Cenerentola, o della paternità

La nuova Cenerentola di Disney è al centro di una storia che parla di coerenza e di paternità. Un bellissimo film per tutti: maschi e femmine di ogni età.

foto Disney tratta dal film "Cenerentola"
foto Disney tratta dal film “Cenerentola”
Ammetto di aver ceduto a una sfida: questo film era stato presentato come un’occasione di condivisione tra madri e figliE, mentre io ed il mio figlio maschio avevamo appena deciso, dopo aver visto un trailer, che non potevamo perderlo. Perché farne una storia per donne?
Visto il trend disneyano recente di eroine molto trasversali e la regia di Kenneth Brannagh, autore da sempre di film letterari e corali, questo taglio “femminile” non mi convinceva affatto. Volevamo vederlo di persona, io e il Piccolo Jedi.
E infatti…

Non voglio trasformare la favola di Cenerentola in quello che non è: resta un film adattissimo ai bambini (con una scena della fuga dal castello a mezzanotte degna del miglior Indiana Jones). Ma è anche un film colto, ricercato, interpretato da un cast di grande livello e denso di immagini pittoriche (la scena iniziale sembra la citazione di una campagna di Monet).

Cate Blanchett è una matrigna di gran classe e bellezza mozzafiato, che “ha vissuto anche lei la sua parte di sofferenza e la indossa benissimo” (grande battuta!) e che resterà senza redenzione alcuna. Una cattiva autentica, d’altri tempi (niente cattive-buone alla Maleficient!).
Helena Bonham Carter, con un breve e perfetto ruolo di fata madrina svampita, è forse il trait d’union più forte con il cartone animato disneyano e ci regala uno spunto comico non banale.
Lily James è davvero una protagonista: Cenerentola non si fa rubare la scena da nessun altro personaggio, è al centro della storia e al centro della sua vita. Una Cenerentola dotata di una forte sensualità, non stereotipata, resa con l’immagine di una ragazza che non si cura della sua bellezza, ma non ha paura di portarla in giro con naturalezza. Questa è una Cenerentola consapevole, fiera di avere dei valori e di rispettarli.

foto Disney tratta dal film "Cenerentola"
foto Disney tratta dal film “Cenerentola”
L’accento non è mai posto sulla bellezza di Cenerentola. Il principe non ha un colpo di fulmine al primo incontro perché lei è bella, ma per le frasi che gli dice e che sono esattamente quello che lui, giovane in cerca di identità e di affrancazione dal padre, ha bisogno di sentirsi dire. Lei lo colpisce perché sa dargli in pochi attimi le risposte che lui cerca: un ragazzo tormentato, che oscilla tra il rispetto dovuto a un padre amato e rispettato e il bisogno di esprimere se stesso e di essere qualcosa di diverso e una ragazza libera nel pensiero, che non ha paura di essere non convenzionale. “Se si è sempre fatto, non vuol dire che sia giusto continuare a farlo“.
Cenerentola è così bella e consapevole di esserlo, da risultare troppo banale ribadire questo concetto: cosa ce lo diciamo a fare? Parliamo d’altro, parliamo di cosa pensa.

Cenerentola è un film molto controcorrente, sovversivo direi. E’ un film contro l’ideologia del “tutto e subito”: è un grande elogio della pazienza e della coerenza.
I fatti non accadono in breve, i personaggi sanno tornare alla loro vita consueta e aspettare i tempi. Non c’è fretta, ma non c’è rassegnazione.

E’ anche un film sul rapporto tra generazioni, giocato essenzialmente sulla figura dei padri. Ecco il punto: Cenerentola è un film che parla di due padri, dei loro errori, della loro buona fede nel crescere i figli. Due padri “sufficientemente buoni”, che sbagliano, ma che hanno saputo educare i rispettivi figli e che non hanno paura di essere amorevoli e affettuosi. Due padri single, che hanno provato a fare del loro meglio, come tanti genitori soli.
Hanno commesso errori: il papà di Cenerentola è assente, non sa difendere la figlia, si lascia ingannare da una donna affascinante. Ma è umano: un uomo giovane che vuole un’altra occasione dopo la morte della moglie e ci crede, un uomo che ama teneramente la figlia e sa mostrarlo con gesti poetici. Un uomo di cui Ella (il vero nome di Cenerentola) riconosce la debolezza, “non ho saputo difendere mio padre“, pur senza smettere di amarlo. I figli perdonano e sanno affrancarsi dagli errori dei genitori: un’assoluzione fondata sull’amore che i genitori hanno saputo trasmettere.
Il papà di Keat è un uomo saggio che ripone nel figlio aspettative e progetti. Progetti che però non appartengono al figlio. Quella del principe sarà una ribellione al padre nell’amore e nel rispetto. Keat seguirà la sua strada perché il futuro è lui e riceverà dal padre comprensione e appoggio: due generazioni diverse, che sanno capirsi e parlare.
L’immagine del figlio adulto sul letto del padre morente, accovacciato in posizione quasi fetale in un atteggiamento da bambino, in un abbraccio tra due uomini che non temono di mostrare fragilità e tenerezza è di una bellezza disarmante.

In questo film, dunque:
– una donna bella non ha alcun bisogno di far parlare della sua bellezza, è lì, evidente, si può parlare d’altro, delle sue convinzioni, per esempio;
– pazienza, gentilezza, coerenza e forza d’animo sono valori vincenti e sono vincenti sulla lunga distanza;
– padri e figli si amano e si rispettano, ma questo non vuol dire che i figli debbano compiere le scelte dei padri: c’è una ribellione sana, che rende liberi e felici e la fragilità è perdonata;
– una tacco 15 può essere comoda solo con l’ausilio della magia (ma la fata madrina ci tiene a farci sapere che l’ha fatta anche comoda, che le ragazze devono muoversi agilmente).

A me tutto questo sembra un bel bagaglio di valori positivi per una favola contemporanea e anticonformista. Vorreste fare il torto ai vostri figli maschi di non portarli a vedere Cenerentola?

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10 thoughts on “Cenerentola, o della paternità”

  1. Visto con tutta la famiglia e con amici (e famiglia loro). È piaciuto tanto agli adulti, un po’ meno ai piccoli, che sono forse ancora troppo piccoli per apprezzare le sfumature di questa trasposizione rispetto al classico dell’animazione. Eppure in sala molte madri con figlie femmine. Tutte single o vedove?
    Eppure quanto farebbe bene ai padri, specchiarsi in questi padri del film.
    Da parte mia solo soddisfazione, per questa prima esperienza al cinema condivisa; con Maria che uscendo dice: “La prossima volta veniamo a vedere gli Avengers”
    sarò uno che si accontenta, ma a me queste piccole cose fanno stare bene.

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  2. Anche se non avessi letto questa recensione così accattivante, non avrei mai negato una storia di principesse a mio figlio … Lui che le principesse le ha sempre amate in ogni salsa e soprattutto abito!!

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  3. @silvia: bellissima lettura, grazie. Salvaci dal mito del conformismo dei sogni, che i sogni sono tutto meno che conformisti. Per questo una volta mi piacerebbe poter apprezzare una principessa Disney brutta.

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  4. “C’è una ribellione sana, che rende liberi e felici e la fragilità è perdonata”
    in questo secondo me c’è tutta la differenza fra l’essere adolescenti e adulti,
    fra la trasgressione fine a se stessa per irritare i genitori e quella finalizzata
    per costruirsi un avvenire.
    Non è raro che dei film americani propongano letture simili, forse sono io
    che l’ho sempre interpretata come una proposta appunto americana e non
    valida per tutti.

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    • Dici che è un concetto meno applicabile al nostro contesto? Oppure che si vuole passare come positivo un concetto di ribellione “sedata”?

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      • Credo di averlo sempre interpretato come un gusto tipicamente americano per l’anticonformismo, la rottura con le tradizioni, e la ricerca della felicità (che mi pare sia nella loro Costituzione). Ma in questi ultimi anni l’ho sentito a un livello più personale, cioè lo vedo meno come una “americanata” e più come un messaggio educativo.

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