Le cinque sfide dei silent books

I silent books sono quei libri, di solito albi illustrati, che non hanno testo.
Sì va bene, c’è il titolo, il nome dell’autore e a volte qua e là può spuntare per caso una parola, ma niente di più.
Belli sono belli, a volte bellissimi.  Ma se qualcuno ci chiede di leggergli un silent book, allora arriva il panico.Come si fa a leggere un libro dove non c’è scritto niente?
Lo guardiamo, lo sfogliamo, ma lui rimane muto e impenetrabile come una sfinge. Non ci aiuta, non ci offre appigli a cui aggrapparci. D’altronde è un silent book, un libro silenzioso. E anche un po’ omertoso.
Non c’è niente da fare. I libri senza parole richiedono un grande sforzo, e ci lanciano delle sfide.

Immagine tratta dall'album "L'albero" di Iela Mari, edito Babalibri
Immagine tratta dall’album “L’albero” di Iela Mari, edito Babalibri

Se negli albi illustrati è il testo che dà il ritmo di lettura, decidendo quanto ci soffermeremo su una pagina, quanto su un’illustrazione, nei libri senza parole la narrazione segue un ritmo personale, quello del lettore o dei lettori, e della relazione che si crea fra di loro, e questo tempo può allungarsi a dismisura o andare così veloce da farci perdere l’orientamento.
La prima sfida è dunque alla pazienza.
La seconda va a toccare la nostra autostima.
Qui l’autore non ci dice niente a livello verbale. Nomi, didascalie, dove siamo, che succede. Come in quei test in cui dobbiamo ricostruire una storia mettendo in ordine le immagini abbiamo un momento di vertigine. Ce la faremo? Ci spremiamo le meningi, guardiamo i dettagli, cerchiamo le connessioni: un colore che appare all’improvviso, un dettaglio ripetuto, un’espressione da decifrare.
La terza sfida è quindi alla nostra capacità di creare connessioni.
La quarta è un attacco diretto allo spirito d’avventura.
Diceva Munari che

Il libro è un oggetto che delimita un blocco di spazio. Per attraversare questo spazio occorre sfogliare le pagine dalla prima che sta dietro la copertina fino all’ultima. Ci si mette un certo tempo ed è come una passeggiata nella neve. Per entrare in questo spazio bisogna aprire la copertina, che è come una porta.

Da “Per fare un libro” di Roberto Pittarello, progetto grafico di Bruno Munari, Edizioni Sonda, Torino – Milano, 1993
Come tutte le porte, ci vuole un po’ di coraggio per aprirla ed attraversare il confine.
E ultima, ma non ultima, arriva la quinta sfida, che è quella dell’intimità.
Decidere insieme, con pazienza, quando voltare una pagina, dare un nome ai personaggi, ai luoghi, alle cose, trovare la mediazione tra gli immaginari, le letture, le reazioni. Lasciare che il mondo dell’altro invada il nostro, fare spazio, farsi spazio. Alla fine del libro avremo percorso insieme una strada, saremo stati insieme in un luogo, un luogo solo nostro, saremo stati compagni di viaggio.

Questo articolo è stato scritto in collaborazione con Deborah Soria della Libreria Ottimomassimo.

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3 thoughts on “Le cinque sfide dei silent books”

  1. assolutamente anche per adulti! ci sono libri senza parole per tutte le età, e molti non hanno un’età di riferimento proprio perché possono essere letti a vari livelli. è interessante leggerli insieme perché le percezioni dei diversi lettori si completano.

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