Genitori in congedo 2 – perchè non ne approfittiamo?

Come si può vedere dalla panoramica sulla normativa italiana in tema di congedi parentali, le possibilità per stare casa un discreto periodo di tempo, sia papà che mamma, magari rinunciando ad un po’ di soldi, ci sono. Eppure in Italia pochi ne approfittano e pochissimi di quelli che ne approfittano sono i padri.
Tranne i casi di eventi eccezionali (morte o grave malattia della madre, affidamento esclusivo del figlio al padre), il padre non è ammesso all’astensione dal lavoro nel periodo del congedo obbligatorio, se non quando la moglie sia inoccupata o lavoratrice autonoma.
Facile comprendere che, in caso di madre senza occupazione, sarà ben difficile rinunciare anche a quel 20% di decurtazione dello stipendio del padre e, difficilmente l’uomo potrà approfittare del congedo. In caso di moglie lavoratrice autonoma le possibilità sarebbero più ampie, ma non c’è nulla da fare: quale mamma rinuncia a stare con il proprio bambino a tempo pieno per i primi 3 mesi? Ed allora perchè il papà non dovrebbe andare a lavorare?
Il periodo di congedo più congeniale al papà potrebbe essere quello facoltativo, della durata massima di sette mesi (ma da fruire, a scelta, anche per un tempo inferiore). Perchè i papà italiani ne usufruiscono tanto poco?
Realisticamente perchè gli stipendi degli uomini sono più alti di quelli delle donne e così, se in famiglia si decide di rinunciare al 70% di uno dei due stipendi, i conti obbligano a scegliere quello della mamma.
Inoltre, un uomo che decide di assentarsi dal proprio lavoro per diversi mesi, per stare con il figlio, verrà considerato poco carrierista, poco attaccato al lavoro, una sorta di smidollato: ne patirà la sua carriera e la sua immagine aziendale. E non è un timore: purtroppo spesso è la realtà.
In Italia questo è vero anche per le donne: il datore di lavoro tollera a malapena il congedo obbligatorio, ma molto meno quello facoltativo. Figuriamoci se a volerne fruire è un uomo: si passerà dalla derisione al mobbing!
Purtroppo un donna è culturalmente pronta ed abituata all’idea che fare un figlio è, nel nostro Paese, un freno alla carriera. Al suo ritorno al lavoro sa che sicuramente qualcosa sarà cambiato: incarichi peggiori, mansioni di ripiego. E’ sbagliato, è tragico, ma lo ha messo in conto. Ma un uomo sa tollerarlo?
Vi consiglio di leggere questo interessante articolo dove è citata una proposta che l’associazione Donne Manager vuole proporre al Ministro per le pari opportunità Carfagna, di cui troverete maggior dettaglio su donne.manageritalia.it.
Si parla di rendere obbligatorio per i padri un mese di astensione dal lavoro. Io sono contraria ad obbligatorietà di questo genere: ogni famiglia dovrebbe poter decidere secondo i suoi equilibri interni. Ma se questo servisse ad un mutamento culturale? Se potesse essere un espediente per rendere più normale che un padre voglia accudire suo figlio tempo pieno per un periodo?
In realtà in Italia non sono le leggi a dover cambiare, o almeno non sono quelle a dover cambiare per prime. Dovrebbero cambiare prima le persone.
I lavoratori non sono informati dei propri diritti, quando sono informati e tentano di farli valere si oppongono loro difficoltà ed ostacoli burocratici. Gli uffici del personale nicchiano, i datori di lavoro storcono il naso, nessuno fornisce i dovuti chiarimenti in azienda. E queste sono le situazioni migliori: laddove i lavoratori sono più fragili, magari per il livello culturale meno elevato, molto spesso si passa alla esplicita minaccia di licenziamento.
La legge n.53 del 2000 sui congedi parentali è stata considerata una rivoluzione culturale in Italia, perchè favoriva una reale alternanza di madre e padre nella cura dei figli. Ancora, però, non ne è seguita una rivoluzione nella cultura reale: e non nascondiamoci dietro al presunto “chioccismo” delle mamme italiane. Le donne guadagnano di meno ed i loro compagni, se anche volessero accudire i figli, ne pagherebbero conseguenze ancora più alte di quelle che pagano loro.
Mentre scrivevo questo post mio marito mi ha detto che, se tornasse indietro, approfitterebbe dei congedi di cui non ha usufruito.
Per essere più simili agli svedesi non abbiamo bisogno di leggi, abbiamo bisogno di cultura.

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17 thoughts on “Genitori in congedo 2 – perchè non ne approfittiamo?”

  1. Se non sbaglio se n’è parlato poco tempo fa di una legge del genere. Io invece non sono contraria all’obbligatorietà: perché per le donne è obbligatorio? Perché serve al figlio, perché una madre potrebbe essere tentata di andare a lavorare subito se lo stipendio già basta a malappena, perché se non lo fosse un datore di lavoro potrebbe fare pressioni e ricatti… Come possiamo pensare che in un paese come il nostro possa essere diverso per gli uomini? Si parla tando di baby blues, di solitudine dopo il parto, di donne che hanno bisogno di aiuto quando nasce un bimbo (e in fondo, se ci pensiamo, le nostre nonne non erano sole quando avevano figli, ora è diverso) ma in silenzio tutti quando pensiamo all’aiuto e alla presenza di qualcuno vicino pensiamo alle nonne materne. Tutti, anche la legge a quanto pare. Ma chi non ce l’ha? Perché lavora, perché vive in un altro paese, perché non è più in vita. E poi perché la nonna prima del papà?

    A parte una nota sugli stipendi al 70%, io non sono esperta di leggi in proposito e magari sono stata male informata, ma qui il 70% si trasforma in 30% appena finisce la facoltativa (motivo per cui ho fatto un mese di facoltativa solo per la seconda, perché c’era agosto in mezzo e nido chiuso. Se non fosse stato per quello sarei stata a casa molto volentieri, senza problemi per la ditta, fino ai 6 mesi di entrambe) e visto che quella di mio marito sarebbe stata facoltativa, anche a lui lo stipendio sarebbe stato ridotto al 30% (cosa detta dalla sua fabbrica e confermata da chi si occupa di buste paga per la nostra ditta).

    Quindi, già per avere la facoltativa devi permettertelo, poi se te lo puoi permettere devi superare tutti quelli che già ridono se prendi ferie per il corso pre parto (ma per quello… io l’ho fatto in orario extralavorativo perché sarebbe sembrato un affronto mancare per una cosa così frivola! Quindi…).

    Ecco, per la grande mio marito si è preso 15 giorni di ferie, per la piccola 3, è tornato al lavoro il giorno dopo che siamo tornati a casa dall’ospedale. E per me è stata dura, durissima, perché mia suocera c’era ma poco, mia madre assente, li ho affrontati completamente sola.

    Ecco, per questo sono favorevole. Perché i datori di lavoro non potrebbero fare difficoltà, perché la riduzione sarebbe davvero “solo” al 70% (spero), perché si supererebbe la mentalità di ora, e perché anche il padre che ha la scusa più o meno giustificata (sai tesoro, ho poche ferie.. ecco, questo è il motivo per cui sono stata sola) non può tirarsi indietro. Perché poi di donne sole ne ho viste tante, e fortunatamente si supera, ma a che prezzo? E quelle volte che non si supera tutti a fare ohhhh… poverina… ma chissà perché l’ha fatto…

    Con un obbligo si supererebbero tanti problemi, e si farebbero rientrare finalmente i papà appieno nel loro ruolo. NOn parlo di mesi di astensione, basterebbero 2 settimane, o 3, poi la possibilità della facoltativa dove serve o per chi la vuole, ma anche solo due settimane aiuterebbero il papà a entrare nel loro ruolo, le mamme a non essere sole subito, i ruoli a equivalersi un po’ di più sul lavoro.

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    • Daniela, si è parlato di una proposta che renda oggbligatoria l’astensione per i papà per … 4 giorni!
      Ho sentito comunque che alcunee europarlamentari stanno proponendo anche al nostro Paese una legge che permetta di mantenere la retribuzione al 100% per un primo periodo e poi a diminuire (ma scendendo all’attuale 30% solo dopo molti mesi), anche in caso di astensione facoltativa. Speriamo che tali proposte vengano davvero prese in considerazione.

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  2. E’ proprio vero, un papà che chiede il congedo parentale viene poi maltrattato in azienda. questa è un’esperienza personale ed io ne sto pagando le conseguenze!

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  3. @laura: mi ricordo che quando ho scritto questo post e cercavo in giro documentazione e confronti, ho trovato proprio argomentazioni in questo senso.
    Certo, l’obbligo sulle questioni personali non piace a nessuno e quando con le leggi si influisce sulla determinazione delle famiglie non si sa mai dove si va a finire, ma le tue considerazioni sono molto serie.
    Un congedo obbligatorio per paternità inciderebbe sicuramente nella cultura.
    Rifletto però sul fatto che, essendo culturalmente ancora lontano, chi potrebbe promuovere una legge in tal senso? Ci sarebbero in concreto molti più contrari che favorevoli…

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  4. Riguardo la mia esperienza, la voglia del mio compagno di occuparsi della nostra Patatina è molta, ma è tanto anche il senso di responsabilità verso il suo lavoro.

    Lei è nata nel momento di maggior bisogno e lui si è preso solo 3 giorni di ferie (uno era quello del parto).
    Mi ha detto: “se sto a casa in congedo parentale metto in difficoltà la ditta”, ed è vero, anche perché sono solo in 2; ma anche io ho messo in “difficoltà” il mio datore di lavoro, con 7 mesi di maternità!

    Per quanto mi riguarda una obbligatorietà taglierebbe la testa al toro.

    Inoltre potrebbe essere d’aiuto nella discriminazione sul lavoro.

    Non riuscivo a trovare impiego perché 26enne convivente. E quando l’ho trovato, a tempo indeterminato, mi sono dovuta mettere d’accordo (!!) su quando fare un figlio.
    Se anche i maschietti fossero obbligati a stare a casa, forse a quel punto la scelta di un candidato piuttosto che un’altra sarebbe presa in base a meriti e capacità, e non solo su chi è dotato di utero…

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  5. Hai ragione non devo scoraggiarmi..avere donne con cui confidarmi è comunque meraviglioso..grazie!!!!!

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  6. dai su, non ti scoragerai mica per un po’ di letterine con pallini sopra? Una nuova lingua quando si vive in un posto si impara in fretta, basta volerlo 😉

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  7. grazie serena, molto interessante..ho tante difficoltà con 2 lavori full time, una bimba di 2 anni e un altro in arrivo da gestire… viene sempre più voglia di tentare un futuro più sereno, magari acquistando un cappotto in più! L’unico mio grande cruccio è non sapere una A di svedese..non vorrei mai esser tagliata fuori dalla società solo perchè non riesco a leggere cartelli o titoli di giornale..per voi è stato difficile ambientarvi?

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  8. Devo dire che, appena letto il vostro articolo, sono rimasta un po’ perplessa, poi ho riflettuto sul fatto che a volte sono le leggi ad adeguarsi al mutamento dei costumi e degli schemi, ma, altre volte, le leggi devono anche avere una funzione propulsiva.
    Indubbiamente il problema è sentito. Ad esempio questo argomento dei congedi è in assoluto il più letto e seguito sul nostro blog.
    Così come da avvocato penso che la giurisprudenza bisogna “farla”, oltre che conoscerla, o meglio dopo averla conosciuta a fondo, credo che le proposte di legge, in una democrazia sana, debbano essere un modo per leggere ed interpretare le esigenze sociali.
    Siamo disposte a seguire il vostrom iter e la vostra proposta, teneteci in formate.

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  9. Ciao Silvia, grazie per la citazione e per aver compreso lo spirito
    della nostra proposta.
    Anche noi siamo d’accordo con te quando dici che non vorresti arrivare
    all’obbligatorietà ma se questo serve a fare un passo per contribuire
    a cambiare la cultura, forse dobbiamo passare anche per questo.
    A noi piacerebbe che questo fosse un primo passo nel processo di
    culturalizzazione di cui qui in Italia abbiamo così tanto bisogno.

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