Intelligenza emotiva e il ruolo cruciale del padre

Foto ©Sukanto Debnat utilizzata con licenza Flickr Creative Common
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E’ tutto il mese che ci penso a quel capitolo del libro Intelligenza emotiva per un figlio dedicato al papà. E’ uno dei quei capitoli che a suo tempo, quando ho letto il libro ho quasi sorvolato, non essendo io padre, facendomi un appunto mentale di parlarne a GG, e dicendomi “vabbè il solito capitolo per non far sentire i padri fuori dal giro”. Perché diciamolo dai su, confessiamolo: noi mamme, anche quelle di noi che si ritengono più aperte, più moderne, più fifty-fifty con il partner, anche noi siamo dentro il nostro cuore convinte che si, è vero, però la mamma è tutta un’altra cosa. Il rapporto della mamma con il bambino è unico, è speciale, è insuperabile. E’ IL rapporto per eccellenza. Insomma, il papà può anche impegnarsi con il cambio del pannolino, portare a spasso il pupo in passeggino, fargli il bagnetto o giocare al leone in salotto. Ma noi mamme, siamo comunque il punto saldo del rapporto. Il caldo abbraccio. La sicurezza dell’Amore. Il nido dei sentimenti.
Ecco, è proprio di sentimenti che dobbiamo parlare invece. O meglio di emozioni e di emotività.

Il titolo del capitolo dedicato ai papà è “Il ruolo cruciale del padre”.
Cruciale? Aspetta, come cruciale?
Proprio così, sembra che quando il padre si impegna nell’educazione emotiva dei figli i risultati sono a dir poco sorprendenti. Miglior rendimento scolastico, facilità di gestire i rapporti con i compagni di classe, maggior autocontrollo, minor tendenza alla promiscuità sessuale, e da adulti capacità di costruirsi rapporti di coppia sani ed equilibrati. I bambini con padri assenti, fisicamente o emotivamente, invece hanno più facilmente problemi di rendimento scolastico, difficoltà nelle relazioni sociali e cadono più facilmente vittima di droghe, per fare qualche esempio.
Quante di voi stanno vivendo quella esperienza del “ah! E’ così! Ora è tutto chiaro”? Attenzione prima di incolpare vostro padre del vostro divorzio, o delle bocciature a scuola, ricordiamoci le attenuanti del caso. La generazione dei nostri genitori queste cose non le sapeva.
E i padri che non erano spontaneamente degli allenatori emotivi si guardavano bene dal mostrare empatia nei nostri confronti, dal mostrare i loro sentimenti, dall’accettare che il proprio figlio maschio si mettesse a piangere per un pallone rubato. A quei tempi i sentimenti non erano una cosa da uomini. Questo è certo.

Gottman invece inizia proprio con lo sfatare un mito. Gli uomini sono emotivi tanto quanto le donne. Hanno esattamente la stessa capacità di empatizzare con gli altri, e sono in grado di usare un intero vocabolario per descrivere le emozioni. E queste non sono altro che le basi dell’allenamento emotivo.

Ma insomma, ok, il padre avrà il suo bel ruolo, ma la mamma allora? E’ pur sempre il pezzo forte, no?!
Il mio ego da mamma non vuole darsi per vinto.

Eppure Gottman continua dicendo che il padre ha dei canali che sono preclusi alle madri. Chiaramente si parla di comportamenti medi, studiati su un certo numero di famiglie, è chiaro che le dinamiche famigliari possono essere diverse per ciascuno.
Però pare che ci sia un netta differenza tra il tipo di gioco che i padri fanno con i figli e quello che spontaneamente viene scelto dalle madri.
I papà giocano a fare il “vola-vola”, le capriole, le rincorse, a mettere paura. I padri sono molto più fisici delle madri nel gioco con i figli. Le mamme preferiscono fare un puzzle, disegnare con loro, giocare a carte. Insomma durante il gioco con i padri, i bambini vivono mediamente un’altalena emotiva maggiore, mentre le mamme sembrano fare di tutto per mantenere il livello emotivo più costante possibile.

E no, scusa, stai dicendo che tutte le volte che mi sono arrabbiata con GG perché faceva il leone in salotto rincorrendo il Vikingo che rideva e si eccitava a livelli inarrestabili poco prima di andare a dormire, dando il via ad una procedura dell’addormentamento praticamente infinita, in realtà dovevo essere contenta perché GG stava allenando emotivamente il Vikingo? Azz…

Ok magari alcuni padri dovrebbero imparare a limitare questo genere di giochi a momenti della giornata più adatti, però in sostanza è questo. Anche se non si è ancora perfettamente sicuri sul perché, è molto probabile che il modo di giocare più fisico del padre sia l’aspetto che ponga le basi per il loro rapporto speciale con le emozioni. Mette il padre sul piedistallo della guida emotiva, e rendendolo quindi il più adatto all’allenamento emotivo. Insomma quando il papà si trasforma in allenatore emotivo è più facile che il figlio si metta in ascolto, e percepisca in modo positivo e naturale il proprio rapporto con le emozioni.

Prima di lasciarvi alla lettura del libro, che a questo punto è fortemente consigliato sia a mamme che a papà, vorrei fare alcune considerazioni.

Alla luce di tutte queste ricerche che mostrano l’importanza della figura paterna nell’educazione dei figli, per la loro stabilità emotiva presente e futura, quanto ci metteremo a capire che ai padri DEVE essere data la stessa possibilità di stare con i figli che si da alle madri? Quanto ci vorrà prima che il congedo parentale venga condiviso da entrambi i genitori in modo equo?
E soprattutto, tu padre, che fai gli straordinari non pagati in ufficio fino alle 8 di sera, e arrivi a casa quando tuo figlio è già svenuto a letto, oppure è troppo stanco per giocare con te, sei proprio sicuro che ne valga la pena? Perché da che mondo è mondo, non si è mai visto nessuno che sul letto di morte ha detto “ah, come rimpiango nella mia vita di non essere rimasto in ufficio a lavorare fino a tardi più spesso!”

Buon allenamento emotivo a tutti!

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9 thoughts on “Intelligenza emotiva e il ruolo cruciale del padre”

  1. Non trascuriamo anche l’aspetto Sessuale: la presenza emotiva del padre è fondamentale per il corretto sviluppo psicosessuale dei figli. Si pensi per esempio all omosessualità, dovuta proprio a figure genitoriali che non hanno saputo fornire tutto quello che serviva ai fogli. Si vedono Freud e Adler.

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  2. wow… grazie ! lo faro’ leggere al papa’ del mio Diego in arrivo. Sia il tuo bel post che il libro.. Mi trovo mooolto d’ accordo con i concetti che mette in evidenza e con il punto di vista sulla paternita’ ! Io mi sento tanto fifty fifity , penso che il padre abbia un’importanza colossale per un figlio e sarei pronta a dare battaglia per ottenere la paternita’ come congedo di diritto , pagato , anche per i papozzi… ma in questo paese mi sembra purtroppo un’ utopia…

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  3. La più grande delle verità nell’ultima frase: nessuno rimpiangerà mai di non essere rimasto in ufficio fino a tardi più spesso!!!!!!!!!!!!!!

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  4. Io avevo letto Intelligenza Emotiva di Isabelle Filliozat ed era al femminile ma non solo. Questo mi manca ma ancora per poco! Piuttosto leggendo questo post con mio marito ci siamo accorti che lui è un pò “mammo” e io un pò “papàa”….è lui quello che ci tiene a tenere il livello emotivo “costante” e mi rimprovera se i bimbi si agitano prima di andare a dormire…e io quella che adora fare più confusione e che lo vorrebbe più “giocherellone” con i figli…come la mettiamo?!?!?! ;-))

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  5. Complimenti Serena.
    bel post, fine e sincero.

    mi confermi una volta di più che per parlare di padri e di madri bisogna che siano tutti e due presenti. ben vengano le madri che si pongono interrogativi sui padri e i padri che si pongono interrogativi …………… su loro stessi 😉

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