L’epidurale negata

Epidurale por favor è un libro di denuncia di una situazione tutta italiana, molto difficile da capire e praticamente impossibile da accettare. Il parto in analgesia, ovvero con epidurale, in Italia non è un diritto. O meglio, sulla carta lo è, ma in pratica l’84% delle strutture sanitarie pubbliche non garantisce un trattamento efficace e sicuro per lenire il dolore del parto, come si legge sulla copertina del libro. Paola Banovaz è arrabbiata. Anzi dovrei dire è decisamente arrabbiata per questo diritto negato alle donne italiane, e la sua rabbia non la nasconde davvero. Quella rabbia mi ha travolto con forza, sostenuta da testimonianze, da critiche feroci, da attacchi senza esitazione. Ammetto che la forza di certi passaggi mi ha lasciata perplessa, soprattutto quando le testimonianze delle donne non si limitano all’assenza di epidurale ma a tutta una serie di comportamenti da parte delle ostetriche o dei medici che le hanno seguite durante il parto da far paura. Testimonianze in cui la generale mancanza di rispetto per il paziente, in quanto essere umano, va ben oltre la negazione dell’epidurale.
In ogni caso il libro mi ha dato molto su cui riflettere, soprattutto perché io non ho avuto il “piacere” di partorire in Italia e quindi di preoccuparmi in prima persona di questa problematica. Io ho avuto la fortuna di partorire entrambe le volte in una struttura che favorisce il parto naturale a Stoccolma, come vi ho raccontato qui e qui. Durante il travaglio ho potuto ascoltare musica, muovermi come volevo, provare TENS, agopuntura, massaggi, profilassi respiratoria e altri metodi di contenimento del dolore. Avevo una ostetrica che mi ha seguita per tutto il parto, che mi ha incitata, guidata, tranquillizzata. Eppure ho usufruito dell’epidurale. Per fortuna! E solo all’idea che questa potesse essermi negata perché era finito il turno dell’anestesista, o al solo pensiero di dover valutare se pagare o meno 1000 euro per non soffrire mi viene una gran rabbia. E ringrazio quindi Paola per aver dato voce, e per dare voce ogni giorno alla rabbia di tante donne a cui l’epidurale è stata negata.

Paola Banovaz ha partorito con dolore un bambino due anni e mezzo fa, è l’autrice del blog http://epidurale.blogspot.com/ da cui è stato tratto il libro, ed è fondatrice e presidente dell’AIPA (Associazione Italiana Parto in Analgesia) che tra le altre cose promuove una petizione per l’analgesia epidurale gratuita e garantita. Paola oggi ha scritto qualcosa per noi che ospitiamo volentieri qui su genitoricrescono.

L’epidurale, analgesia per il trattamento del dolore nel travaglio del parto, è una tecnica messa a punto nei primi anni Trenta dal cardiochirurgo italiano Achille Mario Dogliotti.

Malgrado la paternità tutta italiana e una diffusione quasi planetaria (almeno tra i paesi industrializzati e in via di sviluppo), questa tecnica analgesica stenta a decollare nel nostro paese.
Perché?
CloseTheDoor ha affrontato quello che potrebbe essere uno dei motivi, ossia una certa mistica sul dolore che avremmo ereditato dalle radici culturali cattoliche e da una visione del corpo e delle “competenze” femminili che ci derivano da alcune correnti femministe e patriarcali.

Eppure nel 1956 Pio XII, proprio durante un simposio internazionale sul parto indolore (allora si discuteva di tecniche psicoprofilattiche), si pronunciava a favore di qualsivoglia tecnica capace di lenire le sofferenze della partoriente.

E allora perché nel 2011 solo l’84% delle strutture ospedaliere pubbliche e convenzionate non garantisce un trattamento analgesico efficace e sicuro alle future madri? Trattamento che dal 2001 è stato riconosciuto dallo stesso Comitato Nazionale di Bioetica come un diritto?

Oltre a una certa visione del parto e della maternità come rito di passaggio, come momento di empowerment e dimostrazione di forza e sacrificio, le ragioni di tanta difficoltà vanno ricercate nell’informazione che non c’è, nell’aggiornamento delle figure professionali presenti nella scena del parto (anestesisti, ostetriche, ginecologi), nella disorganizzazione delle strutture ospedaliere e nella cronica mancanza di fondi e risorse del nostro Sistema Sanitario.

L’informazione. Nei corsi pre-parto di epidurale se ne parla poco e male, spesso lasciando che sia l’ostetrica a descriverne i pro e i contro.
Può capitare che nelle stesse aule universitarie si insegni alle future levatrici ospedaliere che il dolore è l’elemento essenziale del parto.

L’Istituto Superiore di Sanità, all’indomani dell’introduzione dell’epidurale nei Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA), definiva ogni forma di medicalizzazione (e l’epidurale è tale, quando proposta come soluzione per il parto indolore) una minaccia per la competenza della donna e della persona che nasce

Sempre l’Istituto Superiore di Sanità, nell’informativa alle donne sul parto cesareo (estratto dalle nuove linee guida 2010) non nomina mai l’epidurale. Nemmeno quando la richiesta materna è sostenuta dalla paura del travaglio e del parto.

Per garantire un servizio di partoanalgesia attivo 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, c’è bisogno di personale preparato (ostetriche, ginecologi, anestesisti) e soprattutto in numero sufficiente a garantire la sicurezza e la continuità del servizio.

Non è raro infatti che persino negli ospedali amici delle donne con tre bollini rosa, l’epidurale venga negata, o sospesa in espulsivo o durante il travaglio.
Così è successo a Cagliari e così a Treviglio in provincia di Bergamo.

La mamma di Cagliari si è vista sospendere l’epidurale al cambio turno dall’ostetrica. “Siamo qua per partorire, non per fare l’epidurale”!
Perché? Cultura? Formazione universitaria? Pregiudizi su una tecnica che si conosce poco? Timore di ingerenze professionali in un campo – la sala parto – che fino a ieri era condiviso solo con il ginecologo? O forse a Cagliari, come in molti altri ospedali italiani, il servizio di epidurale è garantito in isorisorse, vale a dire con un numero di anestesisti insufficiente e quindi con altissime probabilità che il medico sia impegnato in sala operatoria o in altre urgenze?

“Siamo qua per partorire, non per fare l’epidurale”, potrebbe essere il sibilo di chi non vede di buon occhio un parto in analgesia e una donna che la richiede. O un maldestro tentativo di coprire l’anestesista che non c’è o che non vuole scendere in sala parto.

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40 thoughts on “L’epidurale negata”

  1. Come affrontare la tragedia e aiutare gli altri ad affrontarla

    L’editore di Monaco ha pubblicato il libro intitolato “Ogni terza donna”. La scrittrice, ha dedicato il libro a tutti i bambini stellati e ai loro genitori.
    I bambini stellati in Germania vengono chiamati mai nati, quelli che sono morti durante il parto o quelli che sono deceduti poco dopo la loro nascita. Nel suo libro, la scrittrice dà voce alle donne che hanno perso i loro figli non ancora nati, ma non hanno rinunciato a una gravidanza con lieto fine, e anche al uomo che è sopravvissuto al dolore della interruzione della gravidanza della sua dolce meta. Queste storie dimostrano: coloro che hanno vissuto un trauma psicologico così grave dovrebbero assolutamente lavorarci su e non essere lasciati nella solitudine con il problema.
    La stessa scrittrice ha affrontato un problema simile ai suoi tempi. – “Mi dispiace signora, ma non sento più il battito cardiaco del feto”, la stessa è rimasta senza parole dopo le fatidiche parole del medico durante uno dei suoi controlli di routine. Come ammette l’autrice del libro, non aveva mai vissuto un tale shock.
    Gli specialisti della clinica di medicina riproduttiva del prof. Feskov hanno a che fare con storie simili ogni giorno e sanno quanto sia importante il sostegno per le famiglie che lo attraversano. Sono sempre pronti ad offrire soluzioni per coloro che sognano di diventare genitori.

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  2. Presente!
    Due parti fisiologici vaginali, entrambe le volte ho chiesto l’epidurale APPENA ENTRATA in ospedale (e ben lungi dall’essere in travaglio attivo), entrambe le volte NON MI HANNO DATO L’EPIDURALE millantando varie fandonie (sei solo a 2 cm è presto – sei già a 8 cm ormai ci sei – è troppo presto). La realtà era, ho investigato ed avuto conferme, che l’anestesista non c’era perché non in turno la prima volta, mentre la seconda era già impegnato in sala operatoria. Al secondo parto sono arrivata in dilatazione spontanea ma avendo l’appuntamento fissato per l’induzione (ero a 40+6) non hanno aspettato ormai che si svolgesse naturalmente ed hanno invece avviato la procedura con gel e 10 minuti prima di spingere con l’ossitocina in vena, quando avevo già contrazioni espulsive incontrollate e tremende. La conseguenza è stata una lacerazione interna ed esterna, con conseguenti punti, oltre al bonus di una spremitura manuale per rischio emorragia.
    Per carità, non ho nulla da recriminare perché i miei figli sono nati sani in forze e io non ho subito danni permanenti. Però partorire naturalmente e “assistiti” è un altra cosa, soprattutto nel 2017!

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  3. Le contrazioni uterine sono tutt’altro che un dolore maligno. La terapia del dolore è una cosa seria e deve essere riservata a patologie reali. Non avete i soldi per l’epidurale ma li avete per pagare un ginecologo privato (per poi sfruttare la struttura pubblica). E la vostra epidurale gratis la devono pagare gli altri con l’aumento IRPEF… brave, complimenti per la moralità e la lungimiranza.

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  4. @ Barbara.
    Rispondo punto per punto.

    “Io non ho una formula magica per il parto perfetto, ma davvero credete che l’epidurale, o la mancanza di essa, sia IL problema”?

    No, nessuno di noi lo crede, ma l’assenza di epidurale è sintomatica di un vivere e vedere l’evento nascita. Una visione schizofrenica: da un lato si teme la medicalizzazione (esiste una cattiva medicalizzazione ed una buona, discorso lungo che prevede una definizione del termine “medicalizzazione”), dall’altro ogni giorno in molti ospedali si infonde ossitocina sintetica, episiotomie, amniorexi ecc… per sveltire il travaglio e non per indicazioni mediche ben precise.
    A medicalizzare male il parto non ci sono solo i ginecologi ma anche molte osteriche. Nessuno è innocente…
    Ora mi domando. Per quale assurdo motivo si possono praticare episio, infusioni di ossitocina, persino parti indotti per morte fetale…. SENZA ANALGESIA? Questo non vuol dire che una volta che l’analgesia in travaglio di parto diventa una prassi condivisa si può continuare a “velocizzare”; significa semplicemente che è una mostruosità senza senso tagliare un perineo (faccio un paio di esempi) o indurre il parto con ossitocina sintetica (aumentando il dolore) senza sentire l’obbligo morale di lenire le pene in più a cui la partoirente andrà incontro.

    “Io ho partorito due volte, so esattamente cosa sia il dolore del parto, e so esattamente cosa mi abbia aiutato e cosa no, non credo che il dolore sia estatico, credo solo che il parto sia un processo fisiologico molto delicato e che qualsiasi cosa influisa su di esso.
    Quindi ANCHE l’epidurale che è un farmaco e che ha un’effetto sul sistema nervoso e che passa la placenta”.

    La tecnica della peridurale viene fatta proprio per evitare che i farmaci arrivino alla placenta. Nessun farmaco arriva al feto!
    Certo ha efeftto sul sistema nervoso, esattamente come un dolore vissuto come intollerabile (Luna lo ha spiegato bene qui sopra).

    “Non ti sembra un po’ semplicistico dire “il parto negli ospedali è gestito malissimo, facciamoci garantire l’anestesia così almeno non sentiamo il dolore”?

    IO QUESTO NON L’HO MAI DETTO. E’ una tua libera (e comoda) interpretazione del mio pensiero. Ti prego di non meetrmi in bocca frasi mai pensate o pronunciate.

    “A me sì. Anzi, concentrare tutta la nostra indignazione sull’epidurale favorisce solo un sistema che guarda alla partoriente come ad una paziente, da far coricare, anestetizzare o cesarizzare così almeno non rompe troppo le scatole.”

    Barbara le uniche scatole che rompe una partoriente sono sinbtetizzate in due numeri:
    La prima e la terza causa di ricovero ospedaliero sono, nell’ordine, il parto fisiologico vaginale e il parto cesareo.
    Le donne in ospedale hanno una colpa imperdonabile: occupare troppi posti letto, richiedere un certo numero di sanitari dedicati alal sala parto e al reparto neonatale. In una parola: l’evento nascita sicuro (e rispetato) costa!
    Costa il cesareo agli osepdali pubblici (per il discorso dei rimborsi – DRG), conviene (il cesareo) alle cliniche private (sempre per il meccanismo dei drg). Il cesareo conviene ai medici che non vogliono rogne con i giudici (e spesso questi medici lavorano in piccoli ospeddali dove non c’è manco una guardia neonatologica).

    Insomma barbara, come ha già detto luna, il mio impegno (fissa, mania, chiamatela come volete) è tutto teso a garantire un parto decente e sicuro per mamma e bambino, in un REGIME DI SANITA’ PUBBLICO.

    Conosco da vicino le conseguenze di parti disgraziati in maternità senza neonatologi o TIN o rianimazioni degne di questo nome. Due di queste piccole conseguenze vivono con una tetraplegia grave. Le loro famiglie e i loro piccoli tesori sono GLI INVISIBILI, picocli danni collaterali di una saqnità che non vuole investire sulla sicurezza delle sale parto.
    E certo, nella sicurezza di un parto, c’è la massima forma di rispetto per la donna e il suo bambino. E in questa forma di rispetto entra anche l’anestesista con un catetere in mano. Perchè ricordatelo, un anestesista dedicato alla sala parto non è lì solo per garantire la peridurale a chi la chiede, ma pronto a intervenire in caso di emergenze osteriche (che si consumano in una manciata di minuti)…

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  5. @ Luna,
    grazie per la sintesi. Il mio pensiero è anche il tuo. E il tuo ha senz’altro più valore dato che lavori ogni giorno in un ospedale pubblico come anestesista e segui anche i parti in analgesia.

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  6. Barbara,

    mi permetto di rispondere in parte a ciò che hai scritto a gekina (che conosco). Tutto verissimo quello dici, come è verissimo e giusto ciò che dice geka. Il problema è che l’argomento parto è vastissimo e per svisceralo nel modo corretto e completo non basta nè un libro, nè un post qua o là nè sporadici commenti. Da qui la difficile comprensione di quello he cerca di dire gekina, che non è tutta incentrata (come sembra ) sulla questione epidurale si o no, ma sulla questione “stato attuale delle maternità italiane: ovvero spesso poco sicuro, troppo privatizzato, troppo medicalizzato – laddove la medicalizzazione è inopportuna e fatta per comodità e altri motivi- dove spesso si incontra poco rispetto per le scelte e le esigenze delle donne (verso sia peidurale che parto naturale) e purtroppo troppi indottrinamenti naturalistici al limite delle ritualità di molte ostetriche che applicano sulle donne in modo irrispettoso e senza ascoltare le loro necessità: in ultimo, e non da meno, la troppa ignoranza sul tema epidurale che ne fa di essa un demone del parto”.
    Ignoranza delle ostetriche e molti ginecologi in primis….che dilaga attraverso false informazioni si ambulatori, ospedali, ospuscoli e web. Al contrario invece, i dogmi e le ritualità si trovano d’appertutto e senza alcun valore scientifico.
    Ancora un ultimissima cosa. Tu barbara non lo puoi sapere perchè non sei una professionista epserta del settore, ma ti assicuro che nemmeno chi dovrebbe sapere LO Sa (OSTETRICHE) ….che il dolore in diverse situaizioni ha dei risvolti negativi sia sulla mamma che sul feto in quanto innesca una serie di meccanismi che in un travaglio nromale in una donna ed un feto sano vengono ben tollerati, in un travaglio non fisiologico, una donna con patologie o un feto con problemi possono provocare seri problemi alla mamma e danni al bambino (sofferenza fetale)…da qui il battito preoccuopanet edel bambino e la corsa in sala operatoria per il cesareo urgente. L’epidurale può evitare tutto questo, cesareo compreso.
    A chi invece la richiede per scelta sua, dovrebbe essere fatta, al pari ovviamnete della richiesta di un parto desiderato naturale. Invece in Italia spesso viene negata l’uno e l’altro!
    Ovviamnete neanch’io in un commento di poche righe riesco a dire tutto, anzi. Assai poco e mi scuso.

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  7. sarò una voce fuori dal coro…
    gekina, ti leggo un po’ ovunque e davvero mi domando cosa ti anima in questo modo, leggo una gran forza dentro di te e mi dispiace che sia rivolta in un’unico senso.
    Le donne subiscono ogni giorno maltrattamenti negli ospedali (e non solo le donne, non parliamo neanche di anziani e bambini che sono i più deboli), anch’io ho letto storie da far accapponare la pelle: insulti, prese in giro, negazione dei più elementari diritti…il tutto in un momento in cui la donna è completamente indifesa e fragile perchè concentrata a dare alla luce suo figlio.
    Io non ho una formula magica per il parto perfetto, ma davvero credete che l’epidurale, o la mancanza di essa, sia IL problema?
    Io ho partorito due volte, so esattamente cosa sia il dolore del parto, e so esattamente cosa mi abbia aiutato e cosa no, non credo che il dolore sia estatico, credo solo che il parto sia un processo fisiologico molto delicato e che qualsiasi cosa influisa su di esso.
    Quindi ANCHE l’epidurale che è un farmaco e che ha un’effetto sul sistema nervoso e che passa la placenta.
    Non ti sembra un po’ semplicistico dire “il parto negli ospedali è gestito malissimo, facciamoci garantire l’anestesia così almeno non sentiamo il dolore”?
    A me sì. Anzi, concentrare tutta la nostra indignazione sull’epidurale favorisce solo un sistema che guarda alla partoriente come ad una paziente, da far coricare, anestetizzare o cesarizzare così almeno non rompe troppo le scatole.

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  8. Pagare per un diritto è vergognoso.
    600 euro sono anche pochi… a me risultano tariffe di 1000 euro a Vicenza.. e in alcuni ospedali te la fanno solo se acquisti il pacchetto parto (anestesista, ostetrica, gine) alla modica cifra di 5000 euro…

    Che poi l’epidurale si esaurisca (e in molti casi si sospenda) in espulsivo è un’altra vergogna…

    🙁

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