava contro ogni “avversità”, un “no” di troppo, un bambino che gli prendeva un gioco, un’attività che non gli piaceva.

Quali sono state le vostre reazioni di genitori, le vostre preoccupazioni e le reazioni dei genitori dei bambini “vittima” del morsicatore?
Dopo lo smarrimento iniziale e la consapevolezza che questo cambio di rotta fosse dovuto sicuramente alla gelosia per la nuova nata, abbiamo cercato di andargli incontro, “ammorbidendo” un po’ le regole, provando a parlargli e riservandogli degli spazi solo per lui. Se a casa la situazione era un po’ più gestibile, lo stesso non si poteva dire per il nido e in generale durante le frequentazioni con altri bambini: per questo ho rinunciato per molto tempo a incontrare alcune amiche con figli per evitarmi lo stress di tenerlo sempre d’occhio che non facesse del male a qulacuno. E devo dire che anche loro si tenevamo alla larga! Con gli altri genitori del nido non ho avuto riscontri, perché lì la politica è sempre stata di non “denunciare” i bambini aggressivi: le educatrici dicevano “il bambino è stato morso o ha litigato con un altro bambino” ma non hanno mai fatto nomi, forse per non creare il caso umano da cui tenersi alla larga…

L’aiuto delle educatrici: quali sono state le strategie concordate e messe in atto?
L’educatrice di Rocco al tempo era una donna fantastica, molto comprensiva, affettuosa e competente. Quando l’aggressività cominciò a essere sempre meno gestibile mi chiamò al telefono e convocò me e mio marito per un colloquio. Ricorderò sempre le sue parole: “Vorrei vedervi per parlare di Rocco e per concordare insieme un modo per AIUTARLO A STARE BENE con gli altri bambini”. Ho apprezzato il fatto che non ci abbia detto “cerchiamo di risolvere il problema” e che non ci abbia in nessun modo fatto sentire dei genitori incapaci. La strategia concordata fu: se mordeva al nido, l’educatrice l’avrebbe preso in disparte e tranquillizzato, poi l’avrebbe fatto sedere da una parte “a fare i pensierini” oppure l’avrebbe mandato in un’altra sezione (quella dei piccoli, dove lui non si sentiva forse minacciato ma comunque dove viveva la frustrazione di fare giochi da piccoli – ancora oggi dice “mamma se non fai la brava ti mando dai piccoli); a casa, contenimento, spazio esclusivo per sè con uno o entrambi i genitori, giochi in cui potesse sfogarsi (all’aperto oppure con oggetti che poteva spaccare o manipolare senza timore, con terra, sassi, ruspe) alternati a momenti di rilassamento con libri da leggere e coccole. Ci suggerì anche i fiori di Bach che gli ho somministrato fiduciosa ma con poca costanza, quindi non posso dire se abbiano influito in qualche modo.

Quando ha smesso?
Ha smesso con i morsi intorno ai due anni e mezzo, l’aggressività invece si è attenuata ma non è sparita del tutto. C’è da tenere in conto anche che lui è molto grande fisicamente (110 cm a tre anni e mezzo) e ha una forza che non riesce ovviamente a dosare. Ancora oggi ha dei momenti di grande affetto con la sorellina cui seguono delle sessioni di schiaffi (solo che lei adesso ha cominciato a renderglieli) oppure con i bambini diventa aggressivo se ci sono i suoi giochi preferiti di mezzo. Le educatrici ci avevano consigliato a fine nido di fargli fare psicomotricità per incanalare questa fisicità così energica: abbiamo appena cominciato un corso in gruppo e mi sembra di vedere qualche risultato, se non altro perché alla fine dell’ora è stanchissimo.
Abbiamo capito che ci vuole tantissima pazienza, ma davvero tantissima, che dobbiamo dargli lo spazio e il tempo per far passare questa fase ma adesso che ha imparato a esprimere le sue emozioni anche a parole il percorso sembra più facile e soddisfacente.

Ma tu, da mamma del morsicatore, come ti sei sentita?
Frustrata, incapace, sfigata, preoccupata.
Piena di interrogativi: perché gli altri bambini giocano insieme o tutt’al più si ignorano e il mio invece morde? Perché non riesco a fargli capire il male che provoca? Perché tutta questa rabbia?
Piena, ovviamente, di sensi di colpa: per aver avuto una seconda figlia che ha scombussolato l’equilibrio di Rocco; per non essere abbastanza presente; per non riuscire a farmi ascoltare; per aver perso la pazienza mille volte.
Ho la fortuna, però, di avere un marito che tarpa le ali ai miei sensi di colpa di mamma, che mi incoraggia e ha la grande capacità di tirare le fila della giornata in modo lucido e incredibilmente imparziale: lui riesce a tirare fuori il buono che c’è stato e ad analizzare i comportamenti che abbiamo sbagliato, dando slancio a tutti i nostri sforzi.
Questa storia è servita a noi genitori per rafforzarci e a me, mamma, ha cambiato lo sguardi nei confronti degli altri bambini: se prima pensavo che i bambini aggressivi lo fossero per colpa dei genitori, che non erano in grado di esercitare l’autorvolezza, oggi vedo in questo comportamento la difficoltà della crescita e dell’educazione nel quotidiano. Non giudico più perché so cosa significa essere una mamma giudicata da chi non sa.

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31 thoughts on “Intervista a Chiaradinome: il bambino che morde(va)”

  1. @Ema, verbalizzare e teorizzare una cosa è un conto, capirla anche solo a grandi linee un altro. Il concetto si causa efficiente e causa finale è giusto studiarlo e capirlo alle elementari, ma qualunque bambino sa ben prima che se tocchi i fornelli ti bruci, specialmente se l’ha provato.
    La mia esperienza di madre (ma qui la cosa potrebbe dipendere dal carattere di mia figlia, e non essere vera per tutti) è che i concetti che ha interiorizzato meglio sono quelli con cui è venuta a contatto poco prima di poterli capire, e li ha capiti diciamo parallelamente allo sviluppo del suo cervello. Per esempio, ho cominciato a spiegarle qando era stanca o nervosa intorno ai 18 mesi, poi la prima sera che abbiamo dormito nella casa nuova dopo il trasloco, a due anni e 3 mesi, lei di botto mi ha dichiarato “sono nevvosa della casa nuova” ed era effettivamente agitata. Qualche giorno fa mi ha dichiarato che un suo compagno di scuola piange spesso perchè “vuole la mamma, è nervoso e gli manca la sua mamma perchè è nata la sorellina e lui vorrebbe stare a casa con la mamma e la sorellina invece di venire a scuola”. Ora, qui potrebbe aver sentito qualche adulto parlare, ma il lessico è decisamente il suo.
    Con il tuo ragionamento si rischia il contrario: non azzeccare il momento giusto per spiegare un concetto e dover poi “rincorrere” il bambino e aggiustare la sua rotta.

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  2. E’ chiaro che con i bambini si parla e si danno loro indicazioni di principio e si dice cosa si fa a cosa non si fa.
    Ed è parimente evidente che i bambini imparano a parlare e usano le parole e le frasi che hanno ascoltato e imparato.
    Ma il mio discorso era un altro ovvero che si rischia spesso (o quasi sempre) di credere che il bambino capisca più di ciò che è in grado di capire per la fase di sviluppo in cui si trova.
    Se fosse così semplice acquisire certi concetti non sarebbe necessario fare determinate attività e riflessioni alle elementari per fare acquisire, ad esempio, i concetti di causa efficiente e di causa finale.

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  3. voglio anch’io quella maglietta 😉
    @ema, non sono d’accordo. Il mio piccolo (2 anni e mezzo) non parla benissimo (sua sorella alla sua età parlava come noi) però si fa capire benissimo ed è capacissimo di capire che certe cose si fanno e non si fanno, non vedo perchè non va bene suggerirgli di rispondere “non fare così che mi fai la bua” ma ad esempio è assolutamente normale dirgli di “non andare sotto i fornelli che ti scotti” “non urlare che gli altri bimbi dormono” etc…
    Se si spiegano le cose è molto più probabile che le facciano loro. Non che sia facile, per carità!
    Mi si insegna che i bambini arrivano ai calci etc perchè non conoscono le parole per esprimere una certa emozione, che più si legge loro e più è probabile che queste parole vengano assimilate e quindi usate al posto di reazioni fisiche. Ho assistito tra l’altro proprio lunedì sera ad un incontro sulle emozioni, dove si parlava dell’intelligenza emotiva (mi prenderò senz’altro il libro omonimo di Daniel Goleman) e a quanto pare nei paesi anglosassoni è una materia scolastica!

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    • @Claudia anche in Svezia l’intelligenza emotiva è materia di insegnamento. Mio figlio ha iniziato già quest’anno (ha 6 anni e qui fanno un anno propedeutico alle elementari), e la fa ogni settimana 🙂

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  4. chapeau per l’intervista, Chiara. Mi piacciono: la gestione delle emozioni (dalle più difficili alle più semplici) dei genitori, il contenimento del bambino “adeguato” al suo sentire e alle sue capacità ma soprattutto questa chiusa “Non giudico più perché so cosa significa essere una mamma giudicata da chi non sa.”
    (che vale per mille e mille comportamenti di bambini: è sempre brutto incontrare il giudizio).

    Brave e grazie per gli spunti!
    silvietta

    ps ora aspetto la linea magliette gc&bogo “Non giudico più perché so cosa significa essere una mamma giudicata da chi non sa”

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  5. Certo ci vuole un’attenta osservazione per valutare il significato dal comportamento del bambino per agire nel modo migliore.
    Ma l’osservazione principale che facevo è che troppo spesso si tende ad attribuire significati non adeguati all’età del bambino e di conseguenza a non tenere conto delle capacità cognitive e consapevolezza di sè non ancora raggiunte.
    Vale al nido, alla scuola dell’infanzia, nella primaria e probabilmente anche nella secondaria.

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  6. @Ema, non è così semplice, non per tutti. Ci sono bambini che mordono per esplorazione e altri che mordono chiaramente per rabbia, non tutti i morsi sono uguali. Anche le strategie di dissuasione non possono essere universali, ci sono bambini che accettano di essere presi “di petto” e altri che non lo accettano e reagiscono peggio. Insomma come al solito, secondo me, tutto dipende dal bambino…

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  7. A me sembra che con i bambini si commetta tutti facilmente gli stessi errori: considerarli con capacità superiori alla loro età e paragonare il loro comportamento a quello adulto.
    Mi spiego: un bambino in età da nido ha come modalità conoscitiva di sare la bocca. Assaggia, tasta la consistenza, la temperatura, la superficie con la bocca; lo fa con gli oggetti e con le persone.
    Ovviamente se è agitato o ha difficoltà a regolare la prensione la conoscenza può essere violenta.
    Le reazioni degli altri possono fargli capire cosa è accettato e cosa no.
    Tutti i cuccioli fanno la lotta e quando vengono morsi e sentono male fanno altrettanto finché imparano a dosare i morsi.
    Noi umani attuiamo interventi finalizzati e premeditati che costituisco l’educazione, ma dobbiamo fare ciò che può essere compreso dal bambino.
    Punire a distanza di tempo (anche breve) non permette al bambino di legare la punizione alla causa e all’atto commesso, ma gli fa vivere frustrazione (che per carità non è di per sè negativa, ma non raggiungerà l’obiettivo).
    La reazione degli altri bambini è immediata e aiuta a comprendere il legame causa effetto.
    Pretendere che un bambino di 2 anni reagisca verbalmente e che il coetaneo capisca è pretendere troppo da entrambi e significa educare a subire quello invitato a rispondere a parole.
    Guarda caso chi cerca più spesso di rispondere a parole (perché viene invitata a farlo) è più frequentemente una bambina.

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  8. I miei gemelli si mordono fra loro. Adesso che hanno 2 anni e mezzo credo stiano iniziando a capire di più cosa è sbagliato, e si mordono molto meno.
    Però si spintonano fortissimo…
    Non vanno al nido, ma spero che quando andranno alla materna non abbiano un carattere aggressivo, lo spero proprio.

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  9. Molto bello questo post! Credo però che a volte l’aggressività dei bambini si manifesti anche perché i genitori non intervengono per gestirla o anzi la incoraggiano.
    Purtroppo non tutti i genitori hanno la sensibilità e la maturità per capire che essere aggressivi è sbagliato, e la pazienza per farlo caire ai figli. Moltissime volte mi hanno suggerito di dire mia figlia di picchiare se litigava con qualche bambino, mentre io le dico di chiamare la maestra…
    Di recente mio nipote è andato ad una festa di compleanno (7-8 anni) e i bambini erano lasciati da soli ai giochi gonfiabili senza supervisione. Volavano calci, morsi e pugni. Mia sorella era l’unica mamma che cercava di tenerli a bada, è sempre attenta perché mio nipote è molto attivo e può combinare guai, ma in confronto agli altri era un angelo. Le altre mamme erano sedute tranquille a parlare perché, a detta loro, “sono bambini e si devono sfogare”.
    Speriamo che le mamme come Chiara (e le educatrici che ha trovato) siano la maggioranza!

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  10. La mia esperienza risale a due decenni fa quando il mio fratellino ha cominciato a mordere sia le persone che le cose; si, mordicchiava i bicchieri (e li rompeva!), i bimbi, i grandi, persino i piedi delle mie barbie. Tutto è cominciato all’arrivo del fratellino; come sono riusciti i miei a convogliare tutta la sua aggressività?? lo hanno iscritto a judo consigliati da un’amica assistente sociale…ha imparato disciplina, a controllare la sua forza…ha funzionato!!

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  11. Bel post!
    I miei figli sono sempre stati aggrediti e non aggressori, almeno con gli altri bambini (con noi genitori o tra di loro è un’altra storia).

    Quando sono tornati con l’orologio mi giravano un pò le balle (fondamentalmente perché non conoscendo mamme non empatizzavo più di tanto) ma ho sempre suggerito ai miei bambini di tenersi alla larga dagli aggressivi, o di rispondere verbalmente, mai con violenze fisiche.

    Anche a me le nonne ansione consigliavamo di sgridare le educatrici, ma non ci ho mai pensato un solo secondo. Ognuno fa il suo mestiere, ognuno il suo ruolo. Queste cose sono normali, è molto bello che i genitori si preoccupino di aiutare il proprio bambino, ho conosciuto bambini aggressivi i cui genitori, a parte urlare, non facevano nulla…

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  12. @Claudia, sono d’accordo con te. TopaGigia è piccola e alquanto frignona, quindi un’ottimo bersaglio per aggressivi emotivi (loro si sfogano, lei strapiange, la situazione viene interrotta e notata da un adulto, lei non è comunque in grado di reagire fisicamente in modo efficace). Quando il papà le ha detto una sera “e se R. ti mena tu picchia lui” io ho sbroccato, nel modo peggiore, davanti a lei… Penso anche io che la cosa migliore sia di essere fermi e dire all’altro bimbo “non si fa, così mi fai male” e in casi più difficili rivolgersi all’adulto di turno. Ed era una strategia educativa concordata col papà, per questo ho sbroccato…
    Però scusate, c’è una cosa che non capisco di questa strategia non colpevolizzante da parte degli asili che non comunicano il nome dell’aggressore (che comunque approvo in pieno, sia chiaro): ma i vostri bambini intorno ai due anni non vi dicono Tizio mi ha morso, Caio mi ha fatto male, Sempronia ha graffiato Mammalucco in faccia? La mia lo fa, e allora la strategia non funziona e può anche essere controproducente, no?

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  13. io sono mamma di bimbo vittima di morsi. Torna a casa con orologi di dentini stampati sul polso, sulle braccia, sulle guance, dietro il collo! Non è che sono contenta. Ma so bene quanto è faticoso, come dici tu Chiara, non è colpa dei genitori, delle volte delle colpe non ci sono neppure. Mi consigliano di “farmi valere” di arrabbiarmi con le dade, ma io non sono d’accordo, non è neanche colpa loro, il morso arriva in un baleno! io non sono per la violenza e non sono nemmeno d’accordo con il bimbo che deve imparare a difendersi ridandoli indietro (come qualcuno mi consiglia). Cerco di insegnare al mio bimbo di rispondere alle aggressioni con un “no, i morsi non si danno, perchè fanno la bua”. Chi lo sa qual è la soluzione migliore?

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  14. Trovo molto conforto nelle parole di Chiara. Benché la mia situazione sia diversa dalla sua.. Sono felice di non essere l’unico che nuota nella paranoia a volte!!! Il mio piccolo morde solo il suo daddy, ma lo fa perché glielo dico io… ;0)
    Grazie a Chiara per aver condiviso la sua storia!
    TQF

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