I bambini che mangiano sono bravi?

E’ veramente bravo un bambino che mangia tutto quello che ha nel piatto? Nell’era dei disordini alimentari in cui uno dei più grandi problemi che affligge i bambini è l’obesità, forse dobbiamo rivedere alcune nostre convinzioni e modi di fare e di dire che rischiano di condizionare negativamente il rapporto che nostri bambini sviluppano nei confronti del cibo.
– “mamma ho finito tutto! Sono bravo?” mi chiedeva qualche tempo fa mio figlio in occasione di una visita in Italia.
– “bene, si vede che eri affamato”
gli ho risposto celando malamente il mio imbarazzo di fronte alla domanda. Perché per me un bambino che mangia tutto non è bravo, non lo è affatto, al limite ha gradito quello che aveva nel piatto, o era particolarmente affamato.

E’ veramente necessario lodare i bambini quando finiscono tutto? E peggio premiarli con un cibo particolarmente goloso se finiscono prima tutto il resto?
La tecnica del premio poi è di quelle che chiunque ci provi con i miei figli finisce in un clamoroso flop. Tipo la nonna con il solito “per chi finisce la carne, dopo c’è una sorpresa buonissima!” e i miei figli vogliono subito sapere cosa c’è in palio e quindi procedono direttamente chiedendo in cosa consiste la sorpresa, e se uno non glielo dice, loro non stanno al patto, e se hanno fame mangiano la carne, se non hanno fame la lasciano lì. Se però uno glielo dice allora valutano il da farsi e capita allora che la risposta sia sul genere “oh buono! Allora non voglio più la carne, dammi la sorpresa!” E se si prova a convincerli che l’avranno solo dopo aver terminato quello che hanno nel piatto rispondono giustamente: “ma se mangio tutta la carne, dopo non ho più posto nella pancia!”

Ecco io credo che i miei figli mi abbiano insegnato molto nella vita, e sul cibo ho imparato più da loro che da tanti manuali messi insieme. Perché è facile pensare che siano furbetti nel dare questa risposta, io credo invece che a volte i bambini siano molto più saggi di noi. I miei figli infatti hanno perfettamente chiara la sensazione di sazietà. La riprova di questa cosa ce l’ho nel fatto che sono perfettamente in grado di lasciare un dolce o un gelato se sono sazi.

Ma la sensazione di sazietà si può insegnare? Direi di no, quella è sicuramente innata, e i bambini piccoli se lasciati fare da soli si regolano perfettamente. Questo è infatti anche quello che è alla base dell’allattamento a richiesta: lasciare che il piccolo si regoli da solo sulle quantità di cui ha bisogno. Quello che si può insegnare è di imparare ad ascoltare il proprio corpo e riconoscerne la sensazione, laddove la cultura che si sviluppa intorno al cibo e al mangiare tenderebbe a deformare l’istinto innato alla sazietà. E ogni riferimento alla cultura italiana intorno al cibo non è casuale.

Quali sono gli accorgimenti che aiutano questo processo?

Rispettare le scelte del bambino tra i cibi sani messi a sua disposizione, e non forzare in nessun modo l’assaggio di un cibo. Questo è vero a partire dallo svezzamento (ma a pensarci bene anche durante l’allattamento). Dimenticatevi le tabelle, le calorie, le piramidi alimentari. Offrite cibi sani che includano tutti i gruppi alimentari e rimanete in osservazione del comportamento dei vostri figli. Se avete dei dubbi e avete paura che non stiamo mangiando in modo corretto, prendete nota delle loro scelte per qualche giorno e osservate la dieta che seguono mediata sul lungo termine di circa una settimana. Noterete che sceglieranno spontaneamente una dieta molto equilibrata.

Permettetegli di servirsi le porzioni da soli, e se sono troppo piccoli per farlo permettetegli di dire basta quando li servite voi. Qualsiasi sia la loro età concedetegli di decidere quanto cibo vogliono mettersi nel piatto. I piccolissimi chiaramente non saranno in grado di farlo totalmente da soli, e quindi potrete aiutarli dicendo frasi tipo “pensi che la tua pancia riesca a mangiare tutto questo cibo?”. Una tecnica importante è quella di scegliere un piatto di dimensioni ragionevoli per far si che il bambino (e voi) non sia portato a doverlo riempire per forza. Se tende a prendere troppo cibo invitatelo a smettere e rassicuratelo sul fatto che potrà prenderne ancora dopo che ha finito quello che ha nel piatto se sarà ancora affamato. Se ne prende troppo poco non forzatelo a riempire il piatto, ma lasciate il cibo a disposizione per una seconda porzione. Abituatelo cioè a pensare alle quantità di cibo come una qualcosa di dipendente dalla fame e non come una quantità definita dal piatto che si ha davanti.

Per lo stesso motivo non obbligatelo a finire quello che ha nel piatto. Se capiterà (e si che capiterà) che vostro figlio si è messo troppo cibo e non riesce a finirlo non obbligatelo a mangiare tutto. Fategli notare piuttosto che forse i suoi occhi avevano più fame della sua pancia. L’arte di prevedere di quanto cibo si ha bisogno si apprende come ogni altra cosa, a forza di errori. Ovviamente non c’è nessun bisogno di gettare via il cibo avanzato, potrete conservarlo e mangiarlo al prossimo pasto, o riciclarlo creativamente in polpette, zuppe, o ciò che volete a seconda del tipo di cibo.

Offrite cibi sani ma soprattutto vari. Non fossilizzatevi sempre sugli stessi piatti. Offritegli la possibilità di provare cose diverse, anche se vostro figlio non gradisce: se offrite sempre la stessa cotoletta e patate fritte per andare sul sicuro, difficilmente lui oserà assaggiare qualcosa di diverso. Coinvolgetelo nella preparazione dei cibi, nell’apparecchiare la tavola, nel creare i segnaposti, o nel crescere verdure in balcone. Usate il gioco e la fantasia, fate finta di essere al ristorante o magari organizzate una tradizione famigliare legata al cibo, ad esempio una sera a settimana assaggiate “cibo dal mondo” inventando storie sui vari paesi.

Limitate gli snack fuori pasto ma soprattutto non esagerate con cibi schifezza. Merendine, cioccolato, caramelle, dolciumi vari ma anche focacce non sono cibi sani. La capacità di autoregolazione viene meno nel momento in cui il corpo riceve troppi zuccheri che danno dipendenza e ci portano a cercarne sempre di più. In caso di fame fuori pasto offrite frutta o uno yogurt o un piccolo panino al formaggio.

Ovviamente non sto dicendo di bannare completamente gelati e sfizi vari, ma di usarli con moderazione, e soprattutto mai come premio. Il rischio è che il bambino disimparerà in fretta e alla proposta di finire la carne in vista del dolce come premio, spazzolerà l’uno e l’altro.

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48 thoughts on “I bambini che mangiano sono bravi?”

  1. @Marina: dici “Vengo da un tipo di ‘educazione’ alimentare in cui lasciare qualcosa nel piatto è segno di mancanza di rispetto per il cibo.”

    Anche secondo me lasciare/buttare il cibo è peccato mortale, per questo al bambino si fanno porzioni mini e se poi ne vuole di più glielo possiamo dare, ma almeno si limitano gli sprechi. Se poi non lo vuole… lo mangiano i grandi, ma buttarlo, no, non si deve proprio.

    @fab: “Mia figlia ha avuto un mesetto a 11 mesi in cui mangiava molto molto meno del solito ed era anche un po’ dimagrita. Io ero un po’ preoccupata ma penaavo fosse una fase. Dopo un paio di settimane ha avuto un’infezione urinaria,e mi viene il sospetto che la sua inappetenza fosse un primo sintomo del malessere.”

    Dubito che tra le due cose ci fosse un nesso. Verso i dodici mesi è normale che i bambini comincino a mangiare di meno. E meno male che fanno così, altrimenti esploderebbero prima dei due anni 🙂 Poi ci sono i terrible twos, ecc. ecc. per cui di ragioni per cui (a nostro avviso) i bambini mangino meno ce ne sono a iosa, tutte perfettamente ordinaria.
    Tra l’altro, il cibo mica è l’unico sintomo… Se uno mangia meno (anche per un periodo prolungato), ma per il resto sta bene, perché dovrei preoccuparmi? Forse prima mangiava troppo e ora si è semplicemente assestato.

    @Barbara: ” l’unico problema è quando siamo fuori casa convincere il cuoco di turno a darle mezzo piatto, che sennò si butta via :)”
    Mi sono dimenticato di chiederti se allora secondo te i bambini di tre anni dovrebbero mangiare una porzione intera… da quanto dici davvero non mi sorprendo che pensi che tua figlia non mangi…

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  2. Direi che NO,i bambini che mangiano tutto il piatto non sono bravi. Direi che o hanno molta fame,oppure si sforzano di far contento l’adulto di turno.
    Mia figlia,2 anni,non e’ una mangiona nel senso ce svuota il piatto,ma e’ una mangiona nel senso che cerca qualcosina da mangiare ogni ora e mezza o due.
    Di solito fuori pasto mangia della frutta,che adesso adora. Dico adesso perche’ va molto a fasi. In questi giorni per esempio siamo in puena fase mandarino,e se li sbuccia da sola con somma soddisfazione. In estate c’e’ stata la fase cetriolo,poi pomodoro. Quando preparo il soffritto le vien voflua di mangiarsi le cipolla cruda (.cotta no invece,boh,gusti son gusti).
    Ama il pesce ma in generale non tanto la carne,anche se quando meno te l’aspetti sa spazzolarsi tutta una coscetta di pollo.
    Preferisce la frutta alla verdura.
    Insomma ha i suoi gusti.
    Anch’io penso sia importante continuare a proporre cose nuove. Prima o poi assaggeranno o cambieranno idea.
    Mi ricordo i fichi. Il primo giorno ne ha leccato uno schifata. Il secondo ha osato l’assaggio,il terzo andava a prenderseli da sola… E cosi’ su molte altri cibi.
    Tornando sul discorso del finire tutto quello che c’e’ nel piatto… Beh,non mi sembra giusto. Come anxhe noi adulti, e’ normale un giorno avere piu’ fame e un altro meno.
    Capita a volte che mengi un fusillo di jumero,allora le dico,va bene,vuol dire che hai gia’ mangiato o mangerai di piu’ domani. Poi lascio li il suo piatto ancora per un poco (e a volte mangia da sola anxora un paio di bocconi o viene a mangiarli dal mio di puatto,che non si aaai che la cena della mamma sia piu buona) e poi metto via o mangio io.
    Insistere non serve a niente se non a provocare urla disumane.

    Concordo comunque che quando un figlio mangia solo uno spaghetto o un cucchiaino di qualcosa e poi basta a uno prende un po’ l’ansia. Poi sta a noi saper pero’ valutare la situazione.
    Mia figlia ha avuto un mesetto a 11 mesi in cui mangiava molto molto meno del solito ed era anche un po’ dimagrita. Io ero un po’ preoccupata ma penaavo fosse una fase. Dopo un paio di settimane ha avuto un’infezione urinaria,e mi viene il sospetto che la sua inappetenza fosse un primo sintomo del malessere.
    Insomma,non bisogna allarmarsi per un paio di pasti saltati o miseri,ma bisogna sempre vigilare e aaper cogliere le anomalie.

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  3. Da madre di figlio allergico non posso che condividere il tuo punto.
    Il suo rapporto col cibo è già mediato da “posso/non posso mangiarlo” sarebbe stato sbagliato da parte mia aggiungerci anche “sei bravo se mangi tutto”.
    Vedo che come i tuoi figli non soggiace alla logica del premio per finire quello che ha nel piatto ed anche lui ha imparato con l’esperienza a non essere ingordo nel servirsi.
    Pur non potendo vivere anarchicamente le giornate e mangiare solo quando si ha fame, scegliere cosa mangiare e mangiare quando se ne sente il bisogno è una forma di libertà e di rispetto.
    Avrei molto da dire sui bambini-che-mangiano-tutto e sul confronto che fanno col mio che ahilui molte cose non le può mangiare, ma mi rendo conto che è difficile mettersi negli altrui panni e nei nostri ci si mettono in ben pochi.

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  4. La mia mi costringe a variare l’alimentazione perché se a un pasto mangia tutto volentieri, mi faccio prendere dall’entusiasmo di aver trovato qualcosa che le piace e glielo ripresento, e lei non tocca più nulla! Ogni pasto inventare qualcosa di diverso non è semplice ma lo prendo nell’aspetto positivo anche per me.
    Credo che nel mio caso l’esperienza dell’allattamento a richiesta andato bene mi abbia effettivamente condizionata in positivo sul lasciarla decidere riguardo al cibo. Già a 7 mesi al momento della pappa dopo un po’ faceva “no” con la testa e se provavo a insistere alzava gli occhi al cielo urlando.
    Oggi provo sempre a darle cose diverse senza commenti, e le chiedo di assaggiare le cose nuove dicendole “se non ti piace lo sputi”, solo ultimamente è diventata più sospettosa. Infine, surprise: questa settimana mi stavo impensierendo dopo ben 5 giorni di pastasciutta in bianco finché ieri ha visto sul mio piatto del cavolfiore bollito e me lo ha chiesto, mangiandosene quattro cucchiai.

    @ Barbara
    anche io sono un po’ disorientata da quello che scrivi nel senso che mi sorprende leggere di una bambina che non riconosce lo stimolo della fame. O meglio, capita anche alla mia che verso metà mattinata o metà pomeriggio si innervosisca e quindi devo essere io a proporle di mangiare. Però a pranzo e cena solitamente mi chiede la pappa.
    Sull’esperienza dell’allattamento: devo convenire con Andrea che da quanto ho potuto vedere per esperienza diretta e indiretta, è vero che i pediatri sanno molto meno di una puericultrice. Anche mia figlia il primo mese poppava ogni mezz’ora però all’epoca mi hanno consigliato, dopo che l’allattamento si era ben avviato, di allungare l’attesa, facendola proprio aspettare fino ad un’ora e poi un’ora e mezza, in modo da dare al seno il tempo di riempirsi e alla mamma di non collassare. Leggendoti mi pare di capire che questo consiglio non ti è arrivato e sei passata al LA con le tabelle di crescita collegate.
    Detto questo non sono certa come Andrea che tua figlia si sia sentita forzata a mangiare, oltre allo stomaco piccolo potrebbe trattarsi di metabolismo? Non sono un medico ma conosco adulti che vivono da sempre mangiando qualcosina ogni ora (letteralmente ogni 60 minuti), ovviamente sta a loro, dato che sono adulti 😉 mangiare un frutto o una verdura piuttosto che uno snack al cioccolato.

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  5. Sono completamente d’accordo.

    Vengo da un tipo di ‘educazione’ alimentare in cui lasciare qualcosa nel piatto è segno di mancanza di rispetto per il cibo. Capisco e condivido il rispetto del cibo, ma questo non deve diventare una leva per obbligare i bambini a mangiare se ne non se la sentono.

    Eppure non è facile spiegarlo alle nonne in particolare, che tendono a dare un significato “morale” al fatto di mangiare o meno. Ma che senso ha? Quante volte ho visto che all’avvicinarsi di un malanno qualunque mio figlio diventava inappetente? Quindi che senso ha incitare un bambino a mangiare se digiunare risponde a una sua necessità fisiologica?
    In fondo, ho sempre visto che quando mio figlio ha fame si fa sentire eccome.
    Soprattutto evito l’associazione mangiare tutto = bravo bambino.

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  6. @Barbara,
    ho riletto i tuoi interventi e devo essere sincero non capisco quale sia il tuo punto.

    Riassumo con qualche frase (secondo me) chiave:

    B: Ancora adesso mangia poco, ma ci mancherebbe che la forzi. Io lotto solo contro il pochissimo, perchè so che non le basta.

    A: Lasciala fare… poi vediamo che fa. Se dopo 20 minuti ha fame… ciccia. La richiesta deve venire sempre dall’altro e non da te. Ha fame dopo 20 minuti? Pazienza… se la terrà fino allora del pasto successivo. Vedrai che questa solfa non andrà avanti a lungo.

    B: “non ho MAI detto che non mangia, dicevo e continuo a dire che mangia poco”

    A: Mangia poco secondo chi? Secondo te? E tu, scusa, ma che ne sai? Di persone che a MIO avviso mangiano poco o troppo quante ne ho viste? A seconda di chi senti io mangio poco o troppo, quindi figurati tu…

    B: E’ una bambina piena di energia
    A: Ma allora dov’è il problema? Tua figlia ti ha dato tutte le risposte che ti servono. Lei sta bene anche se (secondo te) non mangia abbastanza.

    Comunque la parte più interessante del tuo intervento viene quando parli del pediatra:

    B: mia figlia mangiava esattamente la metà della dose minima raccomandata dalla sua pediatra (che quindi aveva valutato conformazione fisica, stato generale di salute eccetera).

    A: qui i nodi vengono al pettine… innanzitutto, mi sembra di capire che la bambina era allattata, e come facevi a sapere quanto mangiava? Doppie pesate a manetta? Se il pediatra te l’ha suggerito, dimmi come si chiama che gliene dico 4, anzi 8 se non 16!
    Comunque, il “valutato conformazione fisica ecc.” scommetto che si può tradurre così: ha visto l’età e ha detto che deve mangiare un tot (proprio come dicono le scatole di latte in polvere, secondo le quali figlia 1 per un periodo ha mangiato… boh… il 60-70% della dose consigliata, non ricordo di preciso).

    B: Evidentemente aveva – e ha mantenuto – uno stomaco di piccole dimensioni. Nel periodo dell’allattamento questo comportava minore produzione di latte e pasti molto ravvicinati, che per una madre non sono proprio il massimo e rischio di reflusso e cattiva digestione.

    A: Qui si tocca l’apice… Ma che (scusa il termine) boiate ti dice ‘sto pediatra? Cosa ti aspetti che faccia un bambino di un mese se non poppate molto ravvicinate? Quello è il mestiere suo. Il pediatra, invece di metterti in testa chissà che cosa (la storia dello stomaco nano mi è nuova… indagherò se esiste una tale patologia), avrebbe dovuto tranquillizzarti dicendo che era normale e che per molti bambini, fino a che la produzione non si regolarizza, è proprio così: poppate in continuazione. Basta che leggi un forum qualunque… quante storie identiche alla tua vi trovi? Possibile che siate tutte così sfigate??
    Magari per te non andava bene (comprensibilissimo), ma allora il problema è tuo, non di tua figlia (e del suo mini-stomaco).
    Non dimentichiamo che i pediatri di allattamento sanno poco o niente: alla scuola di specializzazione all’allattamento, SE VA BENE, vengono dedicate 2-3 (dico DUE-TRE) ore (ripeto, ORE, non giorni o settimane), e altrettante all’alimentazione. E va meno bene questo numero di ore scende a … ZERO!

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  7. @Andrea capisco quello che vuoi dire, ma mia figlia mangiava esattamente la metà della dose minima raccomandata dalla sua pediatra (che quindi aveva valutato conformazione fisica, stato generale di salute eccetera). Evidentemente aveva – e ha mantenuto – uno stomaco di piccole dimensioni. Nel periodo dell’allattamento questo comportava minore produzione di latte e pasti molto ravvicinati, che per una madre non sono proprio il massimo e rischio di reflusso e cattiva digestione. Poi crescendo si è assestata, e io ho smesso di preoccuparmi intorno ai suoi 6-8 mesi. E’ una bambina piena di energia, ma mangia sempre molto poco. Le basta, ma è facile dirlo adesso che ha tre anni: quando hanno un mese ti poni seriamente il problema. Non si tratta di essere ansiosi, quando riesci a mettere un punto. Sono d’accordo che se continui arrivi al problema opposto, ma appunto io a un certo punto mi sono assestata con lei. E non ho MAI detto che non mangia, dicevo e continuo a dire che mangia poco. Adesso l’unico problema è quando siamo fuori casa convincere il cuoco di turno a darle mezzo piatto, che sennò si butta via 🙂

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  8. Ho dato un’occhiata più calma ai commenti (non tutti però) e una frase mi è rimasta impressa.

    Barbara dice: “è sempre stata così e i primi mesi di allattamento sono stati difficili. Avrebbe poppato ogni mezz’ora…”

    Una cosa della quale sono CONVINTISSIMO (uso il maiuscolo in caso il superlativo non sia sufficiente:) ) è che queste cose nascono non quando il bambino è già grandicello e SEMBRA non mangiare, ma nella primissima infanzia, anzi quando è appena nato (complice la mala informazione che si riceve, aspettative non realistiche, scarsa esperienza, consigli benintenzionati, ma dall’effetto devastante, ecc.). Quante volte si dice… poppa poco… ha sempre fame… non ho latte… non mangia abbastanza… e chi più ne ha più ne metta. Poi arriva lo svezzamento che dà ai genitori (e al malcapitato bambino) il colpo di grazia: non mangia la pappa, non finisce mai il piattino, ogni pasto è una tragedia, ecc. ecc. e prima che te ne accorgi sta parlando di un bambino di 5 anni o più che “non mangia”, e ci si stupisce di ciò? Se tutta la vita non altri ricordi dell’assillo che i genitori gli davano al momento dei pasti c’è poco da sorprendersi se il suo rapporto con il cibo ne risulta distorto.
    È nato prima l’uovo o la gallina? È venuto prima il genitore apprensivo o il bambino “inappetente”? Io so che il bambino agisce con naturalezza perché ancora privo di condizionamenti sociali e culturali quindi se dice che non vuole mangiare… gli credo.

    Tanto per sottolineare che non pontifico così tanto per dire… per quanto mi riguarda la conversione damascena è avvenuta quando figlia 1 aveva circa 3-4 mesi. All’epoca (3 anni fa) mangiava decisamente MENO di quanto non fosse raccomandato sulla confezione di latte artificiale e io non sentivo ragioni (in questo parzialmente spronato dall’operatore sanitario di turno). Quando era ora di mangiare… si mangiava e niente storie. Avevamo tutta una serie di stratagemmi: luci soffuse, poltrona preferita, posizione ad hoc, ecc. ecc. Per fortuna che più o meno all’epoca mi sono reso conto quanto fossi CRETINO a comportarmi in questo modo e così ho smesso di guardare quanto mangiasse. Chiaramente non è successo dall’oggi al domani, ma neanche in tanto tempo.
    E meno male che ho visto la luce in tempo!!

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  9. Un grosso “ti quoto” per @girandolaprecaria @aspirantemamma e @Andrea! 😀

    @Vittore, ma per assaggiare piatti nuovi e’ molto piu’ efficace un dialogo rilassato senza aspettive che una anche

    velata forzatura! “Ti consiglio di provarlo, secondo me ti piace” e se poi di provarlo non gli va, pazienza ma

    avremo accordato a nostro figlio la liberta’ di scegliere per se stesso pienamente, e chissa’ che la volta

    successiva invece non decida che forse e’ il casoprima di assaggiare, tutto sommato, e poi decidere.

    Se il bambino non mangia non mi preoccupo, no. Anzi, la domanda e’: DAVVERO il bambino non mangia? O solo non

    mangia quello che ci aspettiamo noi? E le nostre aspettative sono realistiche? Ricorriamo per caso a riempi pancia

    senza piu’ fare caso a cosa sono (non c’e’ niente di male nella focaccia o nella cioccolata ogni tanto, ma quando

    diventanop un appuntamento quotidiano per sostituire pasti saltati la questione cambia) purche’ mangino?

    E’ sempre nella testa del genitore il problema, e mai nel bambino. Siamo programmati per volere nutrire i nostri

    figli, ma noi di carestia al giorno d’oggi non rischiamo di morire. Al contrario.

    Il cibo e’ senz’altro salute, di certo noi oggi possiamo permetterci di scegliere e di specularci su, cosa che

    decenni fa non era possibile (mangia oggi figlio mio, perche’ domani chissa’).

    E’ un discorso davvero infinito, mi ci perdo dentro! Ma abbiamo un mese di tempo, no? 🙂

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  10. Vado di corsissima…

    Se c’è un problema fisico per cui una persona (non necessariamente un bambino) non mangia, si cura il problema che c’è alla base, NON il sintomo. Che fai curi la polmonite con la tachipirina perché ti fa abbassare la febbre?

    Se a te, adulto, qualcuno venisse a dire di mangiare un altra forchettata di pasta (o quello che è) perché “ti fa bene”, quanto ti ci vorrebbe prima di mandarcelo di gran carriera?
    Mi dirai che un bambino non sa quello che vuole, ma qui si parla di istinti primordiali. È come dire che a un bambino devi ricordare di respirare perché, appunto, è un bambino e non puoi rischiare che si auto-soffochi.

    Insomma, non sono i bambini a dover mangiare di più, ma i genitori e i parenti in genere a dover rompere di meno.

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  11. Mi sono riletta, forse sembro un po’ sempliciotta 🙂
    Ovviamente io parlo da madre di bambini che non hanno mai avuto nessun problema: è ovvio che se un bimbo non cresce o perde peso un’occhio va dato, anche se insistere per aumentare le porzioni si capisce, non è per forza la soluzione.

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  12. Hai ragionissima.
    Io ho mille ansie, ma di certo non quella del piatto mezzo pieno.
    Non mangi? Hai già mangiato o mangerai (cit. nonna novantenne).
    Che a insistere si carica il cibo di ansie e aspettative e si peggiora la situazione.
    E per questo non transigo sul menu personalizzato per il bambino e/o sulla triade pastainbianco/fettina/patatine.
    Anna ha 5 anni e non mangia quasi niente: perché pensa a giocare, a parlare, a saltare, a sognare. E’ magra e pallida ed è bellissima, è così che devono essere i bambini!

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  13. @ Serena dai, checcentrano i papà, le nonne… il tema è interessante, ma a volte mi sembra esagerato categorizzare modi di dire con metasignificati da condannare… a prescindere.
    Un bambino non mangia o perde peso: cheddevo fare? Non ci si deve preoccupare? Non ci si deve inormare? Abbinare il cibo a salute è solo una fissazione sociologica della società opulenta?
    Su questo tema mi sono tolte le mie piccole ansie, ma ogni bimbo è una storia a sè. E poi come non “forzare” in qualche modo l’assaggio del cibo se poi sostieni che si devono proporre piatti diversi. Se la novità non l’assaggiano come si fa?
    E poi: sei certa che il cioccolato sia un cibo schifezza? Che differenza c’è tra una sana focaccia (senza strutto) e il pane? O il cioccolato fatto bene e il formaggio?
    Questi i miei dubbi!
    Saluti.

    Reply
    • @Vittore non so se ti riferisci al mio commento che era in risposta a Gloria, che parlava di mamme e nonne ansiose, e io ci ho aggiunto che anche i papà non sono da meno, perché è troppo facile cadere nello stereotipo della mamma ansiosa 😉
      Detto ciò se il bambino non mangia e perde peso è chiaro che ci si deve preoccupare. Ma forzarlo a mangiare è veramente la soluzione del problema? Tra proporre piatti diversi e forzare l’assaggio poi c’è un abisso. Una cosa è costringere a mangiare qualcosa, una cosa ben diversa è invitare a farlo. Chiaro poi che dipenderà molto dall’età dei bambini. Io con il grande (che ha 6 anni) ci ragiono su e gli dico che se non lo assaggia non può sapere se gli piace o meno, lo invito a farlo, ma se lui si rifiuta lascio stare. Però a forza di invitarlo magari alla ventesima volta che glielo propongo accetta, e se ne divora un piatto intero. Per quanto riguarda il cioccolato, dipende chiaramente da che tipo di cioccolato parliamo. Io compro quello fondente (che è anche il preferito dei miei figli). Quello al latte spesso contiene molti zuccheri. Insomma come sempre per me vale la regola della moderazione, senza esagerazioni e senza estremismi. Spero di averti aiutato a dissipare qualche dubbio!

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  14. Noi sappiamo davvero di quante calorie ha bisogno il nostro pupo?
    Di quante vitamine?
    Di cosa sia necessario per lui/lei per farli crescere?

    Io non credo che ciò che salvi, oggi, dalle malattie infantili (salvo l’obesità) siano le conoscenze mediche che hanno i genitori. Quel che salva dal rachitismo ecc. è la disponibilità di cibo sano, e non la conoscenza della quantità esatta di quanto va mandato giù.

    Tutti noi ci nutriamo seguendo la nostra panza, il nostro senso di sazietà, a meno che non desideriamo dimagrire.
    Più o meno, negli anni, rimaniamo dello stesso peso. Senza misurare calorie! Miracolo? O siamo capaci di regolarci?

    A meno che non siamo tentati da qualcosa di molto, molto buono e facile da raggiungere, che allora ci distoglie dal nostro senso di sazietà. Io che sono una golosa cronica, non tengo in casa cioccolato, né tantomeno nutella. Potrei mangiarne fino a stare male, lo so e la evito.

    I nostri figli sono capaci di regolarsi allo stesso modo – a meno che non gli mettiamo sotto il naso qualcosa di molto, molto goloso.

    Certo, a una certa età cominciano a essere diffidenti verso certi cibi, casualmente quelli più sani. Le verdure, che schifo! Eppure, tanti bambini non le mangiano (ma i loro genitori, le mangiano volentieri? Almeno gliele fanno assaggiare?) e vivono benissimo lo stesso. Non dico di assecondarli, ma almeno non tormentarli. Il corpo umano ha tante risorse.

    Noi frequentiamo una coppia con un bimbo di 7 anni, e a ogni cena è sempre un “mangia, mangia, dai, finisci”; un tormento. Poi, prima della nanna, una bella tazza di latte. Quante calorie ha una tazza di latte? 120, 130? E di quante ha bisogno quel bimbo al giorno? a naso, abbastanza poche perché quella tazza rappresenti un pasto da non sottovalutare. Inutile insistere più di tanto; lui si regola, sapendo anche cosa arriva dopo cena.

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