Il cibo della terra

Il cibo è una questione intima, che ci lega al passato e al futuro, senza lasciare spazio a compromessi: nutriamo i nostri bambini con il latte materno e poi prepariamo loro pappe e merende, ci preoccupiamo di come crescono, di quanto pesano e del loro sviluppano e, allo stesso modo, facciamo (o dovremmo fare) con la terra che ci ospita, cercando di capire l’impatto che le nostre azioni alimentari hanno sul pianeta.
Non è cosa buona segare il ramo sul quale siamo seduti, eppure certe contraddizioni sono così consolidate da non farci sobbalzare sulla sedia.
Ne elenco qualcuna, vediamo se vi scuoto :), con qualche proposta alternativa, economica ed ecologica.

Come ho scritto spesso in questa rubrica per me le soluzioni per un’alimentazione sana e sostenibile sono gli acquisti attraverso i g.a.s. o direttamente dai produttori, la scelta del biologico o ancora meglio dell’autoproduzione, un consumo minore di carne e pesce a favore di altri cibi…

Carne & Co

– il consumo medio di carne in Italia è di 87 kg pro capite all’anno. Sì, una follia.
– il 50% dei gas ad effetto serra con cui ci troviamo a fare i conti, provengono dagli allevamenti di bestiame
– una vacca da latte consuma 200 litri di acqua al giorno, un bovino o un cavallo 50, un maiale 20, una pecora 10
– solo un quinto della produzione agricola mondiale serve per alimentare l’uomo, il resto finisce in pasto agli animali, infatti la fame nel mondo continua inesorabile perchè l’occidente vuole la carne.

Adesso non ditemi che chiudete il rubinetto quando vi lavate i denti per non sprecare acqua e che fate la doccia e non il bagno….  Basterebbe qualche fettina in meno!
Avete paura che manchino le proteine ai vostri figli? Consumate quelle vegetali, abbinate legumi e cereali, allevate una gallina ovaiola, consumate prodotti ovini.

Chimica & Co
– Anticrittogamici, fitofarmaci, diserbanti, pesticidi, agrifarmaci, ovvero, più romanticamente, prodotti fitosanitari che servono in agricoltura per avere una resa maggiore con costi minori: in Italia vengono consumate ogni anno 150 mila tonnellate di pesticidi e sono in aumento.
– il 36,7% dei prodotti alimentari è contaminato da pesticidi, anche se entro i limiti di legge (lo 0,8% oltre i limiti)
– la storia ci dice che ogni tanto un pesticida o un additivo chimico nocivo viene tolto dal mercato (atrazina, ddt…)
Beh, che fate, voi aspettate il prossimo? Io passo (e per ogni persona che fa la scelta del bio, ci guadagnano tutti!)

– A Malosco (TN) in terra di mele, qualcuno (il sindaco) ha chiesto ai produttori di limitare l’uso di pesticidi in via precauzionale, seguendo una direttiva CE per i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente;

– in Svezia alcuni pesticidi sono stati messi al bando fin dagli anni ‘50; in Italia no.
La Svezia registra una diminuzione di incidenza dei linfomi, in italia registriamo un incremento annuo del 4,6% (età 0-14 anni), in Europa la crescita è dello 0.9%

Ci pensate ancora? Forza, si va! A caccia di semini per l’orto da seminare l’anno prossimo, a caccia di seri produttori bio, a caccia di orti condivisi, di vasi da balcone, di corsi di cucina per preparare legumi, cereali, ortaggi più gustosi, cibo vero, buono, sano e giusto perchè l’intimità con la terra e con i nostri figli che vogliamo continuare a nutrire, non venga inquinata ancora.

Elisa di Mestieredimamma.it

[fonti dei dati: Altroconsumo, Altreconomia, Valore Alimentare, Newsweek, Chimica e Ambiente, di Massimo Tettamanti)]

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9 thoughts on “Il cibo della terra”

  1. anche io faccio parte di un gas e tanti cambiamenti in casa sull’alimentazione (e non solo!) li ho fatti sulla spinta del gruppo. la relazione con altri è fondamentale quando si cerca di cambiare abitudini…

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  2. Interessante il tuo post e speriamo che lo leggano in tanti!!!
    Noi facciamo parte di un GAS e compriamo tutto locale (dove possibile) biologico o quasi e direttamente dai produttori.
    Così si abbattono molto i costi del biologico, la verdura biologica la compriamo una volta a settimana da un orto solidale cittadino. Nella cassetta ci sono solo verdure di stagione che producono loro e quindi magari per mesi e mesi mangi cavoli e broccoli, ma grazie alla cassetta mangiamo verdure che prima non mi veniva neanche in mente di comprare (erbette varie, cicorie, cavolo nero ecc…)
    La carne la consumiamo una volta a settimana anche quella la acquistiamo con il GAS da un allevatore locale che non ha un allevamento intensivo, sono alimentati con prodotti dell’azienda.
    Mangiare sano e con meno impatto ambientale, si può fare, ci vuole un po’ di impegno ma soprattutto aiuta condividere con altri un progetto di spesa consapevole. I GAS in questo sono un’ottima risorsa

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  3. @Stefafra, grazie per le info, infatti da loro vado per le cose locali (a volte bio ma non certificato) e per il bio certificato vado in altri banchi. Pero’ il bio spesso non e’ a km zero, ed e’ meno buono. E’ un po’ un ginepraio. Chiudo la parentesi Amish!;-) E ringrazio Elisa per gli spunti.

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  4. Faccio notare che gli Amish, almeno qualche anno fa, non coltivavano biologicamente, ma forse hanno cambiato carriera per sequire il mercato.
    Ho una collega che anni fa abitava in zona Amish e di mestiere faceva l’informatrice fitosanitaria proprio tra loro.
    Dice “sono estremamente pragmatici, a modo loro, se funziona e aumenta la produzione lo usano”, basta che non sia motorizzato, of course.

    Ci sará anche qualche Amish “bio”, o probabilmente con la moda per il bio anche piú di qualche, visto come sono pragmatici se aumenta il fatturato venga pure il bio, ma parecchi non lo sono per niente e ne approfittano che in tanti li credono biologici, oltre che vecchio stile:
    http://articles.baltimoresun.com/2010-06-08/entertainment/bs-fo-amish-market-20100608_1_all-amish-order-amish-foods

    PS: con quello che costa la carne, e coi prezzi che aumenteranno ovunque vista la corrente carestia di cereali e altre grandi colture in tutta Europa, dovuta a tempaccio orrendo, e a siccitá negli USA, se ne mangerá comunque sempre meno.
    Mi sá che trá un po’ sará questione di potersi permettere di mangiare patate con patate (care anche quelle, brutto tempo = patogeni) altro che broccolo biologico e fettina firmata.

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  5. Dopo la lettura di “Se niente importa” di Foer centrato proprio sugli allevamenti di animali negli USA mangiamo carne bio degli Amish se va bene un paio di volte al mese. Latte non lo voglio neanche vedere che sembra una spremuta di antibiotici. P

    urtroppo pero’ qui i costi di frutta e verdura fresca bio e/o local – e vivo praticamente in campagna tra gli Amish che sono coltivatori e allevatori – hanno prezzi molto alti. Noi spendiamo molto pur mangiando appunto poca carne e pesce diciamo una volta alla settimana. Vero e’ che bisogna abituarsi a considerare il valore del cibo non solo in base al costo, ma anche alla salute e alle condizioni di produzione dello stesso, ma secondo me bisogna anche lavorare parecchio sul discorso dell’accesso (economico) al cibo sano per tutti. Perche’ e’ triste dirlo, ma – almeno qui- ti costa meno comprare robaccia pronta da passare al microonde che comprarti la roba sana e cucinartela tu.

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  6. @polly il problema del tempo è terribile per tutti, secondo me si può trovare qualche soluzione, ma l’importante è mediare ed essere consapevoli…
    io nel biologico ci credo soprattutto come punto di partenza, ho fiducia in molte aziende di prodotti alimentari ma cerco di privilegiare quelle piccole e locali
    belle le esperienze di supermambanana e mammamsterdam

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  7. come forse saprete a fine settembre piu’ o meno in UK si celebra l’Harvest Festival, la festa del raccolto (tecnicamente, il giorno della luna piena piu’ vicino all’equinozio d’autunno, la Harvest Moon, ve la ricordate la canzone di Laurel & Hardy?). E’ una cosa sentitissima, di origine antichissima, e le scuole, le chiese, di ogni denominazione, i comuni, si organizzano per celebrare per un giorno il raccolto. E’ un’ottima occasione per parlare di questi argomenti, e a scuola dei miei chiedono ad ogni bambino di portare un pezzo di verdura o di frutta e creano dei bellissimi cesti che poi mettono in palio in una pesca di beneficenza. Mi e’ sempre parso interessante (vedi il mio post sulla cucina UK) che in un posto dove il fast food dilaga, e comunque un posto che non associ guardandolo dal di fuori ad una nazione di agricoltori, ci si fermi una volta l’anno a pensare al raccolto, agli agricoltori locali, a quelli d’oltremanica, alla strada che percorre il cibo prima di arrivare nelle nostre case, e’ un modo, davvero, di tornare a contatto con la terra

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  8. Certe volte basterebbe avere le informazioni giuste. Tutti lavoriamo, corriamo e troviamo tanto comodo fare tutto al supermercato una volta alla settimana, eppure poi certe cose funzionano quasi da se. Come buona prassi ti segnalo un orticoltore del Beemster, la zona a nord di Amsterdam, che ti porta a casa una volta alla settimana la spesa che gli ordini e che lui si procura anche da altri colleghi dei dintorni. Se non è bio lo sta per diventare o comunque viene prodotta in maniera non intensiva e con uso limitato (responsabile) di pesticidi. Il mercoledì manda per email una lista dei prodotti disponibili e prezzi (anche in versione excel così hai immediatamente il totale), tu ordini e tra giovedì sera, venerdì e sabato, a seconda della zona in cui abiti, te la viene a consegnare a casa e paghi in contanti oppure, visto che si sta ampliando, con il lettore bancomat portatile. Io l’ ho saputo da un’ amica, l’ ho comunicato ad altri amici, par non aspettassimo altro perché la lista cresce, l’ assortimento anche (anche latticini, uova, conserve artigianali, qualcosa di pesce conservato). il prezzo è pochissimo di più o uguale al supermercato e il broccolo tagliato la mattina stessa si conserva in frigo il triplo di quello del negozio che fa ulteriori passaggi. A me ha risolto parecchio. Può essere che in Italia chi non ha un lavoro nno se lo può inventare in questo modo? Ennò, perchè ora che il contadino che vende in proprio si deve mettere in regola, figurati, lo arrestano per truffe, frodi alimentari e genocidio.

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  9. Ho scelto di limitare moltissimo la carne proprio per i motivi che elenchi. Non per animalismo o per snobismo.
    Il cibo è una risorsa che non va sprecata.
    La carne è una risorsa al pari dell’acqua. Poi peraltro una dieta iperproteica fa male all’organismo, oltre che al pianeta.

    Paradossalmente, più il mio lavoro si intensifica, più faccio la spesa velocemente e meno criticamente. Fino a qualche tempo fa acquistavo solo frutta e verdura di stagione e a km zero (o quasi), ora mi accorgo che ci faccio meno caso.
    Invece credo che il bio sia semplicemente un business che produce ciò che il mercato reclama. E lo produce sempre in ottica di ottimizzazione della produzione.
    Credo invece nell’idea dei gas e degli acquisti dai contadini. Peccato che come dicevo, il consumo critico diventa difficilissimo quando hai pochissimo tempo.

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