Immaginare il futuro, lavorando al presente

Ho letto recentemente questo concetto: quanto abbiamo ora è il risultato di ciò a cui abbiamo dedicato la nostra attenzione nel passato; quanto avremo nel futuro è il risultato di ciò a cui dedichiamo la nostra attenzione oggi. L’ammonimento, allora, è di dedicare attenzione a ciò che corrisponde ai nostri valori e non limitarci a reagire esclusivamente agli stimoli e alle richieste del mondo attorno a noi.
Se ci limitiamo a reagire, infatti, siamo limitati da ciò che ci accade: una domanda allora da affrontare è se quanto ci accade sia frutto esclusivamente di fortuna e quanto giovi pensarla così. In fin dei conti, se a preparare gli eventi a cui reagiamo è solo la fortuna o la sorte – sempre una dea bendata – lo spazio che riserviamo a noi stessi è proprio poco, proprio effimero. Un autore che amo molto, Randy Paush, invece ammoniva con saggezza:

“non siamo noi a decidere quali carte del mazzo avremo in mano, ma possiamo decidere come giocarle”.


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Terra di mezzo

Faccio questi pensieri trovandomi in una sorta di terra di mezzo.
I figli attualmente non sono né bebé pieni di necessità materiali né adolescenti sulla breccia della critica e della ricerca della loro identità pieni di necessità emotive. Stanno nel mezzo. D’altra parte, anch’io sto spesso nel mezzo: al confine tra un passato che non c’è più e un futuro che non c’è ancora. Per il futuro, ho una borsa piena dei desideri che non ho ancora realizzato nel percorso che ho appena attraversato – o costruito pezzo a pezzo, un poco rispondendo a quello che capitava attorno a me, un poco prestando attenzione a ciò che io volevo perché rispondeva a dei miei bisogni.
Guardo ai miei figli e mi guardo attorno: cerco di capire che cosa sta accadendo nella società, cerco di capire su quale strada si sta muovendo il mondo, cerco di individuare quali risposte sono solo reazioni ad accadimenti casuali e quali sono strategie mosse dai valori e indirizzate verso un futuro pensato e desiderato con una strategia, con un pensiero. Soprattutto, mi chiedo se certe strategie, certi pensieri per il futuro mi piacciano.

Cambiare come reagiamo a ciò che accade

Non possiamo cambiare quello che ci accadrà, ma possiamo cambiare come reagiremo a ciò che ci accadrà. Guardo i volumi di Viktor Frankl, Etti Hillesum, Randy Pausch sopra la mia testa, nella libreria che sovrasta la scrivania.
Guardo i ragazzi che giocano alle mie spalle, li ascolto parlare, ridere, litigare tra di loro. Devo intervenire? Mi chiedo che cosa voglio fare.
Voglio reagire, magari influenzata da una giornata storta, un periodo difficile, un giudizio negativo che io stessa elaboro su come gioco le mie carte?
Voglio prendermi il tempo – anche con il rischio di rimanere delusa – di immaginare che cosa voglio per loro, per il loro futuro, chi potremo diventare e in base a quello agire?

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