Consenso non cercare, confronto non temere!

Se per allevare un bambino occorre un intero villaggio, una delle difficoltà che ho provato da quando sono mamma è che il villaggio è latitante quando si tratta di trovare due braccia che cullino, calmino, contengano il bambino al posto di una mamma stanca dalla presenza 24/24; al contrario, non appena la mamma sta compiendo un gesto “sensibile” il villaggio sembra improvvisamente popolarsi. Ovviamente, parlo di gesto “sensibile” per indicare quella particolare azione che tocca una zona di particolare sensibilità nella mamma, per insicurezza, vissuti difficili o stanchezza. Può essere il tema dell’allattamento, del corpo, del parto, della medicalizzazione, del cibo, dello sculaccione, della disciplina…

Credo sia impossibile aver fatto pace con ogni aspetto della propria storia e guarda caso, proprio quando i nostri figli ci mettono a nudo quella parte, compare magicamente dall’esterno un terzo che riesce a dire la parolina magica su cui trastullarci nelle poche ore di quiete.


Mi è bastato, però, un paio di volte “zoommare” la scena per scoprire come queste “parole magiche” non avessero – spesso – nessun collegamento diretto con me o con mia figlia (e ora con mio figlio) ma fossero dette solo in riferimento (e in prosecuzione) con le storie altrui. Viste sotto questo aspetto, le parole perdono di potere e possono essere accolte senza pretesa di empatia nè tantomeno consenso nei miei confronti, ma solo come una richiesta di ascolto da parte altrui.

Con il tempo mi sono appuntata (per dare la giusta collocazione a questi “dibattiti emotivi” al mio interno) che nulla è più potente dell’immagine e del comportamento di una mamma con suo figlio per risvegliare negli altri brandelli e racconti della propria storia, brandelli e racconti spesso senza collocazione e senza quiete. Visti sotto questo aspetto, i commenti non si pongono più a sanzione del mio comportamento, ma semplicemente come racconti di altri. Sta a me scegliere se ha senso confrontare o meno la mia storia con l’altrui storia e che grado di importanza ha quest’ultima con me, i miei figli e i nostri vissuti.

Forse, non posso chiedere agli altri un consenso né tantomeno chiedergli di stare zitti quando si tratta un argomento su cui sono sensibile, ma posso scegliere che ruolo e che peso dare alle altrui parole. Siano di consenso/dissenso, quando a parlare è una persona in quanto tale, siano di confronto quando a parlare è una mamma della “mia” generazione che, ponendosi in confronto con me sta semplicemente denunciando una propria difficoltà (per me, sono stati eloquentissimi certi episodi di “la tua TI mangia? la mia non MI mangia, perché la tua TI vuole bene la mia MI odia”).

Non potendo, a priori, fare ordine nelle mie emozioni, sto quindi imparando a dare a queste paroline magiche un proprio posto: qualche metro oltre lo steccato di casa mia (senza negare un po’ di sana empatia per le difficoltà altrui 😉 )!
… così da lasciare spazio e libertà di movimento alle persone nei confronti delle quali provo una reale empatia con cui riesco a trasformare una difficoltà in un’occasione di crescere
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24 thoughts on “Consenso non cercare, confronto non temere!”

  1. Mi è piaciuto molto questo post, per l’idea che il commento a volte non è diretto proprio a noi ma si tratta alla fine di un’esternazione più “urbi et orbi”. Mi aiuterà a prenderla con più filosofia.
    Però…però io non riesco a essere così politically correct, ammetto di essere piuttosto intollerante (un po’ in tutto, non solo nella maternità). Quando un estraneo mi fa un commento il primo pensiero è: “ma una carrettata di … tuoi no??”. Non sempre lo dico, ma credo che un po’ mi si legga in faccia.
    D’altra parte io sono un po’ cerbero, mio marito me lo dice sempre. E la maternità non mi ha addolcito. 🙂

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  2. In effetti dovremmo organizzare una raccolta di “frasi storiche” uscite da post e commenti… perchè quella di Lanterna meriterebbe un posto d’onore.

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  3. @Mammame: grazie a te perché continui la riflessione su punti da noi non toccati. “Forse bisognerebbe avere fiducia nel fatto che se il proprio percorso ci ha portato in quel punto, viste le nostre condizioni iniziali e le altre nostre personali e irripetibili variabili, quel punto era quello giusto per noi. E se la stessa fiducia la si trasferisce in chi ti sta davanti consideri meglio anche un altro punto di vista. ”
    ecco, io su questa fiducia ci sto lavorando. o almeno ci provo. anche per questo scrivo 😉 grazie a voi, quindi!!

    @Close: condivido quanto scrivi su Lanterna e ammiro molto la tua preparazione per i primi mesi, sei stata molto brava a “prepararti” e sono certa che saprai superare anche gli scogli sull’educazione!!

    @Barbara: centri il punto, credo che i nostri punti sensibili siano aree di crescita e a volte l’intrusione dell’altro ci coglie in un momento in cui il processo costruttivo non è completo, nè soprattutto è completa l’autostima.. che dire… mamme OGM work in progress!!

    @Caia: ti do in parte ragione, credo però che a volte ci sia anche ignoranza o comunque insensibilità e che spetti a me scegliere come voglio rispondere perché è quello che poi resterà come segno nella mia vita. Forse c’è della malvagità negli altri, però, se posso, mi preoccupo di me invece che degli altri e ne faccio un momento di crescita invece che di rabbia, tutto qui. finché riesco… 😉

    @mammasterdam; grazie! 🙂

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  4. @Alessandra: grazie!

    @Supermamma: grazie anche a te, si, il confronto spesso è più duro perché fa seguito a momenti di profonda solitudine, ci vuole fegato a uscire proprio in quei momenti!!

    @Supermambanana: benvenuta! e mantra sia, e d’altra parte… tu sei andata in Inghilterra (;) )…e hai fatto bene !!!

    @Chiara: ne siamo tutte consapevoli, vedo!

    @Lanterna: apprezzo sempre molto la tua lucidità e chiarezza nel descrivere le cose e anche la mancanza di peli sulla lingua… credo che mi scriverò su un post da appendere allo specchio la tua chiusa: “Questo a dire che il famoso villaggio non è mai servito a nient’altro che a rompere le palle”. un vero cesello!!

    @francesca: condividiamo lo stesso punto di vista sulla fantastica lettura di Lanterna 😉 !

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  5. sai cosa, silvietta?
    non mi convince.
    non mi convince questo voler assolvere i rompipalle come gente che cerca aiuto.
    no, scusa, a volte il giudicare è di un’aggressività violenta che ferisce tanto più se rivolta a una categoria come quella della neomamma notoriamente fragile, perché innanzitutto sola e poi insomma con tutte le difficoltà del caso. e allora la mia strategia sinceramente inizia a essere quella di rispondere per le rime. io mi son stufata.
    se poi viene da altre mamme, idem. anzi, forse peggio, perché a maggior ragione se conosci le difficoltà sei doppiamente cattiva a puntare il dito. io sono stufa di comprendere gli altri perché soffrono o hanno dei problemi, partendo dal presupposto che sono sofferenze e problemi più gravi dei miei.
    io le risorse per reagire alle mie difficoltà quotidiane, le trovo con le lacrime e il sudore, con le poche persone sane di mente che mi circondano e con la mia forza di volonta’. e a ognuno il suo. basta veramente comprendere e assolvere.
    e alla violenza rispondo con l’indifferenza, altro che comprendere e magari offrire aiuto.
    siamo esseri umani, abbiamo sempre una possibilità di scelta. se siamo feriti possiamo azzannare o leccarci le ferite. e questo fa la differenza.

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  6. Sarò semplicistica, ma io penso che la nostra fragilità sia proprio nei gesti sensibili come li chiami tu. In realtà siamo continuamente bersagliati dal villaggio intero in ogni momento (tranne appunto quando ne avremmo bisogno) ma siamo noi che andiamo in risonanza quando ci toccano un punto sensibile. Sai le volte che ho risposto tranquillamente a commenti impensabili per strada? Dalla vecchietta che mi dice “ma una bambina così piccola perchè la fa camminare e non la mette in passeggino?” al “ma che le dai da mangiare le fragole?” eccetera eccetera eccetera… solo che se sono sicura di quello che faccio il commento mi scivola sopra, se si tratta di una situazione per me difficile o per la quale sto provando soluzioni diverse o peggio ancora se sto applicando il metodo opposto a quello che è stato applicato a me e mi ha fatto soffrire vado nel panico.

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  7. Bel post!

    Lanterna sei un mito ! 😀 Anche io sono allergica al mito del buon selvaggio e alle nostalgie dell’età dell’oro, perché se si va a guardare le testimonianze autentiche, si vede che gli esseri umani si comportano praticamente sempre tutti allo stesso modo, da 100.000 anni a questa parte.

    Devo dire che personalmente nei primi mesi ho risentito meno di quel che pensavo della sindrome del “villaggio giudicante” in tema di “accudimento”. Credo che mi abbia molto rassicurata il poter allattare, e avendo partorito nella città di mio marito e non sono stata bersagliata di domande e commenti 😀 Però credo che molto abbia giocato anche la lettura delle mommy bloggers!!! Mi avevano già fatto sorridere di alcune situazioni 😀
    Invece riesco ad impensierirmi già per quando si tratterà dei commenti relativi all'”educazione”, perché mia figlia dimostra un certo temperamento, sembra molto gelosa dei suoi giocattoli e temo che dovrò contenerla perché non diventi prepotente. Ecco ho fatto un altro outing sul tema del post (!)

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  8. avete iniziato e continuato una bellissima riflessione, grazie. per me il punto cruciale che tocchi qui è proprio questo: impossibile fare pace con tutti i propri “sospesi” e per questo il confronto aperto, libero e disinteressato su temi che coinvolgono l’individuo in modo così radicale come la maternità spesso diventa un catalizzatore di energie fortissime e fa spazio a risonanze profonde di questione risolte e irrisolte che pescano nella nostra identità. poi in funzione del grado di elaborazione con cui si sono vissute soluzioni, scelte ecc. , vedere i riflessi di una scelta che magari ha portato ad altre conclusioni negli altri mette in luce i contrasti e le divergenze interne, si fa fatica a vedere i propri limiti e ad accettare critiche perché magari si è trattato di decisioni pensate e ripensate. Forse bisognerebbe avere fiducia nel fatto che se il proprio percorso ci ha portato in quel punto, viste le nostre condizioni iniziali e le altre nostre personali e irripetibili variabili, quel punto era quello giusto per noi. E se la stessa fiducia la si trasferisce in chi ti sta davanti consideri meglio anche un altro punto di vista. Che poi non significa accettare tutto ed essere sempre bravi e buoni o non difendere con convinzione le proprie opinioni, anzi. Lo pensavo anche ieri : spesso c’è una specie di rivalità e di competizione tra individui-mamme fine a se stessa. Tutte in mano sta pennina rossa da maestrina a vedere chi è più brava … ma intanto il villaggio si spopola e la mancanza di quel villaggio secondo me si sente molto.
    Lanterna, forse dici così perchè il tuo è un villaggio davvero. e se si creasse una vera città da dove entra ed esce aria nuova (come si diceva)?

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  9. ah ah ah! concordo con Lanterna. sarebbe bello se si trattasse di un villaggio, chessò, come quello dei Puffi, ma il più delle volte non è così.

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  10. Ecco, a me ‘sta cosa del villaggio per educare un bambino mi è sempre saputa di mito del buon selvaggio. Non ultimo perché una persona africana che mi è cara, rimasta senza madre da bambina, è stata sfruttata come schiavetta e quasi lasciata morire di fame dal resto della comunità. Del resto già Andromaca nell’Iliade dice che l’orfano (ovvero chi avrebbe bisogno più bisogno della comunità), anche se suo padre era un eroe, è condannato a pigliarsi gli avanzi degli altri e tanti saluti.
    Questo a dire che il famoso villaggio non è mai servito a nient’altro che a rompere le palle.

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  11. sono in Italia al momento, e il mio villaggio tipicamente deserto ora e’ popolatissimo – mi mando a memoria il post e lo ripetero’ a mo’ di mantra 🙂

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  12. cara credo che la parte in cui hai fatto advvero centro è che il villaggio latita quando hai bisogno e si popola quando devono giudicarti, dico io se lo stesso devo fare tutto da sola almeno statevi zitti, se dovete solo criticare!

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