La festa di Santa Lucia (è la più stressante che ci sia)

Stamattina tutti i bambini svedesi si sono svegliati presto, si sono vestiti con un costume tradizionale, e sono usciti insieme ai loro genitori per andare a scuola o all’asilo tutti insieme e celebrare la festa di Santa Lucia.
Naturalmente lo abbiamo fatto anche noi.
Il Vikingo e Pollicino sono stati svegliati dai loro genitori alle 7, che non è che si può definire proprio prestissimo, ma loro dormivano alla grande e ne avrebbero volentieri fatto a meno. Si sono alzati sufficientemente di buon umore per poter superare la prova colazione e riuscire ad indossare i vestiti da tomtenisse. Erano carini con i loro costumi rossi e il cappuccio a punta in testa e la loro mamma si è intenerita. “Facciamo una foto prima di andare!” esortava la mamma commossa. Poi, uno voleva correre all’asilo, l’altro voleva essere tenuto in braccio, la foto è stata rimandata. Infilati tutone da neve e scarponi ci siamo tuffati nel buio svedese rincorrendo la tradizione. Ah, le tradizioni!

Le tradizioni sono una di quelle cose che ti si piantano come spine nel fianco. Belle per carità, con il loro carico di emotività, di voglia di famiglia, una vagonata di ricordi della propria infanzia. Però sono anche faticose, perché vanno celebrate come e quando dicono loro. Con i tempi e i modi che dicono loro. E magari non è detto che sia il giorno migliore per te, quello che ti va di vedere gente, di stare in mezzo al casino, di fare gli auguri. Io poi mi adatto facilmente e nella tradizione non sto poi tanto male, anzi. Mi piace decorare la casa per Natale, mi piace cantare le canzonicine, mi piace l’idea di impastare biscotti con i miei bambini e di scrivere i biglietti di auguri per la famiglia lontana. Mi piace, si. L’idea.

Il giorno di Santa Lucia per noi non è mai stata una buona giornata.
Il primo anno che lo abbiamo festeggiato per bene (gli anni precedenti tra febbri e viaggi in Italia erano saltati), il Vikingo aveva 3 anni. Ora dico 3 anni non sono pochi. Eppure lui è stato l’unico che ha pianto tutto il tempo e che ha dovuto stare in braccio alla sua mamma, nascosta in una macchia di piccoli gnomi rossi, a cantare canzonicine tra piccole e acute voci stonate.
Sono passati 2 anni. Il Vikingo ormai è grande, e ha fatto parte del coro da solo, ha cantato, ops, volevo dire ha mosso le labbra al ritmo delle canzoni insieme agli altri bambini, ed ha persino accettato di indossare il suo cappello rosso. Pollicino è stato buono buono, seduto in mezzo agli altri, visibilmente preoccupato, con una lacrima a mezza altezza a segnargli la guancia. La loro mamma si è intenerita a vederli insieme ad altri bambini, con la veste bianca e la corona di candele in testa, o vestiti da pepparkaka, a cantare le canzonicine, e ha pensato “vedi come è cresciuto il Vikingo, quest’anno è andata bene!”
Appena finito il coro c’è stato un delirio di flah, di genitori e nonni commossi e festaioli. Un vociare di auguri e di “quanto sono stati bravi!” (no, dico, l’avete sentito pure voi che non ce n’era nemmeno uno che cantava sul tono giusto, vero???)
“Facciamo una foto prima di andare!” continuava ad esortare la mamma commossa. Proviamo a convincerli a mettersi uno accanto all’altro, ma Pollicino ormai mi aveva ritrovata e mi stava appiccicato come una cozza al suo scoglio, e quindi abbiamo tentato di fare la foto in tre. Però il Vikingo si è ricordato che il cappello dentro aveva l’etichetta e quindi se l’è tolto per passare a ciucciare il pollice (mannaggia a me che non ho staccato l’etichetta!) e Pollicino si è rifiutato di girarsi dal lato dell’obiettivo perché avrebbe significato lasciare la presa sullo scoglio. “Solo una foto, vi prego!” continuava ad esortare la mamma commossa nonostante tutto.

Poi ci siamo avviati nelle rispettive classi per bere una tazza di caffé e mangiare qualche dolcetto tutti insieme.
La confusione era tanta, e la confusione non è la migliore amica dei bambini. Almeno dei miei bambini.
Un’ora dopo ci siamo ritrovati gli ultimi a tentare di convincere Pollicino a rimanere all’asilo mentre noi andavamo via. Una volta lasciato il piccolo nella braccia dell’insegnante (incinta all’ottavo mese, che lo ha caricato sullo slittino insieme a lei e si è buttata giù per la discesa), la mamma decide di salutare al volo il Vikingo per poi finalmente andare via. Ed ecco l’imprevisto. Il Vikingo si avvinghia al collo della sua mamma e inizia a piangere “VOGLIO STARE CON TE! VOGLIO ANDARE A CASA! NON VOGLIO STARE QUI!”
Cioè Vikingo parliamone. Che vuol dire non vuoi stare qui? Ci stai tutti i giorni e mi pare pure che sei strafelice e mi becco il cazziatone ogni volta che ti vengo a prendere. Mi hai torturato con queste scene da abbandono per più di 3 anni, ma era un bel po’ che non si vedevano lacrime.
Dopo trenta minuti, TRENTA, di discorsi, domande senza risposte, abbracci, coccole, empatia, promesse di andare a prenderli presto, la mamma si è vista costretta ad abbandonare il cinquenne in lacrime nelle braccia dell’insegnante, non meno stupita dal singolare comportamento.
Ed ora è qui a struggersi per i sensi di colpa, e chiedersi che cosa ha fatto di male per meritare tutto questo.
No, la festa di Santa Lucia temo non entrerà mai nella sfera delle feste favorite.

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18 thoughts on “La festa di Santa Lucia (è la più stressante che ci sia)”

  1. Io amo le tradizioni, mi affascinano. Quelle che conosco e quelle per conoscere. Ma vedo che in Italia lo spirito delle tradizioni e’ un po’ quello che hai descrito tu, che sono faticose : (… e poi quando trovi uno entusiasta che conosce le tradizioni, diciamo, a Milano, a certo punto sembra che gli manchi un pezzo, a la tradizione, dico.
    Dalle mie parti facciamo come in Svezia con le tradizioni, le teniamo con cura, ci impegnamo e dal nostro atteggiamento facciamo che anche i piu’ piccoli e i meno entusiasti si contagino.
    Non vedo l’ora che sia Carnevale che ho gia’ preso un costume per mia figlia… non mi pongo nemmeno il problema se non lo vuole indossare, allora sara’ vestita da se stessa. Auguri : )

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  2. Oh, sono solidale. ieri sono sbroccata anch’io, con Santa Lucia.
    Premesso che alla festa dell’asilo non ci siamo potuti andare perché il Mezzovikingo era malaticcio e insofferente, ieri lavoro mezza giornata e torno a casa dal mostriciattolo, dando il cambio al moroso.
    La sera prima avevo convinto il pargolo a mettere sul pianerottolo un pentolino coi fiocchi d’avena per l’asinello di santa Lucia. Tutto per avere un po’ di tradizione italiana anche quassú.
    il mattino dopo gli ho fatto trovare un regalino, la scena l’ho persa perché ero al lavoro, torno a casa ed é giá tutta una litania di “dumma mamma” (mamma stupida), “mamma vai via” “voglio il papá”.
    Culmina con un gran calcio al regalino di santa Lucia “non voglio le navi, non voglio santa Lucia, dumma mamma”.
    Saró infantile, ma sono scoppiata a piangere come una miserabile.
    Peró quando vuole la tetta allora viene lá con l’aria da angioletto e fa “no dumma mamma, mamma inte dumma” (‘inte’ é ‘non’ in svedese).
    Spero che oggi vada meglio, sarebbe il caso.

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