Gestire lo stress e sosfiffazioni di mamma

Oggi brevetto di nuoto.
Non solo, dato che nel giorno dei brevetti il Sorcetto-figlio-introverso si godeva allegramente la sua ultima febbre a 40° della stagione, oggi brevetto di nuoto nel giorno dei recuperi. Quindi… da solo.
Nel corso delle due ultime settimane, ogni volta che si andava in piscina, la domanda era inevitabile: “mamma è oggi il brevetto?” “no” “uhmpf…“.
Che vuol dire “uhmpf”? Sei dispiaciuto che non sia oggi? Sei preoccupato? Sei contrariato? Ti rifiuterai categoricamente di sostenerlo? La mamma-del-figlio-introverso drizza le antenne.
Strategie di avvicinamento al giorno del brevetto, buttate li con nonchalance, come fossero discorsi casuali: “ma mica è un esame, è solo un modo per stabilire che è finito l’anno di piscina“… silenzio; “sai, quando si inizia una cosa poi bisogna portarla a termine“… silenzio; “che vuoi che sia, fai le solite cose che normalmente ti dice di fare I. e poi andiamo a casa anche prima del solito“… silenzio.
Questa mattina primo allarme (previsto): “ma io mica ci vado oggi al brevetto“. La mamma-del-figlio-introverso, quello che al massimo fa un paio di domande e poi… silenzio, per poi sentenziare dopo due settimane di riflessione sull’argomento, sa che oggi pomeriggio alle 16.30 ci sarà da divertirsi… Ma fa finta di niente e sorride come se non avesse sentito…
Torna a casa prima, alle 15.00 circa, per prevenire la bufera. Ma tutto tace, tutto tranquillo… La mamma-del-figlio-introverso è perplessa: nessuna scena per non andare in piscina? Continua a sorridere. Tutto continua a tacere: si prepara la borsa, si esce, si parcheggia, si porta il regalino all’insegnante di nuoto I. (che Diosolosa quanto se lo merita…), ci si spoglia, ci si mette il costume, si va in vasca, si entra in acqua, si eseguono gli esercizi, si esce, ci si fa la doccia, ci si riveste, si ritira il brevetto. Si telefona a nonna e papà: “ho preso il brevetto, c’è scritto primo livello!!! è quello dei grandi!!!“. Si sorride. Ci si sente dire: “sono proprio sosfiffatto e ffff…. ffff…., com’è che si dice? ah, si fiero“.
Ora, la mamma-del-figlio-introverso, che ha visto cosechevoiumaninonpoteteneancheimmaginare nel passato, che fa? Si rilassa, ride, si compiace. E pensa: “ma è proprio cresciuto, ormai riesce a superare le tensioni“. Perchè la mamma del figlio introverso è ingenua, è ottimista… e anche un po’ sprovveduta.
Esattamente dopo due minuti che la mamma-del-figlio-introverso è rientrata a casa e si è rilassata, accade che il figlio-introverso si tramuti, senza alcun motivo apparente e senza evento scatenante, in Mr. Hide… Lancia le scarpe ovunque, da un calcio sullo stinco a mamma-ingenua-del-figlio introverso, si esprime come un portuale, piange ripetutamente senza motivo, risponde male alla nonna (si, la stessa della telefonata trionfante di prima), grida, si chiude in camera, poi esce pronunciando incomprensibili imprecazioni, comunica rabbiosamente che nessuno deve parlare con lui per almeno 100 minuti (100 minuti?), butta all’aria tutto quello che trova sul suo cammino, si rifiuta di cenare, chiude ogni comunicazione col mondo circostante per una buona mezz’ora… Poi improvvisamente, ritornato Dr. Jekill, annuncia che dopo una tazza di latte e qualche biscotto andrà a letto (la cena è fuori discussione)… e così fa.
La mamma-del-figlio-introverso, recuperate le sue facoltà mentali obnubilate dal precedente ottimismo, trae qualche conclusione:
1) il figlio introverso è introverso: non dirà mai che il brevetto di nuoto lo preoccupa e gli da ansia;
2) il figlio introverso è davvero cresciuto ed ha imparato a superare lo stress e la tensione provocate da una prova, dall’imminenza di qualcosa a cui tiene: non si è tirato indietro ed ha mantenuto la calma fin quando era necessario;
3) il figlio introverso, mentre andava serenamente verso (quello che considerava) il patibolo, covava uno stress non indifferente;
4) il figlio introverso è anche: competitivo, perfezionista, intollerante alle sconfitte, orgoglioso, serio nei suoi impegni, portatore sano di amor proprio, dotato di un minimo di autocontrollo;
5) il figlio introverso conosce i termini “sosfiffatto”, che si presume stia per soddisfatto, e “fffffiero”;
6) il figlio introverso da qualche parte lo deve pure tirare fuori questo stress… che mi pare anche cosa buona e giusta al fine di non diventare figlio-nevrotico.
A seguire la mamma-del-figlio-introverso si pone la seguente domanda:
Ma se questa era la reazione al brevetto di nuoto – livello 1 – dorso…. ma cosa ci aspetta il primo giorno di scuola elementare, la prima interrogazione, la prossima gara di mountain bike o di nuoto, l’esame di terza media, il primo appuntamento, il giorno della laurea… e così via spaziando tra situazioni stressanti???
La mamma-del-figlio-introverso non sa cosa la aspetterà… ma sa che sicuramente dovrà capirselo tutto da sola e aspettarsi pioggia, vento e tempesta… Ma in fondo è sosfiffatta…

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29 thoughts on “Gestire lo stress e sosfiffazioni di mamma”

  1. No anzi, continua, continua… tanto il Sorcio dorme, possiamo filosofeggiare… mi interessa.
    (@ Serena: ehi, ma quando la mettiamo una chat su questo sito, socia??? che qui non si sa dove chiacchierare 🙂 )
    In realtà credo che molti di noi italiani, educati al metodo “dell’esame” e del rigore teorico (??? ma come t’è venuta in mente? rigore? qui???), ce la siamo cavata benissimo in patria ed in giro per il mondo, quindi tutto sommato non è proprio deleterio.
    Sai, sono anche un po’ scettica sul tuipico atteggiamento italiano per cui tutto quello che viene dall’estero è bello e buono.
    Qui, direi, che c’è ancora (e nonostante tutto) una scuola elementare piuttosto buona e formativa, con maestri molto concentrati sui bambini. Ovviamente, come ovunque, c’è di tutto, il meglio ed il peggio.
    Insomma, la definizione mnemonica non è apprezzata dappertutto anche qui. E l’italiano serio parte dal presupposto che, siccome è preparato a tutto perchè è italiano, comunque ce la fa!

    Certo che se sappesse che il suo brevetto di nuoto ha dato vita a tutto questo…

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  2. a proposito, se non lo avete letto, io ho trovato molto carino questo libro. E’ un libro leggero, ironico, scritto da un inglese che vive in italia da tanto ormai, sposato con un italiana e con dei figli italiani a tutti gli effetti, e lo trovo utile per gli italiani che ne ricevono un punto di vista interessante ma anche informato sulle loro idiosincrasie, e per gli inglesi, che invece almeno entrano in certe ottiche e ci capiscono un po’ meglio. E per me che devo capire i miei figli con doppia nazionalita’ :-S

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  3. … lo sai che proprio ieri sera parlavo con un amico che ci era venuto a trovare, che era qui in UK fino a qualche anno fa ma ora e’ tornato in Italia, delle differenze educative, perche’ la sua bimba ha fatto la prima parte della scuola qui (aveva 6 anni quando e’ partita). E’ un argomento che mi interessa tanto, sia per via dei miei bimbi, ma anche in generale come strategie di apprendimento e pedagogia.
    Banalizzando, ci pareva che qui l’obiettivo principale fosse quello di dare al bambino l’autostima necessaria ad affrontare qualsiasi cosa, per cui si va avanti con quello che abbiamo definito la politica del “well done sticker”. Anche se non hai proprio proprio “well done”, il pollice e’ alto. In Italia ci pareva fosse tutto molto impostato all’Esame, con la maiuscola, tipicamente davanti a tutti, che quindi possono fare paragoni (ma anche creare tensioni).
    Un’altra cosa che ci pareva e’ che qui si parte molto dal bambino, da quello che gia’ e’ e gia’ sa. In Italia, mi diceva il mio amico, l’impressione che ha avuto e’ che la maestra volesse innanzitutto far piazza pulita di tutte le idee precedenti, per poter poi “seminare” in un terreno bello fresco di aratura. La sua bimba (9 anni ora) era un po’ in crisi da questa cosa, e quindi ha iniziato a perder colpi anche su cose che sapeva benissimo (tipo se l’Adriatico fosse ad Est o Ovest: lei sa benissimo dove tramontava il sole quando ci e’ andata, a mare, in entrambi i posti, quindi bastava fare “scaffolding” su questa esperienza invece di costringerla alla definizione mnemonica). Anche in questo caso il problema e’ uno di fiducia in se’ stessi, ci pareva.
    Poi, cosi’ visto che era tardi, i bimbi dormivano e si poteva fare speculazione filosofica senza pudore, abbiamo provato a considerare che succede a questi bimbi a distanza di anni: in teoria l’Italia e il suo rigore teorico (?) dovrebbe “formare” il carattere e creare personalita’ forti, pero’ a noi pareva che l’Italiano medio rispetto all’Inglese medio avesse poi piu’ spiccato il senso del servilismo o del qualunquismo, dipende da come si colloca: l’Inglese se vuol fare qualcosa parte convinto che, se si prepara bene (ecco questo e’ un punto importante, se si prepara bene, non se e’ sufficientemente furbo o ammanicato) ce la fa….
    Vabe, basta ora, ho tediato anche troppo i presenti 🙂

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  4. Silvia, i sensi di colpa proprio no. Sei stata te a dire che su questo blog sono vietati per scelta editoriale, no?

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  5. In effetti mi sembra molto corretta come impostazione.
    Però qui da noi, come ben sapete, combattiamo con mali diversi: i bambini sono iperprotetti dai genitori e gli si riconosce il diritto di prendere le cose “alla leggera”, ma in senso negativo. Questo si ripercuote su tutto, sulla scuola, sullo studio e, figuriamoci quanto, sullo sport. In fondo un impegno “serio” forse non fa male ad un bambino italiano.
    Comunque vi assicuro che il brevetto non aveva nessuna parvenza di “esame” e non era un’esperienza particolarmente traumatica… Non mi fate sentire in colpa, vi prego!!! Almeno è una piscina con insegnanti preparati!

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  6. Silvia, io capisco lo stupore di supermambanana. Qui in Svezia non danno una valutazione ad un bambino in età scolare, figurati prescolare. Non importa che sia brevetto di nuoto o altro. Credo che siano differenze culturali di fondo, come il fatto che qui l’estroversione e il senso della competizione sono considerate cose negative. Qui non si fa. Pare che sia stressante per i piccoli. Pare che gli si da il messaggio che non è importante divertirsi a nuotare per il gusto del farlo, ma per raggiungere il brevetto finale. Pare che l’impegno deve essere trovato dentro di se e non imposto dall’esterno. Pare….

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  7. @supermam: Vabbè, non esageriamo, anche per loro vale quello che hanno fatto durante l’anno, però sono previste 2 valutazioni di mezzo-corso e quella finale, per il brevetto, con un osservatore che non sia il loro istruttore… Dici che è un po’ stressante per i piccoletti? Comunque è anche vero che, sebbene sia in età prescolare, ha preso il primo brevetto “ufficiale”, quello normale, non quello per i piccoli.
    In effetti è una piscina molto seria e gli insegnano fin da subito a prendere anche lo sport come un impegno (anche se nessuno li frusta, sia inteso!). Credo che sia un concetto positivo e contrastante con la dilagante cultura del “disimpegno a tutti i costi”.
    Comunque è sopravvissuto ed oggi se ne va in vacanza con la nonna al lago…

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  8. Silvia scusa, sara’ fuori tema, ma fammi capire: gli han fatto un esame per il brevetto di nuoto???? In eta’ prescolare????? E’ questa la prassi???? I miei anche vanno a nuoto ma la certificazione di fine anno non si stabilisce in base alle prestazioni DELL’ULTIMO GIORNO COME UN ESAME, gli istruttori mettono per iscritto giorno per giorno cosa sanno fare, un po’ come il profilo della scuola materna, e se vedono che i bimbi fanno una determinata cosa con continuita’ volta dopo volta allora “they tick the box”…. nell’ultimo giorno sulla base del profilo si da’ il certificato corrispondente al livello raggiunto.

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  9. @Gloria: l’ultima volta che si è iscritto ad una garetta di mtbike (al seguito dell padre), al momento della partenza si è rifiutato di partecipare… ovviamente per paura di non vincerla… Questo è un problemino sul quale dovremo lavorare molto…

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  10. Cara Silvia,
    lo stress da sconfitta lo dobbiamo ancora imparare a gestire.
    Confido che la saggezza della crescita porti al raggiungimento di questo traguardo

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  11. Bellissimo; se al posto del brevetto di nuoto ci metti la cintura gialla di karate, hai visto il mio, di introverso, e tutto, ma esattamente tutto lo tsunami che segue. Confido che col passare degli anni gli tsunami diminuiscano di intensità..

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  12. @Gloria: il mio feeling con te è sempre più palpabile! noi facciamo le gara a Radiator Springs con il gioco di Cars sulla Wii. Voi? E scusami, ma come ragisce il tuo quando vinci tu? Tanto per sapere…
    La serata in cui si urla in due normalmente è interrotta dalle urla definitive dell’ingegnere che ci fa notare che non ci sopporta più… così, amareggiati dal fatto che ci ha interrotto il duello verbale siamo costretti ad abbracciarci e fare pace…
    @Serena: credo che nelle varie elaborazioni della faccenda nei giorni precedenti devo averci infilato anche io qualcosa del tipo “capisco che sei preoccupato, però sai I. ti conosce e sa che ti sei impeganto tutto l’anno”, insomma, ne ho dette tante… Però è servito il solito tsunami per riportare le emozioni al loroo posto.
    Ah… è sparita una “crocs” arancione, non si trova più da ieri sera… dovrò prendere la scala e cercare in cima alle librerie…

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  13. WOW! Che dire, sono felice che sei sopravvissuta per raccontarcelo. L’unica cosa che mi viene in mente per aiutarlo nel post-evento è quella di riconoscergli la preoccupazione, invece di dire che non c’è nulla di cui preoccuparsi, e offrirgli una via di fuga per lo stress prima. Ma queste sono tecniche di allenamento emotivo, di cui spero riuscirò a scrivere al più presto. Esempio?

    Lo scorso venerdì, mentre eravamo in attesa dell’arrivo di un amichetto dall’Italia, ho pensato di preparare il Vikingo all’evento. Appena lo ha saputo, è stato visibilmente contento, si è gonfiato il petto e ha dichiarato: “è un amichetto mio!”. Poi gli ho parlato di condivisione dei giochi. E lui non ha reagito per un’oretta. Ha iniziato ad innervosirsi per qualsiasi sciocchezza, scalciare, lanciare oggetti inaspettatamente. Stava aumentando lo stress interiore. Gli ho chiesto un centinaio di volte cosa stava succedendo, e lui zitto. Poi gli ho chiesto esplicitamente “ma sei preoccupato per l’arrivo di P.?” Cenno affermativo appena percettibile con la testa. “Sei preoccupato perchè non sai se ti troverai bene a giocare con lui?” altro cenno appena percettibile “Lo capisco, anche io sarei preoccupata al posto tuo. Pensa se è antipatico e vuole prenderti tutti i tuoi giochi! Vogliamo mettere via un gioco speciale che lui non può assolutamente toccare?” cenno affermativo della testa ampio, corre in camera, torna con un set di macchinette speciali che mettiamo al sicuro nell’armadio “ecco fatto! Poi se ti sta antipatico, possiamo sempre vedere un film, così non devi giocarci per forza se non ti va!” Visibilmente rilassato, abbiamo incontrato P. con il quale ha fatto subito comunella.
    Per carità non sono mancate liti e tensioni. Di quelle non si può davvero fare a meno 😉

    Però che bravo che è stato il Sorcetto! Proprio bravo! Ne da di sosfiffazioni!

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  14. Mmmm, questione tesa. Leonardo ha gli stessi scatti da post stress. E’ capace di andare in bici per ore cadere, rialzarsi, ricominciare e poi una volta a casa, improvvisamente, urlare che io (?) non sono corsa subito da lui quando è caduto, che poteva rompersi una gamba e io stavo parlando con un’altra mamma, ecc.
    Dopo 7 anni ho smesso di sentirmi in colpa, tanto non è vero che ce l’ha con me, canalizza la sua frustrazione prendendosela con me. Aspetto che lo tzunami passi e poi cerco di parlargli e rielaborare l’accaduto.
    Ogni tanto però si è più stanchi e allora per casa passa un tornado con me che urlo da una parte e lui che urla dall’altra. Ma alla fine della giornata ci abbracciamo e credo che sia questo che conta. Credo che a volte abbia anche bisogno di questi duelli verbali. Quando era più piccolo giocavamo “alla lotta” un modo controllato per gestire l’eccesso di attività. Adesso è troppo grande e mi lascia lividi, così siamo passati agli scontri verbali e qualche volta a quelli da videogiochi (tipo gara di macchinine)

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