Divisione o condivisione dei compiti?

Lo so cosa volete che vi dica. La gestione delle incombenze famigliari dovrebbe essere condivisa all’interno della famiglia in base alle inclinazioni di ognuno, agli impegni, e all’umore del momento. E ovviamente la penso anche io così, posto che:
a) a nessuno piace pulire, lavare e stirare tutto il giorno
b) non esiste nessuna incombenza troppo difficile da svolgere per nessuno, sia essa cucinare, usare una lavatrice o fare buchi al muro con un trapano
c) per quanto ciascun genitore ami il proprio figlio, cambiare il pannolino pieno di cacca non rientra nel tipico sogno della maternità (o paternità)

Non sono una fanatica del fifty-fifty, ma credo profondamente che l’interscambiabilità sia importante all’interno della famiglia. Il rischio è che se uno si ammala, si mangia cinese comprato all’angolo per una settimana perché l’altro non sa cucinare, o che se uno si assenta per lavoro per una settimana i panni da lavare si accumulano perché la lavatrice viene considerata un elettrodomestico troppo difficile da usare, o che se una lampadina si fulmina si resta al buio finché l’altro si arrampica sulla scala a sostituirla.

C’è però un periodo nella vita famigliare in cui più che di condivisione parlerei di divisione dei compiti.
Vi sembrerà assurdo, ma sto parlando proprio della neofamiglia, ossia della neomamma e del neopapà alle prese con il loro primo bambino. Nel periodo in cui si vorrebbe condividere tutto, in una visione romantica dell’accudimento del nuovo nato, ritengo praticamente imprenscindibile la divisione ferrea dei compiti. Ho provato a parlarne scherzando a proposito del tempo trascorso in bagno dalla neomamma e dal neopapà, ma è una cosa tremendamente seria. Qualsiasi compito che prima dell’avvento dei figli si faceva con spirito di amore e sacrificio per il partner ora viene fatto con tutto un’altro spirito. L’amore e il sacrificio sono già presi per il neonato, e il partner deve arrangiarsi. Anzi no, deve rimboccarsi le maniche e farsi carico della sua metà di incombenze.

Come mi faceva giustamente notare Chiara di Yeni Belqis su facebook qualche tempo fa, il primo periodo nella neofamiglia si passa con il cronometro in mano. In particolare la neomamma tiene il conto accurato dei minuti dedicati da ciascuno ad ogni incombenza, sia essa di tipo pratico per la casa, o il tempo di cura al figlioletto, ogni azione verrà catalogata, pesata, valutata. E naturalmente, a tempo debito, rinfacciata.
Parlo della neomamma, perché è lei quella che normalmente si appresta di più a questa pratica sfiancante, ma ditemi se ci sono anche papà dediti alla stessa cosa. La prima ad essere distrutta da se stessa è Lei. Lei che cova rancori, usa preziose energie per fare calcoli improbabili, e che si strugge perché sente che tutto è sulle sue spalle. Ma anche Lui viene fortemente colpito da questa pratica. Lui che va a lavorare e che magari vorrebbe starsene a casa con moglie e figlioletto, che si impegna a cambiare un pannolino e gli viene fatto notare che lo mette storto, che prepara la cena ma non va mai bene.
Magari non è così tutti i giorni, però sono certa che in molte famiglie ci sono passate prima di superare questa fase e ritornare ad una sana condivisione dei compiti in base alle capacità e la volontà di ciuscuno.

Ecco potrei stare qui a dirvi che tutto ciò è insano, che la neomamma in questione dovrebbe semplicemente darsi una calmata, o che il neopadre in questione dovrebbe capire lo stato d’animo della compagna e porre rimedio al suo senso di frustrazione e abbandono. Eppure secondo me è assolutamente normale. La neomamma in preda agli ormoni post-parto è in uno stato emotivo instabile. Avrebbe bisogno di mille attenzioni e invece si trova sola ad affrontare tanti problemi nuovi. Il neopapà non ha ancora ben chiaro il suo ruolo, e magari per paura di sbagliare tende a non fare. Certo non è così per tutti (presenti esclusi, si intende!) però ci può essere una certa tendenza al lasciare fare Lei, soprattutto se Lei è pronta con una critica ad ogni passo falso. Il risentimento è in agguato dietro l’angolo per entrambi.

Proprio per queste ragioni penso che almeno all’inizio ci sia bisogno di una vera e propria divisione dei compiti fifty-fity. In questo caso io preferisco una divisione dei compiti “orizzontale” per quanto possibile perché favorisce appunto l’interscambiabilità: mettiamo il pupo a dormire una sera ciascuno, facciamo il bagnetto una sera ciascuno, prepariamo la cena una sera ciascuno. Certo alcuni compiti non sono interscambiabili, ovviamente l’allattamento è solo per la donna, se il bambino è allattato esclusivamente al seno, ma già con lo svezzamento ci si può alternare.
Ma se il lavoro di lui non lo permette, o ci sono delle chiare preferenze da parte di entrambi, allora ci dovrebbe essere per lo meno una divisione netta dei compiti “verticale”, del genere io madre mi occupo del bambino tutto il giorno, ma la sera è tua. Oppure uno cucina sempre e l’altro si occupa della pulizia.
Ecco, voglio dare questo consiglio a tutti i neogenitori che sentono che la gestione delle incombenze della casa sta minando il rapporto di coppia. Sedetevi insieme, fate una lista di cosa bisogna fare e dividetevi i compiti.
Questa è una fase in cui la divisione può salvare il vostro matrimonio!

Condividete l’affetto, l’amore, i sentimenti, le coccole, ma le incombenze fate in modo di dividerle, carta e penna alla mano, con pesi e misure appropriate, nel modo che preferite. Ma una volta trovato un accordo, al limite rimettendolo in discussione di tanto in tanto se vi sta stretto, seguitelo pedissequamente. Vi eviterà un sacco di arrabbiature e risentimenti.

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35 thoughts on “Divisione o condivisione dei compiti?”

  1. Leggendo il post e i diversi commenti ho realizzato con maggiore chiarezza la ragione che tiene insieme il mio matrimonio. Per entrambi il desiderio di stare insieme in famiglia si equivale a quello di stare da soli. Abbiamo entrambi la necessità di qualche spazio tutto nostro, non necessariamente per uscire, solo per staccare la spina dall’essere marito/moglie o papà/mamma. I primi anni sono stati più sbilanciati, la mia fetta della torta di responsabilità era sicuramente la più grande (tanto da farne indigestione!). Ora sto decisamente recuperando. Il punto non sta tanto nella divisione delle faccende, non saremo mai intercambiabili (lui ci farebbe mangiare pasta in bianco e frittata tutti i giorni e io ho la manualità di una biscia), però abbiamo imparato a dedicarci in maniera esclusiva ed alternata a nostro figlio così da lasciare all’altro il tempo per se stesso o per le faccende. Ad essere sincera a me fare le pulizie senza Alex intorno è un modo per scaricare lo stress mentale del lavoro, quindi mi piace. In questo modo riusciamo a stare meglio quando siamo (comunque quotidianamente) tutti e tre insieme.

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  2. @silvietta: condivido ogni parola e ti capisco nella sensazione di inadeguatezza che a volte mi fa andare in crisi (=

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  3. Uhm, rileggendomi mi devo spiegare meglio: se una sta a casa col neonato e fa trovare le lavatrici e la cena pronta e il letto fatto così che il marito possa tornare dal lavoro e sedersi comodamente in poltrona a leggere il giornale, no questa non è una suddivisione equa, anche se in un universo parallelo potrebbe capitare che entrambi la percepiscano come equa. Mi sono capita? 🙂

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    • @Mestieredimamma @Claudia l’importante è trovare una divisione dei compiti che soddisfi veramente entrambi. Il mio consiglio del fifty-fifty è ovviamente per quelle coppie in cui si è innescato il meccanismo insidioso del cronometraggio dei compiti. In quel caso bisogna agire con forza per evitare che il rapporto di coppia ne risenta.

      @Marzia in effetti oltre alla lista delle incombenze, bisognerebbe aggiungere gli spazi di ricarica vitali per ciascuno. Io devo ammettere che su questo aspetto sto ancora lavorando. Spero di riuscire prima o poi.

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  4. Hmmm, la mia suddivisione dei compiti ideale è thirty-thirty-thirty (lei, lui, aiuto domestico). E il dieci per cento che avanza va a farsi strabenedire.
    Da noi la suddivisione orizzontale non funziona, la gestione della piccola va a fasi e viene decisa praticamente da lei, per quanto possibile. Da neonata mi stava attaccata addosso, e basta. Io allattavo e spannolavo, mio marito tornava dal lavoro e si metteva a cucinare e poi sbrigava tutto il resto. Adesso mi va alla grande, lei è in fase papà 😀 e ovviamente col tempo la situazione si è un po’ riequilibrata.
    Poi entrambi siamo specializzati in alcune cose – io per esempio, non mi prendete per pazza ma adoro fare il bucato e lo faccio quasi sempre io. D’altra parte non mi interessa minimanente saper maneggiare un trapano, per dire. Alla fine l’importante è che la suddivisione dei compiti, di qualunque tipo essa sia, sia vista come equa da entrambi i partner.

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  5. @Lanterna: ti concedo che forse è un’attrazione teorica la mai. Probabilmente sbroccherei. Però io di solitudine ho sofferto tantissimo, nei primi mesi di vita di Meryem. La mia famiglia era così discreta che se non li chiamavo io, anche solo per dire che ero viva, loro non lo facevano. E Nizam, anche se faceva un lavoro più umano di adesso, per una decina di ore almeno non c’era. Se non c’era internet, mi sarei tagliata le vene.

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  6. Per avere un figlio bisogna fargli posto, in due. Anche noi non abbiamo problemi di ruoli e siamo abbastanza capaci di dividerci i compiti, anche se il lavoro di lui ha comportato spesso assenze fino a tardi la sera. Per me, e di conseguenza per le piccole, si sono rivelate giornate e serate anche molto pesanti. Con conseguenti stress per tutti. Avrebbe fatto la differenza, in molte giornate difficili, essere in due, dividersi bagnetti, cene, lampadine, passeggiate, raffreddori, cagarelle etc.
    Molte mamme (e papà!) non accettano questo e secondo me è un errore: i papà non sono attrezzati solo per allattare, tutto il resto lo possono fare!!! Poi le mentalità, la cultura e il resto possono fare differenza, ma ci si deve provare!

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  7. Che conforto leggere questo articolo!
    La divisione dei compiti sta diventando fonte di tensione tra me mio marito. Passati i 40 giorni, dove suocera e mamma facevano a gara per aiutarmi in casa, il sostegno è sparito lasciando me e mio marito soli nella gestione dei nuovi e delicati ritmi familiari. Spontaneamente ci siamo divisi i compiti: lui a cucinare e fare la spesa, io ad occuparmi totalmente del pupo (allattamento a richiesta self service aperto 24 ore su 24, cambio continuo di pannolini, interminabili ninne per farlo addormentare) e ovviamente del resto della casa (che non si pulisce da sè).
    il maritozzo mi aiuta saltuariamente nell’accudimento del piccolo, soprattutto nel cullarlo per addormentarlo (ci riesce meglio di me!), ma mai di sua iniziativa, sempre e solo dopo una mia implorante richiesta di aiuto! Pur riconoscendo la sua buona volontà e il suo impegno in casa (che sicuramente si attesta ben al di sopra della media del maschio italiano), mi rendo conto che mio marito è comunque pervaso da una resistenza culturale basata su una netta divisione dei ruoli e il fatto di svolgere due compiti in casa lo erge a “uomo dell’anno”.

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  8. Oh no, Chiara, a me invece quel tipo di cultura è sempre sembrato così invadente! Ne capisco le ragioni e apprezzo lo sforzo, ma io ad avere gente per casa per 40 giorni (e io poter solo allattare) avrei dato fuori.
    Il mio post partum ideale sarebbe “io e mio marito (e figlio/i precedente/i)”, con ingiunzione al resto del mondo di non avvicinarsi a meno di 500 metri (o tramite Internet).

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  9. Mi hanno sempre affascinato le culture in cui i primi 40 giorni di vita del bambino la mamma viene assistita, fatta riposare, coccolata, confortata in ogni modo, anche con massaggi e trattamenti di bellezza. Il primo mese è proprio il momento in cui si riprende l’equilibrio, si elabora il nuovo ruolo, si dovrebbero fare i conti anche con se stesse. Essere sollevati dall’accumulo di ansie, nonché dalla solitudine, non fa che bene. Per fortuna quando Meryem era piccola Nizam era molto presente. Vi farà ridere, ma un’incombenza che lui ha assunto completamente su di sé i primi mesi è stato il bagnetto: a lui piaceva molto, io ero in preda all’ansia alla sola idea. Poi avviamento ho iniziato anche io. Ma quella sostituzione iniziale mi ha dato il tempo di sentirmi più sicura.

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  10. Ottimo consiglio, io a dire il vero ho superato la fase neo-natale ma la mia piccola assorbe ancora tutto il mio tempo libero (poco per la verità). Un’unica domanda mi è sgorgata spontanea durante la lettura del post: cosa fare nel caso in cui il compagno/marito/papà non “senta” suo alcun compito familiare? Intendo dire: lui non prende mai iniziativa per fare un lavoro (pulizia, cucina..) e se tu vuoi collaborazione devi chiedere, chiedere, chiedere…; inoltre se per puro miracolo capita che lui cede e per es. lava i pavimenti, alla fine ti dice “visto? ti ho lavato i pavimenti”… cioè, li ha lavati a me.. come se i pavimenti fossero solo miei… oppure “ti ho fatto la spesa”, “ti ho passato l’aspirapolvere” … Ma scusate, è normale? Ho provato a parlargliene, penso anche che si dovrebbero assecondare le propensioni di ciascuno, a te piace cucinare, va bene, lavo io… . Ma se lui non “sente” nessuna esigenza di condivisione (ancor prima che divisione), non la “vuole sentire”, oppure “è più comodo a non sentirla” oppure “la sente ma trova sempre mille scuse, commissioni, impegni di lavoro, per rimandare la sua parte”, tu moglie/mamma provi a parlargliene, provi ad attendere i suoi tempi, provi a motivarlo, ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. E alla fine ti ritrovi a correre il doppio per arrivare almeno alla metà delle cose indispensabili che vanno fatte.
    Non pretendo fifty-fifty, mi basterebbe ten-ninety.

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    • @Monica, ahimè la tua pretesa di ten-ninety è di per sè uno dei sogni più sfrenati di molte…

      @Chiara, in effetti io condivido molto l’approccio al puerperio alla Lanterna, che poi è anche alla Silvietta, quando ne parlava in un post sul “bunker per il peurperio”: sarà che io mi ricarico chiudendomi nelle quattro mura, figuriamoci che voglia di accudimento dall’esterno che potevo avere nei 40 giorni successivi al parto. Avrei barricato le porte!

      Il fifty – fifty è un lavoro costante di mediazione e la spontaneità è spesso una chimera. Più freqente che serva ogni tanto qualche urlaccio come promemoria…

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    • @Monica il Ti ho lavato i pavimenti è una di quelle frasi che mi mandano in bestia. Ma perché io quando lavo i pavimenti te lo faccio notare??? E ti dico “hai visto che brava mogliettina che hai???” Oddio, magari potrebbe essere una tecnica, se proprio non puoi evitare di farti carico dei suoi compiti, ogni volta che lo fai gli butti li un “hai visto quanto sono brava! Ho pure fatto questa cosa che toccava a TE!” Naturalmente la lista e la divisione almeno su carta la dovete fare, dai. Serve come punto di riferimento.

      @Chiara io sono d’accordo con Lanterna e Silvia: se mi mettevi 40 giorni i miei famigliari tra i piedi dopo il parto, avrei ucciso! Fortuna che c’erano 3000 km di mezzo ad evitare il problema 😉

      @Betty, come per Monica, io credo veramente che parlare apertamente di tutto quello che c’è da fare, e compilare una lista insieme e cercare una divisione dei compiti che possa essere sostenibile per entrambi, potrebbe essere la soluzione. E’ un modo per non dovere sempre chiedere aiuto, perché in certe situazioni non si vorrebbe doverlo chiedere e si sogna di avere accanto una persona in grado di capirlo da sola. Ma se non lo fa, iniziano i guai. Prova con la lista e poi torna a dirmi se funziona.

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  11. mi piace sempre il tuo approccio, Serena: è così .. sereno! noi fortunatamente siamo così anche senza scrivere, intercambiabili in – quasi – tutto. Soltanto, a volte mio marito è così presente che nei giorni ormonalmente giù mi sento quasi .. inadeguata! bè.. un piccolo prezzo da pagare 😉

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  12. Beh, io devo dire che sono una moglie/mamma molto fortunata. Mio marito ha un occhio particolarmente attento alle esigenze familiari e devo dire che non gli sfugge niente. Mi rendo conto che è un’eccezione, non perchè altri papà non siano disponibili (nel nostro piccolo mondo di amici e parenti la stragrande maggioranza si da un gran daffare in famiglia) ma perchè non c’è bisogno di chiedere, lui fa. E se si rende conto di un momento di particolare bisogno, fa di più. Per cui a me sembra sempre che si occupi di tutto lui e a lui sembra sempre che mi occupi di tutto io. Ogni tanto ci rinfacciamo i reciproci difetti ma di fatto se guardo con oggettività siamo proprio fifty-fifty anche se ci sono cose che preferibilmente faccio io e altre che fa lui (io do da mangiare al gatto, lui pulisce la lettiera, io preparo la lavatrice e stendo mentre lui cucina….) Anche nella gestione del pargolo è stato così: il pannolino non lo cambia volentieri nessuno, per cui lo si fa entrambi. Perchè si deve fare. L’unico aspetto in cui inaspettatamente ha avuto delle difficoltà è stata la pappa: sembra quasi che preparare da mangiare per Lorenzo sia una roba da grande alchimista e si che è lui il cuoco di casa! per cui il menu tocca sempre a me farlo (per fortuna ora mangia quello che mangiamo noi) ma un po’ di volte l’ho lasciato da solo senza suggerimenti per costringerlo a pensare da se’.

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  13. Noi siamo sempre stati interscambiabili, a parte alcune incombenze (non fatemi salire su una scala a pioli, please!). Però è vero che, quando uno dei due “molla”, l’altro per un po’ abbozza, poi si incazza. Si parla e si ristabilisce l’equilibrio. O a volte semplicemente l’altro torna in carreggiata dopo un periodo di sbandamento (a noi succede spesso con le lavatrici).
    Per quanto riguarda la compresenza, quando sono a casa (vedi oggi, ferie di Carnevale), è molto importante che Luca torni per pranzo: mi fa spezzare un po’ la monotonia di una giornata da sola con i bambini. È vero che mi “costringe” a preparare il pranzo anche per lui, ma almeno scambio due parole con un adulto.

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  14. quando è nato mio figlio l’allattamento è stato molto impegnativo, e io praticamente non facevo altro. per fortuna ho sempre avuto una signora che mi aiutava per le pulizie ma per il resto faceva tutto mio marito, per circa 3 mesi ha cucinato sempre lui, io passavo la giornata con il piccolo, senza orari e senza impegni com’è giusto che sia e lui tornava presto dal lavoro e si occupava della cena. non penso che avrei allattato esclusivamente al seno se lui non avesse capito che in quel periodo avrei dovuto fare solo quello e lui pensare al resto. credo che il fatto che quasta cosa non sia capita dai neo genitori, e quindi si cerca di far trovare la cena pronta al marito sin dalle prime settimane, sia uno dei motivi per cui tante donne poi rinunciano – o semplicemente non riescono a far partire – l’allattamento al seno.

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  15. Io posso parlare solo per me: interscambiabilità che abbiamo attuato con una di lui pausa dal lavoro. In pratica, tra ferie, permessi e congedo matrimoniale, Nex è stato con me a casa per i primi due mesi. Fondamentale.

    Io credo che, comunque si vogliano suddividere i compiti familiari, il papà debba ‘rassegnarsi’ a stare a casa nei primi giorni di vita del bambino: prendetevi ferie, prendete il congedo di paternità, mettetevi in malattia (non si può dire?)… ma insomma, cercate di esserci!

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    • @mammafelice ottimo consiglio quello di cercare di esserci! Poi però oltra ad esserci, cercate di darvi anche da fare! 😉
      @cosmic in pratica si tratta di definire quali sono le priorità e rassegnarsi sull’adempimento del resto. Purtroppo le donne che non riescono ad allattare ricevono molti consigli ma difficilmente riescono a ricevere il sostegno necessario.
      @Lanterna scambiare due parole con un adulto! Io a volte me lo sognavo la notte 😉
      @Vale hai proprio colto nel segno. A volte bisogna lasciali senza istruzioni per fargli spremere le meningi e trovare una soluzione da soli. Che se abbiamo deciso di farci un figlio insieme forse non li riteniamo poi così stupidi no?
      @Silvietta ah! Gli ormoni…coraggio che passa! Lo sai che passa…

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