Il colloquio con gli insegnanti in Svezia: il questionario

colloquiVista la grandissima, e vi confesso inaspettata risposta al mio racconto sul funzionamento dei colloqui in Svezia, sono riuscita finalmente a tradurre il questionario che abbiamo ricevuto in preparazione qualche giorno prima del colloquio. Quello che abbiamo ricevuto ora per i colloqui di primavera è leggermente diverso da quello che abbiamo ricevuto in autunno, segno che il questionario va ovviamente adattato dall’insegnante in base a quello che sta succedendo in classe e in base all’anno scolastico, ma questo mi sembra ovvio.

Prima di condividerlo con voi vorrei però ricordarvi alcune cose, perché in faccende in cui si parte con l’entusiasmo di chi ha voglia di cambiare il mondo, finisce che uno si dimentica di avere solo una paletta adatta a costruire castelli di sabbia e con la quale è difficile spostare le montagne.
Il questionario infatti non è altro che un mezzo, un piccolo aiuto per impostare la discussione, ma non è certo la soluzione di tutti i mali, e non è nemmeno quello che rende il colloquio positivo. Insomma è semplicemente una paletta, ma la parte importante del lavoro la fa la carriola.

Vale quindi la pena ricordare quali sono i vantaggi dell’uso del questionario, almeno in linea di principio:

      1. Aiutare i genitori a capire come il bambino si trova a scuola
      2. Aiutare il bambino a riflettere sul suo essere a scuola insieme ai genitori in un ambiente protetto, e si spera, non giudicante
      3. L’insegnante ha un riferimento su cui basare il colloquio che parte dalla percezione del bambino e non dalla sua visione di insegnante e di adulto

Ci sono alcuni principi che sono però imprescindibili per la riuscita di questo cambio di paradigma del colloquio.
Il primo è accettare il fatto che la percezione del bambino è importante tanto quanto i dati di fatto. Se ad esempio il bambino ha la percezione che l’insegnante non è disponibile ad aiutarlo questo deve essere preso in considerazione tanto quanto il fatto che in realtà l’insegnante è a sua disposizione (almeno secondo il suo punto di vista), e la soluzione deve essere ricercata altrove, ad esempio nel definire insieme al bambino delle strategie in modo che sappia come fare ad ottenere l’aiuto di cui ha bisogno nel momento in cui ne ha bisogno.
Un altro aspetto importantissimo è il fatto che durante il colloquio nessuno deve sentirsi giudicato, meno che mai il bambino, ma neppure l’insegnante o i genitori. Qualsiasi aspetto che venga evidenziato come negativo, o non funzionante al meglio, viene analizzato e si trovano soluzioni, insieme, in collaborazione, tutti, per risolverlo.
Idealmente le soluzioni che si trovano sono condivise da tutte le parti in gioco, e riguardano anche il pensare a delle strategie di applicazione pratica. La soluzione in cui l’insegnante dice allo studente: devi impegnarti di più non è una soluzione, è un rimprovero o al limite, se effettuato con tutte le buone intenzioni, è un incoraggiamento. Del resto il tutto non è molto diverso da quello che abbiamo spesso discusso su queste pagine virtuali insieme, sul trovare soluzioni condivise con i nostri figli per risolvere i problemi comportamentali o di relazione dei nostri bambini.
Se avete bisogno di una ripassata, potete andare a rileggere il post sulla CPS, Collaborative Problem Solving che è praticamente la base di questo approccio.

Ma ora so che non state più nella pelle, e moltissimi insegnanti e genitori mi hanno scritto anche in privato per avere questo questionario tradotto in italiano.
Quindi eccolo a voi, e mi raccomando, fatene buon uso! E se decidete di usarlo venite assolutamente a raccontarci come è andata!

Scarica qui il questionario in pdf

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15 thoughts on “Il colloquio con gli insegnanti in Svezia: il questionario”

  1. Accedo per la prima volta a questo gruppo, in quanto educatrice nell’ambito delle dipendenze mi confronto quotidianamente con i danni prodotti da un sistema in cui si è giudicati, ci si giudica e si è giudicanti.
    Spero che l’attenzione ai bisogni e all’emotività dei nostri bambini trovi spazi anche qui in Italia, dove l’esperienza rivoluzionaria del maestro Manzi è stata per lui fonte di amarezza e incomprensioni e non ha lasciato eredi, almeno non ne ho notizia!

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  2. Ciao, grazie per questa condivisione, molto interessante!
    I principi che segue questa scuola sono molto vicini a quelli della Comunicazione Nonviolenta (M.Rosemberg)o Comunicazione Empatica (dare empatia, ascoltare i bosogni e i sentimenti di entrambi, non giudizio…). A Stoccolma tra l’altro c’è un formatrice internazionale di Comunicazione Nonviolenta, Marianne Gothlin, che ha “plasmato” la scuola in cui lavora sui principi della Comunicazione Nonviolenta che prevede tra l’altro l’assenza di voti e programmi individuali. Certo che con quel background culturale non deve essere stato troppo difficile! Qua da noi sarebbe un’impresa titanica!
    Sono convinta che questa è la direzione per creare una cultura di pace!
    E sono felice che da qualche parte nel mondo si lavori in questa direzione. Anche in Italia in qualche nicchia ci si muove in questa direzione, chissà che non diventino il traino di un cambiamento culturale! 🙂

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  3. Perchè la nostra scuola non adotta questo sistema ?
    Con 2 figli ( 20 e 17 anni) di colloqui ne ho avuti diversi e
    ogni volta era come andare al patibolo……Non voglio star qui a raccontare la mia storia , ma sono veramente nauseata dalle critiche, dal puntare il dito, dal non essere mai soddisfatti di ciò che fanno questi ragazzi. Se il colloquio è in un momento positivo , allora tutto va bene, bravi ragazzi etc…. se invece in un momento no, allora sono
    solo dei disastri…. E MI FERMO QUI ! La scuola è un luogo sacro, i ragazzio passano la maggior parte della loro giornata e ognuno di loro hanno il sacrosanto diritto di essere come sono e non come vogliono gli adulti, tutti uguali, tutti bravi in tutte le materie, insomma clonati.
    Ogni bambino/ragazzo/adolescente è UNICO, con capacità più o meno marcate, ed è qui che un bravo insegnante entra in gioco. Dar fiducia e farli sentire capaci in tutto.

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  4. salve a tutti ho letto il post molto interessante e scaricato il questionario che consegnerò alle insegnanti di mia figlia…anche se loro sono di vecchio stampo e ai colloqui individuali non possono essere presenti i bambini. ho letto il tutto con mia figlia di 10 anni la quale ha detto che le sarebbe piaciuto di più essere presente al colloquio e ha risposto volentieri al questionario. ovviamente c’è una forte componente di stress emotiva nell’attesa del colloquio e nell’attesa dell’esito….come darle torto! lo stesso sentimento viene condiviso dai compagni che non hanno problemi figuriamoci chi ne ha! poi doversi sorbire anche le lamentele del genitore frustrato e deluso….per poi (mi raccontava mia figlia) giudicare il bambino in questione davanti a tutta la classe chiedendogli: allora? te l’hanno detto i tuoi genitori come è andato il colloquio? lo sai che cosa hanno detto a noi? ecc. ma se i colloqui sono individuali e non possono assistervi i bambini, perchè parlarne in classe davanti agli altri? per umiliarli nella speranza che cambino miracolosamente? o per sentirsi forte della loro supremazia sulla classe e sui genitori? insomma che senso ha, tanto vale che i bambini possano assistere e colloquiare loro stessi così da potersi difendere e poter esprimere anche quello che a loro non piace senza avere sempre la spada di damocle delle ripercussioni in classe e sui voti!! del resto una mamma attenta che partecipa alla vita del proprio figlio sa bene o male se studia e quali comportamenti ha a meno che non abbia una doppia personalità, quindi perchè sentirsi dire quello che già sappiamo? non è scaricando la colpa e la responsabilità sui genitori e bambini che si risolvono i problemi, ma trovando tutti insieme una soluzione che vada bene a tutti. lo so è pura utopia…….

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  5. Non vi avevo mai letto…è una testimonianza bellissima, lo dico da mamma e da maestra (scuola dell’infanzia, è una modalità bellissima di intendere il colloquio…peccato che si debba uscire dai confini italiani per trovarli

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  6. Mio figlio ha dato le risposte. Gli unici no (minuscoli) sono sullo sport, sulla ginnastica e sull’ordine delle sue cose in classe. In generale le risposte erano quello che mi aspettavo, ma mi hanno aiutata a capire qualcosa di più. Sull’ordine per esempio c’è da lavorare, potrebbe essere un obiettivo personale. Grazie!!

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  7. Oggi pomeriggio provo a fare il questionario con mio figlio (10 anni). Sono proprio curiosa. Poi ti saprò dire.
    Trovo i tuoi articoli molto interessanti!! L’esempio della Svezia è decisamente illuminante e rappresenta un ottimo spunto di riflessione. A questo proposito, ti chiedo se posso condividerlo su una pagina di FB nata per confrontare le esperienze di genitori con figli a scuola. E’ un gruppo chiuso e si chiama Mamma La scuola! Grazie.

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  8. In effetti le ho fatto notare che anche per loro sono due attività diverse: una cosa è raccontare una storia o una cosa che hai fatto davanti a tutti, un’altra cosa è rispondere a una domanda. Lei ha capito cosa intendevo, ma ha detto che le piace comunque molto. Non credo le sia mai capitato di essere impreparata 🙂

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  9. Ci ho provato con Meryem, 5 anni e mezzo. Non va ancora alle elementari, quindi alcune domande sulle materie di studio le ho saltate. Il primo feedback è che era entusiasta dell’attività in sé. E’ molto delusa dal fatto che non ne abbia altri e che, finito questo, abbiamo finito il gioco. Per cui, Serena, se hai altro da proporci… Ha capito bene la scala e ha cerchiato lei stessa le risposte.
    Riassumo i risultati, scusandomi per la lunghezza del commento.
    Benessere: Le piace moltissimo andare a scuola, le piace molto la classe, un po’ meno la sala mensa (“sì piccolo”), e le piace moltissimo l’intervallo.
    Ambiente di lavoro: Non sempre riesce a concentrarsi a ginnastica (mi ha descritto uno scenario apocalittico di bimbi che si buttano a terra, urlano, piagnucolano e fanno confusione), ma a musica sì (anche se non le piace che a volte le facciano cantare canzoni nuove senza insegnare bene le parole prima). In classe si riesce a concentrare e contribuisce, secondo lei, a rendere l’ambiente di lavoro tranquillo per i compagni(“li seguo tutti, faccio attenzione, se qualcuno si fa male o ha difficoltà chiamo la maestra”). Pensa che l’insegnante aiuti quando ha bisogno, ma non sempre (“…e quindi sì piccolo”).
    Sull’ordine si è valutata sì piccolo, confessando che ogni tanto butta le cose alla rinfusa nell’armadietto.
    Ovviamente pensa che leggere sia difficile (non lo fanno ancora) e che scrivere sia più abbordabile (sì piccolo). Le piace moltissimo parlare ad alta voce davanti alla classe, in genere capisce le istruzioni ed è in grado di eseguirle (sì piccolo). Lo sport le piace molto, la musica un po’ meno. Rispetto a rispondere alle domande davanti a tutti, trova la domanda un po’ ripetitiva rispetto a quella relativa al parlare in pubblico: comunque sì grande. In genere ricorda facilmente cosa ha imparato (sì piccolo).
    A casa. Fa colazione sempre (sì grande), ma rispetto all’essere riposata quando arriva a scuola ha risposta un convinto e grosso NO (sbellicandosi dalle risate e mimando sbadigli). Sulla puntualità ha messo un sì piccolo e alla domanda sui compiti ha risposto no grande “perché ancora non li faccio e quindi non posso pensare che sia divertente”.

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    • @Chiara grazie mille per questa bella condivisione! Sarebbe bello se tutti quelli che provano a fare il questionario con i figli venissero a raccontarci come è andata.
      Per chiarezza ti dico che le due domande che sembrano simili in realtà si riferiscono ad attività diverse che fanno in classe del Vikingo. Qui hanno il concetto di “imparare a parlare davanti a tutti” e fanno esercitare i bambini in questa “arte” che magari sembra una sciocchezza, ma a pensarci non lo è, e poi c’è il fatto di sentirsi o meno in difficoltà se la maestra ti fa una domanda (perché magari non sai la risposta e ti senti umiliato se te la fa davanti a tutti). Comunque è ovvio che tua figlia non poteva cogliere questa sfumatura 🙂

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  10. mi piace molto la scala delle risposte. Direi che è semplice semplice e va benissimo così, inoltre serve per avviare un discorso con i bambini piccoli, mi posso immaginare che con quelli più grandi le domande siano anche di più o in altre direzioni e poste un po’ diversamente.

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