Essere o apparire green?

vernice-verdeQualche giorno fa siamo stati al un compleanno di due bimbi che sono in classe con mia figlia. La festa era organizzata al McDonald’s della zona, aperto da qualche mese tra mille polemiche. Un’ora e mezza di festa e niente mamme: i genitori dei festeggiati si sono occupati dei bambini (santi subito), assieme agli animatori del locale, dotato di stanza giochi e spazi adeguati ai bambini.

Un luogo decisamente family friendly, dal quale mia figlia, cioè la figlia di una sedicente ambientalista è tornata – ovviamente – entusiasta. Le hanno dato le crocchette e le patatine, uno yogurt da bere biologico, e – a scelta – acqua o bibite gassate. Ecco. Un piccolo momento di orgoglio l’ho avuto quando ho scoperto che lei ha scelto l’acqua. Ma sarà stato un caso, avrà copiato una delle sue migliori amiche, ne sono certa.

Niente di personale. Gli organizzatori sono e restano amici :). Però, ovviamente, non posso condividere del tutto la scelta. Non ce la faccio proprio. Uno dei motivi risiede proprio nella falsità che caratterizza il sistema di questo e di tanti altri fast food, che ha iniziato a proporsi come azienda ecologica, che pensa all’ambiente e alla salute, offrendo prodotti locali e bio e non solo.

Quando sono andata a prendere mia figlia infatti sono rimasta colpita dai pannelli per la raccolta differenziata “MD per l’ambiente” e altri spazi “verdi” che alludono ad un’attenzione particolare per la sostenibilità. Ci stanno prendendo in giro allegramente, ma non sono gli unici!

Il fatto è che l’ecologia va di moda e qualunque azienda o prodotto cerca di racimolare qualche fetta di clienti in più e lo fa anche a colpi di greenwashing: confezioni verdi o marroni, packaging in carta più o meno certificata, approccio eco, ma sostanza … insostenibile. Una sciacquatina di verde insomma, più che una profonda revisione del proprio prodotto e del processo con il quale lo si realizza, pensando anche alla sua “fine vita”.

Ora, da parte di un fast food, colosso del cibo spazzatura, del cibo che rovina la salute e l’ambiente, c’era da aspettarsi la capacità di vendere anche il contrario di ciò che in realtà fa. Pensiamo solo alla quantità enorme di rifiuti produce per il packaging indifferenziabile. Avete presente come sono confezionati i panini multipiano? E cosa contengono?

Siamo noi a dover cambiare la qualità del nostro sguardo e scoprire se il prodotto che stiamo per acquistare “ci è o ci fa”.

Il green è sempre più spesso una mera leva commerciale, una soluzione di marketing pensata per vendere di più, ma sta al consumatore fare una scelta consapevole, andando a fondo e cercando di capire. Come?

Sui prodotti ci si può rifare alla lettura delle etichette, alla provenienza, ma anche alla quantità di packaging prodotto e – cosa fondamentale – all’utilità effettiva.

Pensiamo ai detersivi: si possono vendere per “ecologici” detersivi che in realtà contengono molecole di derivazione petrolchimica che liberiamo nell’ambiente (e in casa nostra) con tanta facilità. Nel cibo la questione non cambia molto: ha senso acquistare costantemente un prodotto che viene dall’altro capo del mondo?

Magari non ci si riesce sempre, magari ogni tanto c’è qualche strappo alla regola, ma ripartire dalla consapevolezza, dall’intuizione per le cose sane e sostenibili dovrebbe essere il punto di partenza.

Resta da capire quanto sia positivo o meno il lavoro della grande distribuzione: ormai sono sul mercato tanti prodotti eco “a marchio proprio”, le private label, realizzate e distribuite dai supermercati. Forse aiutano a diffondere un po’ il prodotto sostenibile (cibo, detersivo, prodotto per la cura della persona) ma sono inseriti in un sistema che sostenibile non è.

Io continuo a preferire il piccolo negozio di proprietà, dove non compro e basta: mi faccio consigliare, perdo un po’ di tempo a leggere e a chiedere, scambio una ricetta con la commessa, che si prepara stasera a cena?

L’ecologia è e rimane principalmente un stile, un modo di essere (non di apparire), una filosofia di vita che non si sposa con tutto ciò che è fast, nè con le fragole a novembre. La sensazione che le promozioni della grande distribuzione scontentino qualcuno (un lavoratore sottopagato, un fornitore strozzato, un territorio usurpato) è sempre più forte. Vorrei non contribuire e cercare l’autenticità negli acquisti e nei prodotti che entrano in casa, pur sapendo che le contraddizioni sono sempre dietro l’angolo.

E voi che cosa ne pensate? Vi sentite un po’ oltraggiati da certi prodotti sedicenti green?

Elisa di Mestieredimamma.it

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10 thoughts on “Essere o apparire green?”

  1. trovo il tempo solo ora di rispondere ai commenti, scusate!!
    @pamen grazie e in bocca al lupo!!! si, ce la faremo 😉

    @mammame non vedo male il fatto che mcd proponga certi prodotti buoni (ad es lo yogurt bio ai bambini), e poi la differenziata la fanno perchè devono e quindi tanto meglio dirlo bene ai clienti. Ma la contraddizione sta nel fatto che i loro hamburger di pessima qualità sono un insulto al pianeta. Lo sono per come e quanto vengono prodotti, è il loro prodotto e l’idea standardizzata che danno al cibo a non reggere di fronte allo yogurt bio. non è polemica, ne sono davvero convinta, per questo non sono credibili imho
    @supermambanana sul km zero ti do ragione, va fatta una riflessione e va ragionato. Diciamo che non mi piace vedere frutta marocchina in Italia, ma sulle cooperative e altro del sud del mondo concordo in pieno

    @monica ahem ho fatto una telefonata chiarificatrice perchè temevo di essere fraintesa!! e ho fatto bene. Io non mi rifiuto di portare mia figlia ad un compleanno: se ci invitano noi andiamo, solo non frequentiamo abitualmente…

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  2. sono sostanzialmente d’accordo con te. Anche se penso che la colpa alla fine sia più della nostra pigrizia che del fatto che qualcuno usi il green come leva di marketing! A volte ci fa comodo (e io mi metto in cima alla fila) prendere per buone delle indicazioni anche se sono parzialmente false. Ma se si vuole c’è una montagna di informazioni che può orientare i nostri acquisti e rendere standard ecologici veri una situazione di fatto del mercato. della serie o ti adegui o sei fuori. E’ un po’ quello che è successo a mcd anche se per ora da quello che scrivi si sono limitati al minimo della decenza!

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  3. Carissima Elisa,
    da un lato concordo con te,
    dall’altro permettimi di gioire: se persino McDonalds’ inizia a porsi il problema della raccolta differenziata, vuol dire che un piccolo passo è stato fatto.
    Poi, certo, l’acqua del McDonand’s è la Lila prodotta dalla CocaCola, e sul loro km zero ho seri dubbi…
    ma vuol dire che l’inversione di tendenza è segnata.
    Mi preoccupa molto, invece, il greenwashing delle aziende con il maggiore impatto ambientale; trattamenti di rifiuti, inceneritori, aziende chimiche: la loro comunicazione è sempre green, infarcita di “sostenibile” e “rinnovabile” anche quando prendono i CIP6 per bruciare rifiuti riciclabili…

    Colgo l’occasione per dirti che poi a Natale sono arrivata a metà del tuo libro, mi è piaciuto molto, mi ritrovo in quasi tutte le tue esperienze e scelte e nel tuo percorso.
    Il mio percorso è culminato nell’impegno politico nell’unica forza che mette al centro la decrescita felice, la sostenibilità, il cittadino (e non le succitate multinazionali), e spero che presto potremo fare la differenza proponendo nuove regole di civiltà anche dalle istituzioni…Ce la possiamo fare a invertire la tendenza e a salvar eil mondo che consegniamo ai nostri figli?? Io sono ottimista!! un abbraccio Patrizia

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  4. A parte che io da umanista credo a tutto il bene e tutto il male degli esseri umani e quindi si, sono persuasa che moltissima gente sprovveduta si faccia affascinare dalla pittata verde di MD, anche perché gli permette di non fare sforzi per il cambiamento (certi ragionamenti li ho con dei consanguinei, brave persone, pure intelligenti, ma nulla, a certe cose proprio no ci arrivano).
    Però è vero che credo moltissimo anche al sassolino che smuove le montagne, credo alla differenziata anche se in certi posti differenziano ma poi c” è un unico sito per conferire i rifiuti e buttano tutto lì insieme, e ce ne sono altri dove non differenzi perché un mucchio di roba gli viene meglio differenziarla sul posto, li costa meno che mettere cassonetti diversi e camion diversi per prendere il tutto.
    Per esempio in NL non si differenzia la plastica perchè le bottiglie da un litro e mezzo di bibite hanno il vuoto a rendere. Bello. Poi trovi ovunque le bottigliette di acqua liscia da litro sparse ovunque e buttate lì, e sai che in proporzione la gente consuma molto più quelle e che fai? Va bene, ma tanto in Olanda ci sono 27 termovalorizzatori e ci servono tutti perché fa freddo, quindi ultimamente ho letto che siccome abbiamo un problema di sovracapacità adesso gli mandano i rifiuti di Napoli. Bel km. zero. Ma almeno le leucemie restano qui.
    Insomma, i dubbi e le contraddizioni sono tanti, ma meglio porseli anche se poi non se ne viene fuori subito, che fingere che va tutto bene.
    Io ripeto che votiamo davvero con il portafoglio, quindi ben venga il boicottaggio a certe aziende. A casa mia da anni non entra la nestlè, per esempio, o le grandi multinazionali della pulizia (e delle allergie). Ma lo shamppo per esempio non riesco a buttarlo fuori anche se ho tentato col bicarbonato, la coca cola fuori casa ancora la beviamo e soprattutto la benzina per spostarci ancora la dobbiamo consumare. E quindi dobbiamo continuare a fare scelte, stabilire priorità e soprattutto diffondere.

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  5. sarò ingenua ma anch’io sono propensa a pensare che piuttosto che niente meglio un piccolo movimento concreto nella direzione giusta. con tutte le riserve che hai detto benissimo, le operazioni di marketing per ripulire l’immagine ecc. del resto perchè il cambiamento di nestlè (per fare un altro esempio di cui si era parlato) dovrebbe essere reale e quello di mc no?

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  6. Che bel post Elisa, sottoscrivo tutto tranne forse una piccola cosa che mi ha sempre lasciata perplessa, magari ci vorrebbe una bella discussione nel luogo dei dubitanti e dubitatori di mammamsterdam, e cioe’ il fatidico chilometro zero. Io non sono convintissima, nel mondo globale in cui ci troviamo, che sia sempre la scelta migliore. Cioe’, posto che sono daccordo che trasportare, per esempio, acqua a vagonate dal Manzanarre al Reno sia una cavolata. Posto che l’agnello della nuova zelanda (che qui da noi va tanto di moda al momento) non abbia niente da invidiare all’agnello del galles, che e’ cresciuto in fattorie che conosco perfettamente visto che ci vivo vicino. Posto tutto questo, cui sto attenta. Pero’. Pero’ se quando faccio la spesa in Italia devo scegliere fra i pomodori prodotti in provincia, a meno di 1km dal fruttivendolo dove li compro, arrivati la mattina freschissimi col camioncino dell’agricoltore, da mano sua a mano mia, ma che so perfettamente sono raccolti da immigrati sottopagati e trattati spesso con metodi sub-umani, e i mango provenienti dal Kenya, in un’azienda fair trade, che pure seguo (indirettamente) perche’ sono “passata di grado” nella mia contribuzione ad Action Aid e ora non mi occupo piu’ di bambini ma di famiglie (e di donne in particolare) che mettono su queste aziende e riescono a far sopravvivere l’intero villaggio… beh, io per ora scelgo i mango, devo dire.

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  7. Non posso che concordare con ogni parola e non c’è bisogno di aggiungere altro se non che sarebbe bello che l’educazione civica/ambientale fosse trasversale, quindi fosse non solo materia scolastica, bensì anche modello di comportamento a partire dalle istituzioni pubbliche… ma temo che questa sia solo utopia…

    p.s. sarei curiosa di sapere cosa diranno i tuoi amici dopo aver letto questo post… o glielo hai già raccontato tu?

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  8. Anche io come Gloria mi sento oltraggiata dalle pubblicità, soprattutto di merendine destinate ai bambini, che le dipingono come sane, nutrienti, adatte per la crescita…quando poi basta leggere le etichette nutrizionali per smentirli subito! Quanto a MD, bene che qualcosa si muova in senso bio e verde, ma i suoi panini devono restare secondo me una rarissima eccezione. Avete presente il documentario Super Size me?!

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  9. Per carità, l’ecologia sarà una moda e il greenwashing una spolverata e niente più, ma preferisco che almeno ci si ponga il problema.
    Credo che neanche il più sprovveduto dei consumatori creda alle pretese di sostenibilità di MD. Ma se ALMENO mi incitano alla raccolta differenziata o ALMENO si pongono il problema di uno yogurt bio per i bambini, questo per me significa che pian piano si va nella direzione giusta: anche solo 5 anni fa il problema non se lo ponevano proprio.
    E fa’ conto che io abito in cascina biodinamica (dove mio marito lavora), compro il più possibile bio e autoproduco ciò che umanamente posso. L’educazione e la comunicazione vanno per gradi: tra 10 anni, se si prosegue su questa strada, vedrai che la spolverata di verde non basterà più.

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  10. Non mi posso definire un’ambientalista, ma sì… mi sento un po’ oltraggiata o più che altro presa proprio in giro. E la presa in giro si fermasse solo a questo… succede uguale uguale per i prodotti alimentari etichettati come sani, buoni, con foto di animali felici e campi di grano sterminati.
    Ma il portafogli in tutto questo, ahimé, sta dalla parte dei supermercati ed è tanto difficile resistere.
    Poi devo dire che, da emigrata, non comprare roba importata è quasi impossibile. Non mi piace se ci rifletto, ma come faccio a passare l’estate senza pomodorini o non mangiare mia pesche e albicocche? Ehhh….

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