Adolescenti in internet

Come vivono gli adolescenti il loro rapporto con il web e la “vita virtuale”? Cercano di sfuggire al controllo dei genitori, come sempre. Scopriamo, però, che per loro web e rapporti reali non sono mondi alternativi.

Foto di Intel Free Press in licenza Creative Commons su Flickr
Foto di Intel Free Press in licenza Creative Commons su Flickr


Quando la mia primogenita iniziò ad approcciare il web – sei anni fa, dunque nella preistoria – ero vigile e preparata. Frequentavo forum e social da sempre, da quando si chiamavano newsgroup, e conoscevo le insidie della rete. Le concedevo di utilizzare Messanger solo a patto che conoscessi i suoi contatti e solo con me al suo fianco.

Quando la ragazzina compì dodici anni le cose si complicarono. Insofferente al mio controllo genitoriale, Erika si iscrisse a Facebook a mia insaputa mentendo sull’età e, prima che potessi interagire con il suo account, fu lei a bloccare il mio. La cosa dette vita a grosse discussioni in famiglia, ma furbamente mi premurai di creare un alias per entrare nei suoi contatti. Lei se ne accorse subito e bloccò anche quello. Allora strinsi amicizia con i suoi sciagurati coetanei e suggerii ai loro genitori di fare altrettanto: in questo modo sarebbe stato possibile triangolare le informazioni e tenere sotto controllo l’uno il profilo dei figli dell’altro.

L’espediente riuscì. Mentre eravamo in attesa dell’uscita dei ragazzi da scuola, noi genitori ci congratulavamo reciprocamente per la parsimonia che avevano dimostrato nell’uso di Facebook, per la tenerezza delle loro dichiarazioni di sempiterna amicizia e la dolcezza delle immagini postate: tramonti e gattini, gattini e tramonti.
Tanti tramonti e tanti gattini. Troppi gattini.

Fu un papà a scoprire che i profili che controllavamo erano finti, creati dai ragazzi a nostro uso e consumo, e che le vere conversazioni avvenivano altrove.
La cosa ci lasciò spiazzati: avevamo tutti affrontato i discorsi necessari sui pericoli dell’Internet, in famiglia e a scuola, e la loro condotta ci parve tanto più pericolosa e ingiustificabile. Tutte le insidie della rete erano state loro presentate senza censure, dal troll molesto al pedofilo online passando per lo stadio intermedio degli haters. Avevamo informato i ragazzi di ogni caso di cronaca che avesse come protagonista il web, dalla violazione della privacy al furto di informazioni sino ad arrivare all’istigazione al suicidio e all’adescamento.

Io feci anche leggere alle figlie cose che avevo scritto anni prima e che ormai sentivo estranee e imbarazzanti e che, nonostante questo, sarebbero rimaste per sempre cristallizzate nella rete: post e foto che, col senno di poi, non avrei mai dovuto pubblicare e che non mi rappresentavano più; riflessioni private esposte senza filtri a un pubblico anonimo e quella sensazione, propria di certi incubi, di mostrarsi nudi nella pubblica piazza.

Ad aggravare il tutto arrivò la consapevolezza di quanto le nostre angosce genitoriali andassero rapidamente fuori sincrono rispetto l’evoluzione digitale: mentre noi genitori presidiavamo Facebook i ragazzi si spostavano su Twitter. Colonizzato Twitter, loro si nascondevano nell’anonimato di Ask. L’invasione degli smartphone e delle loro messaggerie, infine, segnò la perdita di ogni possibile controllo sulla vita digitale dei nostri ragazzi.

I ragazzi, però, ancora una volta ci stupirono dimostrando di avere un approccio al mondo digitale più sano di molti genitori: il loro utilizzo della rete era meramente utilitaristico e più disincantato di quanto non fosse per noi. Vita reale e vita virtuale non si escludevano come noi genitori temevamo, ma confluivano l’una nell’altra senza soluzione di continuità. E ad oggi, nonostante la volubilità adolescenziale, la rete sembra essere ancora un punto fermo nelle loro vite quanto la lavatrice lo è per un adulto e ne viene fatto lo stesso, pragmatico uso.

Questo è un bene? Secondo me, sì. La classe di mia figlia, ad esempio, ha creato su Facebook un gruppo attraverso il quale la mamma di madrelingua inglese impartisce volontariamente lezioni di grammatica e di pronuncia, mentre un nonno ex professore offre approfondimenti sul programma di Storia. Attraverso la rete riusciamo a rimanere in contatto con i professori e le altre famiglie ed essere aggiornati in tempo reale sui problemi e gli accadimenti del gruppo classe per fronteggiare piccole e grandi incombenze.
Un po’ ossessivo, a pensarci bene, ma di grande aiuto.
E poiché io lavoro grazie alla rete e la mia famiglia – sparsa in vari continenti – si ritrova vicina grazie skype a What’sApp, risulterei poco credibile se mostrassi qualcosa di meno dell’entusiasmo verso le nuove tecnologie.

Soprattutto con gli adolescenti, con i quali è necessario mantenere aperti i canali di comunicazione, è indispensabile non demonizzare il web e imparare a utilizzare i dispositivi di cui fanno uso, perché si rischia di tagliare fuori una parte fondamentale delle loro vite” ha ricordato Alex Corlazzoli, insegnante, giornalista e scrittore, in occasione del MammaCheBlog edizione 2014, e io sono assolutamente d’accordo (anche se, a bassa voce, devo confessare quanto talvolta trovi tutto questo faticoso e rimpianga il mio mondo vecchio mondo, solo analogico)

 

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5 thoughts on “Adolescenti in internet”

  1. Ora, a parte la glissata su Ask, mi pare che il messaggio sia anche rassicurante del tipo: qualsiasi sia la piattaforma (fosse anche la piazzetta del paese o l’aula della scuola durante la ricreazione) i figli sono anche in grado di badare a sé stessi. E se non sono in grado non è che internet peggiora le cose: chi vuole mettersi nei guai ci si mette. Ho in mente la mia sorellina più giovane che a 14 anni si è vista clandestinamente con uno che aveva conosciuto al mare (che aveva 20 anni) dicendo che si vedeva con le amiche. E all’epoca non esistevano i cellulari e manco internet.
    Quindi in realtà poi non è così rassicurante, a ben guardare. Però non è colpa di internet, ecco

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    • Guarda El_Gae, ne ho parla giusto ieri con la secondogenita (12 anni. La grande era fuori col moroso a festeggiare i 28 mesi che stanno assieme)
      Insomma, la secondogenita mi ha detto: “Ma tu quando usi il ferro da stiro ti senti una persona peggiore? Quando telefoni, ti senti in pericolo? pensi che il telefono assorbirà la tua vita, devasterà la tua personalità? E allora perché internet e what’sApp dovrebbero farlo? Nelle messaggerie non succede niente di quanto non sia giù successo a scuola: si formano gruppi, si litiga, si copiano i compiti”
      Tanto ti dovevo.
      Ask, lasciamo perdere

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