Includere il diverso: bambini sordomuti a scuola

Come vi avevo annunciato nella rubrica scuolecrescono vogliamo raccogliere esperienze positive sulla scuola che cresce alternate a riflessioni che permettano un dialogo tra insegnanti e genitori.
Ecco quindi il mio contributo a questa rubrica con un racconto positivo di integrazione e di inclusione del diverso che ha luogo in Italia, a scuola di mia nipote (prima elementare) nella cui classe c’è un bambino sordomuto. Quale è il problema? Ovviamente questo bambino ha diritto all’insegnante di sostegno che lo aiuti a tradurre nel linguaggio dei gesti tutto ciò che avviene in classe. Con la crisi, i finanziamenti, le malattie eccetera, chissà a quante poche ore settimanali di sostegno si sarebbe potuti raggiungere, ed erano tutti li a chiedersi come fare per risolvere questo problema, quando hanno preso la decisione di fare la cosa meno ovvia del mondo. Hanno deciso di insegnare il linguaggio dei gesti a tutti i bambini della classe e naturalmente anche alle insegnanti.

Quale modo migliore di trasformare una situazione difficile in una opportunità per tutti?

Ai bambini è stato detto infatti che sono molto fortunati perché mentre gli altri impareranno solo l’inglese loro potranno imparare anche un’altra lingua. I bambini naturalmente non hanno battuto ciglio. E così ogni attività scolastica incluse recite varie viene fatta anche nel linguaggio dei segni facendo sentire questo bambino ben accolto da tutti. Non riesco nemmeno ad immaginare tutte le conseguenze possibili sul piano dell’integrazione, della sensazione di appartenenza, delle possibilità che si aprono per tutti, anche per i suoi compagni di classe che imparano non solo il linguaggio dei segni, ma imparano soprattutto a vedere la diversità come una ricchezza e non come una condanna.

Mi piacerebbe sapere se c’è qualcuno che ha vissuto un’esperienza simile. Come vi siete trovati? Che effetto ha avuto sul bambino in questione? e sul resto della classe?

Se hai avuto un’esperienza diretta di una prassi positiva nella tua scuola in qualità di genitore o di insegnante, scrivi a serena@genitoricrescono.com per raccontarcelo. Grazie.

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13 thoughts on “Includere il diverso: bambini sordomuti a scuola”

  1. Buona domenica a tutte/i
    Scuole crescono se i genitori crescono e non si fermano alle emozioni e alla superfice di un mal indirizzato senso della sensibilità e del coinvolgimento ,della partecipazione e della denuncia per l’applicazione dei diritti e delle pari opportunità per tutti.Una bella e buona pratica . Non è mia intenzione offendere nessuno e/o pormi al disopra di altri ,mi scuso se quanto dico possa essere equivocato in tal modo , Sulla questione linguaggio gestuale/lis/ per sordi , non sordomuti come fa notare Emy , ci sono molte confusioni e dipendono dal luogocomune che la lis sia lingua naturale per i sordi niente di più sbagliato , la lingua di tutti è la parola ,è l’oralità ,già lo diceva don Milani .l lingua ci fa uguali , i bambini sordi parlano e possono parlare .la scienza medica, le nuove tecnologie e gli strumenti educativi hanno fatto passi da giganti .Per fortuna non siamo ai tempi in cui non c’erano alternative e il linguaggio gestuale era il sistema che garantiva ai sordi di non essere considerati Idoti (cofos), molti meriti e gratitudine per i pionier e per alcune istituzoni ,che giustamente sono state chiuse ,perchè erano un modo a parte (scuole speciali e istuti per soli sordi ) Screening audiologico, protesizzazione e impianto cocleare ,fanno in modo che il bambino senta e impara a parlare se in presenza di diagnosi e prevenzione precoce .Già adesso con la 104 chi vuole può utilizzare la lis quindi non serve l’obbligo dell’isegnamento per tutti , sostegno per tutti i bambini che possono parlare , sottotitolazione per tutti ,uso di strumenti informatici e comunicazionali ,non linguaggio a base di deficit .La sordità è un deficit a carattere sanitario non è la benedizione per uno status naturale e non esiste la lingua madre lis la lingua naturale per tutti è l’oralilità la parola di tutti. Un caro saluto Paolo

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  2. La storia che racconti mi scalda il cuore e mi incoraggia anche.
    Io vivo l’inclusione dall’altra parte, ovvero dalla parte di una mamma che chiede e spera che il proprio bimbo venga accolto. Sebbene il mio Killò (che ha la Sindrome di Down) abbia solo tre anni, ho avuto modo di vedere spesso le risorse che si possono mettere in atto per risolvere le difficoltà che ci sono. Come nel caso che racconti tu, se davvero si ha il desiderio di fare, si possono trovare nuovi modi, anche fantasiosi, che poi vanno a vantaggio di tutti, sono occasione di crescita e di arricchimento.

    Quante sono le diversità che viviamo, legate al handicap ma anche alla cultura, alla religione o al colore della pelle? E’ nostra responsabilità di adulti sottolineare l’immenso tesoro che questa diversità racchiude. Siamo tutti diversi 🙂
    Grazie a questo articolo, inizio la mia giornata con un sorriso ancora più grande

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    • Grazie a te Barbara, spero che anche tu abbia qualche storia positiva in mezzo a tutte le difficoltà che affrontate ogni giorno. Baci a te e a Killò.

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  3. @Fab senza dimenticare che un linguaggio silenzioso può essere sempre utile nella vita… e che i linguaggi dei segni nei vari paesi differiscono tra loro molto meno delle lingue parlate, quindi può essere anche utile come linguaggio internazionale.
    Parlare a gesti può essere più naturale ma da una certa età in poi, credo. I bambini udenti sentono la lingua da quando sono nati (alcuni forse anche prima) mentre i sordi da piccolissimi hanno grosse difficoltà di comunicazione: un bambino di pochi mesi non è in grado di discernere movimenti fini. Ho lavorato in una scuola specializzata per non udenti che ha anche un asilo nido e ho visto le difficoltà di comunicazione dei bambini fino a tre anni. Già dalla materna era chiaro invece il salto.
    Ho visto tuttavia ragazzi più grandi non udenti avere serie difficoltà con l’italiano, proprio perchè il LIS è una lingua a sé. Bisogna parallelamente dare al sordo o sordomuto la possibilità di comunicare velocemente ed efficacemente con le persone che gli stanno intorno (insegnando a tutti il LIS) e insegnargli l’italiano, altrimenti il linguaggio dei segni può diventare ghettizzante (paradossalmente).

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  4. Scusate, ma devo fare una precisazione.
    Ho seguito un piccolo corso di lis (lingua italiana dei segni)all’università, una delle prime cose che ci sono state dette è che i sordi vogliono essere definiti solo SORDI, ritengono offensivo qualsiasi altro appellativo. “Sordomuti” è un termine poco corretto perchè chi non sente è comunque in grado di emettere suoni e, se educato a pronunciare i vocaboli, anche di parlare la nostra lingua.

    La lettura di questo articolo mi ha fatto ricordare di una mia amica ipovedente che intorno ai 16 anni ha iniziato a studiare il braille a scuola con i compagni di classe. Ci vorrebbero più scuole con una tale politica di integrazione e apertura alla diversità intesa come esperienza di crescita positiva, purtroppo in Italia, quasi tutti i bambini sordi finiscono in istituti per sordi per scelta delle loro famiglie che non hanno fiducia nelle istituzioni, ma come dargli torto? Ci sono troppo pochi insegnanti qualificati e lo Stato continua a tagliarei fondi per le ore di sostegno. E poi l’ignoranza che si trova in giro è sconfortante, la mia insegnante mi raccontò di una sua amica sorda che, andando a sostenere un esame all’università accompagnata dal suo traduttore, si imbattè in un docente che non volle categoricamente interrogarla sostenendo che non poteva essere certo di quello che lei rispondeva perchè, per quanto lui ne sapeva, poteva essere il traduttore ad aver studiato e non lei. L’ignoranza si trova anche dove meno te l’aspetti.

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    • @Emy grazie per la precisazione, non lo sapevo. Certo la storia della tua amica è scandalosa!

      @Fab @Barbara in realtà io anche mi ero letta un po’ di cose sul linguaggio dei segni per i neonati e pare proprio che sia un sistema che favorisce la comunicazione. In pratica per un neonato è più semplice imparare un gesto che dire una parola in modo incomprensibile. Quindi se il genitore parla e allo stesso tempo usa i gesti succede che il bebè impari ad usare quei gesti prima di imparare a pronunciare le parole.

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  5. sarebbe bello che tante altre scuole avessero questa apertura mentale…… scoprirebbero inoltre che imparare la lingua dei segni avrebbe dei benefici anche su bimbi udenti con difficoltà di linguaggio, è stato sperimentato tempo fa in alcune scuole di padova!!! che bello, a me piacerebbe tanto che anche qui ci fossero iniziative del genere…. sarebbe inoltre dare ai ns bimbi e adulti pure, una chance i più di sperimentare altri tipi di diversità….
    io parlo la lingua dei segni perchè in famiglia ci sono sordi…. ed è pure una bellissima lingua, ricca e articolata
    complimenti e grazie per aver condiviso l’esperienza

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  6. Sono d-accordissimo con Barbara! la lingua dei segni dovrebbero proprio insegnarla nelle scuole, o ancora meglio negli asili.
    Forse vado fuori tema ma esiste la lingua dei segni proprio per i bimbi (BabySign language), che e- una versione semplificata di quella ufficiale.
    Uno degli innumerevoli vantaggi del babysign e- che aiuta i bimbi piccoli nella comunicazione quando non sanno dire ancora molte parole. Parlare a gesti per un bimbo e- molto piu- semplice e naturale. Dicono anche che chi prima parla con i segni poi sviluppi un linguaggio piu- articolato piu- precocemente e abbia un vocabolario piu- ricco dei suoi coetanei.
    Per dire che la lingua dei segni puo- diventare un utile strumento per tutti!

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  7. Io sono sempre stata dell’idea che TUTTI dovrebbero imparare il linguaggio dei segni, almeno i rudimenti. Che attenzione, non è una traduzione delle parole, ma una lingua a sé, con la sua grammatica e le sue regole. Complimenti alla scuola che ha preso questa decisione, trasformare una necessità in una ricchezza non è da tutti.

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  8. Complimenti!

    io non ho esperienza di bambini sordomuti, ma ho avuto l-opportunita- diversi anni fa di collaborare con un gruppo di sordomuti. Purtroppo non conoscevo la lingua dei gesti e per fortuna mia c-era la traduttrice.
    I sordomuti sanno rapportarsi molto bene e sanno farsi capire da noi udenti, ma noi udenti non siamo per niente preparati a comunicare con loro. E- un modo molto diverso di comunicare, sembrano sciocchezze, ma per esempio non li puoi chiamare da lontano e per attirare la loro attenzione devi gardardarli bene in faccia o battergli sulla spalla. Insomma e- un modo diverso di rapportarsi alle persone che per me almeno non era per niente automatico.
    Questa e- veramente una grande opportunita- per questi bambini!
    complimenti ancora!

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    • In effetti il linguaggio dei gesti è proprio un tipo di comunicazione diversa, come dice Fab, e richiede in primo luogo di guardare in faccia chi ti sta parlando. Si può imparare molto sulle relazioni e la comunicazione efficace anche grazie a questa semplicissima abitudine.

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