Cari papà, parliamo di educazione sessuale

il-moralista-E’ il caso di cominciare senza fronzoli: sì, è ora che i padri si confrontino con l’educazione sessuale dei propri figli e figlie. E’ ora che s’informino, imparino qualcosa, si diano da fare a migliorare la loro comunicazione, il loro lessico, il loro interesse a questioni dalle quali storicamente si difendono – con l’ignoranza, con i pregiudizi, con altre scuse.

La mia esperienza personale è facile da raccontare: l’unica cosa che ricordo riguardo l’educazione sessuale da parte di mio padre è il suo consiglio di tagliarmi il frenulo. Immagino che un innato buon senso mi abbia trattenuto dal tentare tale operazione chirurgica con mezzi di fortuna in casa. A questo si somma, nell’adolescenza: il mucchio di sciocchezze apprese, in furtivi e concitati momenti di confidenza, da coetanei di entrambi i sessi; le mie esperienze personali, abbastanza tragicomiche come nella maggior parte dei casi; la valanga di violenza e falsi miti propagandati dalla pornografia commerciale; i sensi di colpa provenienti da illuminati adulti che, all’epoca, sentivano l’impellente bisogno di “mettermi in guardia”.

No, grazie, ai miei figli vorrei evitare tutto questo. Premesso che io personalmente mi batto ovunque possibile per avere l’educazione sessuale a scuola, direi che prima è il caso di cominciare da noi stessi, cari papà.

Primo: cambiare il ruolo imposto dagli stereotipi. Il papà non può essere sempre e solo il tifoso maschilista delle imprese del suo seduttore junior (se padre di figlio) o il patetico moralista difensore dell’immacolata e santa virtù (se padre di figlia). Ci si deve informare, si deve imparare un lessico e un atteggiamento rispettoso nei confronti della vita sessuale dei nostri figli (come già lo si fa comunque per tutti, vero?). Gli argomenti vanno saputi, e si deve riuscire a parlarne, anche se solo per consigliare di rivolgersi a una persona competente (competente davvero, non lo zio o la cugina). Avete idea di quanto bene fa – tanto per fare un esempio recente – che ci sia in giro tutta quella pubblicità sull’eiaculazione precoce? Possiamo discutere sul metodo, ma finalmente queste due parole sono emerse dal mondo delle tenebre, dove le paure del maschio latino le avevano confinate.

Secondo: mettersi in gioco, raccontarsi, non avere paura di fronte alla naturale curiosità di un figlio o di una figlia. Fa parte dell’educazione sessuale anche quell’imparare a stare “nudi” di fronte a un altro, cioè indifesi, disponibili e rispettosi dell’altro – e lo si può far vedere con l’esempio, perché è un atteggiamento interiore prima che un modo di non vestirsi. L’imbarazzo e il pudore non devono diventare ostacoli al dialogo con il figlio o la figlia, in modo che loro imparino anche da noi genitori a fare uso di uno spazio di confidenza come la nudità, e non ad averne timore. La pubblicità – e i media in generale – fanno un uso abominevole del corpo femminile (e del ruolo maschile verso quel corpo), e bisogna alimentare fin da subito un sano spirito critico che possa dare agli adolescenti qualche strumento per orientarsi.

Terzo: dobbiamo essere i primi a non essere ipocriti e a non cadere nel sentimentalismo. Va detto che sì, esiste il sesso senza sentimenti, ed è pure divertente e piacevole – non c’è niente di male, pure se papà non è d’accordo. Al di là di un giudizio altrui e della morale comune, che servono solo a coprire ciò che non si sa affrontare, quello che conta è il consenso dell’altra persona e il rispetto per il proprio corpo e l’altrui. In giro già c’è chi si oppone a una crescente domanda di educazione sessuale proponendo una non meglio specificata “educazione sentimentale”. Che è importante, ma è un’altra cosa; e non deve impedire né tingere di morali edificanti quello che con i sentimenti può anche non avere niente a che fare. Indubbiamente serve tanto amore per parlare ai propri figli e alle proprie figlie di fisiologia della riproduzione, e del piacere che se ne può provare; ma dobbiamo parlare di questo se ci viene chiesto questo, e non d’amore. L’amore non è necessario al piacere né all’igiene, né tantomeno va usato per alimentare sensi di colpa del tutto fuori luogo.

Quarto: lo voglio dire espressamente, perché nulla rimanga sottinteso se non quello che dimentico. Se vostro figlio o vostra figlia pensasse di essere omosessuale, o bisessuale, o voglia cambiare sesso, o qualunque altra idea gli venga su se stesso e la sua sessualità: fatevi trovare accanto a lui come un sostegno affidabile, soprattutto contro “quelli che benpensano”. Facciamo già molta fatica a farli crescere onesti, leali, sinceri, socievoli, partecipi e felici di vivere il più possibile. Che siano, sessualmente, quello che gli pare – di cose da reprimere ne avranno già tante altre.
– di Lorenzo Gasparrini

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5 thoughts on “Cari papà, parliamo di educazione sessuale”

  1. Mi trovo praticamente sempre d’accordo con te Lorenzo. Stavolta in particolare sull’affrontare il discorso del sesso senza amore (che, diciamocelo, ai preadolescenti e adolescenti interessa e incuriosisce molto di più dell’amore, e non prenderlo in considerazione quando si parla di sesso secondo me è un errore madornale) e sulla questione che educazione sessuale ed educazione sentimentale sono due cose ben diverse. Alcuni argomenti possono essere affrontati sotto entrambi i cartelli, ma sono due cose ben diverse. Grazie.

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  2. Grazie Lorenzo, secondo me i padri sono fondamentali per far crescere bene sia le femmine che i maschi, per le bambine perché danno un modello di uomo che le rispetta, e per i bambini perché possono dare un modello di virilità (sì, ho detto proprio virilità) diverso dal genere “Rocco Siffredi”. Senza vietare riviste o dvd pornografici che ho capito fanno parte delle sperimentazioni adolescenziali, vorrei parlare apertamente dell’immaginario che si costruisce a partire da questo tipo di visione.

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